HO ASSISTITO AD UN MIRACOLO!!
Dopo aver visto morire il corpo di ballo dell'Arena di Verona nel 2017, oggi ho assistito ad una replica de Il lago dei cigni che sembrava portato in scena da una compagnia che lo danza regolarmente! Mi spiego meglio. Mettere in scena alcuni titoli del repertorio del balletto classico - in particolare quelli con gli atti bianchi, come Lago dei cigni, Bayadere, Giselle, Don Chisciotte, ecc. - prevede che la compagnia li rappresenti frequentemente, affinché il lavoro di assieme di gambe e braccia sia unisono e con uno stile unico per tutti. Questo è difficile, se non impossibile, per quelle compagnie che vedono tra le loro fila danzatori e danzatrici che danzano poco frequentemente assieme o che hanno tipologie fisiche disparate. Per cui, scoprire che il coordinatore del ballo dell'Arena di Verona, Gaetano Petrosino supportato dalla maître de ballet Elisabetta Candido, sia riuscito in meno di due mesi di prova a mettere in scena uno spettacolo di indiscutibile qualità, non può che essere la dimostrazione che i miracoli esistono e che Petrosino conosce veramente bene il suo mestiere!
Detto ciò non posso che sperare che il Sovrintendente dell'Arena, Cecilia Gasdia, prenda atto del risultato raggiunto, del sold out dei posti a sedere per tutte le repliche, della ridda di applausi e delle ovazioni del pubblico e che tutto ciò la convinca ad investire maggiormente e perennemente su questo settore che è indubbiamente più vivo di quello dell'opera!
Venendo allo spettacolo, la versione scelta per portare in scena il capolavoro di Čajkovskij, non è delle più interessanti, anzi. Evgenij Polyakov è stato un ottimo maestro e direttore di compagnia ma a giudicare da quanto visto, non un coreografo altrettanto interessante. Questa sua rilettura del classico creato da Marius Petipa e Lev Ivanov - che non vengono neanche citati sul programma di sala e di cui il nostro invece saccheggia il secondo atto e il passo a due del cigno nero - non porta nulla di nuovo, rende ancora più oscura la mimica e confonde la trama con l'introduzione di un Rothbart che sembra più il fidanzato del Principe Sigfried che il deus ex machina della vicenda. La musica viene ripetutamente maltrattata con inversione dei numeri e tagli brutali rispetto a quanto siamo abituati ad ascoltare e vedere (senza dimenticare però che l'ordine originale è ancora frutto di studi e ricerche). Il primo atto è quello più interessante, anche grazie all'utilizzo massiccio dei danzatori del corpo di ballo che, in calzamaglia bianca e giubba rossa, danno una bella dimostrazione di lavoro affiatato e di qualità, aspetto non sempre scontato nel comparto maschile. Segue il passo a tre con variazioni inusuali e un assolo per Rothbart, molto ben danzato da Alessandro Macario e dagli altri solisti, per poi chiudere con la coda e un duetto per Sigfried e Rothbart che inizia a complicare la situazione, dimenticando di narrare i tormenti di Sigfried, creati dalla madre che lo vuole sposato il prima possibile, ed il suo andare a caccia per svagarsi un po'. Dopo l'intervallo, il secondo atto inizia senza il brano usuale che segna l'ingresso del Principe con la balestra, regalatagli dalla Regina per il compleanno che si festeggia durante il primo atto, saltando direttamente all'ingresso di Odette: un po' troppo affrettato diciamocelo e si ripeterà in diversi altri momenti. Il terzo atto, nonostante la vasta conoscenza delle danze di carattere di Polyakov che deve averle studiate fino allo stremo durante gli anni di formazione nel blocco sovietico, risulta confuso, pasticciato e machiavellico. Ecco, direi che questo potrebbe sintetizzare lo stile del coreografo in questa produzione.
Le scene di Michele Olcese sono eleganti e suntuose, riprendendo la tradizione ballettistica dei fondali dipinti al posto delle costruzioni: funzionano egregiamente, grazie anche alla maestria artigianale di Paolino Libralato che le ha dipinte. A mio modesto parere, quello del secondo e quarto atto è tra i più belli che io abbia potuto ammirare. Ancora più eleganti e ancora più suntuosi i costumi di Francesco Morabito, ben illuminati dal disegno luci di Vinicio Cheli. L'Orchestra della Fondazione Arena di Verona suona con passione e diligenza, mettendo in risalto il valore dei propri solisti che nella partitura Čajkovskijana hanno modo di brillare e di divertirsi, guidati con eleganza, e un occhio attento alle chiusure dei danzatori, da Vello Pähn.
Venendo alla bella danza di cui abbiamo potuto godere, gran parte la dobbiamo al Principe per definizione: aitante, bello, elegante proprio come l'immaginario comune ha sempre descritto i principi...tutto questo è Timofej Andrijashenko, primo ballerino del Teatro alla Scala di Milano. Così come la partner, e moglie, Nicoletta Manni che si rivela un'ottima Odette e un'eccellente Odile: tecnicamente forte, con linee interessanti e saldi sostenuti. Come già anticipato, Alessandro Macario ha dato splendida vita ad un Rothbart finalmente danzante ma non costruito con lo stesso spessore di quello, per esempio, della versione di Rudolf Nureyev, tra l'altro grande amico in vita di Polyakov. L'elenco dei solisti è lunghissimo e mi spiace che non li riporti neanche il sito della Fondazione perché sono tutti meritevoli di plauso e lode!
Insomma, un successo inequivocabile su tutti i fronti!
Nessun commento:
Posta un commento