Locandina dello spettacolo
Spettacolare! Veramente spettacolare sotto tutti i punti di vista. Danzatori strepitosi, allestimento superlativo, concezione impeccabile. A parte il "pannolone"....ma ve ne parlo dopo.
Questa Biancaneve del Ballet Preljocaj che è in scena ininterrottamente dal 2008 è uno spettacolo veramente grandioso. E riesce ad esserlo anche in toruné, non solo nello splendido Pavillon Noir di Aix en Provence! Spesso spostare e trasportare uno spettacolo così complesso da un punto di vista tecnico è quasi impossibile, soprattutto viste le ristrettezze
economiche in cui opera il teatro italiano, eppure tutto ha funzionato liscio, senza intoppi tecnici....a parte l'unica cosa fissa...il sipario del Politeama Rossetti che è rimasto bloccato a metà sul finale ed è stato trattenuto aperto, a mano, per i ringraziamenti...ma sono gli imprevisti dello spettacolo dal vivo!
Dicevo, veramente una macchina perfetta che dovrebbe solo subire qualche taglio per alleggerire la durata di 110 minuti senza intervallo....che filano, ma sono in certi punti un po' pesanti (ad esempio la scena di tutti con il pannolone o il primo duetto tra il Principe e Biancaneve).
Angelin Preljocaj è un grande narratore ed ha saputo sottolineare gli aspetti più contemporanei della fiaba dei fratelli Grimm, senza trascurare gli aspetti romantici e creando un vero, grande balletto, sulla scia dei grandi capolavori dell'ottocento. E' aiutato da uno staff di altissimo livello come Patrick Riou che disegna delle luci di una bellezza mozzafiato - anche se alcune atmosfere sono veramente troppo scure; come le scene di Thierry Leproust che crea un salone medievale inquietante comme il faut e ci sorprende con la parete di roccia dalla quale emergono i sette nani (grazie anche ad Alexandre del Perugia per la bellissima danza verticale!); collaboratore non per scelta sua, Gustav Mahler di cui vengono utilizzate svariate creazioni con abbastanza rispetto e 79D che riesce a creare una incredibile coesione con le partiture di Mahler; infine, come i fantasmagorici costumi di Jean Paul Gaultier, cui dobbiamo rimproverare solo un terribile chitone/pannolone con cui massacra il fisico, già di suo non proprio felice, della povera Biancaneve...ma si rifa creando una Regina (Grimilde) che resterà scolpita nelle nostre pupille! In effetti, come nella versione Disney, la più bella del reame è veramente Grimilde, femme fatale per antonomasia, qui anche regina del bondage: il suo personaggio stravince di molte lunghezze sulla sciatteria della povera Biancaneve e resterà memorabile il contrappasso che la nostra malvagia subirà nel finale, costretta a saltare sguaiatamente in un paio di mostruose Crocs....cinesi!
Tornando serio, vorrei rendere omaggio nuovamente al coreografo franco-albanese per aver creato un titolo che non sfigurerebbe al paragone con i grandi classici della trilogia Cajkovskjana: ne celebra la grandeur dell'allestimento, la certosina e matematica costruzione coreografica, la sontuosità delle immagini; in più ha una finezza narrativa coinvolgente, al contrario della vetusta pantomima ottocentesca, una tensione psicoanalitica nella costruzione dei personaggi che li rende riconoscibili a noi tutti e ci aiuta nel gioco dell'immedesimazione, cosa più complicata con le creature cigno, per esempio...bravo, bravo Maestro Preljocaj!
Del cast vorrei dire che la Biancaneve di Virginie Caussin fa dimenticare il suo orribile costume per l'energia della sua danza, specialmente durante il passo a due in cui è tramortita, dopo aver morso la mela - altra scena di grande forza e suggestione con la Regina - in cui dimostra una leggerezza sublime. Grazie anche alla forza di quel gran manzo del suo principe, al secolo Fabrizio Clemente, imponente, affidabile e atletico al contempo; la vincitrice della serata resta la Regina interpretata da Cecilia Torres Morillo, di cui ho già ampiamente parlato, assieme ai due Gatti malefici interpretati da Aude Miyagi e Yuriè Tsugawa, abilissime improvvisatrici in un piccolo, delizioso intermezzo in platea.
