martedì 21 marzo 2023

ROMEO E GIULIETTA martedì 21 marzo 2023

 Locandina dello spettacolo 

Chissà quante volte Renato Zanella, veronese e coreografo di questa nuova versione di Romeo e Giulietta, avrà ascoltato, incontrato, vissuto la storia dei due infelici amanti...infinite, credo. Forse è per questo che la sua lettura è molto più incentrata sulle due famiglie che sui due poveri giovani

Il primo atto introduce la attualizzazione della vicenda, spostandola dal medioevo ai giorni nostri, e si concentra principalmente sulla famiglia Capuleti, raccontandone sfarzo, agio e potere. Zanella costruisce con intenzione i caratteri dei genitori di Giulietta e del loro clan, Paride e Tebaldo in primis, più di quanto non fa con Giulietta stessa, confinandola alla classica scena con la balia e nella presentazione al ballo. Il secondo atto, invece, è incentrato sui Montecchi, sulla loro goliardia, sulla voglia di leggerezza e di gaudio, evidenziandone un livello culturale e sociale infinitamente più semplice. Il terzo, unito al secondo, è finalmente dedicato ai due giovani amanti, pur con qualche variante di cui la più evidente è che concede loro un abbraccio lucido tra le loro morti.



Complessivamente l'operazione di attualizzazione operata da Zanella è interessante,  rendendo lo spettacolo più godibile e capace di somigliarci, nonostante la partitura mostri il fianco della eccessiva lunghezza al pubblico sbrigativo e impaziente di oggi. Tante le idee messe in campo per tenere l'interesse sempre vivo, tra le quali i Montecchi visti come atleti di scherma, l'ambiguità del rapporto tra Madonna Capuleti e Tebaldo, la festa da ballo in casa Montecchi al posto della scena in piazza, che concorrono a tenere alto il tono e lontano il dramma. 

Il terzo atto precipita in una china non preparata, cogliendoci impreparati al dramma che sta per compiersi davanti ai nostri occhi. Zanella attinge a molti stili e generi di danza, non riuscendo a trovare un linguaggio veramente suo: in questo ultimo atto cita Martha Graham e altri coreografi contemporanei, togliendo addirittura le scarpe da punta a Giulietta, secondo me forzato e inutile. Il coreografo veronese può vantare un paio di coreografie di grande successo ma, a mio modesto parere, è più a suo agio nella creazione astratta che in quella narrativa, dove inanella una quantità infinta di passi che però non sono di supporto al chiarimento della vicenda.  L'allestimento scenico di Alessandro Carnera, elegantemente fatto di tendaggi e di pochi altri essenziali elementi tridimensionali, è illuminato magnificamente da Jasmin Sehic, e aderisce perfettamente al progetto coreografico così come i contemporanei costumi di Alexandra Burgstaller che mancano però di coesione di stile. 




La compagnia della SNG di Lubiana brilla per talenti e per capacità di assieme: attenti, senza sbavature nell'esecuzione tecnica, unisoni e teatralmente presenti, sono una vera gioia per gli occhi! 

Giulietta è una deliziosa e tenera Nina Noc, convincente su tutta la linea, che dovrebbe soltanto virare l'esagerata energia del suo primo ingresso in fanciullesca spensieratezza. È affiancata da Yujin Muraishi che sciorina qualunque difficoltà tecnica come niente fosse ma che fatico a vedere come un tenero e baldanzoso Romeo, avendo lineamenti talmente orientali da rischiare l'inespressività. Non potendo citare tutti i ruoli, devo ricordare l'elegante forza interpretativa di Tjasa Kmetec come Madonna Capuleti e la virile presenza di Iulian Ermalai, assieme alla forte interpretazione di Tjasa Sarler, una Rosalinda dalle belle linee e dalla tecnica salda. Vince su tutti Lukas Zuschlag che disegna un Tebaldo capace di passare dal seduttivo all'arrogante, dal perverso al beffardo: bravo! 




L'Orchestra del Teatro Verdi guidata dalla bacchetta di Ayrton Desimpelaere avrebbe avuto bisogno di qualche altra prova ma sono sicuro che alle prossime repliche riuscirà a calarsi in una partitura per niente facile come è questa di Prokofiev.

