mercoledì 10 luglio 2024

IL TROVATORE lunedì 8 luglio 2024

 Locandina dello spettacolo

...per fortuna l'Unesco ha riconosciuto la pratica del canto lirico in Italia (e tutto quello che ne consegue) come Patrimonio Immateriale dell'Umanità!
E ci sarebbe voluto pochissimo a
capirlo assistendo alla prima de Il Trovatore che ha avuto luogo a Lubiana,
lunedì 8 luglio, grazie all'invito che il direttore artistico del Festival,
Darko Brlek, ha rivolto ai complessi artistici del Maggio Musicale Fiorentino.:
un'edizione di altissimo livello musicale...nulla a che vedere con il massacro
del povero Puccini di due settimane fa...
Vedere sul podio il Maestro Zubin Mehta a 88
anni è stato commovente e rincuorante al tempo stesso, lo stesso deve aver
pensato il pubblico presente che gli ha riconosciuto una lunga e meritatissima
standing ovation.
Pensavo che la sua direzione sarebbe stata
poco incisiva...col piffero! Visibilmente sofferente nel fisico, l'animo e
l'impeto sono rimasti gli stessi di una volta, capace di gestire gli equilibri
dinamici e volumetrici di Verdi, in perfetta armonia tra palco e cavea
orchestrale

L'Orchestra del Maggio Musicale, che sento
suonare per la prima volta, mi è sembrata prodigiosa per capacità e colori,
indubbiamente fiera a sua volta di essere sotto una guida così esperta.
Così come il Coro, abituato a quello
nostrano ormai piccolino, non ricordavo più la forza vocale che può avere una
massa più ampia. I cromatismi, ad esempio di "A me ora fatale", erano
di una bellezza notevole: bravo Maestro Lorenzo Fratini!
Una delle difficoltà maggiori nel mettere in
scena il Trovatore, è che servono solisti di notevole calibro: bingo! In scena
c'erano 5 fuoriclasse che hanno saputo dare molto sia dal punto di vista
interpretativo che da quello musicale consci anche, secondo me, di stare
vivendo una serata di grande livello artistico.
Leon Kim è stato un convincente Conte di
Luna, Carolina Lopez Moreno, una Leonora dai filati strabilianti ma dal
fraseggio poco chiaro, Matteo Desole, un giovane e potente Manrico, Giorgi
Manosvili, un saldo e prestante Ferrando. Notevole la Azucena di Olesja
Petrova, sia vocalmente che interpretativamente. Di livello anche Olha
Smokolina come Ines e Alfonso Zambuto che vestiva i panni di Ruiz.
La regia di Cesare Lievi, ripresa da
Stefania Grazioli, era equilibrata e tradizionale nell’impianto recitativo ed
era centrata sul tentativo di svelare qualcosa in più della pazzesca e contorta
trama dell’opera, duplicando i protagonisti con figuranti e controscene varie: l’intento
non mi è sembrato risolto e ne è risultata una lettura senza infamia e senza
lode quindi, probabilmente, facilmente dimenticabile. Le continue, fastidiose chiusure
di sipario per effettuare dei cambi di scena quasi impercepibili, hanno spezzato
il ritmo e la tensione narrativa e potevano essere risolte altrimenti, forse
anche a vista. Ringrazio Luigi Perego per aver evitato il medioevo nel pensare
scene e costumi, anche se ci ha restituito un’ambientazione talmente tetra e
squallida da farmelo quasi rimpiangere. Le luci di Luigi Saccomandi erano
assolutamente pertinenti.

Applausi interminabili, nonostante la stanchezza dopo 3 ore di spettacolo, da una sala entusiasta come noi italiani, fieri di aver fatto una bella figura

venerdì 5 luglio 2024

SPARTACUS martedì 2 luglio 2024

Locandina dello spettacolo

WOW!!

Sto per scrivere di uno tra gli spettacoli indiscutibilmente più belli che io abbia mai visto,,,

Questo allestimento di Spartacus, portato in occasione del 72esimo Festival di Lubiana, rappresenta la perfezione di quanto vado cercando da sempre in uno spettacolo: qualità degli interpreti, allestimento, musica dal vivo...che meraviglia!

È la versione con la quale abbiamo conosciuto Spartacus nella parte occidentale dell'Europa, partorita dalla mente geniale di Yuri Grigorovich, per anni zar assoluto e dispotico del Teatro Bolshoi di Mosca ma indubbiamente un genio per aver saputo costruire uno spettacolo inossidabile, indistruttibile e indiscutibile che tiene, riempie e dirompe le scene da quasi sessant'anni, con folte schiere di legionari in gonnellini e pastori in costumi di lana. Nelle gambe e nei corpi dei danzatori dell'Opera di Astana questa coreografia diventa ancora più impressionante: l'unisono degli ensemble è tale che le frange dei gonnellini degli uomini, o dei decori pendenti di quelli del corpo di ballo femminile, oscillano all'unisono! Tante volte ho suggerito a voi, miei adorati lettori, di darvi da fare per vedere uno spettacolo: questa volta sarà ancora più difficile, ma provateci in tutti i modi e me ne sarete grati! Non ho molto più da dire se non celebrare la bellezza e la perfezione di questa esecuzione...


Dalla stella  Bakhitiyar Adamzhan che era Spartacus al suo antagonista Arman Urazov nel ruolo di Crasso, così come le perfette Phrygia: Madina Unerbayeva e Aigerima Beketayeva, rispettivamente Firgia ed Egina, senza dimenticare il Gladiatore di Serik Nakyspekov, tutti danzano magnificamente, profondamente, completamente, generosamente, sia che si tratti dei superlativi grand saut de chat in diagonale di Bakhitiyar o dell'intensità interpretativa di tutti loro, l'emozione è sempre pronta a toccarci e coinvolgerci.

L'Orchestra Filarmonica Slovena è stata a sua volta impeccabile in tutte le sue sezioni: dagli ineccepibili ottoni, ai raffinatissimi archi fino alle esplosive percussioni! Sicuramente anche grazie alla profonda conoscenza della partitura da parte del Maestro Abzal Mukhtidin, che li ha condotti egregiamente, al punto che sembrano suonare solo la meravigliosa musica di Aram Khachaturian quotidianamente. Toccante, come sempre, il contributo del Coro Femminile della stessa istituzione nella scena del Requiem finale.  

