Due i sottotitoli:
- 35 anni e non dimostrarli;
- per fortuna che la compagnia del Balletto di Roma ci rappresenta in importanti tournée all'estero.
Non avevo ancora mai visto il Giulietta e Romeo di Fabrizio Monteverde, nonostante ne avessi seguito molto da vicino la genesi nel 1989, e ora me ne dispiaccio non poco. Vedere uno spettacolo di danza contemporanea italiana che regge così bene il peso del tempo ha del miracoloso e non oso immaginare la potente bellezza che deve aver sprigionato al debutto. Fabrizio, ha avuto una carriera molto interessante sia grazie alle sue origini attoriali che hanno permeato la sua danza di potente espressività, che per aver potuto creare nella fase dell'ascesi del glorioso Balletto di Toscana negli anni migliori. Questo Giulietta e Romeo resta efficace, come scrivevo prima, nonostante i 35 anni che lo separano dal debutto per il segno contemporaneo che tale è rimasto, per un'asciutta eleganza stilistica e narrativa e per il vigore che Monteverde è riuscito ad infondere ancora e ancora nei vari cast che lo hanno interpretato. L'impianto scenico, firmato sempre dal nostro, è essenziale quanto presente, altero, ingombrante e funzionale, stagliandosi sul fondale col suo essere muro, scala, tomba e anche luogo di morte. Ben si sposa con i costumi ugualmente essenziali ma significativi, firmati da Eve Kohler, e magnificamente illuminati dal disegno luci di Emanuele De Maria.
Monteverde rimaneggia la vicenda, dichiarando di ispirarsi liberamente alla tragedia di William Shakespeare, condensandone la storia, eliminando alcuni personaggi meno rilevanti e puntando sulla gioventù, sulla borghesia dominata e organizzata dal matriarcato, sulle rotture di schemi e convenzioni, senza dimenticare quello che più colpisce e commuove da sempre di questa vicenda: la felicità eterna sfumata, l'amore irrealizzato e il dolore per tutto ciò. Usa la partitura di Sergej Prokofiev che ha la (s)fortuna di raccontare tanto, forse tutto, da sola e se qualche momento è meno toccante, meno riuscito (il passo a due del balcone per esempio), altri come la scena finale nella tomba sono magistrali. Il linguaggio coreografico usato da Fabrizio è incontrovertibilmente connotato dalla sua cifra stilistica, molto gestuale, volutamente finanche fastidiosamente frammentato, farcito di giri e pirouettes fino al giramento di testa per chi vede (e forse anche per chi esegue) ma senza ombra di dubbio accattivante e fortemente narrativo.
Venendo agli interpreti, la Giulietta di Azzurra Schena è giovane ma esperta, forte ma delicata, presente ma evanescente, un vero gioiello se non fosse per le linee degli arti inferiori che la penalizzano, soprattutto in punta; il Romeo di Paolo Barbonaglia è talmente perfetto da non aver bisogno di aggiungere altro: bellezza, tecnica, presenza, tutto. Lo stesso dicasi per il Tebaldo danzato da Alessio Di Traglia e il Mercuzio di Francesco Moro dai quali non si riesce a staccare lo sguardo. Ma, a dire il vero, tutta la compagnia è omogenea, compatta, unisona al punto da non poter notare una sola sbavatura e per questo sono lieto che giri anche all'estero e che possa tenere alto il nome della danza italiana, cosa che compagnia più blasonate non riescono più a fare.
Teatro pieno, molti applausi e gradimento alto per l'unico titolo di danza nel cartellone degli spettacoli in abbonamento: speriamo che la direzione artistica del Teatro Comunale di Monfalcone Marilena Bonezzi punti su qualche altro titolo, visto il successo della serata!
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