venerdì 29 marzo 2024

NABUCCO mercoledì 27 marzo 2024

 Locandina dello spettacolo 

Nabucco è l'opera che decretò il successo di Giuseppe Verdi ed è un capolavoro che sotto molteplici aspetti non passa mai inosservato. Anche stavolta si è molto scritto e parlato di questa produzione qui a Trieste: tra la prima del 22 marzo e la recita cui ho assistito il 27 i pareri favorevoli e contrari hanno intasato i miei occhi e le mie orecchie, per cui ero molto curioso di capire con chi mi sarei trovato d'accordo...ovviamente né con gli uni che con gli altri! L'origine del cicaleccio era legata alla invisa idea del regista, Giancarlo Del Monaco, di spostare l'ambientazione temporale nel periodo e con le motivazioni per cui fu scritta, piuttosto che riproporre il solito medio oriente immaginario di cartapesta. Ma tutte le voci mi hanno fatto capire che le recite erano praticamente tutte sold out e questo mi fa sempre un gran piacere, oltre al fatto che l'intestatario del teatro lirico cittadino, continua ad essere amato e praticato dai triestini. 



Alla salita della tela nera, si svela un muro incombente di pietra grigia, tetro e presidiato da alcuni soldati in divisa rossa. L'impianto scenografico, ad opera del bravo William Orlandi, incomberà per tutta l'opera, nonostante diverse variazioni sul tema, sottolineando confini ristretti e pesantezza d'animo. Sul muro incombe la scritta "Viva Verdi!" (viva Vittorio Emanuele Re D'Italia il vero significato per i patrioti che lottavano per l'unità d'Italia) che sparirà con un colpo di cannone austroungarico, in un sorprendente effetto scenico. Non ho trovato la trasposizione di Del Monaco indigesta - anzi! - ma la ritengo poco attinente al libretto cantato, soprattutto nel terzo e quarto atto. Sono invece rimasto colpito dalla sua capacità di equilibrare i pesi scenici, con un istinto pittorico invidiabile, riuscendo a creare veri e propri tableaux vivants di rara bellezza. Per arrivare a questo risultato molto sacrifica dei movimenti delle masse e dei protagonisti, rarefacendo e piuttosto ripetendo per rafforzare alcune azioni ma è indubbiamente una lettura originale che riempie gli occhi di bellezza: lo capirete meglio dalle tante, splendide foto di Fabio Parenzan che allego a corredo di questo resoconto. Così come potrete apprezzare i bellissimi costumi, sempre ad opera di Orlandi, che vengono esaltati da uno strepitoso disegno delle luci ad opera di Wolfgang Von Zoubek.

Protagonista indiscusso della serata però è Daniel Oren, direttore d'orchestra israeliano ma di casa al Verdi di Trieste dove è giustamente molto amato, uomo tanto burbero all'aspetto quanto geniale e carismatico nei modi, innamorato del proprio lavoro e della musica, che cerca sempre di mantenere alto lo spirito delle masse artistiche pur chiedendo loro molto. È un Direttore rumoroso, anche in presenza del pubblico, laddove gli altri Direttori si quietano, lui no, aumenta la sua estroversione e la necessità di dirigere un po' tutto, applausi del pubblico inclusi. Anche stasera le incitazioni, i sospiri, gli accenni cantati erano udibili a tutta la sala e ho visto parecchie teste voltarsi intorno per cercare l'origine di quei suoni insoliti. Oren ha saputo rendere Verdi tutt'altro che l'autore preferito da tutte le bande italiane: certi pianissimi, alcuni acuti smorzati e la linea di canto sussurrata sono sicuro che non si trovino in nessuna annotazione del Cigno di Busseto sulla partitura, eppure sono riecheggiati in sala meravigliosi e soavi come non mai! L'Orchestra risponde diligente alle continue richieste di riduzione di suono che il Maestro impone, per dare maggior risalto alle voci in una liason con gli artisti sul palco rara da trovare. 

