venerdì 25 dicembre 2015

L'ELISIR D'AMORE 22 dicembre 2015

Locandina dello spettacolo

E' una vera delizia questo allestimento, di quello che si può considerare il capolavoro di Gaetano Donizetti, sia per gli occhi che per le orecchie! E' una produzione solare, allegra, piena di cura per i dettagli (complimenti, visti i ristretti tempi di prova!) che ruba due ore e mezza di vita con grazia e bellezza! Due ore e mezza che ho l'impressione il pubblico inizi a fare fatica a sopportare, abituato sempre di pù alle brevi durate delle serie televisive....

Gran parte del merito va, per la parte visiva, al regista Fabio Sparvoli, assistito da Giovanna Spinelli, che imbastice una regia scorrevole, piena di dettagli e di idee, aiutato dal coro della
Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste in grandissima forma. Lo seguono con affetto e dedizione anche gli interpreti principali, convinti a sostenere i loro personaggi fino in fondo, sia essendo una donna che cerca di sedurre un carabiniere, che una protagonista
altezzosa e poco simpatica...ah già, la vicenda è spostata in avanti, fino agli anni cinquanta del secolo scorso, in un paesino dell'entroterra centro italiano, direi. Il clima che si respira è sereno, è quello di un Italia uscita dalla guerra, che ha voglia di ricominciare, di divertirsi, senza dimenticare la necessità di lavorare. L'impianto scenico rimanda ad una tipica casa colonica, color rossiccio che vediamo dal profilo destro nel primo atto e dal sinistro nel secondo: splendido escamotage dello scenografo Saverio
Santoliquido, immagino, per contenere i costi senza annoiare lo spettatore. Finiscono la scena due piccole collinette e alcuni covoni di paglia. I costumi di Alessandra Torella sono adeguati e perfettamente inseriti nella scala cromatica della messinscena. L'unica pecca sono le luci di Jacopo Pantani che sottolineano il dipanarsi della vicenda (personalmente lo detesto, a meno che tutta l'ambientazione non sia favolistica e non verista come in questo caso) trasformando improvvisamente la scena in un notturno o andando a definire il trio di protagonisti sagomandolo dall'alto...ahimè, andando a sottolineare anche dettagli che non c'entrano nulla con la narrazione e con il pathos che si voleva creare.

Venendo ai protagonisto ho ascoltato la Adina di Dušica Bijelić, molto preparata scenicamente e vocalmente, vezzosa e arrogante come richiede il personaggio, ma capace di una credibile trasformazione finale verso l'amore e la dolcezza. Ho trovato il Nemorino di Leonardo Ferrando gagliardo, visionario, sognatore come dovrebbe e vocalmente tanto, tanto piacevole. Il Dulcamara di Domenico Balzani era altresì convincente sia dal punto di vista scenico, supportato da un servo vero truzzo di periferia affidato all'intelligente mimica di Mario Brancaccio, che da quello vocale , ma avrei voluto sentirlo scandire e sillabare maggiormente la sua aria del primo atto. Potente, dominatore e ieratico il Belcore di  Filippo Polinelli, questa volta impersonante un ufficiale dei Carabinieri, così come delicata e fanciullesca era la Giannetta di Vittoria Lai.


L'orchestra suona bene e si impegna ma la conduzione di Ryuichiro Sonoda non decolla: per i miei gusti affronta con troppo clamore l'ouverture, restituendo al povero Dozzinetti un soprannome che proprio L'elisir d'amore gli aveva affrancato...peccato!

Mi preme lodare e ringraziare nuovamente il coro, in particolare le sezioni femminili, per il grande lavoro registico svolto e affrontato in questa messinscena: sono briose, presenti, disponibile, allegre, precise...brave!

Sala piena, pubblico poco reattivo alla fine delle varie arie, ma generoso nei ringraziamenti di fine
spettacolo. Teatro affollato di ragazzini delle medie e superiori cittadine che spero vengano adeguatamente preparati alla visione di un'opera lirica, mondo sempre più lontano da quello attuale...

P.s.: in tutte le lodi spese per il Coro, mi sono dimenticato di citare il Maestro Fulvio Fogliazza che li dirige con competenza e passione....spero che non me ne voglia!