Un sentito ringraziamento al Direttore del Festival di Lubiana Darko Brlek per aver portato uno spettacolo così meraviglioso!

lunedì 1 luglio 2024

ZORBA IL GRECO giovedì 27 giugno 2024

Locandina dello spettacolo 

Ero molto emozionato all'idea di assistere da spettatore a Zorba il greco, avendo ballato alla prima mondiale del 1988 all'Arena di Verona ma...che delusione! Mi chiedo come possa essere entrato nel repertorio di così tante compagnie e mi rispondo che deve essere solo grazie al meraviglioso, trascinante sirtaki finale perché il resto è francamente dimenticabile. Avevo avuto questa impressione anche all'epoca ma poi la capacità della nostra mente di selezionare solo i ricordi positivi ha prevalso. Le noiose coreografie di demi-caractère invece non ero riuscito a rimuoverle del tutto. O il povero Zorba che al mio tempo era un mastodontico Vladimir Vassiliev e ora è un bravissimo danzatore costretto, immagino dal coreografo, a sorridere e ammiccare costantemente. O l'altro splendido danzatore che interpreta John che ogni volta che rientra in scena tiene un libro in mano, come un topo da biblioteca o un ragazzino rimandato a settembre. Per non parlare della povera Madame Hortense che sembra affllitta da qualche morbo che la depriva della dignità. La narrazione è chiara ma il linguaggio coreografico è talmente superato e datato da risultare quasi ingenuo. Il primo atto, in particolare, è lento e non va da nessuna parte, i personaggi sono poco chiari dando per scontato che tutti abbiano visto il film - e lo ricordino pure bene! - ma hanno sfumature caratteriali difficili da rendere solo con la danza, in particolare se così poco incisiva. Tutta l'operazione del 1988 fu basata sul sirtaki finale e sulla presenza di Mikīs Theodōrakīs che scrisse appositi brani e diresse la prima mondiale, decretandone un grande successo commerciale ma lo trovo un soggetto veramente difficile da trasporre in danza...e forse non necessario? Belli i costumi di Leo Kulaš, banale e inutilmente classicheggiante la scenografia di Matic Kašnik e belle luci di Tomaž Premzl. 



Detto ciò tutta la compagnia della SNG di Maribor danza con ardore e impegno commovente, traghettandoci verso il finale dove tutto verrà dimenticato. Cito con enorme piacere i primi ruoli perché sono eccellenti, nonostante quanto sopra scritto: lo Zorba di Davide Buffone, John danzato da Ionut Dinita, Marina danzata da Tijuana Križman Hudernik, Madame Hortense era Evgeniia Koshkina e Yorgos Mateo Magalotti: Trovate i nomi degli altri bravissimi danzatori nella locandina dello spettacolo. L'Orchestra era diretta superbamente - un bravo al settore delle percussioni - da Simon Robinson, mentre l'ottimo Coro da Zsuzsa Budavari Novak.

Per quanto mi riguarda, tanto sforzo per nulla. Il pubblico ha decretato un grande successo con almeno quattro bis del sirtaki (tutti pianificati, sappiatelo). Sala gremita.




sabato 29 giugno 2024

TOSCA mercoledì 26 giugno 2024

Locandina dello spettacolo 

Ahia...non posso dirmi soddisfatto dall'esecuzione di Tosca a cui ho assistito nell'ambito del 72esimo Festival di Lubiana e mi dispiace, perché è una delle mie opere preferite ed è un festival che seguo e amo, soprattutto per l'alta qualità degli spettacoli che ha saputo proporre in questi anni.

Questo allestimento della SNG di Maribor non mi ha convinto scenicamente e vocalmente e ora vi spiego il perché. Da un punto di vista visivo, tanti piccoli dettagli trascurati, sbavature spazio/temporali,  mi hanno spesso riportato al presente, impedendomi di lasciarmi andare alla visione e all'immersione nella vicenda ma non mi metterò a sciorinare una lista inutile per chi non ha visto lo spettacolo. Il palcoscenico è diviso su due livelli, anche se viene spesso privilegiato quello alto, a grande discapito del canto che, perlomeno dal Balkon dove ero seduto, risultava perennemente sovrastato dai volumi dell'orchestra. Il risultato era talmente squilibrato da percepire soltanto gli acuti (però che volumi di voce nel cast!) senza poter godere dei colori e della linea di canto. Quindi, per un'opera così intima come questa di Giacomo Puccini, dove non ci sono concertati o momenti corali (ad eccezione del Te deum) l'ascolto è stato davvero uno strazio. Del tutto diverso durante il duetto nelle segrete di Castel Sant'Angelo dove finalmente si è potuto ascoltare e non cercare di percepire. Se a questo si aggiunge una regia probabilmente poco provata e un po' pasticciata, la frittata è fatta. 

L'orchestra della SNG di Maribor suona bene e ne ho percepito qualunque sfumatura, come già scritto. Al Direttore Simon Krečič rimprovero di non aver fatto un giro per i vari ordini dell'immensa Gallusova Dvorana dello Cankarjev dom per verificare l'equilibrio tra voci e orchestra ma, probabilmente come in tutte le tournée, il tempo sarà stato tiranno. Stranamente, entrambe le romanze del tenore, nonché il Vissi d'arte della soprano avevano invece un buon equilibrio, tale da far risaltare anche il fraseggio e colori...mah! Bene il coro sloveno. 

Mi dispiace non aver potuto godere con maggior piacere delle voci dei tre protagonisti che mi sono parse tutte di buon livello. Vince su tutti il Mario Cavaradossi di Jonathan Tetelman, seguito dallo Scarpia di  Željko Lučić, nonostante qualche problemino di intonazione, e un po' in sordina la Floria Tosca di Rebeka Lokar, poco nel ruolo. Sia chiaro: tutti e tre hanno voce e mestiere da vendere anche se talvolta gli acuti di Tetelman sono veramente too much (specie quello arricchito di corona che chiude Recondita armonia e sembrava soltanto auna dimostrazione di fiato). Angelotti, cantato da Valentin Pivovarov mi è sembrato avere maggior dignità e presenza che in altre versioni, per cui un bravo va a lui, al Sagrestano di Sebastian Čelofiga e alla Pastorella di Terezija Potočnik Škofič. 

