Locandina dello spettacolo
E' stata una bellissima serata, quella di martedì 28 ottobre, al Teatro Verdi di Trieste in occasione dell'ultima recita del secondo cast de "Il re pastore" di Wolfgang Amadeus Mozart, che ha chiuso la stagione di lirica e balletto 2014.
Una bella stagione, nonostante le difficoltà economiche.
E questo allestimento lo dimostra, rimettendo sul palco triestino la (splendida) struttura che Pier Paolo Bisleri ha disegnato per ricreare quella fissa che domina il Teatro Olimpico di Vicenza. Spettacolare ed elegantissima ma già vista in occasione de "La clemenza di Tito". Come non ricordarla. Giustamente in tempi di ristrettezze Orazi, da bravo padrone di casa, chiude i cordoni della borsa e chiede di risparmiare. E così rivediamo questo incombente monumento (forse troppo per un ambientazione arcadica, tanto pastorale) e, per suggerirne l'ambientazione bucolica, Bisleri posiziona 5 pecore sul lato sinistro del palco, una enorme montagna di vello di pecora al centro, un arcolaio e qualche secchio a destra; per il secondo atto invece, un piccolo trono e alcuni manichini a simboleggiare un esercito bloccato durante un movimento, stessa figura che viene ripresa per qualche momento dai cantanti. Ambientazioni belle, moderne e suggestive, come i costumi che conservano il richiamo mitologico assieme alla struttura settecentesca, sempre ad opera sua. Meno interessante il disegno luci un po' troppo didascalico.
Ho trovato interessante la regia di Elisabetta Brusa, ma avrebbe avuto bisogno di molte più prove per far digerire i movimenti scenici e le abilità quasi danzanti che richiede ai cantanti. Soprattutto considerando che era il secondo cast. La povera Aminta era veramente poco sicura nello slow motion che la regista le ha chiesto durante l'aria de "L'amerò, sarò costante" ed era poco adeguata nella gestione delle gambe, così come nella pretesa giocosità pastorale del primo atto dove dovrebbe rotolare sull'ammasso di lana e finisce invece a mutande all'aria "vista pubblico". Insomma, forse era meglio fare qualcosa di meno, visto le poche prove con cui si allestiscono oggi le opere.
La compagnia di canto era adeguata e di ottimo livello a cominciare dall'Elisa di Larissa Alice Wissel, splendido soprano leggero, per passare all'ottima Aminta di Arianna Vendittelli, soprano ma anche mezzo soprano, concludendo con la Tamiri di Francesca Micarelli, vincente soprattutto nella sua prima aria, ma meno sicura nella seconda. Il comparto maschile era meno efficace: l'Alessandro di Blagoj Nacoskj era poco, poco convincente mentre l'Agenore di Alessandro d'Acrissa risultava di dubbia impostazione lirica. Ma, ripeto, nel contesto e tenendo conto dei singoli ruoli, il cast era di buon livello. Grazie anche all'accorta direzione musicale di Felix Krieger, padrone della fossa orchestrale così come del palcoscenico. Fine conoscitore della musica di area tedesca, porta l'Orchestra del Verdi ad un ottimo livello di coesione e armonia, dimostrandone ancora una volta la validità musicale a tutto tondo: dalla sinfonica all'operistica, dal settecento alla musica contemporanea. Bravi!
Teatro ingiustamente vuotino...peccato! Pubblico non disaffezionarti: il teatro italiano rischia sempre più chiusure e questo è il momento di essere solidali, non di infischiarsene...vi prego!
Benvenuti nel mio blog! Per sapere chi sono visitate www.corradocanulli.it In questi post vi racconterò la mia personale, personalissima opinione degli spettacoli che andrò a vedere a Trieste & dintorni! Aspetto i vostri commenti, ma non siate spietati come me! ;-)
giovedì 30 ottobre 2014
giovedì 9 ottobre 2014
LES NUITS 7 ottobre 2014
Locandina dello spettacolo
Per parlare di Les Nuits, del coreografo franco-albanese Angelin Prejolicaj, ho deciso di partire da un punto di vista diverso, per cui non vi racconterò per prima cosa dello spettacolo, ma vi parlerò della compagnia.
Sono rimasto colpito innanzitutto dalla capacità di danzare unisoni, prerogativa che nel secolo scorso era appannaggio solo dei corpi di ballo di impostazione classica dell'ex Unione Sovietica, ma incredibilmente è il punto di forza di questi splendidi 18 danzatori contemporanei.
Si è sempre pensato che chi danza lo stile contemporaneo non è tenuto a muoversi sincronicamente. Anzi, spesso era proprio considerato fuori luogo...
Evviva Prejolicaj che, non solo lo gradisce, ma ha cercato anche uno staff che lo supporti in questa direzione. Sarebbe da proporlo come Direttore dei corpi di ballo di numerose compagnie classiche. Oltre a ciò questo "scellerato" permette ai suoi danzatori anche di stendere i piedi, altra vecchia diatriba che divide gli appassionati di danza contemporanea. Che meraviglia...finalmente l'energia del movimento di una gamba può propagarsi fino alla sua estremità! Ho avuto recentemente la sfortuna di assistere ad uno spettacolo di danza contemporanea, ospitato nel massimo teatro della città in cui vivo, nel quale chi ha messo insieme i movimenti dei vari danzatori, chiedeva loro di estendere si il collo del piede, ma non le dita, ricreando un dettame tipico di un certo periodo della Nouvelle Danse francese degli anni ottanta del secolo scorso...imbarazzante...e poi a cosa serviva?
