Potrebbero leggere per intero l'elenco telefonico di Roma.
Oppure, la lista degli ingredienti che compongono gran parte delle merendine più conosciute.
O farfugliare parole senza senso.
Questa ridda di luoghi comuni per dirvi che un allestimento di Robert Wilson è talmente visivamente "impattante", incredibile e affascinante che il contenuto letterario perde totalmente importanza.
In questo caso, siamo di fronte ai pensieri dell'inizio del secolo scorso che scorrevano nelle mente di Fernando Pessoa, che hanno animato i suoi scritti e le sue poesie e che sono, in diversi casi, divenuti popolari aforismi.
E sono tutt'altro che senza senso. Ma nella confezione di Wilson in cui vengono declamati in italiano, nonché in francese e portoghese (ma bisogna essere molto abili a leggere i flebili soprattitoli mentre le fantasmagoriche luci in palcoscenico vi accecano e fanno perdere velocità al nostro cristallino e alla cornea) sono decisamente meno centrali. Nonostante ci siano degli eccellenti attori a declamarli: Maria de Medeiros, Aline Belibi, Rodrigo Ferreira, Klaus Martini, Sofia Menci, Gianfranco Poddighe e Janaína Suaudeau. E non solo attori ma artisti a tutto tondo, capaci di cantare, mimare, danzare: bravissimi!
Ma no, niente da fare. Vincono le immagini. Bellissime.
Oniriche,
Inimmaginabili.
Spettacolari.
Wilson è un genio e io non sto scoprendo l'acqua calda.
A voi non resta altro che correre a teatro e godere di questa meravigliosa galleria di arte contemporanea, di questo sofisticatissimo e perfetto schermo led, di immagini incredibili che resteranno impresse nella vostra mente a lungo. In sala c'erano tensione e attenzione palpabili e rare che si sono sciolte soltanto con le quattro chiamate alla ribalta degli interpreti.