Pubblico della prima numeroso e molto caloroso.




lunedì 6 marzo 2023

PASSI DI STELLE domenica 5 marzo 2023

Locandina dello spettacolo 

Sono uscito dal Teatro Nuovo Giovanni da Udine, dove si è svolto "Passi di Stelle" - Les Italiens de l'Opéra de Paris - con vari pensieri che vorrei condividere con voi.

Il primo è che, per la seconda volta in due giorni, mi sono fatto "ingannare" dal titolo. Per molti anni hanno girato l'Italia, soprattutto quella dei grandiosi festival estivi degli anni '80, numerose compagini di "Les Etoiles de l'Opéra de Paris". In questo caso devo aver preso un pezzo del titolo e un pezzo del nome della compagnia e ho pensato di assistere nuovamente ad uno spettacolo di etoiles. No, errore mio. Questi giovani - giovanissimi! - danzatori provengono da vari ranghi della maison francese che vanno da Quadrilles a Primi Ballerini

Pensando a l'Opéra di Parigi non si può fare a meno di ricordare che è lì che la danza classica ha prosperato: eppure, vedendo in scena i danzatori di stasera, ho avuto la netta sensazione che fossero molto più a loro agio nelle creazioni di oggi, nel repertorio contemporaneo piuttosto che in quello classico. Nei passi a due del grande repertorio cui abbiamo assistito, ci sono state svariate imprecisioni che non mi sarei aspettato da danzatori provenienti da una compagnia così importante: lift insicuri, mani a terra per salvare un atterraggio da virtuosismo non perfettamente riuscito, fouettés en tournant ma non i canonici 32 bensì un mix di questi con quelli all'italiana, oppure finiti prima del termine della frase musicale, coppie sproporzionate e così via mi hanno lasciato un po' perplesso. Tutto può succedere e sono giovani ma la frequenza di imprecisioni è stata un po' troppo alta.

Infine, certe coreografie del recente passato sono talmente cucite sul corpo di chi le ha portate al successo che è difficile vederle indossate da altri danzatori, nonostante siano passati a volte più di trent'anni. Mi riferisco per esempio a "In the middle, somewhat elevated" coreografia di William Forsythe del 1987, che dopo la magistrale interpretazione di Sylvie Guillem e Laurent Hilaire sembra danzata solo tecnicamente e senza tensione, gambe alle orecchie a parte. 

Per fortuna poi arriva "Arépo" di Maurice Bejart del 1986 che portò alla ribalta lo statuario Eric Vu An ma che qui riusciamo a dimenticare per la felina bravura, la grande tecnica e lo slancio controllato dello splendido Alexandre Boccara. Lo stesso dicasi per Les bourgeois, tipico assolo da gala, che qui esalta il piglio sicuro e la brillante tecnica di Giorgio Fourés.

Questa serata messa assieme da Alessio Carbone, a suo tempo splendido interprete di Arépo e primo ballerino dello stesso teatro parigino, ha il pregio di regalarci coreografie desuete per i nostri palcoscenici e molto ben danzate. Delibes suite, un delizioso passo a due che inizia con i danzatori di schiena e così li fa terminare, è un piccolo gioiello ad opera di José Martinez, attuale Direttore della Compagnia, pieno di tecnica e di manège interni ormai dimenticati, magnificamente danzato da Clémence Gross e dal super virtuoso Jack Gasztowtt. Così come Caravaggio di Mauro Bigonzetti che porta alla luce la bellezza e la bravura di Bianca Scudamore e Francesco Mura. La nuit s'achève è uno splendido duetto, intenso e romantico, che ben sta nelle corde di Lillian Di PIazza e Alexandre Boccara così come Arbakkin sta in quelle di Silvia Saint Martin e Antonio Conforti. Ma forse l'apice della serata è Les indomptés un duo al maschile che incanta da trent'anni e lascia la platea a bocca aperta, pronta a scatenarsi in un applauso liberatorio. Claude Brumachon lo ha composto nel 1992 raccontandolo come "Un gesto, carico di una storia indicibile, che cambia nel momento presente e, con delle amare proposizioni, offrono la visione dell’uomo nella sua complessità": Alexandre Boccara e Giorgio Fourés l'hanno saputo raccontare magnificamente con i loro corpi.

Teatro pieno, pubblico indisciplinato ma generoso negli applausi anche a scena aperta, e vivido successo generale.


sabato 25 febbraio 2023

I CAPULETI E I MONTECCHI venerdì 24 febbraio 2023

 Locandina dello spettacolo 

Sono sempre felice di scoprire un'opera che non conosco assistendo ad una sua messinscena. Per me che sono un praticone di questo mondo, piuttosto che un fine esperto, associare la musica alle immagini crea nella mia mente un ricordo diverso, unico, indissolubile.

