giovedì 29 febbraio 2024

SYMPOSION giovedì 22 febbraio 2024

Locandina dello spettacolo 

Resto sempre stupito di fronte alla capacità dei Bellanda (Lia Claudia Latini e Giovanni Gava Lenarduzzi) di creare movimento, sequenze, coreografie, talmente uniche e particolari da non essere riconducibili a nessun'altro stile o tecnica, precisamente riconoscibile.

Stavolta mi trovavo di fronte ad un loro titolo a serata intera e mi chiedevo cosa ne avrebbero fatto, spaventato dal fatto che la loro circolarità di movimento potesse soltanto avvilupparsi su sé stessa, senza riuscire veramente a raccontare qualcosa. Ovviamente, e fortunatamente, mi sbagliavo. 

Non solo raccontava molto attraverso il movimento ma lo faceva anche grazie a degli interessanti contributi video (ad opera di Francisco Montes e Brendan Canarie) e alla gradita presenza di Daniele Tenze, scienziato e danz'attore, che ha fatto sfoggio di alcuni dei suoi bellissimi talenti, fungendo da collante tra le varie sezioni, recitando, danzando, cantando accompagnandosi con la chitarra elettrica: bravissimo! L'ispirazione per questa creazione prende spunto dal “Discorso di Aristofane” contenuto nel “Simposio” di Platone, e vuole esplorare il continuo desiderio di ricongiungimento che anima i corpi. La serata è suddivisa in quattro sezioni distinte: l’origine, l’incontro, la scoperta, il dono.


Effettivamente come recita il comunicato stampa la loro è "una danza sensuale - fatta di prese morbide ma anche di un comporsi e scomporsi dei corpi in modo incredibilmente naturale" che è proprio ciò che cerco di raccontare quando parlo della circolarità delle loro coreografie. Ancora "il nostro è un viaggio all’interno della relazione di coppia e dentro noi stessi e la nostra consapevolezza finalizzato alla ricerca consapevole della nostra identità" spiegano Claudia e Giovanni. Giovanni si infila sotto un telo di stagnola dorata, una coperta isotermica come quelle che si vedono usare nelle operazioni di soccorso, per stabilizzare la temperatura corporea dei feriti. Ma in questo caso produce suono, riflette luce e crea uno strano essere che da mostro diventa vittima di una delle personificazioni di Daniele. Da lì in poi è un continuo susseguirsi di momenti recitati alternati a momenti di danza, dove la danza è tanta, generosa, innovativa e piena di pathos. Nonostante tutto ciò, e come sempre, nemo propheta in patria quindi anche per i nostri due è più facile vincere una vetrina di danza contemporanea a Taiwan o una residenza artistica ad Hannover, piuttosto che circuitare le loro produzioni in Italia ma sono sicuro che a breve raggiungeranno il successo e la fama che meritano che li riempiranno di commissioni per le migliori compagnie contemporanee di danza.



Difficile raccontare altro se non invitarvi a scoprire il loro lavoro, a cercarli in giro seguendoli sul sito Bellanda per scoprire dove si esibiranno prossimamente e a farmi sapere cosa ne pensate voi...
Applausi scroscianti in una sold out Sala Bartoli del Politeama Rossetti


domenica 25 febbraio 2024

MARIA DE BUENOS AIRES sabato 24 febbraio 2024

 Locandina dello spettacolo 

Bravo Renato: hai fatto centro!

Questa rilettura di Maria de Buenos Aires, un'operita così come la chiamava lo stesso Astor Piazzolla, meriterebbe una lunga circuitazione, tanto riabilita una creazione poco nota e tanto è piena di charme e di duende. Di questa opera conoscevo soltanto la canzone principale Yo soy Maria cantata da Milva e da altre; del resto poco o nulla. Sono convinto che Renato Zanella, Tatjana Ažman e Yulia Kristoforova, abbiano fatto una splendida operazione di adattamento dell'opera originale, tant'è che sembra essere nata così, con un apporto sostanziale di danza che invece non risulta presente nelle precedenti messinscene, quantomeno dalle ricerche che ho fatto. Il racconto per immagini che ne fanno rimanda a sfide tra uomini, a giudizi che possono fare molto male, all'essere manovrati e al manovrare, all'essere vittime predestinate e a svariati altri temi più o meno profondi ma tuttora attuali. Che poi Maria sia la stessa Buenos Aires, la madre di Gesù o una prostituta qualunque, poco importa. È toccante invece come una donna brutalizzata e uccisa, torni a vivere nella memoria di chi la rifiutava da viva, come la sua stessa ombra, forse un fantasma, forse l'imperitura memoria che si cercava di rimuovere e non può non ricordare i tanti femminicidi cui stiamo assistendo in questo periodo. Sin dall'apertura del sipario, Zanella trova una propria cifra stilistica fatta di molti gesti secchi e puntuti, di grande velocità e di nervosismo ma sempre estremamente musicale e pieno di fantasia: un piacere per i nostri occhi e per i corpi dei suoi danzatori che erano presi nei loro personaggi, generosi nel regalarci danza di altissima qualità!

