giovedì 28 dicembre 2017

GISELLE mercoledì 27 dicembre 2017

 Locandina dello spettacolo

Giselle mancava dal palcoscenico del Teatro Verdi di Trieste dal 2003, quando era arrivato con una anonima produzione del Teatro Stanislavskij di Mosca. Ed è un peccato perché resta uno dei balletti più interessanti e scorrevoli di quelli sopravvissuti dal repertorio ottocentesco.

La versione prodotta dal Teatro Nazionale Sloveno di Maribor è una delle più interessanti per quanto riguarda la cura del racconto e dei dettagli.

Il coreografo georgiano Rafael Avnikjan cesella una messinscena preziosa, curata in ogni singolo gesto mimico e con una consecutio narrativa inappuntabile. Tutti i personaggi sono intarsiati e tramandati agli interpreti con cura maniacale: sguardi, controscene, protagonisti sono un tutt'uno armonico che mi ha tenuto incollato per tutto il primo atto. Veramente magistrale.
Il secondo è molto fedele, direi totalmente, all'originale di Jean Coralli ma è arricchito dalla stessa cura del particolare.
La prestazione della compagnia di Maribor è alzer delle Vendemmiatrici del primo atto e negli assieme del secondo, ed ha un buon livello negli ensemble; quello maschile meno ma nella Danza dei Contadini non ha una grande importanza. I problemi saltano all'occhio nelle Amiche di Giselle dove la danzatrice più piccola di altezza ha commesso diversi errori visibili anche ai profani; oppure nel piccolo assolo delle due villi del secondo atto, dove la prima solista è molto incerta e poco sicura; o, infine, come l'interprete di Myrtha che più che altera è pesante e legnosa.
interessante nelle scene di assieme, meno in quelle solistiche. Il corpo di ballo femminile è fisicamente abbastanza omogeneo, e lo si nota nel V

La Giselle di Yui Sugawara, ospite proveniente da Les Grands Ballets Canadiens de Montreal è di altissimo livello: tecnica sicura, splendido sbalzo, buona espressività nonostante i tratti tipicamente asiatici, estrema cura di ogni dettaglio e passaggio. Non riesco a perdonarle soltanto di aver avuto nel secondo atto un costume senza neanche un accenno di ali, di non essersi "sbiancata" la pelle e nel primo, durante la pazzia, di avere un taglio e un colore di capelli che è troppo moderno per il personaggio.
L'Albrecht di Costantine Allen, proveniente dalla stessa compagnia canadese, è anche egli perfettamente calato, tecnicamente saldo e brillante ma, per i miei gusti, è fisicamente troppo longilineo e sproporzionato, soprattutto quando indossa il costume del primo atto.
Adeguato ma freddo l'Hilarion di Sytze Jan Luske, delicata e toccante la Mamma di Giselle interpretata da Marina Krasnova, deliziosa e signorile la Bathilda di Tanja Baronik.
Molto bene gli interpreti del Passo a due  del primo atto, Tetiana Svetlicna e Asami Nakashima, brillanti, saldi e sorridenti come il faut!

L'Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste accompagna la vicenda in palcoscenico con la solita noncuranza che dedica al balletto ottocentesco, evidentemente troppo pregno di valzer e ballabili per i loro gusti. Il Maestro Simon Robinson che li dirige è invece un vero signore della danza, attentissimo a seguire i danzatori nelle difficoltà tecniche e nelle chiusure delle variazioni.

Belli i costumi di Luca Dall'Alpi e le scene di Jean Guillermo Nova. 

Teatro sufficientemente pieno, considerando quanto spesso è vuoto per la lirica...

sabato 23 dicembre 2017

CARMEN martedì 19 dicembre 2017

Locandina dello spettacolo


E' una versione onesta e artigianale quella che la SNG mette in scena, affrontando un altro mostro sacro della lirica come il capolavoro di George Bizet Carmen.