Il resto della compagnia non è da meno: pieni di energia, potenti negli assiemi, credibili negli assoli, stupendi i sette nani, il trio dei cacciatori e il quadro del ballo a corte: bravissimi!
Platea piuttosto vuota, gallerie belle piene (segno di questo sfavorevole periodo economico?), pubblico soddisfatto e molto plaudente: grazie alla Direzione del Teatro Stabile del Friuli venezia Giulia per quest'altra bella serata di danza!
Benvenuti nel mio blog! Per sapere chi sono visitate www.corradocanulli.it In questi post vi racconterò la mia personale, personalissima opinione degli spettacoli che andrò a vedere a Trieste & dintorni! Aspetto i vostri commenti, ma non siate spietati come me! ;-)
mercoledì 25 marzo 2015
venerdì 20 marzo 2015
marzo LES BALLETS TROCKADERO' DE MONTE-CARLO 18 marzo 2015
Locandina dello spettacolo
Mannaggia. Mi ero illuso in un cambio di direzione, invece la novità assoluta mi ha fatto capire che i Trocks continuano ad andare in una direzione che non mi piace.
Ahimè, sono andato a rileggere quanto avevo scritto in occasione di un'altra visita de Les Ballets Trockaderò de Monte-Carlo e, fatto salvo il cambio di alcuni titoli, riscriverei le stesse identiche cose.
Il secondo atto de Il lago dei Cigni è ancora migliorato nella direzione satirica/goliardica....ancora più gag e ancora più divertente.
Il passo a due da Le Corsaire è danzato egregiamente ed è un piacere vederlo, anche grazie alla splendida fisicità ed alla superba tecnica di Laszlo Major.
Segue una spassosa parodia del pas de six da Esmeralda: strepitoso! Meravigliosa Nina Immobilashvili (al secolo l'italiano Alberto Pretto) espressiva e melensa quanto richiede un ruolo romantico come questo, veramente squisita.
Chiude il secondo tempo l'inossidabile, immarcescibile Morte del Cigno: esilarante e perfetta come sempre.
Il problema ritorna con la suite dal Don Chisciotte. Nonostante la bravura dei danzatori (in testa a tutti Paolo Cervellera che ci regala un Basilio con i fiocchi, degno delle migliori compagnia istituzionali) mi tocca ripetermi...
"Il terzo tempo, vede in scena il “Grand Pas” da “Paquita“ che i Trockadero eseguono quasi integralmente, con rigore filologico e un po’ di noia da parte nostra: che senso ha tutto questa apparente serietà? Aldilà di una ballerina in tutù con gli occhiali, di una caduta a mo’ di domino di una fila di ballerine, nulla altro succede di comico. L’intenzione è quella di mostrare la bravura dei ballerini? Bravi ma, onestamente, come uomini non un granché e come donne sono inguardabili per le linee mozze dei piedi, la poca grazia e uno stile farraginoso…non ci è molto chiaro… Onestamente avremmo preferito invertire il primo e il terzo tempo per lasciare nel pubblico il gusto del divertimento e il senso di questa compagnia: divertire divertendosi!"
Rimango della stessa opinione: di questo Don Chisciotte non afferro proprio il senso. Non si capisce niente della vicenda (che invece si presterebbe ad infiniti scherzi), mentre non ci viene risparmiata neanche una variazione di grande tecnica. Ma chi se ne importa? Preferisco vederle danzate da una donna, con classe, eleganza e misura....se vado a vedere degli uomini che danzano al posto delle donne, voglio divertirmi...o no?