Tanti applausi e sala quasi esaurita.



martedì 25 giugno 2024

AREADANZA urban dance festival Domenica 23 giugno 2024

Locandina dello spettacolo 

Questa sarà un po' più di una recensione di un piccolo ma interessantissimo festival di danza urbana, di cui ho visto solo gli spettacoli pomeridiani di domenica 23 giugno. Vuole essere anche un omaggio, un riconoscimento alla presenza di Arearea in Friuli-Venezia Giulia, nel trentennale della loro brillante carriera!

Arearea nasce a Udine in anni molto vicini a quelli di Arteffetto (realtà di cui mi occupo da 35 anni), occupandosi da subito di danza contemporanea e urbana. Ricordo le loro produzioni in campi da calcio, al parco del Cormor, nel palazzo Pico di Fagagna, in alcuni box di plexiglass in piazze udinesi e in molti altri luoghi, sempre originali. L'artefice di tutto ciò è senza dubbio Roberto Cocconi che - dopo aver vissuto gli anni felici del Teatro Danza la Fenice di Venezia, sotto la guida di Carolyn Carlson, che tanto ha lasciato in Italia a numerosi discepoli - ha deciso di tornare nel suo Friuli per piantare e lasciar germogliare il seme della danza contemporanea. Presto a lui si sono accodati Marta Bevilacqua e Luca Zampar, anche loro maturati con la Carlson, e poi Valentina Saggin e Anna Savanelli a formare un collettivo di pensiero e di azione. Il riconoscimento ministeriale li aiuta ad iniziare a creare una struttura stabile, confermata poi con la realizzazione de Lo Studio, la sede logistica ed operativa della compagnia, nel quale verranno avviate tutte le attività necessarie a garantirne la vita nonché la sopravvivenza per la Compagnia. Negli anni in cui ho diretto "Trieste per la danza" il primo festival di danza contemporanea di Trieste in collaborazione con il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia, li ho invitati a presentare alcuni dei loro lavori in quello che ho sempre ritenuto un corretto rapporto di buon vicinato nonostante non avessero certo bisogno del mio aiuto (ne approfitto anche per chiedere loro scusa pubblicamente per una bassezza compiuta nel passato). Maggiori informazioni le trovate anche sul loro più che completo sito

Tutto ciò per dire loro grazie. Grazie per quanto hanno portato avanti con salda fermezza in questi anni; per la poesia del gesto e del pensare che non è mai mancata loro e che ha trovato in Marta una insostituibile musa ispiratrice; per aver sempre saputo trasformare i sogni e la fantasia in azioni concrete e fruibili; per essere stati generosi con i giovani che a loro si sono affidati per la formazione professionale; per aver portato e rinnovato il concetto di collettivo che si respira ogni volta che agiscono, con la schiera di amici/compagni/figli a dimostrare che l'unione dà forza: bravi!

Venendo ad AreaDanza, urban dance festival, che ha avuto luogo a Venzone, piccolo paesino vicino alla ben più tristemente nota Gemona del Friuli, lo ricorderò come un bellissimo pomeriggio passato assieme a danzatori e spettatori, con i quali a breve si inizia a socializzare di spostamento in spostamento. Si, perché il festival si sposta in giro per il paese alla scoperta di angoli sconosciuti e altri di maggior notorietà. 

Apre le danze pomeridiane Touch up 4.0 portato in scena dagli allievi dell'Alta Formazione/Compagnia Arearea e che racconta, riuscendoci pienamente, di come il comandamento attuale sia diventato uno solo: la produttività. In virtù di questo l'uomo sta perdendo umanità, il calore del tocco come trasmissione di pensiero e di condivisione, rinsecchendolo in gesti sempre più precisi, millimetrici ma totalmente asettici. In scena, anzi, sotto la facciata postica del Duomo di Venzone (lo ricordo ancora dolorosamente sventrato dal terremoto del '76) hanno agito Aichatou Cherif, Giovanni Consoli, Filippo Seziani e Sara Soravito che mi hanno sorpreso per la notevole presenza scenica ed interpretativa oltre a quella tecnica (spero che le stigmati sui loro piedi, create dall'attrito con il cemento, passino presto...).

Girandoci di schiena abbiamo trovato Chiara Ameglio e Pieradolfo Ciulli della Fattoria Vittadini di Milano appollaiati sui resti di alcune trabeazioni, rimaste in un angolo delle possenti mura di cinta di Venzone, dopo il terremoto di cui sopra. So close, so far è un duetto ispirato alla distanza e alla volontà di colmarla, indagando i concetti di distanza e vicinanza sempre e comunque legati da un fil rouge che tiene in costante contatto mentale e fisico la relazione tra i due danzatori

Ci spostiamo in un cantuccio nascosto ma incantevole, sotto una torre di pietra dove Laura Corradi presenta un delizioso duetto intitolato "Più forte di me" che Laura racconta meglio di me: "Difficile definire il confine tra amore e tolleranza, tra rabbia e tenerezza. Quando si sconfina, quando in due si è una cosa sola, allora lì l’altro è cosa mia e mi appartiene, lo curo come fosse il mio corpo, la mia casa, il mio giardino, e non posso farne a meno". Il gesto dei due danzatori è netto, chiaro e racconta esattamente quello che la coreografa voleva, arricchendolo di freschezza rispetto al testo che suona più maturo, grazie ai giovani corpi e ai volti espressivi di Jessica Perusi e Tommaso Cera, vestiti elegantemente ma infine irrimediabilmente macchiati dall'erba in cui si rotolano.

Nella piazza centrale di Venzone, rischiano unghie e dita dei piedi Tjaša Bucik e Patricija Crnkovič, generose nel loro non porsi limiti rispetto ad una superficie così ostica, affrontata a piedi nudi. O naš/ About us è astratto da un lavoro a serata intera e poco racconta di sé in questo contesto: allora non resta che godere della bellezza e della bravura delle due interpreti.

