sabato 6 dicembre 2025

IL BARBIERE DI SIVIGLIA venerdì 28 novembre LE NOZZE DI FIGARO sabato 30 novembre

Locandina de Il Barbiere di Siviglia

Locandina de Le nozze di Figaro 

Così come pensato dalla Direzione del Teatro Verdi nel programmarlo, vi racconto dei due spettacoli che inauguravano la stagione 2025/2026 del massimo triestino in uno stesso post. La motivazione di base è che sia ne Il barbiere di Siviglia che ne Le nozze di Figaro, il libretto trae spunto da una stessa commedia di Caron de Beaumarchais. Dal mio punto di vista, il testo è trattato da Cesare Sterbini e Lorenzo da Ponte in modo talmente diverso da farle sembrare due opere assolutamente diverse che hanno in comune solo il nome di alcuni dei personaggi, per cui l'accoppiamento mi è parso interessante anche se non particolarmente riuscito. Per non parlare della musica che contrappone Rossini e Mozart che trovo distanti come il sole e la luna. Questione di gusti, per carità!

Come sono state le due serate in breve? Un trionfo!

Di pubblico, di qualità, di bellezza e per la felicità di avere finalmente delle produzioni di livello internazionale, come queste due firmate da Pier Luigi Pizzi

La prima serata ha visto la messinscena di un Barbiere di Siviglia scanzonato e divertito come pochi prima che mi ha stampate il sorriso in viso per tutta la durata dello spettacolo. Frequento il teatro musicale da cinquant'anni e non credo di aver mai visto una regia più scorrevole e più nelle mie corde. L'opera lirica è probabilmente il settore più in difficoltà delle arti dello spettacolo, sia per la lunghezza della durata che certo non può essere ridotto (nascondereste un terzo del volto de La Gioconda?) che per l'idea che la messinscena di un'opera lirica debba rispettare certi canoni e stilemi, con masse statiche, recitazione stereotipata. Penso che spettacoli come questo possano far ricredere tante persone sulla autoreferenzialità del mondo del melodramma e sulla sua storica immobilità, un mondo musealizzato che piace solo ad un certo tipo di pubblico e, soprattutto, di una certa età e che tanto fatica a trovare giovani appassionati. Per carità, sono innumerevoli le riletture, le attualizzazioni, le trasposizioni ma sono state rare qui, a Trieste e in ogni caso mi sembra un caso sporadico seppur molto apprezzabile che pur mantenendo l'ambientazione e l'epoca da partitura, il linguaggio registico sia molto, molto in linea con il sentire odierno. In più, credo che la lunga e gloriosa carriera di Pizzi gli abbia regalato il lusso di essere libero, di poter giocare, di non dover più dimostrare un certo tipo di rigore e di accademismo, di rispetto della forma e delle regole. Meno brillante il secondo allestimento ma ribadisco da sempre di annoiarmi con la musica di Mozart, eccetto alcune rare eccezioni: de gustibus, perdonate. 

È indubbio che entrambe le compagnie di canto siano composte da artisti poliedrici e duttili, cui Pizzi ha chiesto di esagerare la recitazione, di ballare, di non trascurare un solo attimo scena e controscena, lasciandole prive di azioni e di significato e loro hanno perfettamente aderito! Le due regie sono dense di fare, di trovate, di dettagli cui non ero abituato da un po' e i miei occhi ne hanno gioito parecchio! La pulizia neoclassica dell'impianto scenico che accomuna i due allestimenti, ovviamente scomponibile e diversamente componibile fintanto da sembrare totalmente diversa, era elegante e di un candore abbacinante nel Barbiere, più grigia ne Le nozze, ma entrambe le serate erano magistralmente illuminate dalle luci di Massimo Pizzi Gasparon Contarini che, neanche a dirlo, sposavano pienamente lo stile e l'eleganza di cui sopra. I costumi, così come le scene sempre firmate dallo stesso Pizzi, hanno lasciato primeggiare i ruoli dei protagonisti cercando unità di tinta per il coro (sempre più sparuto ma sempre "forte"!) e i comprimari e lasciando tinte dominanti e appariscenti a chi doveva essere maggiormente visibile.

Il ricco bagaglio di foto del buon Fabio Parenzan per Visulart renderà chiaro quello che ho cercato di spiegare a parole.