(A corredo, riporto una breve memoria personale. Gennaio 1990, al Verdi va in scena La vedova allegra in una edizione di gran pregio con regia di Gino Landi, scene e costumi proprio di Willi Orlandi e con Luciana Serra, Roberto Frontali, Daniela Mazzuccato, Max René Cosotti ed Elio Pandolfi...mica briciole! Gino inserisce nel terzo atto il can can dall'Orfeo all'inferno di Offenbach ed Oren acconsente. Si prepara un bis alla bisogna che puntualmente viene richiesto dal pubblico, supportato dallo stesso piglio con cui Oren ha "imposto" il bis del Va' pensiero anche stasera.... Eseguito il bis come da canovaccio, ci accingiamo a lasciare la scena quando sentiamo l'orchestra partire per il ter...non riuscirei a raccontarvi lo stupore e la capacità di improvvisare che ha richiesto a tutti noi danzatori questo scherzoso omaggio a noi ma soprattutto a sua moglie, che molto amava questo numero...indimenticabile Maestro!)




Tornando al mio resoconto, c'è un altro protagonista innegabile ed è il baritono siberiano Roman Burdenko, che ci regala una presenza scenica rara e sensibile, così come una vocalità di altissimo pregio in un ruolo che evidentemente sente molto suo: un grande Nabucco e una grande fortuna averlo visto! Maria Josè Siri è un'ottima Abigaille in una parte vocalmente impervia (questo ruolo mi lascia sembra sempre poco insoddisfatto per il corposo salto interpretativo che impone, facendola passare da vittoriosa a morente in brevissimo tempo: Maestro Verdi potrebbe accontentarmi?) Mi ha lasciato un po' dubbioso lo Zaccaria di Rafael Siwek con una voce con poco colore nonostante la baldanzosa presenza scenica. Adeguato l'Ismaele di Carlo Ventre dal generoso squillo tenorile e delicata comme il faut ma salda la Fenena di Elmina Hasan. Bene Cristian Saitta, Christian Collia ed Elisabetta Zizzo il cui timbro sopranile emergeva in diversi concertati.





Un bravo speciale va agli artisti del Coro della Fondazione lirica Giuseppe Verdi di Trieste, diretti egregiamente dal Maestro Paolo Longo, finalmente un po' rimpolpati e non costretti a gridare per sembrare più di quanti siano in realtà.

Sala gremita, come già detto, pubblico festante e plaudente, concorde con la mia recensione per quanto riguarda gli applausi finali. viva Verdi! No, proprio Giuseppe!!



mercoledì 27 marzo 2024

BILLY ELLIOT martedì 26 marzo 2024

 Locandina dello spettacolo 

Aggiorno la mia recensione del 2016 con i nuovi interpreti anche se il mio pensiero resta immutato! 

Lode a PeepArrow Entertainment, al Teatro Sistina per questo vincente adattamento in italiano, molto fedele alla versione anglofona! E un ringraziamento a Massimo Romeo Piparo che ne cura le regia, tralasciando la necessità di imporre il proprio marchio autoEGObiografico, mettendosi invece completamente a servizio del testo di Lee Hall. È un testo fortemente politicizzato, e datato, tutto rivolto contro l'amministrazione di Margareth Tatcher, i cui risultati ci sono chiari a posteriori. I numeri musicali di Elton John seguono e supportano il racconto piuttosto che essere numeri chiusi e ad effetto: difficile quindi uscire e canticchiare qualche melodia...

Produzione vincente dicevo, a partire dal maestoso allestimento scenico, ad opera di Teresa Caruso, caratterizzato da un impianto a scena fissa con un ponte mobile, capace di trasformarsi in cortile, sala di danza, appartamento della famiglia Elliot e altro ancora! Intonati e adeguati i costumi di Cecilia Betona e bellissimo il light design di Daniele Ceprani. Adeguate e divertenti le coreografie di Roberto Croce e molto ben inserite anche le allieve del Toc Toc di Trieste, guidato da Michela Bianco, che interpretavano le compagne di danza di Billy.

Venendo agli interpreti, ho trovato straordinario il Billy di Emiliano Fiasco, che è bravo a livelli incredibili! Preciso, partecipe, balla con energia invidiabile, canta con voce ancora da mutare e recita con naturalezza: si vede che ama stare in scena e speriamo che ci stia a lungo e riconosciuto dal successo che merita! 