Ci accomodiamo nella Loggia del Municipio e, dopo il nostro ingresso, arrivano i partecipanti ad una festa di giovani senonché la terra inizia a tremare e saranno urla di terrore, di ricerca degli amici, di consigli su come salvarsi, il tutto condito da un'assieme incalzante fatto di spostamenti di gruppo ad enfatizzare il dramma che si sta consumando. Qualcuno non ce la farà ma lo si intuirà soltanto, senza inutili sottolineature e piagnistei, esattamente come i friulani seppero dimostrare e fare  Silenzio è un pezzo di Diego Sinniger De Salas per Twain Physical |Dance Theatre e non lascia indifferenti anche per la generosità con cui gli interpreti (Aleksandros Memetaj, Yoris Petrillo, Caroline Loiseau, Jessica De Masi, Ugnė Kavaliauskaitė e Anne- Gaëlle Stéphant) vivono i propri personaggi. Nel terremoto di Tuscania del 1971, 31 persone persero l’opportunità di dire e fare ciò che avrebbero voluto. "Passiamo la vita pensando che tante cose si possono fare domani ma c’è solo “oggi”: dovremmo vivere il momento, viverlo fino alla fine, godendo della bellezza del sorriso di un amico e amando il silenzio di due occhi che si guardano e fermano il tempo per sempre…"

Dopo poco ci aspetta l'ultimo brano - e che chiusura! - Messaggeri — preludio, un progetto di Maria Elisabetta Novello assieme a Roberto Cocconi, Luca Zampar e Fabiana Noro. Entriamo e troviamo una ventina di uomini vestiti di nero appoggiati ai muri che formano il perimetro del palcoscenico ricavato nella loggia. Al centro una figura ieratica e vibrante si staglia: è quella di una donna elegantissima. Improvvisamente inizia a fare dei gesti che presto si comprenderanno essere gli stessi con cui dirigerà gli uomini in nero, che poi sono i cantanti del Coro Polifonico di Ruda. Ma prima Roberto Cocconi, Luca Zampar, Marco Pericoli e Andrea Rizzo condurranno drappelli di cantanti silenziosi in disegni e azioni sceniche, costruendo il pathos che raggiungerà l'apice nel momento in cui inizieranno a cantare - meravigliosamente! - due brani: Stetit Angelus di Giovanni Bonato e Lux aurumque di Eric Whitacre. Il silenzio è rotto ma la tensione no e sale fino al culmine in cui Andrea indossa due ali di metallo e diventa un "messaggero di luce in questa epoca buia". Mezz'ora volata con grande emozione e tensione.

Pubblico attento e in crescita costante spettacolo dopo spettacolo, splendida iniziativa che spero si allargherà e allungherà sempre di più.

venerdì 21 giugno 2024

ROMEO E GIULIETTA 19 giugno 2024

Locandina dello spettacolo 

Non so quante versioni di Romeo e Giulietta ho visto nella mia vita ma credo di aver abbondantemente superato la trentina. In questa ridda di immagini che riaffiorano collegate alla meravigliosa partitura di Sergej Prokofjev, trovare spazio per una nuova è complicato ma non se mi convince e mi commuove come questa versione che la compagnia del Teatro Nazionale Croato di Fiume ha portato in scena a Lubiana in occasione del secondo festival Notti di Danza.

Di Jiří Bubeníček ho già visto diverse creazioni e ho molto apprezzato lo splendido Zivago che aveva creato per la SNG di Lubiana qualche anno fa, amando in particolare il suo modo di narrare in danza. Ora, mi ha decisamente conquistato in una prova così difficile, dove ogni singola nota della partitura è intrisa di passi ed espressioni che rimandano a tanti coreografi e tanti danzatori. Il rischio con Romeo e Giulietta di Prokofjev, già così fortemente narrativa nelle note, è di sovraccaricare di passi, rendendo inutilmente didascalico il gesto. Ma a Bubeníček riesce facile togliere per far vibrare i suoi danzatori di verità, pathos e bellezza. Così il racconto scorre fluido e accattivante in ogni singolo gesto a evidenziare un epoca storica in cui, per quattro giorni di amore, dovevano scorrere fiumi di sangue, violenza e dolore: "non ce ne sono due che abbiamo goduto la loro felicità peggio di Giulietta e del suo Romeo con lei". Poveri ragazzi, che tenerezza infinita riesce a rinnovare costantemente questa storia che si racconta dal 1596...

Bene ha fatto Masa Kolar, direttrice della compagnia fiumana, a commissionare questo lavoro che porta senza ombra di dubbio una nuova e importante versione coreografica della storia degli innamorati di Verona, caratterizzata da una narrazione comprensibile anche ai profani, coeva dei giorni nostri e molto più vicina al romanzo di Shakespeare di altre versioni cui siamo più avvezzi aggiungendo contenuto e importanza, per esempio, alle figure di Fra' Lorenzo e Paride.

Il linguaggio coreografico è assolutamente personale, e resta sempre godibile e spendibile nel dramma come nel giocoso, fatto di molti gesti e movimenti, di prese e slanci, di cadute e salti, giri e acrobazie ginniche, frutto di una straordinaria carriera come danzatore e come figlio di artisti circensi. Suggestive ma non indispensabili le proiezioni, mentre è stato molto interessante l'utilizzo dello spazio oltre il palcoscenico per ampliare lo spazio d'azione e coinvolgere gli spettatori prima e durante i due atti. Molto interessanti gli elementi scenografici creati da Aleksandra Ana Buković che, a loro volta, suggeriscono senza essere didascalici, rappresentati anche con la corrosione, l'amalgama dei materiali che il tempo trascorso ha lasciato come patina. Non riesco ad avere una opinione precisa dei costumi disegnati da Nadina Bubeníček Cojocaru che sono interessanti da vedere ma non rendono un gran servizio alle proporzioni fisiche dei danzatori e alla loro qualità di movimento. 

E che qualità! Questa compagnia ha raggiunto vertici notevoli, un po' come la SNG di Maribor che, pur non essendo le compagnia nazionali principali e non radicate nelle capitali dei rispettivi stati, hanno saputo investire nella connotazione e nell'alta qualità artistica delle proprie compagnie di danza. Qui siamo di fronte a danzatori strepitosi, capaci di comunicare i dettagli che solo la parola sa rendere, con corpi totalmente asserviti alle loro necessità e, molto probabilmente, umanamente ricchi di esperienza visto quella che riescono ad infondere ai propri personaggi. Maria Matarranz de las Heras è una Giulietta curiosa, determinata, molto più matura dei quattordici anni che Shakespeare le attribuisce; così come il Romeo di Michele Pastorini bello e atletico ma anche buono e maturo, capace di rabbia come di rimpianto, cui tutto sembra uscire dal cuore; o come il Mercuzio di Valentin Chou, scherzoso e brillante, adamantino nel movimento; ma devo citare anche la splendida Donna Capuleti, mossa da Marta Voinea Čavrak, o il Paride di Jody Bet, il Fra' Lorenzo di Janne Boere. Ma sono stati bravi tutti e li trovate nella locandina dello spettacolo immaginandoli ugualmente lodati nel mio pensiero. 