Sia il Figaro rossiniano di Alessandro Luongo che quello mozartiano di Simone Alberghini trasudano talento, presenza e voci di indiscutibile livello e qualità, così come la Rosina di Annalisa Stroppa e la Susanna di Carolina Lippo. Il belcanto e il virtuosismo sono garantiti e altamente ben rappresentati da Marco Ciaponi e Giorgio Caoduro che scolpiscono il proprio Conte d'Almaviva con sapiente maestria e colorature magistrali ai quali vorrei avvicinare il simpaticissimo (incredibile per essere un cattivo) Bartolo di Marco Filippo Romano che come il Cherubino cantato da Paola Gardina, mostrano talento musicale e interpretativo che corrono paralleli ad altissimi livelli. L'elegante e travagliata Contessa interpretata da Ekaterina Bakanova ha una linea di canto di grande bellezza ed espressività ma in verità tutto il resto delle compagnie composte da Abramo Rosalen, Anna Maria Chiuri, William Corrò, Andrea Concetti, Andrea Galli, Veronica Prando, Armando De Ceccon, Armando Badia e Pietro Picone meritano di essere citati per presenza, qualità e professionalità!

Del coro del Verdi ho già detto e ricordo con gioia che anche per questa stagione sarà diretto dall'eccellente Maestro Longo mentre dell'Orchestra, sottolineo come prima cosa, che sembra aver trovato un nuovo Daniel Oren sotto la bacchetta di Enrico Calesso. È una gioia averlo visto dirigere le Nozze da un palco di barcaccia perché la sua bella figura e il portamento impeccabile, vibrano incredibilmente al suono della musica e questo si propaga a tutta la fossa orchestrale. L'Orchestra ha suonato in gran spolvero in tutte le sezioni, davvero: dinamiche, colori e timbri erano perfettamente riconoscibili grazie alla lettura di Calesso ma anche alla bravura dei suoi orchestrali. Il Maestro veneto si conferma attento e rispettoso al palcoscenico e agli artisti che rischiano la faccia (e l'ugola!) accompagnandoli, sostenendoli e respirando con loro come pochi altri!

Due serate da tutto esaurito, pubblico entusiasta e partecipe, applausi generosi ma competenti, decorazioni da prima un po' striminzite, grande esibizione di abiti da sera e smoking per un bellissimo inizio di stagione che vede di nuovo Giuliano Polo alla guida del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste cui rivolgo il mio più sincero in bocca al lupo!
















giovedì 23 ottobre 2025

VISAVI' venerdì 10 e sabato 18 ottobre 2025

Locandina dello spettacolo 

L'anno in cui il mio amato festival Visavì si allunga, io non riesco a seguirlo...uffa!

In occasione della nomina di Gorizia e Nova Gorica Capitali europee della cultura per il 2025, Walter Mramor e la sua Artisti Associati di Gorizia hanno fatto un considerevole sforzo per rendere questo piccolo e prezioso festival più lungo e coinvolgente: la programmazione si è allungata ad una decina di giorni e tutti gli spettacoli rimbalzavano da una parte all'altra del confine, creando una bellissima sinergia tra questi luoghi così vicini ma così lontani per anni...

Ho potuto seguire poco ma ho avuto la fortuna di assistere venerdì 10 ottobre a Turning of bones di Akram Khan e a undici performance che si sono svolte sabato 18 ottobre.

Turning of bones di Akram Khan ha forse il pregio principale di coniugare i paradigmi di un balletto classico a quelli di un brano di danza contemporanea, fondendosi in una creazione unica e assolutamente coinvolgente, magistralmente interpretato dalla Gauthier Dance Company basata a Stoccarda e diretta con cura e devozione dal danzatore, coreografie e musicista Eric Gauthier: la pulizia dell'esecuzione, la motivazione dei danzatori e la grinta di questo ensemble mi sono chiari e mi commuovono ancora a distanza di giorni. Il brano è una sorta di rivisitazione antologica tratta da celebri lavori del coreografo britannico con origini del Bangladesh che è una vera star oltremanica. Il titolo, Turning of Bones, fa riferimento alla Famadihana, un rituale di commemorazione praticato in Madagascar. Durante la cerimonia, le famiglie riesumano i resti degli antenati, riscrivono i nomi sui sudari, sollevano le ossa sopra la testa e danzano con loro: un gesto di connessione profonda con la memoria, l’identità e l’amore. Khan trasforma questo rito in un'esperienza collettiva in cui corpo e natura si fondono. È una coreografia che si interroga sul tempo, sul legame con le nostre radici e sulla vitalità che attraversa ogni gesto e lo fa coniugando la pantomima, la narrazione in danza, a momenti di forte contemporaneità. La coreografia è di gran fattura, i danzatori sono eccellenti, la tensione cresce e si resta con il fiato sospeso in attesa del non scontato finale.




