Comincia con il piede giusto la Stagione 2013/2014 del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, con questa classica, ma bellissima produzione de "Un ballo in maschera" che il Verdi prende in prestito
dal Teatro Regio di Parma e dal Pavarotti di Modena.
Allestimento sontuoso, elegante, raffinato e godibilissimo; regia tradizionale, ma scorrevole e non banale; ottimo cast; orchestra in super forma: bene!
"Un ballo in maschera" mancava già da un decennio ed è un peccato perché al pari delle più conosciute opere verdiane, meriterebbe la stessa frequenza di rappresentazioni e messe in scena.
Al pari di Aida e della Traviata, ha la stessa grandiosità delle scene corali, dei concertati, della presenza del ballo e di tutto il corredo necessario a trasformare un'opera in una grand-opéra! Eppure è una opera che mi azzarderei a definire intimista, attenta com'è alle sfumature psicologiche dei personaggi.
L'apparato scenografico è magnifico: imponente e monumentale lo scalone del primo quadro; fiabesco l'antro di Ulrica; tetro e romantico il cimitero del secondo; austera e inquisitoria la sala da musica del terzo e splendido il salone del finale: tutte le scene sono accomunate e caratterizzate da fasci di luce che le attraversano, siano essi pittorici o realizzati con l'elettricità, ed hanno un che di Caravaggesco che resta impresso. Le firma quel genio indiscusso di Pierluigi Samaritani, così come i costumi altrettanto splendidi e indimenticabili.
La regia, a firma di Massimo Gasparon che riprende un'idea dello stesso Samaritani, è tradizionalissima e godibile al contempo: chiara, essenziale, logica. Scade solo nella parte delle danze del terzo atto che hanno una buona idea di fondo, ma sono poco interessanti, pasticciate e danzate amatorialmente.
L'Orchestra lo segue docile, ma con personalità e piglio, senza sbavature e senza rischi o passi palsi anche nella sezione dei fiati, spesso un po' debole. Adeguati e inappuntabili gli interventi del coro, anche rigorosamente allineati nel terzo atto, durante la festa.
L'Amelia di Rachele Stanisci è molto, molto gradevole anche se ho l'impressione che quando scurisce la voce abbia problemi di volume. Interpretativamente toccante e musicalmente convincente.
Il vero trionfatore della serata è stato sicuramente il baritono Devid Cecconi, al cui indirizzo sono volate anche un paio di richieste di bis dal freddino, ma folto, pubblico triestino. Grande volume, bel timbro, intonazione sicura: veramente convincente.
Ho trovato l'Oscar di Sandra Pastrana fastidioso come me lo ricordavo...ma non per colpa sua che ha cantato correttamente e interpretato con sentimento! Odio Oscar: detesto la superficialità e la sua invadenza nonché la voce sopranile con cui canterella in mezzo ad un dramma! Scusate lo sfogo: fosse vivo Verdi glielo direi di persona!
Sono rimasto perplesso dei comprimari Dario Giorgelè, Giampiero Ruggeri e Giacomo Selicato: mi riservo un giudizio su di loro alla prossima occasione
Bravo Orazi e le sue maestranze: avanti tutta!