L'impianto scenico di Vasilija Fišer è scarno ma elegante e funzionale al racconto, scolpito nello splendido disegno luci di Andrej Hajdinjak che fa risaltare i bei costumi creati da Alexandra Burgstaller e Anne Marie Legenstein, d'effetto soprattutto quelli per i gruppi di interpreti più che quelli dei singoli interpreti. Non comprendendo lo sloveno, posso solo dire che l'ascolto dei testi recitati sembrava con poco colore e che i soprattitoli erano praticamente illeggibili


Sara Briški Cirman è stata una convincente, appassionata e struggente Maria, tanto quanto Ivan Andres Arnšek che, nel multiruolo maschile, è stato un affascinante payador. È stato un peccato non veder danzare Lukas Zuschlag, impegnato nel ruolo attoriale di Duende, ma spero che questo possa aprirgli nuove strade post danza in cui spendere la sua bellezza e i suoi molti talenti. Le tre splendide controfigure danzanti di Maria - Erica Pinzano, Nina Noč e Mariya Pavlyukova - sono sorrette da tre validissimi partner come Filippo Jorio, Yuki Seki e Matteo Moretto. Gradevolissime le marionette danzate da Marin Ino, Oleksandr Koriakovskyi e Lukas Bareman (superlativo nella lunga sezione iniziale dello spettacolo).

Un piccolo ma potente e meraviglioso ensemble cameristico suona magistralmente la composizione di Piazzolla, riempendoci di duende, carezzandoci le orecchie e trasportandoci magicamente nell'Argentina dello scorso secolo. Marko Hatlak, anche al bandoneon, conduce il gruppo con attenzione e con tutto il carisma che possiede: il pubblico lo ringrazia con applausi trionfanti, che tributa anche a tutto il resto del cast. Sala esaurita.



venerdì 23 febbraio 2024

ARIADNE AUF NAXOS venerdì 23 febbraio 2024

Locandina dello spettacolo 

Credo che questa stessa opera con un'altra regia non mi avrebbe altrettanto entusiasmato! Premetto che anche questa è un'opera che non conoscevo, nonostante Richard Strauss sia un autore che apprezzo moltissimo e che quindi il mio sguardo era vergine. Ho invece trovato il libretto della seconda parte dell'opera, quella mitologica, troppo verboso e ridondante. Ma chi sono io per giudicare Hugo von Hofmannsthal? Nessuno, se non un cronista e come tale dovete leggere le mie memorie. Per cui è pensando a questo mio voler condividere con voi il ricordo di quanto ho visto che dovete leggermi, sicuramente non pensando che io sappia tutto o abbia i mezzi per giudicare. Per la danza sì; per tutto il resto, io racconto.


Superata questa premessa, torno al mio racconto per dire che la tela nera sale su un impianto scenico di rara suntuosità ed eleganza pensato da Gary Mc Cann, così come gli sgargianti e immaginifici costumi, magistralmente illuminati dalle splendide ed evocative luci di Howard Hudson. Ma, come già anticipato, è la regia visionaria, innovativa, moderna, curata che ha catturato il mio sguardo, rapito i miei sensi e ha creato il consenso del pubblico in sala che ha, spesso, applaudito con convinzione e piacere. Tutto è impeccabile: dalle controscene con gli artisti che si scattano selfie o provano tra di loro o che comunque seguono un copione che sembra appositamente scritto per ognuno di loro, alle mini coreografie; dall'uso degli elementi scenografici come i due preziosi camerini che si svelano dopo essere stati celati in contenitori senza valore, all'uso dell'attrezzeria di scena; tutto è uno strabiliante lavoro di cesello che sembra costruito in parecchie settimane di prove che, dubito, questa produzione abbia avuto il lusso di avere. Bravo, veramente bravo a Paul Curran e a Oscar Cecchi che per lui ha ripreso la regia.


E se la regia ha funzionato così bene è perché la compagnia in scena era di notevole levatura e qualità. Troverete i loro nomi nella Locandina dello spettacolo ma io devo citare almeno La primadonna / Arianna interpretata da Simone Schneider, una soprano di grande livello con bel timbro, fraseggio limpido e grande tecnica; la Zerbinetta di Liudmila Lokaichuk che sforna brillanti acuti e tecnica adamantina al pari di una gradevolissima presenza scenica; Sophie Haagen è un ottima interprete del ruolo del Compositore sia come cantante che come attrice mentre il Maestro di musica di Marcello Rosiello si distingue per il volume generoso e tonante e una bella presenza scenica; i quattro Boys/Maschere in sfumature rosate e le tre Ninfe che apportano molto, moltissimo alla riuscita della messinscena! Ma anche le semplici comparse che tanto fanno e lo fanno bene.


Infine la parte musicale diretta da Enrico Calesso che la direzione della Fondazione Lirica Giuseppe Verdi ha giustamente nominato Direttore Stabile e che, anche stavolta così come per I Capuleti e i Montecchi della scorsa stagione, dimostra grande capacità nel gestire una cavea orchestrale colma o ridotta che sia, come in quest'opera quasi cameristica, attento ai suoi musicisti così come ai cantanti e capace di trasmettere il suo carisma e il suo sapere. Splendido il comparto delle percussioni.


Pubblico numeroso ed entusiasta, giustamente!