Ho trovato poco incisivo Giulio Scarpati nel ruolo di Jackie, il papà di Billy ma probabilmente è uno di quei ruoli poco fortunati e difficili da gestire.
Mrs Wilkinson era greve, sfacciata e tosta come si conviene ad una maestra di danza di un piccolo paese di minatori, molto maschilisti, ed era molto ben interpretata da Rossella Brescia.
Bravi anche Francesco Perlamagna come Michael e Giulia Carosi come Debbie.
Tony, il fratello di Billy, era Nico Colucci, gran bella voce e bella presenza, nel ruolo del cattivo della storia. Simpatica e scalmanata la Nonna di Billy, interpretata da Monica Guazzini, molto applaudita anche dal folto pubblico presente in sala. Adorabili Nico Di Crescenzo nel ruolo del maestro di boxe, e Pasquale Delli Paoli - wow, che scioltezza! - nel ruolo del pianista.


Un bravo generale a tutti i membri della compagnia e a quelli che non ho citato: bella energia, grande cura alle controscene e alta professionalità! Bravi davvero. Sala pienissima e pubblico soddisfatto



giovedì 29 febbraio 2024

SYMPOSION giovedì 22 febbraio 2024

Locandina dello spettacolo 

Resto sempre stupito di fronte alla capacità dei Bellanda (Lia Claudia Latini e Giovanni Gava Lenarduzzi) di creare movimento, sequenze, coreografie, talmente uniche e particolari da non essere riconducibili a nessun'altro stile o tecnica, precisamente riconoscibile.

Stavolta mi trovavo di fronte ad un loro titolo a serata intera e mi chiedevo cosa ne avrebbero fatto, spaventato dal fatto che la loro circolarità di movimento potesse soltanto avvilupparsi su sé stessa, senza riuscire veramente a raccontare qualcosa. Ovviamente, e fortunatamente, mi sbagliavo. 

Non solo raccontava molto attraverso il movimento ma lo faceva anche grazie a degli interessanti contributi video (ad opera di Francisco Montes e Brendan Canarie) e alla gradita presenza di Daniele Tenze, scienziato e danz'attore, che ha fatto sfoggio di alcuni dei suoi bellissimi talenti, fungendo da collante tra le varie sezioni, recitando, danzando, cantando accompagnandosi con la chitarra elettrica: bravissimo! L'ispirazione per questa creazione prende spunto dal “Discorso di Aristofane” contenuto nel “Simposio” di Platone, e vuole esplorare il continuo desiderio di ricongiungimento che anima i corpi. La serata è suddivisa in quattro sezioni distinte: l’origine, l’incontro, la scoperta, il dono.


Effettivamente come recita il comunicato stampa la loro è "una danza sensuale - fatta di prese morbide ma anche di un comporsi e scomporsi dei corpi in modo incredibilmente naturale" che è proprio ciò che cerco di raccontare quando parlo della circolarità delle loro coreografie. Ancora "il nostro è un viaggio all’interno della relazione di coppia e dentro noi stessi e la nostra consapevolezza finalizzato alla ricerca consapevole della nostra identità" spiegano Claudia e Giovanni. Giovanni si infila sotto un telo di stagnola dorata, una coperta isotermica come quelle che si vedono usare nelle operazioni di soccorso, per stabilizzare la temperatura corporea dei feriti. Ma in questo caso produce suono, riflette luce e crea uno strano essere che da mostro diventa vittima di una delle personificazioni di Daniele. Da lì in poi è un continuo susseguirsi di momenti recitati alternati a momenti di danza, dove la danza è tanta, generosa, innovativa e piena di pathos. Nonostante tutto ciò, e come sempre, nemo propheta in patria quindi anche per i nostri due è più facile vincere una vetrina di danza contemporanea a Taiwan o una residenza artistica ad Hannover, piuttosto che circuitare le loro produzioni in Italia ma sono sicuro che a breve raggiungeranno il successo e la fama che meritano che li riempiranno di commissioni per le migliori compagnie contemporanee di danza.



Difficile raccontare altro se non invitarvi a scoprire il loro lavoro, a cercarli in giro seguendoli sul sito Bellanda per scoprire dove si esibiranno prossimamente e a farmi sapere cosa ne pensate voi...
Applausi scroscianti in una sold out Sala Bartoli del Politeama Rossetti


domenica 25 febbraio 2024

MARIA DE BUENOS AIRES sabato 24 febbraio 2024

 Locandina dello spettacolo 

Bravo Renato: hai fatto centro!