Invece per rispondere ad altri invidiosi e rancorosi, ricordo che un blogger scrive di quello che vuole, siano anche solo i movimenti e la regia e che, per fortuna, nessuno è costretto a leggermi! Altrimenti sarei rimasto a scrivere per il sito dove recensivo prima, che si occupava di tutti gli aspetti tecnici, con piglio accademico che trovo noiosi per chiunque non sia un addetto ai lavori. La comunicazione si evolve e il mio interesse è quello di invogliare il pubblico ad andare a teatro, a non dimenticarlo...e se è vero, come mi si apostrofa che può scrivere chiunque...beh, fatelo.






mercoledì 9 dicembre 2015

MAMMA MIA! 9 dicembre 2015

Locandina dello spettacolo

Sempre un piacere per gli occhi e per le orecchie!
E' nuovamente una bellissima edizione, quella inglese che è appena approdata a Trieste , al Politeama Rossetti e che resterà in scena fino a domenica 13 dicembre.

Come sempre le produzioni inglese sono inappuntabili dal punto di vista tecnico ed artistico. E anche questa non fa eccezione!
La storia di Donna e della sua caparbietà di restare single, ma mamma felice, su un'isola greca, dove in occasione del matrimonio della
 
figlia ventenne Sophie, riapproderanno i tre uomini dei quali uno potrebbe essere il papà della fanciulla, è raccontata e messa in scena magistralmente. Tutto fila liscio, senza una sbavatura, senza un rumore accidentale, senza l'innesco di un radio microfono, per due ore e mezza di spettacolo: impensabile per noi italiani!

Le scenografie e i costumi di Mark Thompson riescono a trasportarci in piena estate, su di un'isola che immaginiamo bianca, assolata ma piena di semplicità e serenità. Catherine Johnson ha scritto uno splendido libretto nel quale le melodie immortali di Benny Andersson e Björn Ulvaeus, più conosciuti assieme alle loro compagne come gli Abba, sono incastonate come gemme preziose e sembrano nate appositamente. Non stonano neanche alcune canzoni aggiunte ad opera di Stig Anderson, grazie alla supervisione musicale e agli arrangiamenti di Martin Koch.

Phyllida Lloyd firma una regia colorata, attenta ai dettagli, musicalissima, supportate dalle vivaci e divertenti coreografie di Anthony Van Laast.

Abbiamo applaudito un'ottima Sara Poyzer nel ruolo di Donna Sheridan, che dopo un primo tempo vocalmente meno sicuro, ha saputo dare il meglio di sè; Shobna Gulati e Sue Devaney sarà Tanya e Rosie, le irresistibili Dynamo girls del suo passato artistico; Niamh Perry è stata una piacevole Sophie Sheridan, anche se il timbro molto acuto e qualche difficoltà nel registro centrale non mi hanno del tutto convinto. Molto bene il comparto maschile con Richard Standing, nel ruolo di Sam Carmichael, Michael Beckley nel ruolo di Bill Austin, Mark Jardine nel ruolo di Harry Bright e il bel Justin Thomas come Sky.

Di tutti gli altri trovate i nomi nella locandina e mi urge ricordare che sono stati generosi, brillanti e carichi di energia!

Se non l'avete visto, correte a teatro per vedere una produzione di altissimo livello...senza dover andare fino a Londra!

 
 Poyzer interpreterà Donna Sheridan, Shobna Gulati sarà Tanya, Sue Devaney sarà Rosie e l’irlandese Niamh Perry interpreterà Sophie Sheridan - See more at: http://www.ilrossetti.it/scheda_musical.asp?RecordID=5241#sthash.K9mwk6Q8.dpuf
Sara Poyzer interpreterà Donna Sheridan, Shobna Gulati sarà Tanya, Sue Devaney sarà Rosie e l’irlandese Niamh Perry interpreterà Sophie Sheridan - See more at: http://www.ilrossetti.it/scheda_musical.asp?RecordID=5241#sthash.K9mwk6Q8.dpuf

martedì 1 dicembre 2015

WERTHER 1 dicembre 2015

Locandina dello spettacolo 

Punto 1: prima volta che vedo il Werther di Jules Massenet.
Punto 2: alla fine del primo atto non ne potevo più.
Punto 3: i restanti tre atti mi sono piaciuti moltissimo.