Non ho molto gradito i vari intermezzi degli attori principalmente perché, non comprendendo il croato e non essendoci soprattitoli, li ho trovati estranianti, finanche fuorvianti, addirittura fastidiosi una volta spenti i due giovani. In cerca di peli nell'uovo, ho trovato il passo a due del balcone (strepitosa l'idea di vederne emergere uno spigolo dal palcoscenico, trasformandolo in un letto o in una rampa di lancio all'occorrenza) troppo veloce, frenetico e passionale considerando che si parla di due ragazzini alle prime armi con il sesso.

La gigantesca Gallusova Dvorana dello Cankarjev Dom era piena solo a metà ma gli applausi e le lodi urlate dal pubblico lo hanno fatto completamente dimenticare.

mercoledì 19 giugno 2024

LA BELLA ADDORMENTATA lunedì 17 giugno 2024

 Locandina dello spettacolo (allego quella in sloveno perché quella in inglese è molto scarna)

A distanza di 8 anni sono tornato a vedere questa produzione della SNG di Lubiana e non sono rimasto deluso, anzi!
C'è chi dice che Etudes di Harald Lander sia il vero banco di prova di una compagnia che affronta il repertorio della danza classica.
Secondo me La Bella Addormentata di Peter Ilijc Cajkovski è anche peggio, sia per le difficoltà tecniche e la purezza cristallina stilistica da rispettare, sia per lo stuolo di Primi Ballerini e Solisti che richiede.
La piccola compagnia slovena se la cava egregiamente.
L'allestimento scenografico è suntuoso come si conviene ad una compagnia nazionale e ad un titolo così famoso: bellissime scene, arricchite da alcune proiezioni, realizzate in economia ma con intelligenza, come richiede l'attuale situazione economica, ad opera di Andrej Strazisar (peccato sia stato modificato l'ingresso di Carabosse che avveniva sollevando l'intero palcoscenico per svelare l'antro della Fata arrabbiata); costumi immaginifici e fantasiosi, dai colori sgargianti e dalle stoffe - falsamente - ricche firmati da Marija Levitska (strepitosi quelli di Catalabutte!). Efficaci ed eleganti le luci di Andrej Hajdinjak.

La coreografia di Irek Mukhamedov è fedelissima all'originale di Marius Petipa o comunque ne rispetta perfettamente lo stile e l'epoca. Lo condanno solo per alcuni tagli musicali veramente raccapriccianti, ma lo assolvo per aver condensato questo balletto in 135 minuti incluso l'intervallo! E' da un po' di tempo che asserisco che il pubblico non riesce più a restare attento e concentrato per lunghezze troppo imponenti, come di moda nei secoli scorsi, ma credo anche che i tagli potevano essere apportati più armoniosamente. Per il resto, riesce a raccontare perfettamente la storia, a renderla piacevole e moderna, senza toglierle gli aspetti favolistici, né la suntuosità. Speravo che il Maestro Ayrton Desimpelaere, alla direzione dell'Orchestra della SNG e non un nemico della danza avrebbe riaperto qualche taglio ma, giustamente, subentra in una produzione in piedi da molti anni.
L'attuale direttore della compagnia di Balletto della SNG di Lubiana, Renato Zanella, sa che bisogna alternare produzioni contemporanee ad altre prettamente classiche  per mantenere in forma e stimolare i danzatori Loro, infatti, rispondono benissimo. Come già dicevo l'ensemble maschile è affiatato e di buon livello; quello femminile idem anche se pecca di una certa disomogeneità fisica che negli atti bianchi è penalizzante.

Mi stupisco ancora di poter vedere danzare a pochi passi da casa, una stella di prima grandezza come Anastasia Matvienko, transfuga dalla Russia putiniana assieme al marito Denis. Certo Aurora è una ragazza di 16 anni mentre la Matvienko è una bellissima donna matura ma lo stile del Marijnsky e la pratica del ruolo è mirabilante. Ha migliorato la sua prestazione scena dopo scena, per cui preferisco dimenticare l'Adage à la rose molto teso e titubante e ricordare un radioso passo a due finale, in cui ha sfoggiato una tecnica sicura e la giusta allure. Kenta Yamamoto è un Principe Desirè solido, elegante e affidabile che la salva in alcuni momenti critici e pericolanti. Proseguendo per ordine di ruolo e di bravura, Marin Ino e Filippo Jorio sono una Principessa Florina e un Uccellino azzurro strepitosi: non una sbavatura, ritmo, stile, tecnica e presenza...cosa chiedere di più? Detesto il ruolo di Carabosse quando viene rappresentato en travesti: tutte le altre fate danzano (e tutte molto bene con una menzione speciale per Erica Pinzano, una Violante comme il faut!) e questa poveretta non è stata invitata, è una psicopatica e si limita a muoversi goffamente a destra e manca...ma quando ad indossare gli abiti è Lukas Zuschlag la musica cambia e siamo di fronte ad un Artista capace di molti, se non di tutto. Buona anche la prova di Emilie Tassinari ne la Fata dei Lillà, più sicura di come la ricordavo anche se mi permetto di suggerirle di abbassare ogni tanto lo sguardo anche a chi è in platea...

Bello spettacolo, sala esaurita, pubblico plaudente e soddisfatto, come il sottoscritto.

sabato 15 giugno 2024

LA PORTA DIVISORIA/IL CASTELLO DEL DUCA BARBABLÚ venerdì 14 giugno 2024

 Locandina dello spettacolo 

Sorprendente finale per la stagione 23/24 della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste che , invece di un titolo classico, decide di salutare il pubblico con un dittico di assoluta "rottura": La porta divisoria e il castello del Duca Barbablù. Se dell'unica opera lirica di Béla Bartók qualcosa è dato sapere, della prima ignoro veramente tutto. Il bilancio finale è quello di un dittico che si compensa vicendevolmente.