Questa rilettura di Maria de Buenos Aires, un'operita così come la chiamava lo stesso Astor Piazzolla, meriterebbe una lunga circuitazione, tanto riabilita una creazione poco nota e tanto è piena di charme e di duende. Di questa opera conoscevo soltanto la canzone principale Yo soy Maria cantata da Milva e da altre; del resto poco o nulla. Sono convinto che Renato Zanella, Tatjana Ažman e Yulia Kristoforova, abbiano fatto una splendida operazione di adattamento dell'opera originale, tant'è che sembra essere nata così, con un apporto sostanziale di danza che invece non risulta presente nelle precedenti messinscene, quantomeno dalle ricerche che ho fatto. Il racconto per immagini che ne fanno rimanda a sfide tra uomini, a giudizi che possono fare molto male, all'essere manovrati e al manovrare, all'essere vittime predestinate e a svariati altri temi più o meno profondi ma tuttora attuali. Che poi Maria sia la stessa Buenos Aires, la madre di Gesù o una prostituta qualunque, poco importa. È toccante invece come una donna brutalizzata e uccisa, torni a vivere nella memoria di chi la rifiutava da viva, come la sua stessa ombra, forse un fantasma, forse l'imperitura memoria che si cercava di rimuovere e non può non ricordare i tanti femminicidi cui stiamo assistendo in questo periodo. Sin dall'apertura del sipario, Zanella trova una propria cifra stilistica fatta di molti gesti secchi e puntuti, di grande velocità e di nervosismo ma sempre estremamente musicale e pieno di fantasia: un piacere per i nostri occhi e per i corpi dei suoi danzatori che erano presi nei loro personaggi, generosi nel regalarci danza di altissima qualità!

L'impianto scenico di Vasilija Fišer è scarno ma elegante e funzionale al racconto, scolpito nello splendido disegno luci di Andrej Hajdinjak che fa risaltare i bei costumi creati da Alexandra Burgstaller e Anne Marie Legenstein, d'effetto soprattutto quelli per i gruppi di interpreti più che quelli dei singoli interpreti. Non comprendendo lo sloveno, posso solo dire che l'ascolto dei testi recitati sembrava con poco colore e che i soprattitoli erano praticamente illeggibili


Sara Briški Cirman è stata una convincente, appassionata e struggente Maria, tanto quanto Ivan Andres Arnšek che, nel multiruolo maschile, è stato un affascinante payador. È stato un peccato non veder danzare Lukas Zuschlag, impegnato nel ruolo attoriale di Duende, ma spero che questo possa aprirgli nuove strade post danza in cui spendere la sua bellezza e i suoi molti talenti. Le tre splendide controfigure danzanti di Maria - Erica Pinzano, Nina Noč e Mariya Pavlyukova - sono sorrette da tre validissimi partner come Filippo Jorio, Yuki Seki e Matteo Moretto. Gradevolissime le marionette danzate da Marin Ino, Oleksandr Koriakovskyi e Lukas Bareman (superlativo nella lunga sezione iniziale dello spettacolo).

Un piccolo ma potente e meraviglioso ensemble cameristico suona magistralmente la composizione di Piazzolla, riempendoci di duende, carezzandoci le orecchie e trasportandoci magicamente nell'Argentina dello scorso secolo. Marko Hatlak, anche al bandoneon, conduce il gruppo con attenzione e con tutto il carisma che possiede: il pubblico lo ringrazia con applausi trionfanti, che tributa anche a tutto il resto del cast. Sala esaurita.



venerdì 23 febbraio 2024

ARIADNE AUF NAXOS venerdì 23 febbraio 2024

Locandina dello spettacolo 

Credo che questa stessa opera con un'altra regia non mi avrebbe altrettanto entusiasmato! Premetto che anche questa è un'opera che non conoscevo, nonostante Richard Strauss sia un autore che apprezzo moltissimo e che quindi il mio sguardo era vergine. Ho invece trovato il libretto della seconda parte dell'opera, quella mitologica, troppo verboso e ridondante. Ma chi sono io per giudicare Hugo von Hofmannsthal? Nessuno, se non un cronista e come tale dovete leggere le mie memorie. Per cui è pensando a questo mio voler condividere con voi il ricordo di quanto ho visto che dovete leggermi, sicuramente non pensando che io sappia tutto o abbia i mezzi per giudicare. Per la danza sì; per tutto il resto, io racconto.


