Sono sempre felice di scoprire un'opera che non conosco assistendo ad una sua messinscena. Per me che sono un praticone di questo mondo, piuttosto che un fine esperto, associare la musica alle immagini crea nella mia mente un ricordo diverso, unico, indissolubile.
Così è successo anche per I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini, che non avevo mai ascoltato prima (beata ignoranza ma anche felicità che all'alba dei miei sessant'anni ci siano ancora capolavori da scoprire). Ecco, forse questo non è proprio un capolavoro, nel senso che manca quella completezza che annovera una creazione a capolavoro. La musica di Bellini è piacevolissima per le mie orecchie, la lingua cantata antica e un po' insignificante, mentre manca totalmente la drammaturgia. Scegliere di non raccontare l'incontro e l'innamoramento di Romeo e Giulietta ma introdurre i personaggi soltanto come due amanti separati che finalmente si ritrovano, è veramente un peccato. Ma tant'è. Le motivazioni sono plurime e le troverete andando a cercare maggiori informazioni sull'opera o leggendo l'esaustivo e interessante programma di sala che la Fondazione ha prodotto. Ma il risultato finale è quello di avere tanta bella musica che non riesce a sorreggere la pochezza della trama. Ben venga allora la chiave di lettura di Arnaud Bernard che affascina e cattura il nostro sguardo sin dall'apertura del sipario. Il regista immagina che l'opera si svolga nelle sale di una pinacoteca dove, nelle sei sale che ci presenta, si svolgono i vari momenti della ultranota vicenda. Ultranota fino ad un certo punto perché il libretto di Felice Romani non si rifà al classico di Shakespeare ma ad una tragedia di Luigi Scevola, basata sul Romeo e Giulietta che tutti conosciamo. Le immagini che il regista propone, assieme allo scenografo Alessandro Camera e alla costumista Carla Ricotti, sono contemporaneamente permeate di quotidiano e storico, come avviene passeggiando in un museo dove l'odierno visitatore si relaziona ad opere del passato. Aggiungo che entrambi i creatori hanno fatto un lavoro bello e coinvolgente, supportati dal disegno luci di Paolo Mazzon che a sua volta riesce a passare dalle luci di servizio a quelle medioevali con grande maestria ed eleganza.
La compagnia di canto è stata entusiasmante! Dalla Giulietta di Caterina Sala, un giovane soprano di grandi qualità vocali di cui sono sicuro sentiremo parlare a lungo, al Romeo di Laura Verrecchia, mezzosoprano di cui non posso che ripetere il pensiero appena dedicato alla Sala: grandi voci, formidabile presenza scenica, toccante condivisione dello spazio scenico e umiltà percepibile nel lavoro singolo e di collaborazione, bravissime! (È stato emozionante partecipare visivamente al loro lungo abbraccio durante i ringraziamenti in proscenio: in un mondo di primedonne della lirica costrette alla rivalità, fa piacere vedere due giovani che si supportano e si complimentano a vicenda per il successo appena ottenuto!) Tornando alla musica, di stessa qualità di prestazione si può parlare per il Tebaldo di Marco Ciaponi, un tenore che svela una linea di canto solida ed elegante, con acuti e fraseggio sicuri e d'effetto, e per il Lorenzo di Emanuele Cordaro. Mi è sembrato un po' in difficoltà Paolo Battaglia nel ruolo di Capellio, che invece ha interpretato scenicamente con grande vigore.
La sala era insolitamente piena per un titolo così poco frequentato e il pubblico è stato giustamente caloroso nel ringraziare gli artisti, con numerosi applausi a scena aperta e ovazioni per le due interpreti e per il tenore. Bellissima serata!
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