E a proposito di questa corrente che ha creato tanti falsi miti, sono contento che uno di questi sia stato proprio Prejolicaj che, invece, sopravvive e continua a mietere grandi successi.
A questo punto mi tocca parlare proprio dello spettacolo.
A parte i superbi danzatori, l'emozione dell'ensemble assieme (perdonatemi il gioco di parole), la bellezza del light design (Cécile Giovansili-Vissière usa i proiettori a testa mobile come fossero loro stessi dei danzatori), l'estetica molto curata e la rigorosa simmetria geometrica, tipica del coreografo e anche a me molto gradita, devo riferirvi di uno spettacolo che resta molto sulla superficie dell'iconografia, del luogo comune, del già visto e del già detto.
Peccato.
Non me l'aspettavo da un coreografo capace di tanti capolavori da Annonciation a Le parc, da Romeo&Juliet a Un trait d'union...ma è pur sempre vero che "non tutte le ciambelle riescono con il buco".
Nulla di terribile, però vedere che l'ispirazione tratta da Le Fiabe delle mille e una notte serve solo a mettere in scena un fumoso quadro in bianco ambientato in un Hammam, un gruppo di incappucciati terroristi mediorientali, amplessi sessuali che vedono gli uomini sottomettere continuamente le donne, danzatori maschi che si strusciano vogliosi come nelle più tipiche fantasie occidentali...beh, si: onestamente mi aspettavo tutt'altro. Avrei preferito un trattamento molto più onirico, immaginario, fantastico oppure sottili allusioni che mi lasciassero libero di immaginare, invece di un documentario pedissequo e poco accattivante...
Sala gremita, pubblico contento. Lode e gloria al direttore artistico del Cankarjev Dom che a soli 90 km da casa mi permette di vedere
Per parlare di Les Nuits, del coreografo franco-albanese Angelin Prejolicaj, ho deciso di partire da un punto di vista diverso, per cui non vi racconterò per prima cosa dello spettacolo, ma vi parlerò della compagnia.
Sono rimasto colpito innanzitutto dalla capacità di danzare unisoni, prerogativa che nel secolo scorso era appannaggio solo dei corpi di ballo di impostazione classica dell'ex Unione Sovietica, ma incredibilmente è il punto di forza di questi splendidi 18 danzatori contemporanei.
Si è sempre pensato che chi danza lo stile contemporaneo non è tenuto a muoversi sincronicamente. Anzi, spesso era proprio considerato fuori luogo...
Evviva Prejolicaj che, non solo lo gradisce, ma ha cercato anche uno staff che lo supporti in questa direzione. Sarebbe da proporlo come Direttore dei corpi di ballo di numerose compagnie classiche. Oltre a ciò questo "scellerato" permette ai suoi danzatori anche di stendere i piedi, altra vecchia diatriba che divide gli appassionati di danza contemporanea. Che meraviglia...finalmente l'energia del movimento di una gamba può propagarsi fino alla sua estremità! Ho avuto recentemente la sfortuna di assistere ad uno spettacolo di danza contemporanea, ospitato nel massimo teatro della città in cui vivo, nel quale chi ha messo insieme i movimenti dei vari danzatori, chiedeva loro di estendere si il collo del piede, ma non le dita, ricreando un dettame tipico di un certo periodo della Nouvelle Danse francese degli anni ottanta del secolo scorso...imbarazzante...e poi a cosa serviva?
E a proposito di questa corrente che ha creato tanti falsi miti, sono contento che uno di questi sia stato proprio Prejolicaj che, invece, sopravvive e continua a mietere grandi successi.
A questo punto mi tocca parlare proprio dello spettacolo.
A parte i superbi danzatori, l'emozione dell'ensemble assieme (perdonatemi il gioco di parole), la bellezza del light design (Cécile Giovansili-Vissière usa i proiettori a testa mobile come fossero loro stessi dei danzatori), l'estetica molto curata e la rigorosa simmetria geometrica, tipica del coreografo e anche a me molto gradita, devo riferirvi di uno spettacolo che resta molto sulla superficie dell'iconografia, del luogo comune, del già visto e del già detto.
Peccato.
Non me l'aspettavo da un coreografo capace di tanti capolavori da Annonciation a Le parc, da Romeo&Juliet a Un trait d'union...ma è pur sempre vero che "non tutte le ciambelle riescono con il buco".
Nulla di terribile, però vedere che l'ispirazione tratta da Le Fiabe delle mille e una notte serve solo a mettere in scena un fumoso quadro in bianco ambientato in un Hammam, un gruppo di incappucciati terroristi mediorientali, amplessi sessuali che vedono gli uomini sottomettere continuamente le donne, danzatori maschi che si strusciano vogliosi come nelle più tipiche fantasie occidentali...beh, si: onestamente mi aspettavo tutt'altro. Avrei preferito un trattamento molto più onirico, immaginario, fantastico oppure sottili allusioni che mi lasciassero libero di immaginare, invece di un documentario pedissequo e poco accattivante...
Sala gremita, pubblico contento. Lode e gloria al direttore artistico del Cankarjev Dom che a soli 90 km da casa mi permette di vedere
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