Superata questa premessa, torno al mio racconto per dire che la tela nera sale su un impianto scenico di rara suntuosità ed eleganza pensato da Gary Mc Cann, così come gli sgargianti e immaginifici costumi, magistralmente illuminati dalle splendide ed evocative luci di Howard Hudson. Ma, come già anticipato, è la regia visionaria, innovativa, moderna, curata che ha catturato il mio sguardo, rapito i miei sensi e ha creato il consenso del pubblico in sala che ha, spesso, applaudito con convinzione e piacere. Tutto è impeccabile: dalle controscene con gli artisti che si scattano selfie o provano tra di loro o che comunque seguono un copione che sembra appositamente scritto per ognuno di loro, alle mini coreografie; dall'uso degli elementi scenografici come i due preziosi camerini che si svelano dopo essere stati celati in contenitori senza valore, all'uso dell'attrezzeria di scena; tutto è uno strabiliante lavoro di cesello che sembra costruito in parecchie settimane di prove che, dubito, questa produzione abbia avuto il lusso di avere. Bravo, veramente bravo a Paul Curran e a Oscar Cecchi che per lui ha ripreso la regia.


E se la regia ha funzionato così bene è perché la compagnia in scena era di notevole levatura e qualità. Troverete i loro nomi nella Locandina dello spettacolo ma io devo citare almeno La primadonna / Arianna interpretata da Simone Schneider, una soprano di grande livello con bel timbro, fraseggio limpido e grande tecnica; la Zerbinetta di Liudmila Lokaichuk che sforna brillanti acuti e tecnica adamantina al pari di una gradevolissima presenza scenica; Sophie Haagen è un ottima interprete del ruolo del Compositore sia come cantante che come attrice mentre il Maestro di musica di Marcello Rosiello si distingue per il volume generoso e tonante e una bella presenza scenica; i quattro Boys/Maschere in sfumature rosate e le tre Ninfe che apportano molto, moltissimo alla riuscita della messinscena! Ma anche le semplici comparse che tanto fanno e lo fanno bene.


Infine la parte musicale diretta da Enrico Calesso che la direzione della Fondazione Lirica Giuseppe Verdi ha giustamente nominato Direttore Stabile e che, anche stavolta così come per I Capuleti e i Montecchi della scorsa stagione, dimostra grande capacità nel gestire una cavea orchestrale colma o ridotta che sia, come in quest'opera quasi cameristica, attento ai suoi musicisti così come ai cantanti e capace di trasmettere il suo carisma e il suo sapere. Splendido il comparto delle percussioni.


Pubblico numeroso ed entusiasta, giustamente!

domenica 28 gennaio 2024

ANNA BOLENA domenica 28 gennaio 2024

 Locandina dello spettacolo 

Il Criticone in questo caso può restare zitto, completamente silente, perché su questa produzione non c'è nulla da ribattere ma solo parlare bene di tutto: che gioia!

È stupefacente l'impianto scenografico di Paul Brown, essenziale e ricchissimo, al contrario dei costumi ricchi e pieni di fantasia che creano un connubio esplosivo, capace di accecarci di bellezza, stordirci di eleganza e sorprenderci di novità.


È strepitosa la regia di Graham Vick, riprodotta da Stefano Trespidi, che cesella personaggi, costruisce climax, suggerisce e sottolinea, esalta e sprofonda esattamente come il dipanarsi della vicenda, offrendo splendidi opportunità per tutte le masse artistiche impegnate: Graham non è più con noi ma lunga vita alla ripresa di questo spettacolo.


È impeccabile il cast artistico: dalla Anna Bolena della strepitosa belcantista Salome Jicia, sostenuta da tecnica e da uno strumento vocale entrambi fuori dal comune, a Lord Riccardo Percy del convincente e acutissimo tenore Marco Ciapponi; dalla Giovanna di Seymour di un'altra strepitosa belcantista Laura Verrecchia, che contrappunta alle doti della Jicia con altrettante qualità, all'Enrico VIII di Riccardo Fassi che avercene di voci giovani e presenze sceniche così; dallo Smeton di Veta Pilipenko, ai Lord Rochefort e Sir Hervey rispettivamente interpretati da Nicolò Donini e Andrea Schifaudo...tutti, ma proprio tutti, erano in parte e hanno dato il loro meglio senza sforzo alcuno, quantomeno apparentemente. Le mie orecchie e i miei sensi vibrano ancora dopo ore dalla fine dello spettacolo: grazie, di cuore!



