Questo trittico che la SNG di Lubiana ha proposto per commemorare il centenario dalla fondazione del Corpo di ballo del Teatro dell'Opera della capitale slovena, avrebbe avuto bisogno di un sottotitolo: guardate questa serata come un'opera d'arte custodita in un museo.
In caso contrario, lo spettatore sprovveduto potrebbe pensare di essere ripiombato indietro, almeno ai tempi della cortina di ferro.
Sanja Neskovic Persn, direttrice della compagnia, ha avuto una felice intuizione ma ha rischiato veramente grosso: queste tre coreografie sono estremamente intriganti dal punto di vista storico ma, soprattutto le prime due, mostrano il fianco della vetustà...
La serata inizia con Lok, una coreografia del 1938 ad opera della coppia Pia e Pino Mlakar. Ed è anche il pezzo più difficile della serata. Si basa sul linguaggio della danza accademica, contaminata da quella di carattere, e si vede che è stato costruito su una musica, della quale riesce a trasmettere la linea melodica, nonostante sia eseguito nel silenzio più assoluto. Ad eccezione di qualche percussione sul pavimento con i piedi o sul proprio corpo, ad opera dei danzatori e di svariati colpi di tosse degli spettatori... Il tempo dell'esecuzione si dilata infinito e quella che all'epoca deve essere sembrata un'operazione d incredibile rottura e stravaganza, oggi risulta lievemente indigesta e poco emozionante. Per fortuna in scena ho avuto la fortuna di vedere Marin Ino e Filippo Jorio, due danzatori superbi cui non manca tecnica, controllo, legato ed espressività.
Il secondo brano in programma è Zica, coreografia di Vlasto Dedovic su musica di Janez Gregorc e libretto esistenzialista di Smilijan Rozman. Racconta molto ingenuamente una vicenda surreale e degna della fantascienza più commerciale, in cui dei nemici attaccano gli abitanti di una città che vengono prontamente capeggiati da un Messaggero che si contrapporrà ad un Comandante. Mancavano in questo mischiottio anche un Giovane Uomo e una Ragazza....brr, degno prodotto di una propaganda di regime. In effetti, all'epoca, la Slovenia era ancora inglobata nella Jugoslavia... La coreografia echeggia il vocabolario completo della danza modern jazz, supportata da una musica ugualmente ritmata e stereotipata. I corpi dei danzatori vengono umiliati in delle terribili calzamaglie color carne che sviliscono anche la fisicità statuaria di Lukas Zuschlag ad esempio. Che invece è un danzatore sempre più bravo e piacevole, fluido e sicuro, affiancato da Tjasa Kmetec, ugualmente brava e uccisa dalla famigerata calzamaglia di cui sopra. Completano i ruoli principali Petar Dorcevski, forte e potente come sempre, Hugo Mbeng, veloce e tecnico, il duo asiatico formato da Yujin Muraishi e Yuki Seki, bravi e affiatati, e infine la giovane e bella coppia formata da Ursa Vidmar e Filip Viljusic.
Questo trittico si conclude con Sinfonia Pastorale sul'omonima, celeberrima composizione di Ludwig van Beethoven, il brano più interessante della serata, grazie alla coreografia di Milko Sparemblek, che offre l'unico brano ancora stilisticamente accettabile. In una sorta di celebrazione delle forze e della bellezza della natura, Sparemblek offre una bella occasione per tre coppie di splendidi danzatori: Nina Noc e Owen Lane, Mateja Zeleznik e Filippo Jorio, Marin Ino e Richel Wieles, tutti compenetrati nello stile e nella generosa volontà di regalarci un momento di poesia.
L'Orchestra della SNG era sicuramente e magistralmente condotta dal Maestro Marko Gaspersic.
Serata non particolarmente riuscita ma estremamente interessante dal punto di vista storico, sala gremita, pubblico plaudente.