La porta divisoria di Fiorenzo Carpi, completata nel 2022 da Alessandro Solbiati, in quanto rimasta incompiuta dal lontano 1954 (se volete approfondire seguite questo link all'interessante prolusione di Elisabetta Proietti) ha la sfortuna di essere l'unico libretto d’opera di Giorgio Strehler da La Metamorfosi di Franz Kafka. Strehler ha molto amato l'opera ed è un peccato che, a parte le numerose e famose regie d'opera, non abbia fatto di più per il melodramma. Questo libretto, che fu una commissione di Victor de Sabata, è talmente perfetto da far impallidire, per esempio, quello di Barbablù che segue nella serata triestina. Tutto è equilibrato: il testo, la suddivisione in quadri, i pesi scenici.

È veramente una divisione quella che impone la brillante scenografia di Andrea Stanisci (magistralmente illuminata da Eva Bruno!) che intrappola la famiglia di Gregor Sansa sul palcoscenico e, contemporaneamente, noi pubblico con lo scarafaggio, erigendo una rete che seguendo il perimetro del boccascena divide il palcoscenico dal pubblico, ad eccezione di una porta centrale che si apre brevemente per lasciare del cibo al poveretto o per sdegnarsi alla vista di Gregor trasformato. L'inquietudine crescente che si vive leggendo il racconto di Kafka è perfettamente resa in questo allestimento e molto fa anche la voce di Gregor che parte da un palco di primo ordine, alle nostre spalle, tra di noi, a ricordare la nostra fragilità e mutabilità terrena. Carpi è stato una colonna portante nel lavoro di Strehler e del Piccolo Teatro di Milano, componendo una quantità infinita di musiche di scena e colonne sonore, al punto da doverlo considerare come uno dei maggiori compositori italiani del genere. Lo stile sperimentale che adotta per La porta divisoria è parecchio ostico, rifacendosi alle avanguardie atonali e cacofoniche degli anni '60 del secolo scorso che videro in Luciano Berio il nome più conosciuto, ma bene rende il tormento e lo stridio che doveva vivere interiormente il povero Gregor. I costumi di Clelia De Angelis e la curatissima regia di Giorgio Bongiovanni chiudono il cerchio di un allestimento che, con musica più "convenzionale", sarebbe stato un successo ovvio e inevitabile. Di grande volume e buona presenza scenica le voci di Davide Romeo nel ruolo di Gregor, di Alfonso Michele Ciulla come Padre di Gregorio e di Antonia Salzano come Sorella di Gregor ma di assoluta qualità anche tutto il resto della compagine, con un cenno speciale ai tre divertenti pensionanti.

L'Orchestra del Verdi vince anche in questa occasione, con la buca d'orchestra ricolma di percussioni e percussionisti, capace di eccellere in Mozart, così come in Carpi/Solbiati e Bartok. Marco Angius vibra con loro e, credo, sudi sette camicie per coordinare i suoni stridenti della prima opera e maestosi imperanti della seconda, dove l'orchestrazione del Maestro ungherese raggiunge il capolavoro.

Venendo alla seconda, l'allestimento di Henning Brockhaus è molto lontano dalle mie corde, al punto di trovarlo per nulla convincente e in diversi momenti irritante. Sono in imbarazzo, ovviamente, visto che parliamo di un grande nome della regia teatrale ma in questo blog racconto le mie impressioni da spettatore e tant'è. La triade di artisti che sostiene questo racconto, ispirato alla omonima fiaba di Perrault, è invero di altissimo livello: Andrea Silvestrelli, nel ruolo del Duca, e Isabel De Paoli, nel ruolo di Judith la moglie di Barbablù, hanno entrambi il giusto volume, il timbro scuro e una grande presenza scenica che fa dimenticare la banalità del libretto (non so quante volte Barbablù domanda alla moglie di baciarlo o se ha paura...in ogni caso, troppe!). Lo stesso dicasi per Maurizio Zacchigna che, nel ruolo del bardo, introduce il clima che seguirà. Non ho apprezzato scene, costumi, luci e coreografie e quindi, come d'abitudine, non li cito per non associarli ad un commento negativo.

Sala pienotta, applausi di cortesia per la prima opera e molto più convinti per la seconda con tripudio per i due cantanti della seconda. Ma il Verdi non si ferma e si prepara per una Turandot al Castello di San Giusto e un ritorno più corposo del Festival dell'Operetta.

mercoledì 15 maggio 2024

GISELLE martedì 14 maggio 2024

Locandina dello spettacolo 

Prima di raccontarvi del debutto di Giselle al Teatro Verdi di Trieste da parte della SNG di Lubiana, vorrei condividere una breve riflessione.

Eravamo in un palco di pepiano con una elegantissima signora in abito lungo e voluminoso (con al polso un modernissimo e iperconnesso orologio di plastica nera che si illuminava costantemente...mah!?!). A parte questo fastidio su cui ho taciuto (anche perché la signora continuava a coprirlo con l'altra mano appena si illuminava...allora perché tenerlo al polso? ri mah?!?) nell'intervallo ho chiesto loro che cosa avevano capito della vicenda. Ovviamente quasi nulla tant'è che, avendo preso il programma di sala, si erano precipitati a leggerlo per meglio comprendere. Avevano capito che Albrecht fingeva di essere qualcun altro, che Giselle era morta per essere stata presa in giro ma nulla della sua salute cagionevole o del racconto di Bertha in merito alla leggenda delle Villi. Mi domando come si possa fare per non lasciare gli spettatori nel dubbio di aver compreso, con il pericoloso rischio che la prossima volta non tornino a teatro...a nessuno piace sentirsi ignorante e non capire si trasforma in un'esperienza indubbiamente negativa. La mimica del balletto è frutto di abitudini e tradizioni che poco hanno a che vedere per esempio con il nostro italico gesticolare. Nel mondo del melodramma i soprattitoli hanno indubbiamente semplificato la comprensione del testo che, anche se in italiano aulico, risulta essere comprensibile e aiuta a seguire lo svolgersi della vicenda. È un'eresia pensare di soprattitolare le scene mimiche dei balletti ottocenteschi? Faccio fatica io che vivo in questo mondo da sempre a capire il significato di certi gesti...