Teatro pieno e pubblico in visibilio
Mannaggia. Mi ero illuso in un cambio di direzione, invece la novità assoluta mi ha fatto capire che i Trocks continuano ad andare in una direzione che non mi piace.
Ahimè, sono andato a rileggere quanto avevo scritto in occasione di un'altra visita de Les Ballets Trockaderò de Monte-Carlo e, fatto salvo il cambio di alcuni titoli, riscriverei le stesse identiche cose.
Il secondo atto de Il lago dei Cigni è ancora migliorato nella direzione satirica/goliardica....ancora più gag e ancora più divertente.
Il passo a due da Le Corsaire è danzato egregiamente ed è un piacere vederlo, anche grazie alla splendida fisicità ed alla superba tecnica di Laszlo Major.
Segue una spassosa parodia del pas de six da Esmeralda: strepitoso! Meravigliosa Nina Immobilashvili (al secolo l'italiano Alberto Pretto) espressiva e melensa quanto richiede un ruolo romantico come questo, veramente squisita.
Chiude il secondo tempo l'inossidabile, immarcescibile Morte del Cigno: esilarante e perfetta come sempre.
Il problema ritorna con la suite dal Don Chisciotte. Nonostante la bravura dei danzatori (in testa a tutti Paolo Cervellera che ci regala un Basilio con i fiocchi, degno delle migliori compagnia istituzionali) mi tocca ripetermi...
"Il terzo tempo, vede in scena il “Grand Pas” da “Paquita“ che i Trockadero eseguono quasi integralmente, con rigore filologico e un po’ di noia da parte nostra: che senso ha tutto questa apparente serietà? Aldilà di una ballerina in tutù con gli occhiali, di una caduta a mo’ di domino di una fila di ballerine, nulla altro succede di comico. L’intenzione è quella di mostrare la bravura dei ballerini? Bravi ma, onestamente, come uomini non un granché e come donne sono inguardabili per le linee mozze dei piedi, la poca grazia e uno stile farraginoso…non ci è molto chiaro… Onestamente avremmo preferito invertire il primo e il terzo tempo per lasciare nel pubblico il gusto del divertimento e il senso di questa compagnia: divertire divertendosi!"
Rimango della stessa opinione: di questo Don Chisciotte non afferro proprio il senso. Non si capisce niente della vicenda (che invece si presterebbe ad infiniti scherzi), mentre non ci viene risparmiata neanche una variazione di grande tecnica. Ma chi se ne importa? Preferisco vederle danzate da una donna, con classe, eleganza e misura....se vado a vedere degli uomini che danzano al posto delle donne, voglio divertirmi...o no?
Teatro pieno e pubblico in visibilio
lunedì 16 marzo 2015
ORFEO ED EURIDICE marzo 2015
Locandina dello spettacolo
Nonostante le tante avversità, il momento di transizione ed un titolo non propriamente facile (almeno per me) la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste porta a casa un risultato positivo anche in occasione di questo Orfeo ed Euridice di Cristoph Willibald Gluck.
Questo è un titolo che, nonostante sia rimasto in repertorio praticamente ininterrottamente dal '700 ad oggi, mi fa sempre sentire il bisogno di regie faraoniche, idee innovative, allestimenti importanti e coreografie molto movimentate.
Esattamente il contrario di questa edizione ad opera di Giulio Ciabatti, subentrato in corso d'allestimento dopo il taglio di quello inizialmente previsto e forse troppo costoso.
Ciabatti ha fatto una regia molto misurata, da camera, scegliendo una dimensione Magrittiana per raccontare il mito di questa coppia infelice: fa scorrere uomini e donne con ombrelli aperti, siluetta, usa lo slow motion, i piccoli gesti, invade la scena di sedie...è aiutato da un allestimento sobrio ma imponente, geometrico ma capace di emozionare e suggerire ad opera di Aurelio Barbato, che firma anche gli eleganti costumi e sposta tutta l'ambientazione negli anni cinquanta del secolo scorso. Ancora, Claudio Schmid lo aiuta disegnando luci eleganti e bellissime. Ma è comunque merito di Ciabatti una coerenza che segna tutto il dipanarsi della vicenda e un risultato che sembra lungamente provato dalle varie masse, ma che sappiamo non esserlo sicuramente stato.