Così è successo anche per I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini, che non avevo mai ascoltato prima (beata ignoranza ma anche felicità che all'alba dei miei sessant'anni ci siano ancora capolavori da scoprire). Ecco, forse questo non è proprio un capolavoro, nel senso che manca quella completezza che annovera una creazione a capolavoro. La musica di Bellini è piacevolissima per le mie orecchie, la lingua cantata antica e un po' insignificante, mentre manca totalmente la drammaturgia. Scegliere di non raccontare l'incontro e l'innamoramento di Romeo e Giulietta ma introdurre i personaggi soltanto come due amanti separati che finalmente si ritrovano, è veramente un peccato. Ma tant'è. Le motivazioni sono plurime e le troverete andando a cercare maggiori informazioni sull'opera o leggendo l'esaustivo e interessante programma di sala che la Fondazione ha prodotto. Ma il risultato finale è quello di avere tanta bella musica che non riesce a sorreggere la pochezza della trama. Ben venga allora la chiave di lettura di Arnaud Bernard che affascina e cattura il nostro sguardo sin dall'apertura del sipario. Il regista immagina che l'opera si svolga nelle sale di una pinacoteca dove, nelle sei sale che ci presenta, si svolgono i vari momenti della ultranota vicenda. Ultranota fino ad un certo punto perché il libretto di Felice Romani non si rifà al classico di Shakespeare ma ad una tragedia di Luigi Scevola, basata sul Romeo e Giulietta che tutti conosciamo. Le immagini che il regista propone, assieme allo scenografo Alessandro Camera e alla costumista Carla Ricotti, sono contemporaneamente permeate di quotidiano e storico, come avviene passeggiando in un museo dove l'odierno visitatore si relaziona ad opere del passato. Aggiungo che entrambi i creatori hanno fatto un lavoro bello e coinvolgente, supportati dal disegno luci di Paolo Mazzon che a sua volta riesce a passare dalle luci di servizio a quelle medioevali con grande maestria ed eleganza. 



La direzione musicale di Enrico Calesso mi ha totalmente rapito: dal mio palco avevo modo di leggere le espressioni del suo viso e soprattutto del suo corpo che ha vibrato e danzato con la musica e i cantanti per tutto lo spettacolo e per me, deviato dalla lettura del linguaggio del corpo, è stato magnifico. Il suo sguardo è stato sempre attento al palcoscenico, a sostenere i solisti e il coro, senza però trascurare la fossa orchestrale. L'Orchestra del Teatro ha suonato a mio avviso bene, molto bene, senza sbavature, senza distrazioni, rapita a sua volta dalla coesione con il suo direttore. Lo stesso dicasi per il coro, diretto da Paolo Longo, anche se inizia sempre più ad essere l'ombra di se stesso, quanto a forza numerica e quindi a volume sonoro.


La compagnia di canto è stata entusiasmante! Dalla Giulietta di Caterina Sala, un giovane soprano di grandi qualità vocali di cui sono sicuro sentiremo parlare a lungo, al Romeo di Laura Verrecchia, mezzosoprano di cui non posso che ripetere il pensiero appena dedicato alla Sala: grandi voci, formidabile presenza scenica, toccante condivisione dello spazio scenico e umiltà percepibile nel lavoro singolo e di collaborazione, bravissime! (È stato emozionante partecipare visivamente al loro lungo abbraccio durante i ringraziamenti in proscenio: in un mondo di primedonne della lirica costrette alla rivalità, fa piacere vedere due giovani che si supportano e si complimentano a vicenda per il successo appena ottenuto!) Tornando alla musica, di stessa qualità di prestazione si può parlare per il Tebaldo di Marco Ciaponi, un tenore che svela una linea di canto solida ed elegante, con acuti e fraseggio sicuri e d'effetto, e per il Lorenzo di Emanuele Cordaro. Mi è sembrato un po' in difficoltà Paolo Battaglia nel ruolo di Capellio, che invece ha interpretato scenicamente con grande vigore.


