Davvero non poteva esserci momento storico più dannatamente azzeccato per riproporre questo spettacolo concepito per il Museo della Guerra per la Pace "De Henriquez" di Trieste.
Guerre fratricide sono sempre più vicine a noi, e al nostro sentire, di quelle che agitano il mondo da sempre ma che percepiamo ben lontane, quantomeno geograficamente. Ora, Ucraina e Russia, Israele e Palestina ci tengono sulle spine quotidianamente, egoisticamente toccati dall'idea che il nostro coinvolgimento sia sempre più vicino e inevitabile.
Così, questo progetto di Marta Bevilacqua per la Compagnia Arearea di Udine, incide ancora più forte sin dalla scena iniziale dove la voce recitante, in queste repliche è quella dell'intensa Marcela Serli, incalza una danzatrice nascosta sotto il carro funebre della ditta Zimolo che trasportò il feretro di Francesco Ferdinando nel 2014, esortandola a riconoscere la grandezza e la potenza dell'odio che, davvero, spesso può più dell'amore. Con le parole di Salvatore Quasimodo, di Giuseppe Ungaretti e di Bertolt Brecht.
Così, accompagnati da Marcela e dai danzatori di Arearea (gli ottimi Angelica Margherita, Irene Ferrara, Radu Murarasu e Giuseppe Zagaria) ci si addentra sempre più nell'anima di questo luminoso e interessante spazio espositivo che speriamo realmente spossa divenire un museo di guerre dimenticate e superate a favore della pace, dove la tensione che si accumula sala dopo sala, scala dopo scala, passaggio dopo passaggio, possa sciogliersi mentre ci si stringe in un abbraccio fraterno e liberatorio nel finire della rappresentazione.
Lasciano un segno nella mia memoria, la vista dei danzatori in azione nel piano sottostante e che noi spiamo dai ballatoi, la potente ouverture de La Forza del destino di Giuseppe Verdi e certi sguardi ravvicinati coi profondi occhi verdi di Marcela Serli.
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