Duro, insopportabile il colpo subito con il taglio delle danze, specialmente dopo aver sopportato i primi due atti che, a mio modesto parere, sono di una lentezza e di una noia insormontabile. Magari si poteva ricorrere a soluzioni meno costose ma capaci di animare comunque lo spettacolo: gruppi amatoriali o di allievi, ma era veramente troppo scarno e senza enfasi il lieto fine...
Ho trovato la direzione di Filippo Maria Bressan curata ma spesso troppo respirata e rallentata, cosa che non ha giovato ai primi due sopracitati atti, ma saputo ben gestire volumi delle voci, dell'orchestra e del coro. Quest'ultimo ha saputo tenere in piedi lo spettacolo, creando gli unici veri momenti di intrattenimento visivo, di danza quasi.
Sono rimasto molto perplesso dalla prestazione di Laura Polverelli nel ruolo di Orfeo: ho trovato la sua linea di canto discontinua, con poco colore nei primi due atti ed invece gradevolissima nel duetto con Euridice del terzo atto e nella bellissima aria Che farò senza Euridice. Quest'ultima è stata eseguita magistralmente...mah? Al suo fianco una gradevolissima Cinzia Forte anche lei perfettamente a suo agio nel duetto di cui sopra e nel rendere il dolore ed il lamento della compagna di Orfeo. Bene anche l'Amore di Milica Ilic, garbata e misurata ma presente.
Pubblico contento, teatro abbastanza pieno ma la ronde dei ringraziamenti era lunga ed interminabile
Nonostante le tante avversità, il momento di transizione ed un titolo non propriamente facile (almeno per me) la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste porta a casa un risultato positivo anche in occasione di questo Orfeo ed Euridice di Cristoph Willibald Gluck.
Questo è un titolo che, nonostante sia rimasto in repertorio praticamente ininterrottamente dal '700 ad oggi, mi fa sempre sentire il bisogno di regie faraoniche, idee innovative, allestimenti importanti e coreografie molto movimentate.
Esattamente il contrario di questa edizione ad opera di Giulio Ciabatti, subentrato in corso d'allestimento dopo il taglio di quello inizialmente previsto e forse troppo costoso.
Ciabatti ha fatto una regia molto misurata, da camera, scegliendo una dimensione Magrittiana per raccontare il mito di questa coppia infelice: fa scorrere uomini e donne con ombrelli aperti, siluetta, usa lo slow motion, i piccoli gesti, invade la scena di sedie...è aiutato da un allestimento sobrio ma imponente, geometrico ma capace di emozionare e suggerire ad opera di Aurelio Barbato, che firma anche gli eleganti costumi e sposta tutta l'ambientazione negli anni cinquanta del secolo scorso. Ancora, Claudio Schmid lo aiuta disegnando luci eleganti e bellissime. Ma è comunque merito di Ciabatti una coerenza che segna tutto il dipanarsi della vicenda e un risultato che sembra lungamente provato dalle varie masse, ma che sappiamo non esserlo sicuramente stato.
Duro, insopportabile il colpo subito con il taglio delle danze, specialmente dopo aver sopportato i primi due atti che, a mio modesto parere, sono di una lentezza e di una noia insormontabile. Magari si poteva ricorrere a soluzioni meno costose ma capaci di animare comunque lo spettacolo: gruppi amatoriali o di allievi, ma era veramente troppo scarno e senza enfasi il lieto fine...
Ho trovato la direzione di Filippo Maria Bressan curata ma spesso troppo respirata e rallentata, cosa che non ha giovato ai primi due sopracitati atti, ma saputo ben gestire volumi delle voci, dell'orchestra e del coro. Quest'ultimo ha saputo tenere in piedi lo spettacolo, creando gli unici veri momenti di intrattenimento visivo, di danza quasi.