È unica la direzione d'orchestra di Francesco Ivan Ciampa che canta e vive assieme agli artisti sul palco, ai suoi orchestrali in cavea, ai coristi sul palco: vederlo dirigere è un'emozione a sé stante! Trattiene, sospinge, vibra, salta, allarga le lunghe braccia e noi viviamo con lui la bellezza e la forza della musica, quasi fino al piacere di pensare di dirigere anche noi la splendida, perfetta, brillante Orchestra della Fondazione Lirica Giuseppe Verdi di Trieste. Impossibile non citare il meraviglioso Coro della Fondazione, diretto egregiamente da Paolo Longo.


È incredibile la quantità di applausi che ha omaggiato tutti i presenti sul palco, l'ovazione ricevuta dalle prime parti e dal Maestro Ciampa, segno che la qualità è riconoscibile da tutti, non solo da chi se ne intende e sono questi gli spettacoli che vorremmo sempre...

E l'ultimo grazie vola a Gaetano Donizetti per aver scritto un'opera così bella e vibrante.




martedì 26 dicembre 2023

IL FLAUTO MAGICO venerdì 15 dicembre 2023

Locandina dello spettacolo 

Ivan Stefanutti crea uno spettacolo di indiscutibile bellezza! I costumi sono di ricchezza e fantasia che solo le foto mi aiuteranno a raccontarvi; l'impianto scenico è fisso ma l'incredibile disegno delle luci ad opera di Emanuele Agliati riesce a renderlo sempre diverso e tutt'altro che noioso; la regia è pregna di gesti, movimento e fantasia e, per fortuna, scevra di tutti quei noiosi riferimenti massonici, cari solo agli appartenenti alla setta. Nella versione di Stefanutti non ci sono momenti noiosi, in cui non succeda qualcosa, che sia la discesa di un elemento scenico o l'illuminazione di un dettaglio scenico che ci aiuta a sognare e a trascorrere la lunga durata di quest'opera (come ho già scritto diverse volte, non sono un appassionato della musica di Mozart).

In tanta bellezza per gli occhi, speravo di accontentare ugualmente le orecchie ma le ho dovute sforzare un po' perché, ad eccezione di Pamina, tutte le voci mi sono sembrate ben educate e adatte ai rispettivi personaggi ma piccole: chissà se è stata percepita la stessa sensazione in altre sezioni del teatro. La Pamina di Darija Augustan sbaraglia e vince su tutti per chiarezza di fraseggio, bellezza di timbro, volume e presenza scenica: veramente un'artista a tutto tondo! Spero di sentirla nuovamente in altre opere. A seguire ho molto apprezzato il Papageno di Vincenzo Nizzardo, in un ruolo pregno di canto e recitazione e nel quale si è saputo positivamente distinguere. Paolo Nevi come Tamino, Alessio Cacciamani come Sarastro e Marcello Nardis come Monostatos mi sono sembrati giusti per il ruolo richiesto ma, come accennavo prima, con poco volume che portava anche ad un fraseggio poco chiaro. La Regina della Notte è un ruolo tecnicamente impervio e affronta due tra le arie più conosciute in assoluto, per cui i paragoni sono inevitabili: l'interpretazione di Letizia Bertoldi rientra nella categoria "senza infamia e senza lode", dove tutto è cantato correttamente ma manca quel qualcosa che rende un'interpretazione incisiva e fuoriclasse. Un plauso speciale alla Papagena di Chiara Maria Fiorani che rivela buon volume e buone capacità attoriali. Molto piacevoli le tre Dame (Francesca Bruni, Eleonora Filipponi e Antonella Colaianni) e i tre Geni (Caterina Trevisan, Francesca Clemente e Marina Lombardi) nonché tutti gli altri comprimari che trovate in locandina.



Il Coro diretto da Paolo Longo riesce, come da un po' di tempo, a sembrare più voluminoso di quanto lo sia numericamente parlando, e interpreta con dignità e dedizione i momenti mimici e coreografici assegnati loro dal regista. Anche l'Orchestra della Fondazione Lirica Giuseppe Verdi di Trieste trionfa in questa produzione, suonando Mozart con competenza e correttezza. Non posso non citare il prezioso ed esperto Primo Flauto, Giorgio di Giorgi, che tanto ruolo ha in questa opera e che si conferma un musicista di gran pregio. La direzione d'orchestra di Beatrice Venezi mi è sembrata nulla più che adeguata anche se scatena ridde di applausi al momento della comparsa in scena ma non vorrei risultare scorretto o sessista nell'aggiungere altro.

Sala piena, pubblico festante e generosamente plaudente.