Certo, ridotta in dimensioni per il piccolo palco del Teatro di Lubiana, è meno raffinata e fa meno effetto, rispetto agli allestimenti italiani o addirittura a quello dell'Arena di Verona: niente cortei di toreri, che la regista lascia sapientemente alla nostra immaginazione, schierando coro e bambini in proscenio come se il corteo fossimo noi spettatori; niente montagne e poche, scarne scene.
Ecco, forse la cosa che meno mi ha convinto sono scene e costumi che ho trovato poco raffinati, non amalgamati, particolarmente brutta la scena della caserma con una scarna porta scorrevole e i muri ricoperti a cortina anni '60 che si trovano in ogni isolato romano, firmate come la regia da Pamela Howard.
La regia è tradizionalissima, affidata molto all'interpretazione dei cantanti, senza particolari trovate ma scorrevole.

Sul lato musicale abbiamo due vincitori assoluti.
La prima, Irena Parlov, cesella una Carmen che non può che risultare affascinante e simpatica; è padrona della scena e ha molto lavorato su gestualità e posture che risultano naturali ma curate; la voce ha un grande volume e un bel timbro da mezzosoprano che si schiarisce molto negli acuti generosi ma non ostentati.
Il secondo è l'Escamillo di Peter Martincic: voce meravigliosa per timbro e colore, volumi generosi e grande presenza scenica, uniti ad un naturale carisma.

Il Don José di Aljaz Farasin si riscatta nel finale dopo un inizio difficile e una scarna costruzione del personaggio: nel terzo e soprattutto nel quarto atto, rivela doti canore e interpretative più generose e interessanti.
Giovane e graziosa è la Micaela di Martina Burger ma spinge troppo sul volume e perde tutta la dolcezza virginale che dovrebbe avere il suo personaggio.
Bene il quartetto di Dancairo, Remendado, Frasquita e Mercedes con buoni voci e belle presenze. Poco chiaro invece il Zuniga di Zoran Potocan e nella norma gli altri comprimari.
Lo scarno intervento danzato, affidato alle coreografie di Berta Vallribera si regge solo sulla prestanza di un giovane danzatore di cui non ci è dato sapere il nome, che spicca notevolmente rispetto ad un gruppo di signore, amabilmente amatoriali.

L'Orchestra e il Coro della SNG suonano e cantano bene e dimostrano che l'andare spesso in scena giova, dimostrando un buon mestiere in tutto quello che fanno. La direzione di Jaroslav Kyzlink privilegia il fragore della partitura, trascurando un po' i pianissimo e i toni pacati, ma è precisa e puntuale.

Mi ha molto colpito vedere il teatro pieno solamente a metà (la recente replica de A Christmas Carol era esaurita in ogni ordine e posto): ma la danza non funziona, no, no...

martedì 5 dicembre 2017

LO SCHIACCIANOCI - A CHRISTMAS CAROL martedì dicembre 2017

Locandina dello spettacolo

Anche quest'anno sono tornato a vedere una replica della ripresa de "Lo Schiaccianoci - Una favola Natalizia" proposta, come da molti anni a questa parte, nel periodo natalizio da parte della Compagnia di Balletto della SNG di Lubiana, in Slovenia. Riprendo il cappello iniziale della recensione dello scorso anno visto che sono alla mia quarta recensione e la mia opinione non cambia. Anzi, ogni anno scopro qualche dettaglio in più!

Questa bella, intelligente ed elegante versione ad opera di Youri Vamos, rappresenta una valida alternativa agli allestimenti più tradizionali. Vamos ha unito il libretto originale di Marius Petipa (che si era rifatto all'adattamento di Dumas del racconto di Hoffman "Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi") al Racconto di Natale di Charles Dickens, scrivendo una storia nuova, efficace e con una morale di fondo molto più accattivante delle complicate e nascoste letture psicologiche del testo tradizionale. 
A parte questa interessante idea di mescolare queste due vicende che hanno il comune denominatore nel Natale, l’aspetto più interessante è la personalissima cifra coreografica che Vamos dimostra ed elargisce a piene mani. Siamo pieni di coreografi che possiamo definire “seguace di”, “figlio di”, “ispirato da”. Vamos, nonostante non abbia raggiunto la fama planetaria di Balanchine, di Bejart, di Forsythe è un coreografo unico ed estremamente interessante. Ogni passaggio, ogni presa, ogni passo, esula dalle convenzioni o dalle regole del “bravo coreografo”, denunciando evidentemente un bisogno personalissimo e unico, la necessità di coreografare per esprimere un mondo privato molto ricco e interessante. 