Sono rimasto molto perplesso dalla prestazione di Laura Polverelli nel ruolo di Orfeo: ho trovato la sua linea di canto discontinua, con poco colore nei primi due atti ed invece gradevolissima nel duetto con Euridice del terzo atto e nella bellissima aria Che farò senza Euridice. Quest'ultima è stata eseguita magistralmente...mah? Al suo fianco una gradevolissima Cinzia Forte anche lei perfettamente a suo agio nel duetto di cui sopra e nel rendere il dolore ed il lamento della compagna di Orfeo. Bene anche l'Amore di Milica Ilic, garbata e misurata ma presente.
Pubblico contento, teatro abbastanza pieno ma la ronde dei ringraziamenti era lunga ed interminabile
giovedì 12 marzo 2015
GRAN GALA' DI DANZA CON LE STELLE DI NEW YORK 10 marzo 2015
Locandina dello spettacolo
Eccellente serata di danza con le Stelle del new York City Ballet che hanno irradiato tutto il loro charme e la loro energia infuocando la sala del Politeama Rossetti di Trieste.
Ad onor del vero le stelle erano 4, mentre gli altri danzatori sono membri del corpo di ballo, neanche solisti, ma poco importa: hanno dato tutti il massimo ed è ballando e facendo esperienza in giro che si diventa star.
Dovendo recensire uno serata composita come questa, occorrerà tenere sempre presente questo distinguo, perché una differenza tra gli uni e gli altri c'è e si sente.
Non si poteva iniziare meglio, presentando al pubblico Other Dances che Jerome Robbins compose nel 1976 per omaggiare i due transfughi dell'allora Teatro Kirov di Leningrado, Natalya Makarova e Mikhail Baryshnikov. Tutto il brano profuma di Russia e ricorda le qualità tecniche ed artistiche dei primi alla creazione, sia nell'atteggiamento delle braccia che nei richiami alle danze di carattere, ma i due interpreti odierni sono riusciti a farlo loro invece di scimmiottare quei due importanti predecessori. La classe e la presenza di Ashley Bouder uniti alla verve ed alla brillante tecnica di Joaquin De Luz, hanno reso un gran servigio a questo bel duetto, accompagnati al pianoforte dall'attenta Enrica Ruggiero.
Seguivano altri passi a due e un assolo.
Nell'Infiorata a Genzano di August Bournonville, i due danzatori funzionano meglio singolarmente che in coppia: Spartak Hoxha ha un'aria fragile ed instabile che svanisce nel momento in cui può sfoderare il suo possente lavoro di ballon e di batterie; Alexa Maxwell ha un trucco troppo forte che la appesantisce, ma danza con il giusto piglio e tecnica sicura, questo passo a due delizioso ed ormai poco rappresentato.
Segue una brutta, proprio brutta versione del passo a due del Cigno Bianco da Il lago dei cigni. Una coppia mal assortita, con un Cigno bianco troppo agitato ed isterico, lift evitati ed un finale inaspettato e poco gradevole.
Five Variations on a theme è una gradevole coreografia di David Fernandez per esibire la bravura di Joaquin De Luz e affascinare il pubblico in una serata come questa. Brano gigione ma interessante, coreograficamente ben strutturato, mette in risalto tutte le capacità di de Luz e non possiamo che ringraziarne il coreografo.
Chiude questo blocco un sempreverde passo a due di Balanchine Tchaikovsky Pas de Deux danzato da Indiana Woodward e Joseph Gordon. Lei è una danzatrice rara e generosa - prevedo per lei una bella carriera - come poche se ne vedono: indiavolata al punto di rischiare la musata per terra, quasi incosciente, con la tendenza a buttarsi vada come vada che non possiamo non apprezzare! Il suo partner è meno scatenato, anzi è molto misurato (e tanto giovane) ma ha stile e tecnica.