Detto ciò, il lavoro che ha fatto José Carlos Martinez nel rimontare questa sua versione per la compagnia slovena è di buona fattura artigianale anche se si limita a riordinare qualche sequenza coreografica (ad esempio introducendo una mini sequenza di danza di carattere nel passo a sei delle amiche di Giselle o qualche variazione nella scena delle vendemmiatrici, introducendo anche i danzatori) e non ad una profonda e/o radicale rilettura del capolavoro ottocentesco come hanno fatto ad esempio Mats Ek o Akram Khan in passato. Nulla di male ma scrivere sul programma di sala "coreografia di" mi sembra decisamente fuori luogo, oltretutto senza neanche citare i vari coreografi di cui si usano intere sequenze coreografiche. È un po' come se io riproponessi La Traviata di Corrado Canulli-Dzuro usando la musica di Giuseppe Verdi o il testo di Francesco Maria Piave senza citarli.

A parte questo, lo spettacolo è piacevole, come un'artista del calibro di Martinez deve garantire. I costumi di Inaki Cobos Guerrero sono tradizionali ma magnifici, di bella fattura e grande eleganza (solo un po' troppo voluminosi i tutù romantici dell'atto bianco che ingoffano e nascondono troppo per i miei gusti); un po' più essenziali le scene che interrompono anche l'illusione visiva alternando quinte scenografate a quelle nere tradizionali; elegante e adeguato anche il disegno luci di Andrej Hajdinjak.

Il direttore d'orchestra Ayrton Desimpelaere è il Direttore che tutti noi danzatori avremmo voluto e vorremmo avere: respira assieme ai Primi ballerini, segue e conosce la coreografia, rallentando e appoggiando dove serve, oltre ad aver riletto dei dettagli e dei colori della partitura che non avevo mai sentito prima, L'Orchestra del Verdi lo segue diligente ma con il poco interesse che dimostra per le partiture da balletto, con i soliti problemi negli ottoni, che sono invece assenti nelle recenti produzioni di Verdi e Rossini...misteri!

Venendo alla Compagnia della SNG Opera in Balet Ljubljana, che sostengo da anni per la qualità e la versatilità, si dimostrano nel complesso ampiamente in grado di affrontare il grande repertorio classico anche se, specialmente nei ruoli solistici, inizia a mostrare il fianco della politica di tutela sindacale dei suoi danzatori che sono costretti ad andare in scena fino all'età della pensione. Nonostante questo, la precisione del Corpo di Ballo è assolutamente encomiabile! Evidentemente la direzione di Renato Zanella e di validi maitres porta i suoi frutti. Anche se è stato deludente vedere solo dodici Villi in scena: il palcoscenico del Verdi non è una piazza d'armi ma in diciotto ci sarebbero state senza problemi.


La scelta di accogliere la coppia di Primi Ballerini, transfughi dalla Russia putiniana, formata da Anastasia e Denis Matvienko si rivela fondamentale in questa produzione. La Matvienko dimostra la grandezza della scuola russa nel forgiare i suoi danzatori a colpi di tecnica e di repertorio della danza classica cosicché ogni interpretazioni parte da uno standard qualitativo altissimo e indiscutibile. La sua Giselle è perfetta, lieve ma al contempo terrena, anche se manca un po' di giovanile freschezza. È accompagnata dal valido Albrecht di Kenta Yamamoto, affidabile partner che riesce a strappare al pubblico triestino l'unico applauso a scena aperta durante la lunga sequenza di entrechat six della fine del secondo atto. Hylarion è interpretato mirabilmente da Denis Matvienko: mai visto una presenza scenica migliore in questo ruolo! Un po' meno l'esecuzione tecnica. Solidissimi invece, anche di presenza scenica, Filip Juric nel passo a due dei contadini del primo atto e Erica Pinzano, una Moyna indiscutibile come mai prima! È un ruolo da solistina dove spesso manca la capacità di sostenuto o la fluidità nell'atterraggio dai salti ma Erica si è dimostrata indiscutibile a tutto tondo: brava!

Sala con molti posti vuoti, pubblico plaudente e competente

lunedì 6 maggio 2024

LA CENERENTOLA venerdì 3 maggio 2024

Locandina dello spettacolo  

E niente: la potenza antidepressiva delle opere di Rossini dovrebbe essere riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità!! Impossibile uscire tristi dopo l'ascolto....e quanto è divertente il belcanto! Sono da sempre un sostenitore della tecnica in generale che, nel mondo dell'arte, garantisce piena libertà di espressione all'esecutore: stasera ne abbiamo sentiti di bravi!

Preferisco concentrarmi sulla parte musicale perché quella visiva l'ho trovata uno strano pastiche, piuttosto sconclusionata. Non è il primo spettacolo cui assisto firmato da quel mirabolante genio dell'animazione e dell'illustrazione che è stato Lele Luzzati ma, anche stavolta, non ha toccato le mie corde. La cifra infantile e naif non si sposa con il mondo "matematico" della musica di Rossini. Ancora meno hanno aiutato costumi poco in sintonia con le scene, luci che andrebbero chiamate fosche ombre e una regia molto prevedibile che probabilmente ha reso il miglior servizio alle sei comparse maschili in scena. 

I coristi sono stati noiosamente costretti a muoversi costantemente come automi ma sembrano rinvigoriti nel numero (anche se non se ne trova conferma nell'elenco pubblicato sul programma) e lo si percepisce anche dal volume che riempie tutta la sala del Teatro Verdi: lode al Maestro Paolo Longo che continua ad animarli e a domandare integrazioni, immagino. 

Ancora meglio l'Orchestra della Fondazione lirica Giuseppe Verdi di Trieste che ormai sembra a proprio agio affrontando qualunque autore, merito anche di un Direttore straordinariamente attento quale Enrico Calesso: è un vero piacere, ogni tanto, togliere lo sguardo dal palcoscenico e vedere l'eleganza e la partecipazione con cui conduce la sua Orchestra.