La sala era insolitamente piena per un titolo così poco frequentato e il pubblico è stato giustamente caloroso nel ringraziare gli artisti, con numerosi applausi a scena aperta e ovazioni per le due interpreti e per il tenore. Bellissima serata!



giovedì 23 febbraio 2023

PRICILLA - LA REGINA DEL DESERTO giovedì 23 febbraio 2023

Locandina dello spettacolo 

Non posso che ripetermi nella recensione, aggiornando qualche dato e qualche nome...andate! È uno spettacolo durante il quale non smetterete di battere le mani a tempo o di canticchiare qualche canzone o di alzarvi per ballare assieme al cast! Tutti quelli che come me sono nati negli anni ´60, che sono cresciuti a suon di disco music, che considerano Gloria Gaynor e Donna Summer vicine di casa, DEVONO andare a vedere PRISCILLA, LA REGINA DEL DESERTO! Aggiungo che se siete gay qualche situazione e qualche atmosfera vi farà storcere il naso perché sembra di essere ancora nella preistoria dei diritti omosessuali ma sarete piacevolmente di sentirvi liberi e accettati per una sera, trascorrendo due ore e trenta minuti di leggerezza, colore, fantasia! La trama dello spettacolo é, come in molti musical, poco avvincente ma arrivando a teatro preparati e senza la convinzione/speranza di assistere a "I masnadieri" di Schiller, si possono passare bei momenti lasciandosi trasportare, travolgere, sopraffare dalla grande energia che gli interpreti spendono: dal primo dei cantanti all´ultimo dei ballerini!



Il cast che debutta proprio a Trieste per i festeggiamenti del decennale è superlativo ed è composto dagli stessi protagonisti di dieci anni fa: che tempra! Partiamo da un magnifico e perfetto sosia di Terence Stamp nel ruolo di Bernadette, Simone Leonardi, il cui personaggio sembra creato su misura per lui: voce piacevole, grande presenza e la fortuna di poter declamare le battute più travolgenti de film durante lo spettacolo! Segue a ruota una delle star italiane del musical: Antonello Angiolillo nel ruolo di Tick/Mitzi, il gay confuso che ha alle spalle una moglie e un figlio: voce timbrata e ben educata, presenza scenica sciolta, discreto ballerino e simpatico showman! Scopriamo con piacere la "statua vivente" del gruppo: lo scultoreo Mirko Ranù che interpreta Adam/Felicia, la pazza del trio! Bravo cantante, ottimo ballerino, bello come il sole...cosa gli manca? Completa il quartetto di protagonisti l'adeguato Stefano De Bernardin nel ruolo di Bob, l´uomo di cui Bernadette si infatua, ricambiata. Fantastiche le 3 vocalist, le Divas. Tutti gli altri interpreti sarebbero ugualmente da citare, ma li trovate nella locandina dello spettacolo, all'inizio di questa recensione.



Ma i veri protagonisti dello spettacolo sono i costumi: infiniti per quantità, impensabili per fantasia creativa, inclssificabili per stile o colore....veramente magnifici!! La prima lode dello spettacolo va quindi a Tim Chappel e Lizzy Gardiner che firmano questo delirio a occhi aperti. Riuscitissime anche le scenografie ad opera di Brian Thomson, che crea un mondo e un bus per le nostre Drag Queens che neanche la Barbie dei tempi d´oro poteva sperare di avere: bellissimo e coperto di led. Adeguate e divertentissime le coreografie di Ross Coleman e Andrew Hallsworth che danno il loro meglio nella canzone "Go West" dei Village People. Coerente ed efficace la regia di Simon Phillips, autore di questo spettacolo che é in scena dal 2006! È ripresa nella versione italiana da Matteo Gastaldo

In ultimo: non credete alla leggenda metropolitana, ci sono ancora biglietti per tutte le recite fino a domenica 26 febbraio, quindi  andate a comprarli, ne vale proprio la pena!!


venerdì 17 febbraio 2023

PRETTY WOMAN venerdì 17 febbraio 2023

Locandina dello spettacolo  

Un'altra serata che scivola via perfettamente oliata, guardando una storia che amo da sempre, trasformata in un musical che non avevo ancora mai visto: Pretty woman!

Ho l'età giusta per averlo scoperto già nel 1990, al cinema e lo avevo scolpito nel cuore e negli occhi per la bellezza dei due protagonisti, la raffinata dolcezza dell'immortale "mito" di Cenerentola su cui è basato il plot che mi stregò come tanti altri all'epoca. Devo averlo visto una seconda volta in home video, qualche anno dopo, e poi nulla più. Per cui mi sono approcciato a questa versione musicale con almeno 30 anni di distanza, senza alcun pregiudizio e con parecchi buchi di memoria. Ovviamente la sorpresa - positiva! - è stata ancora più grande!