E per farci uscire con il sorriso sulle labbra, la serata non poteva considerarsi conclusa senza il solito, ma meraviglioso, Who Cares? Melodie di bellezza rara ad opera di George Gershwin, coreografie leggere e musicalissime di George Balanchine e la bravura di tutti, dico tutti, i danzatori! Emozionanti, trascinanti, delicati, ironici, sicuri, brillanti, luminosi...e potrei andare avanti ancora a lungo! L'eterea Ashley Bouder, il prestante Amar Ramasar, la precisa Emilie Gerrity, la turbinante Indiana Woodward, l'affascinante Andrew Veyette hanno reso i duetti e gli assoli indimenticabili ed esaltanti.
Grazie.
Teatro abbastanza pieno, ma non quanto avrebbe meritato uno spettacolo di questo livello, pubblico molto soddisfatto e plaudente. Sempre ed ancora grazie alla Direzione dello Stabile regionale per il coraggio e la tenacia nel portarci questi spettacoli a pochi passi da casa!
Eccellente serata di danza con le Stelle del new York City Ballet che hanno irradiato tutto il loro charme e la loro energia infuocando la sala del Politeama Rossetti di Trieste.
Ad onor del vero le stelle erano 4, mentre gli altri danzatori sono membri del corpo di ballo, neanche solisti, ma poco importa: hanno dato tutti il massimo ed è ballando e facendo esperienza in giro che si diventa star.
Dovendo recensire uno serata composita come questa, occorrerà tenere sempre presente questo distinguo, perché una differenza tra gli uni e gli altri c'è e si sente.
Non si poteva iniziare meglio, presentando al pubblico Other Dances che Jerome Robbins compose nel 1976 per omaggiare i due transfughi dell'allora Teatro Kirov di Leningrado, Natalya Makarova e Mikhail Baryshnikov. Tutto il brano profuma di Russia e ricorda le qualità tecniche ed artistiche dei primi alla creazione, sia nell'atteggiamento delle braccia che nei richiami alle danze di carattere, ma i due interpreti odierni sono riusciti a farlo loro invece di scimmiottare quei due importanti predecessori. La classe e la presenza di Ashley Bouder uniti alla verve ed alla brillante tecnica di Joaquin De Luz, hanno reso un gran servigio a questo bel duetto, accompagnati al pianoforte dall'attenta Enrica Ruggiero.
Seguivano altri passi a due e un assolo.
Nell'Infiorata a Genzano di August Bournonville, i due danzatori funzionano meglio singolarmente che in coppia: Spartak Hoxha ha un'aria fragile ed instabile che svanisce nel momento in cui può sfoderare il suo possente lavoro di ballon e di batterie; Alexa Maxwell ha un trucco troppo forte che la appesantisce, ma danza con il giusto piglio e tecnica sicura, questo passo a due delizioso ed ormai poco rappresentato.
Segue una brutta, proprio brutta versione del passo a due del Cigno Bianco da Il lago dei cigni. Una coppia mal assortita, con un Cigno bianco troppo agitato ed isterico, lift evitati ed un finale inaspettato e poco gradevole.
Five Variations on a theme è una gradevole coreografia di David Fernandez per esibire la bravura di Joaquin De Luz e affascinare il pubblico in una serata come questa. Brano gigione ma interessante, coreograficamente ben strutturato, mette in risalto tutte le capacità di de Luz e non possiamo che ringraziarne il coreografo.
Chiude questo blocco un sempreverde passo a due di Balanchine Tchaikovsky Pas de Deux danzato da Indiana Woodward e Joseph Gordon. Lei è una danzatrice rara e generosa - prevedo per lei una bella carriera - come poche se ne vedono: indiavolata al punto di rischiare la musata per terra, quasi incosciente, con la tendenza a buttarsi vada come vada che non possiamo non apprezzare! Il suo partner è meno scatenato, anzi è molto misurato (e tanto giovane) ma ha stile e tecnica.