Ma vengo ai cantanti che sono stati TUTTI di indiscutibile bravura. Da Laura Verrecchia, un Angelina austera ma vocalmente generosa e tecnicamente potente, al Don Ramiro di Dave Monaco, tenore che sale negli acuti senza mostrare alcuna fatica o strozzatura; dal marpionesco Don Magnifico di Carlo Lepore, presente vocalmente e scenicamente, allo strepitoso Dandini di Giorgio Caoduro, un belcantista con i controfiocchi, capace di sillabati da manuale e di briosa e intelligente presenza scenica; senza trascurare le deliziose sorellastre Tisbe e Clorinda, rispettivamente Carlotta Vichi e Federica Sardella, concludendo con il solido Alidoro di Matteo D'Apolito. Insomma coté musicale di altissimo livello!


Sala pienotta, pubblico contento: bella stagione Sovrintendente Polo!





GRAND FINALE sabato 4 maggio 2024

Locandina dello spettacolo 

Non c'è niente da fare: Maša Kolar come Direttrice non sbaglia un colpo! E anche questa nuova produzione, che chiude una stagione molto felice nella storia del Ballet CNT Rijeka, centra il colpo, posizionandosi come uno spettacolo dai molteplici livelli di lettura.

Forse è il sapere che il coreografo Nadav Zelner è israeliano che influisce sul mio pensiero ma credo sia indiscutibile che questi 55 minuti di spettacolo possono essere goduti come solo movimento ma anche cercando paralleli con la storia che ci avvolge e coinvolge in questo periodo: guerre, esodi, migrazioni, sofferenza, emarginazione. 

Il titolo completo della produzione è "Grand Finale: la tartaruga e la cabina telefonica" e sono in effetti entrambe delle vere protagoniste. Tutti i danzatori indossano un carapace che forse è uno zaino, forse una casa portatile dove conservare quello che serve nel pratico e alla memoria, anche se alla fine si rivela essere soltanto un piumino da indossare, per ripararsi. Invece solo alcuni di loro entreranno nella vera cabina telefonica piazzata in proscenio, a sinistra, dove comunicheranno a turno con amici e parenti lontani raccontando di gioie e dolori, di novità e di nostalgie, riuscendo a giungere ai nostri cuori anche se parlano lingue diverse dalla nostra e i soprattitoli sono solo in croato...

Il linguaggio coreografico di Zelner è molto interessante e personale, tant'è che è quasi impossibile classificarlo in uno stile preciso, visto che non è propriamente contemporaneo né hip hop, ma ha indubbiamente la forza e la capacità di arrivare dove vuole, raccontando storie e scuotendo gli animi.

È uno spettacolo difficile da raccontare per le molteplici immagini e suggestioni, per la velocità a cui viaggia e perché va vissuto personalmente, individualmente. 

I danzatori - magnifici tutti! - sono stati Thomas Krähenbühl, Federico Rubisse, Valentin Chou, Ali Tabbouch (questi due protagonisti di due bellissimi assoli, cucitigli addosso con perizia sartoriale), Alejandro Polo, Álvaro Olmedo, Laura Orlić, Mio Sumiyama, Janne Boere, Noa Gabriel Siluvangi, Soyoka Iwata e Maria Matarranz de las Heras (strepitosa nel suo momento nella cabina telefonica!).


Molto belli i costumi di Maori Zabar dalle eleganti cromie, strepitoso il disegno luci di Dalibor Fugošić che illuminava un suggestivo impianto scenografico urbano di Eran Atzmon.

Teatro pieno, pubblico esultante con ridda di applausi e la sensazione che Fiume/Rijeka sia una capitale nordica piuttosto che una cittadina della provincia croata...



giovedì 25 aprile 2024

SIX mercoledì 24 aprile 2024

 Locandina dello spettacolo 

S U P E R L A T I V O ! ! ! 

Queste sei Signore sono veramente delle Regine e non per trascorsi nobiliari ma perché sono regine del canto, della recitazione e della danza! Che spettacolo incredibile....veramente perfetto dall'inizio alla fine. Perfetto in tutto: nella durata concisa che incredibilmente riesce a svilupparsi in un'ora e mezza a tempo unico, nei tempi teatrali che alternano canto e recitazione nonché situazioni dinamiche alternate ad altre più intime, per il tema che riabilita la figura di sei regine altrimenti note solo per la ferocia del comune marito, per la forma innovativa che non è più quella del musical ma che si accomuna in tutto e per tutto ad un concerto rock...insomma, S T R E P I T O S O ! ! !


La storia della genesi è ugualmente interessante visto che la dobbiamo a due giovani studenti, Toby Marlow e Lucy Moss, che hanno scritto questo spettacolo per i loro compagni di scuola e si sono invece trovati ad avere scritto un capolavoro del teatro musicale contemporaneo. Potete trovare una sinopsi del testo andando alla Locandina dello spettacolo che trovate in cima a questo pezzo. La regia è congiunta tra Lucy Moss e Jamie Armitage e non lascia un secondo di vuoto o di non pensato, grazie anche alla B R I L L A N T E stesura coreografica di Carrie-Anne Ingrouille: tutto è improntato come un continuo alternarsi tra momenti in cui si esibiscono le singole regine, mentre le altre fungono da coriste, ad eccezione di un comune numero centrale e quelli di apertura e chiusura. I testi sono estremamente interessanti ma è fondamentale scaricare l'app che ve li sincronizza sul vostro telefono: altrimenti passerete la serata con il naso all'insù e perdereste lo sfavillante spettacolo che scorre davanti ai vostri occhi! L'impianto scenografico di Emma Bailey è fisso ma, grazie al light designer Tim Deiling che è S E N S A Z I O N A L E, riesce a sembrare sempre diverso. A tutto ciò dobbiamo aggiungere che i costumi sono Gabriella Slade I N C R E D I B I L I e P A Z Z E S C H I ! 



Le sei Queen di cui non saprei cosa altro dire, se non che sono E C C E Z I O N A L I, sono Nicole Louise Lewis, Izi Maxwell, Erin Caldwell, Kenedy Smal, Lou Henry e Aoife Haakenson, mentre la Band è composta da Tamara Morgan, Ellie Jane Grant, Shakira Simpson, Natalie Pilkington con la direzione musicale di Yutong Zang.


G R A Z I E alla direzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e a Stefano Curti per averci offerto questa serata incredibile, senza dover andare fino a Londra! Teatro esaurito, pubblico in visibilio e numerose groupies che non mi sarei aspettato di vedere a Trieste!