venerdì 17 giugno 2016

DIE FLEDERMAUS 14 giugno 2016


Locandina dello spettacolo

A chiusura di una stagione brillante, la direzione della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, propone al suo pubblico un ritorno ad una delle tradizioni più amate e conosciute di Trieste: l'operetta e, nello specifico, Il Pipistrello.

Avendo avuto un ruolo decisamente attivo in numerose edizioni del mitico Festival dell'Operetta, non posso che ricordarla con nostalgia e divertimento conscio, però, che erano altri tempi e che oggi è un genere decisamente superato.

Per noi era una sferzata positiva, eravamo sempre in scena in particolare nelle edizioni con la regia di Gino Landi, eravamo riconosciuti ed apprezzati nel nostro ruolo di danzatori e, spesso, l'intero spettacolo reggeva sui nostri interventi e sulla nostra interpretazione.
Invece, la prima volta che ho visto un'operetta da spettatore sono stato assalito dallo sconforto: non immaginavo che potessero essere più simili all'avanspettacolo che al musical! La banalità dell'intreccio, la volgarità dei doppi sensi nei testi, la forzatura della battuta in triestino per imbonire il pubblico, non mi erano mai apparse tali mentre ero coinvolto all'interno della macchina...

Allora ben venga questa edizione curata da Daniel Benoin che rende estremamente serio e composto un titolo degno di essere introdotto in un cartellone d'opera per la bellezza della musica e dell'allestimento, firmato per le divertenti e fantasiose scene da Jean-Pierre Laporte, per i sontuosi e brillanti costumi da Nathalie Bérard Benoin e per i suggestivi video da Paulo Correia. Ben venga perché la riporta ad un livello di pulizia ed eleganza rare e piacevole, anche se c'è un ma: qual è il senso di narrare le parti recitate un po' in tedesco, un po' in italiano e altre addirittura in triestino?

Il voler rappresentare la popolazione multietnica e multi linguistica della Trieste dell'epoca, visto che l'ambientazione è stata spostata nella nostra città? Ma era davvero così importante? Al punto di costringere gli spettatori a sgozzarsi per seguire i sottotitoli per seguire il plot? Mah...

A parte ciò, la regia di Daniel Benoin corre via liscia, nonostante un secondo atto tutt'altro che festante, con grande coerenza ed eleganza, aiutato dalla buona prestazione del Coro e dell'Orchestra del Teatro triestino.

Alla guida del comparto musicale un fuoriclasse come Gianluigi Gelmetti che riesce ad esaltare le parti più preziose e raffinate di una partitura popolarissima.
In scena ammiriamo una completa e affascinante Mihaela Marcu nel ruolo di Rosalinde, con una bella voce timbrata e una tecnica di canto solida, Christoph Strehl che disegna un Gabriel von Eisenstein spigoloso e non molto simpatico, Lina Johnson che tratteggia una Adele brillante interprete ma con poco colore vocale e l'Alfred di Merto Sungu, una piacevole conferma.
Ho trovato interessante e divertente l'interpretazione di Horst Lamnek nel ruolo di Frank, e adeguati Daniela Banasova, Zoltan Nagy, Silvia Verzier e Andrea Binetti.
Un cenno a parte alla verve comica e brillante di Fulvio Falzarano, un Frosch teatralmente spassoso e perfetto.

E la danza? Due coppie di allievi mal assortiti e niente più...che tristezza. Speriamo in un futuro migliore...




venerdì 3 giugno 2016

UTE LEMPER/LAST TANGO IN BERLIN 1 giugno 2016

Locandina (scarna!) dello spettacolo

Strepitosa. Unica. Accattivante. Talentata. Divina. Sublime. Indimenticabile. Inconfondibile.
Credo che questi aggettivi possano essere sufficienti per raccontare una serata passata a teatro con Ute Lemper.

Artista con la A maiuscola, anche se non è a capoverso, stupisce per la padronanza e la tecnica con cui gestisce lo strumento che la natura le ha donato e che lei ha sapientemente forgiato e migliorato. Filati, acuti, pianissimi, note basse e note alte, mezzevoci: tutto sembra possibile per questo apparato fonante dalle infinite risorse!
A questo unisce una simile consapevolezza sul versante fisico, sapendo gestire un corpo dagli arti infiniti con scioltezza, armonia e maestria che pochi danzatori professionisti, dotati di simili squilibri, hanno. Ha un viso mobile, fortemente espressivo e intenso che racconta e amplifica tutto quello che scorre nella sua interpretazione. Generosa è stata la natura, ma si intravvede forte la capacità di studiarsi, di migliorarsi, di aspirare al genio. Grande, grandissima artista
Il concerto, anzi meglio sarebbe definirlo Recital, percorre gli autori più rappresentati e amati dalla Lemper: Kurt Weill, Astor Piazzolla, Jacques Brel, Leo Ferrè...
Uno dei suoi doni principali è quello di regalarci interpretazioni sempre nuove, riletture di gusto sopraffino che sebbene snaturino le canzoni al punto da renderle riconoscibili solo grazie ai testi, lo fa con tale garbo, con tale ironica raffinatezza che non possiamo non restarne soggiogati. In questa serata lubianese a cui ho assistito allo Cankarjev Dom, abbiamo scoperto un altro volto della Lemper: quello della cantante jazz.
Questo concerto era inserito all'interno del festival del Jazz di Lubiana e credete che Lei si sia scomposta? Neanche un po', inziiando a svisare e a praticare lo scat come se non avesse fatto altro nella sua carriera! 
La Lemper e il suo manipolo di fidi musicisti/arrangiatori può permettersi di giocare con il fuoco, di osare l'inosabile: probabilmente gli autori stessi sarebbero compiaciuti dei risultati raggiunti.
La sua voce riesce a rendere perfettamente la dolcezza di Brel, la tristezza di Ferrè, la satira di Weill, la passionalità di Piazzolla e la romantica dolcezza di Edith Piaf
Nel corso del Recital ci regala, tra gli altri, "Ich bin von Kopf bis Fuss", "Milord", "Bilbao song", "Lili Marlene", "Libertango", "Avec le temp" e una nuova creazione su una poesia di Pablo Neruda.

L'altro aspetto incredibile è il carisma di questa interprete che riesce a tenere con il fiato sospeso tutto il teatro, ad ammutolire la sala. Nei momenti in cui si avvicina al microfono, in cui sussurra direttamente nelle nostre orecchie, accade che il pubblico trattiene il fiato e c'è una tensione palpabile ed emozionante.
Le frasi che dice sono piene di messaggi tutt'altro che subliminali, come quella sulla follia dell'uomo e del suo bisogno di "costruire nuovi muri dopo averne abbattuto il peggiore da non molto tempo"...grande Ute.

E' un continuo crescendo di finezze musicali, di atmosfere, di viaggi e di confidenze che Ute ci regala. Non vorremmo lasciarla andare via e non riusciamo a trattenerci dal fischiettare con lei "Die Moritat von Mackie Messer" (la ballata di Mackie Messer): ci invita a farlo, come rifiutare il piacere di farlo assieme a lei, di viaggiare sulle stesse note, all'unisono....
Il sogno è finito, gli applausi liberatori scrosciano generosi. Ci regala come bis "Ne me quitte pas".

Applausi fragorosi ed entusiasti: successo meritatissimo....si era capito?