Lo spettacolo è tenuto in piedi dalla immensa bravura dei quattro protagonisti - Beatrice Baldaccini, Thomas Santu, Giulia Fabbri e Cristian Ruiz: voci potenti, presenze salde e grandi professionalità - e da un ensemble talmente all'altezza che i vari ruoli comprimari vengono sostenuti a turno da diversi di loro, tale da sembrare che la compagnia sia in verità formata da 20 protagonisti, più un poderoso corpo di ballo! Stavolta posso veramente dire che tutti cantano, ballano e recitano con lo stesso livello in tutte e tre le arti, come i colleghi di oltremanica o oltre oceano: bravissimi, davvero! Mi resta nel cuore la scena con i cinque camerieri capeggiati da Cristian Ruiz che esalta l'agilità da buffo di Pietro Mattarelli e dei suoi bravissimi colleghi.

La storia è ultra nota e, dopo un numero di apertura che mi è sembrato un po' banale, i ricordi e i rimandi, ad esempio dei bellissimi costumi di Ivan Stefanutti, riaccendono briciole di memoria che vanno dagli stivaloni di Julia Roberts alla meravigliosa definizione citata da Kit ("quella granculo di Cenerentola"), a tante altre battute e situazioni. La scena, ad opera di Carla Janssen Höfelt, è risolta brillantemente con una struttura multipiano che si trasforma facilmente in un caseggiato, nella suite dell'hotel o nel teatro d'opera. Le luci di Francesco Vignati esaltano le situazioni registiche e l'allestimento che meglio non si poteva. La regia originale di Carline Brouwer, condivisa con Chiara Noschese, è veramente ineccepibile: pesi scenici, brio, fantasia e cura del dettaglio sono profusi in ogni scena, aiutando noi spettatori ad immergerci nella vicenda senza alcuno sforzo. Le musiche e i testi di Bryan Adams e Jim Vallance forse sono la parte meno convincente, orecchiabili ma senza particolare appeal. Sembrano costruite solo a sostegno della vicenda e ho l'impressione che ascoltate senza il supporto visivo non desterebbero particolare emozione. Ad eccezione della scena al teatro dell'opera dove la fusione tra rock, voci contemporanea e brani da La Traviata di Giuseppe Verdi crea un momento di alto valore artistico. La direzione musicale è superba, così come la fonica risulta rodata e calibrata.

Lo spettacolo è veramente piacevole e vi invito a vederlo nelle prossime repliche triestine o nelle città dove sarà in tournée.



mercoledì 15 febbraio 2023

ELEGANZISSIMA mercoledì 15 febbraio 2023

Locandina dello spettacolo  

Ma guarda te che bella serata! Due ore volate via senza pensiero, senza noia, rapiti dal tridimensionale del teatro, dall'emozione dello spettacolo dal vivo. Premetto che non ho la televisione da molti anni e che Drusilla l'ho scoperta qualche anno fa attraverso il tam tam gay (si, la propaganda della famigerata lobby che muove le sorti del mondo...), i social e i video virali del periodo pandemico, ma senza aver visto una briciola del Festival di Sanremo che aveva presentato o dell'Almanacco del giorno dopo di recente tornato in Rai.

È stato un po' come assistere al concerto parigino di Marlene Dietrich. O ad un recital degli anni d'oro di Ute Lemper. Ma no, è stato ancora meglio, perché Drusilla sa cantare e ancor di più recitare, per cui ci conduce dove vuole e come vuole. Per cui una star ci ha accolto nel suo universo, staccandoci dalla nostra terrena quotidianità. Grazie Dru! Ma soprattutto, grazie Gianluca Gori che di Drusilla è il creatore, il burattinaio, l'anima in tutti i sensi. E non riesco a non citarlo - di più: mi sembrerebbe una enorme ingiustizia! - perché è una prova attoriale superlativa, nonostante Lei cerchi di vivere autonomamente, dotata persino di libro autobiografico farcito di rocambolesche avventure, mezze verità e grandi bugie.