Un altro degli aspetti a mio avviso estremamente interessante è dato dal fatto che le stesse persone che abitano il villaggio, e quindi la vita di Scrooge, li ritroviamo all’interno del momento onirico: quindi un poliziotto inglese, il tipico Bobbie, si trasforma nello “Spettro della morte”, Bob Cratchit diventa il solista maschile della danza spagnola, e così via. Nel finale, e ancor più nei ringraziamenti,  il coreografo si diverte a svelare questo gioco di doppi creando un divertito gioco di smascheramenti e sorprese.
Ha inoltre l'enorme merito di aver rimosso gli inutili e poco credibili topi, le danze sociali dei parenti e tutte le lungaggini del primo atto di qualunque versione.
Infine, credo di non aver mai visto bambini, anche molto piccoli, così attenti e rapiti da quanto succedeva ion scena in nessuna altra versione
L'unica pecca sono i tagli e i montaggi rispetto
alla partitura originale, alcuni veramente selvaggi...
L'allestimento di scene e costumi ad opera di Michael Scott è di buona fattura e di ottima levatura e lo stesso si può dire per le luci di Klaus Garditz.


La compagnia slovena è una delle mie protegée e continua a dimostrarsi all'altezza delle aspettative. Pieni di energia, puliti, assieme e molto generosi, riescono a rendere chiaro e nitido ogni passaggio della coreografia di Vamos così veloce, complessa e piena di movimenti!

Lo Scrooge di Lukas Zuschlag mi ha nuovamente sorpreso perché raramente ho visto un bello così espressivo e completamente nel personaggio: bravo!
Ana Klasnja che avevo poco apprezzato nella recente produzione di Verbruggen, l'ho trovato molto più a suo agio e gradevole in questo capolavoro di Tchaikovsky: il suo fisico viene molto valorizzato dal tutù e, anche se mi è parsa un po' stanca nel grand pas de deux finale, ha saputo sostenere molto convincentemente il ruolo da Prima Ballerina che la Direttrice della compagnia, Sanja Neskovic Persin, le ha affidato.
Al contrario, avevo già trovato interessante Richel Wieles nella stessa produzione degli Inni Orfici e mi ha pienamente convinto anche qui: partner sicuro e solista affidabile, ha una bela presenza scenica e un fisico prestante (mi permetto solo di suggerirgli di chiudere maggiormente la quinta posizione nei double assemblé en torunant).

Ma la vera rivelazione dello spettacolo è Marin Ino che sembra nata per fare lo Spirito del Natale: un ruolo veramente impervio tecnicamente che lei sciorina tecnicamente con una semplicità incredibile, abile nel cesellare tutti i singoli passaggi dell'intricata coreografia di Vamos: brava!
Molto più convincente Yuki Seki come Spirito della Morte che lo scorso anno mi aveva lasciato titubante: quest'anno l'ho visto tecnicamente sicuro, fascinoso e divertente.
Un bravo anche a Hugo Mbeng che disegna un Bob Cratchit preciso e gradevole, ancora più sicuro e accattivante nella danza spagnola.
Bene tutti i solisti, in particolare Tjasa Kmetec e, nuovamente, Hugo Mbeng nel Valzer dei Fiori e la coppia Ursa Vidmar e Filip Viljusic, protagonisti efficaci di una sensualissima danza araba.

Il Maestro Aleksandar Spasic conduce l'ottima Orchestra del Teatro Nazionale con grande attenzione ai danzatori, ma talvolta con troppo volume negli ottoni e negli archi.

Teatro sold out e pubblico entusiasta!