Durante il percorso a tappe denominato ODEC One Dance European City, dove la danza incontra il territorio per una durata di due ore e mezza che si snoda da Gorizia a Nova Gorica, alcune soste mi sono rimaste impresse più di altre. La prima, nell'angusto spazio al piano terra della sede di Borgo Live Academy, in un palcoscenico di 4 metri per 4, abbiamo potuto ammirare una miniatura coreografica di Angelin Prejolicaj. Ho scoperto che era una sua coreografia solo più tardi non avendo letto prima il programma di sala ma ero rimasto abbagliato dalla bellezza della costruzione coreografica, dal crescendo dell'intensità nonché dal talento dei due danzatori, Arainna Kob e Albert Carol Perdiguer: la maestria di un coreografo è evidente agli occhi! Abbiamo poi attraversato le creazioni di Pablo Girolami, degli Arearea e di Philippe Kratz e altri tutti più o meno interessanti, per poi giungere al momento clou: Dira Libido di Compagnia Bellanda. Chi segue il mio blog ha già letto diverse volte di loro (si, sono proprio un loro fan!) e stavolta sono felicemente sorpreso di constatare come la loro danza "rotonda" si stia staccando sempre più dal pavimento per diventare verticale, conservando stile, qualità e livello: bravi!








Le foto sono di 

Ora aspetto l'edizione 2026, sperando che torni ad essere di quattro, cinque intensissimi giorni da godermi in totale immersione e tutti d'un fiato!


(due momenti preziosi per me e grazie a Giovanni Chiarot per averle immortalati!)

martedì 9 settembre 2025

OTELLO lunedì 8 settembre 2025

Locandina dello spettacolo 

È proprio vero che "chi ben comincia è a metà dell'opera"! A giudicare dalla prima immagine che illumina il grandioso palcoscenico della Gallusova dvorana dello Cankarjev Dom di Lubiana, lo spettacolo non potrà che essere un successo: un mare in tempesta proiettato sul tulle in proscenio apporta una presenza pericolosa, massiccia e incombente che sovrasta gli abitanti dell'isola di Cipro in cui si svolge la vicenda di Otello così come rivisitato da Boito e Verdi partendo dall'originale scespiriano.

È davvero un'immagine potente e inquietante che predispone correttamente lo spettatore alla visione del dramma che seguirà. Il regista Guy Montavon riesce nell'operazione di eliminare gli orpelli medievali per restituirci un allestimento pulito, lineare, moderno, perfettamente calzante a questo tardo Verdi che, abbandonata la forma chiusa tipica della composizione delle sue opere, tanto si lascia andare a seguire la narrazione ma senza trascurare la grande abilità nell'orchestrazione. Montavon pone, giustamente, al centro la figura di Iago, per il quale costruisce una presenza, a volte soltanto suggerita, ma costante che rendono finalmente a colui che è il vero protagonista di quest'opera. Le scene, i costumi e le luci di Wolfgang von Zoubek sono perfettamente allineati alla lettura registica, creando armonie cromatiche e stilistiche di indiscutibile bellezza. Prezioso e molto gradevole il breve cammeo coreografico di Cleopatra Purice inserito nel primo atto. 

Roberto Gianola alla guida della potente Orchestra della SNG di Maribor non lesina in clangori e fortissimi, coadiuvato da una sezione di fiati di ottima qualità, che invadono la sala teatrale con la stessa forza impetuosa del mare. Bene gli riesce di condurre in porto i suoi musicisti che affollano il golfo mistico, pur senza trascurare la doverosa attenzione a quanto succede in palcoscenico

Bene, benissimo si comporta il coro sloveno diretto da Zsuzsa Budavari Novak che sfodera ottime capacità interpretative, oltre che musicali.

Carlos Marcelo Ventre, è un Otello navigato per esperienza e di grande generosità vocale; ho trovato toccante, perfetta la Desdemona di Sabina Cvilak, dalle mezzevoci e i pianissimo preziosi come i suoi filati, perfetti a rendere la delicatezza della vittima sacrificale che il suo ruolo richiede; Luka Brajnik è geniale nella resa scenica e vocale del suo Iago, il diabolico e perfido artefice della vicenda, scaltro e crudele quanto desideroso di vendetta e di luce; Irena Petkova è un'ottima Emilia, la moglie di Iago e cameriera di Desdemona cui tocca svelare la verità sul suo consorte e l'orrendo complotto da lui ideato; presente e amabile il Cassio di Bože Jurić Pešić.

Applausi scroscianti e giusti da una sala quasi gremita.