Il personaggio è galvanizzante. Gestisce la scena con maestria da vendere e sperperare, ancor di più dopo 6 anni in cui questo one man show continua a vivere e modificarsi sera dopo sera, piazza dopo piazza. Affronta canzoni leggere e altre strappa viscere, scivola in monologhi raffinati che raccontano del suo presunto passato ma che affrontano soprattutto tematiche importanti per l'accettazione di sé e delle diversità, ricordando che nell'appiattimento dei comportamenti attecchiscono facilmente le dittature. Si muove come una pantera nella foresta tropicale ma anche come un soprano sul palcoscenico della Scala: niente è lasciato al caso tanto Drusilla è entrata nel corpo di Gianluca , animandolo e manipolandolo a sua volta.

Sono rimasto colpito da quanti miei concittadini hanno affollato il Politeama Rossetti in tutti i posti di ogni ordine e grado. E da quanto hanno applaudito e gradito, generalmente più conservatori e tradizionalisti nel mio immaginario, ma molto più liberi evidentemente, approvando anche i passaggi più militanti della Drusilla paladina dei diritti gay!

In scena con Gianluca ci sono altri due uomini, due validi musicisti: il pianista Loris di Leo e Nico Gori al clarinetto e al sax, che si prestano a giocare, a sottintendere, a flirtare con quella gran marpiona di Drusilla. 

Ma continua a risuonarmi dentro un quesito sociologico: perché la sala del Rossetti era piena principalmente di pubblico femminile? Cosa incuriosisce una donna portandola a vedere un uomo che si traveste da donna e che esaspera femminilità e divismo? Perché sono così attratte da questa messinscena con tutto il dovuto rispetto? Aspetto commenti che mi aiutino a capire...

Intanto Drusilla continua a volare e a farci sognare: aspettiamo il tuo album di inediti in uscita in autunno



giovedì 2 febbraio 2023

STANNO SPARANDO SULLA NOSTRA CANZONE giovedì 2 febbraio 2023

 Locandina dello spettacolo 

È un grazioso e gentile cammeo questo spettacolo scritto da Giovanna Gra, messo in scena da lei assieme a Walter Mramor: veramente piacevolissimo!

Il comunicato stampa recita che "Stanno sparando sulla nostra canzone" è uno spettacolo musicale nuovo e diverso da tutti gli altri: non è un musical, neppure una commedia musicale, ma è farcito di canzoni. Dentro il testo originale...corre un impianto musicale ideato dal maestro Alessandro Nidi in cui le canzoni, scelte tra le più famose e amate, sono parte integrante della storia perché loro stesse narrano la vicenda. Gli ingredienti sono fusi perfettamente anche grazie alla presenza di due partner in scena dalle capacità indiscusse come Cristian Ruiz e Brian Boccuni. E io non posso che essere d'accordo! 

Assieme a loro brilla la stella di Veronica Pivetti, chiamata a dare vita al personaggio di Jenny Talento, fioraia di facciata ma, in realtà, venditrice d’oppio: raffinata primadonna che recitacantandosussurrando,,,


Continua il comunicato: "Siamo dunque in America, nei mitici anni Venti. Anni d’oro e ruggenti. I baci e gli abbracci non sono più sconsigliati (mi ricorda qualcosa...), l’epidemia di spagnola un lontano ricordo. In ogni pentola, o quasi, frigge quel che passa il convento. Gli scampati corteggiano le sopravvissute. Le sopravvissute si danno alla pazza gioia e sanno che la speranza è l’ultima a morire. Siamo in pieno proibizionismo, la malavita prospera e con essa un folto sottobosco di spregiudicati. Questa l’atmosfera della nostra storia accompagnata dalla contemporaneità di canzoni fra le più note e trascinanti della musica pop e rock". Ed è questo melting pot musicale la parte più trascinante che ci costringe a canticchiare e a battere le mani perché sicuramente, almeno una delle tante canzoni, è anche una delle nostre preferite, tale è la varietà di generi nei quali spazia la colonna sonora. Il trio di interpreti è un continuo alternarsi nel primeggiare quanto a bravura, talento e verve artistica.


Completano il cast creativo il vivace disegno luci di Eva Bruno e gli eleganti e scintillanti costumi di Valter Azzini

Dietro di me sedeva una scolaresca che dalla fastidiosa caciara iniziale è passata al silenzio e poi a sterminati e convinti applausi...e catturare studenti recalcitranti vuol dire essere proprio bravi!