Detto ciò, devo dire che lo spettacolo mi è sembrato nel suo complesso interessante anche se tradizionale, elegante ed asciutto.
Ho molto apprezzato le scene di Aurelio Barbato, austere e incombenti, come si conviene ad un dramma di questo tipo; eleganti e perfettamente coordinati all'allestimento anche i costumi di Lorena Marin; splendidamente chiaroscurali le luci di Claudio Schmid hanno sottolineato con intelligenza il dipanarsi della vicenda.
Giulio Ciabatti si conferma, ancora una volta, un regista tradizionale, garbato e attento ad aiutare i suoi protagonisti nel rendere personaggi scomodi e inquieti come in questa opera. Ha saputo infondere leggerezza e soavità laddove era possibile, ma non ha tralasciato di sottolineare il dramma, senza calcare la mano.

Venendo alla musica, come già scrivevo, ho trovato il primo atto lento e monotono, ma ho finito con il ricredermi man mano che l'opera proseguiva: quella che mi sembrava solo una nenia è diventata un tourbillion emozionale che mi ha piacevolmente coinvolto. Nonostante sia andata in scena nel 1892, in pieno fermento verista, a me è sembrata un'opera pienamente romantica, colma dello sturmundrang che ne era il manifesto. Il libretto si ispirava a I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang von Goethe, drammone che molti di noi hanno subito a scuola, nel quale si racconta tutto il disagio interiore, esteriore e la depressione di un povero innamorato, ripetuatamente rifiutato e accettato solamente dopo essersi sparato un colpo all'addome. Una delle agonie più lunghe che io abbia mai visto...

Molto di questa mio ricredermi credo di doverlo alla direzione d'orchestra di Christopher Franklyn che ha saputo dosare i suoni, senza perdere i colori, enfatizzando i momenti cruciali, arrivando a qualche clamore che la vicenda richiedeva, ma mantenendo volumi controllati e mai forzati. A parte alcuni passaggi più acuti cantati da Werther, durante i quali ho trovato il suono dell'orchestra molto, troppo forte ed ho avuto l'impressione che fosse "un aiutino" per sostenere il tenore che appariva stanco e in difficoltà. Infine, a mio modestissimo parere, nel primo atto gli archi erano troppo protagonisti, ma ho trovato l'Orchestra del Verdi in gran forma. Veramente!

Venendo ai protagonisti, metto al primo posto la Charlotte di Olesya Petrova, potente mezzosoprano, dal timbro caldo e fraseggio molto chiaro: mi è piaciuta molto la sua interpretazione e la presenza scenica, nonostante al suo primo ingresso in platea si fosse percepito qualche risolino...è vero, un certo tipo di fisicità è inadeguata a quello che dovrebbe essere il corpo di una soave, bellissima fanciulla e stiamo diventando sempre più sofisticati e pretenziosi rispetto all'immagine ed alla credibilità che ci aiuta a leggere un personaggio.
A pari merito una strepitosa Sophie interpretata da Elena Galitskaya, soprano leggero dal timbro cristallino e dalla freschissima interpretazione scenica.
L'Albert di Ilya Silchukov era al terzo posto delle mie preferenze, nonostante il suo personaggio sia tutt'altro che affabile o simpatico: vocalmente gradevole, tecnicamente sicuro, teatralmente convincente.
Il Werther di Luca Lombardo mi è sembrato molto professionale ma in continuo calo dal primo all'ultimo atto: forse stanchezza...non so. Convincente scenicamente, anche interessante vocalmente, ma proprio calante nella resa.
Bene Le Bailli di Ugo Rabec e adeguati tutti i comprimari.
Presenti e puntuali "I Piccoli cantori della Città di Trieste" diretti da Cristina Semeraro.

Uno spettacolo che, per quanto mi riguarda, mi ha fatto scoprire una nuova opera, che mi ha regalato delle emozioni e che ha conquistato la mia vista.

Teatro pieno, tanti giovani (finalmente più interessati al mondo dell'opera), applausi in crescita.