E per farci uscire con il sorriso sulle labbra, la serata non poteva considerarsi conclusa senza il solito, ma meraviglioso, Who Cares? Melodie di bellezza rara ad opera di George Gershwin, coreografie leggere e musicalissime di George Balanchine e la bravura di tutti, dico tutti, i danzatori! Emozionanti, trascinanti, delicati, ironici, sicuri, brillanti, luminosi...e potrei andare avanti ancora a lungo! L'eterea Ashley Bouder, il prestante Amar Ramasar, la precisa Emilie Gerrity, la turbinante Indiana Woodward, l'affascinante Andrew Veyette hanno reso i duetti e gli assoli indimenticabili ed esaltanti.
Grazie.
Teatro abbastanza pieno, ma non quanto avrebbe meritato uno spettacolo di questo livello, pubblico molto soddisfatto e plaudente. Sempre ed ancora grazie alla Direzione dello Stabile regionale per il coraggio e la tenacia nel portarci questi spettacoli a pochi passi da casa!
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domenica 8 marzo 2015
BAYERISCHES STAATSBALLETT II 7 marzo 2015
Locandina dello spettacolo
Lode e gloria a Ivan Liska, direttore del Bayerisches Staatsballet II, che è riuscito nell'intento di fare di questo gruppo giovanile una compagnia interessante ed eclettica! E grazie alla direzione di Marco Feruglio per averli ospitati nel bellissimo Teatro Nuovo Giovanni da Udine nell'omonima città.
Ivan Liska ha messo nelle mani, anzi gambe, le coreografie di alcuni tra i maggiori e più interessanti coreografi degli ultimi 50 anni: Balanchine, Van Manen, Duato, Siegal.
Proprio da quest'ultimo vorrei partire perché ho trovato il suo brano The New 45 di una forza, di una bellezza e di una simpatia che non mi aspettavo proprio. Pensato per quattro danzatori che devono essere dotati di consapevolezza corporea e dinamiche di movimento raffinatissime, ha visto in scena uno strepitoso Nicholas Losada, seguito da Shawn Throop di cui si dimentica presto lo strano fisico, affascinati dalla sua bravura e dalla coppia formata da Alexander Bennet e Simon Jones, uno più bravo dell'altro a destrutturare il movimento e seguire i dettami del loro demiurgo. STREPITOSO/I!!
Il primo e il quarto brano della serata erano firmati da George Balanchine, uno dei principali geni coreografici del 1900. Qui erano proposti un titolo conosciutissimo, Allegro Brillante su musica di Piotr Ilic Tchaikovskj, ed un altro a me ignoto Valse Fantasie, su una partitura di Michail Glinka. Il ruolo protagonistico di entrambi era affidato ad una danzatrice che non mi ha molto convinto: brutte spalle, espressione forzata e monocorde. Accompagnata con poca verve credo da Elvis Abazi in Allegro Brillante e da un più solare ma poco affidabile come partner Flemming Puthenpurayil. Bene l'ensemble, correttamente balanchiniano su cui tra tutti spiccavano Filippo Lussana - dinamica brillante! - ed una ragazza mora, anche lei italiana, la Voltolini o la Kumanaku...
Una coreografia di Hanz Van Manen chiudeva la serata Concertante, sulla musica di Frank Martin. Curiosa perché alcuni momenti erano di una bellezza abbacinante ed altri molto datati. I poveri ragazzi erano massacrati da delle calzamaglie a righe che avrebbero inquartato anche un'anoressica...ma si sono ben difesi tecnicamente e stilisticamente. Ho molto apprezzato lo stile e la dinamica di Carl van Godtsenhoven.
Se posso permettermi di dare un consiglio al Direttore Liska (chissà se mi ricorda nel corpo di ballo di un Cavallino Gobbo di molti anni fa all'Opera di Roma... :-) avrebbe dovuto chiudere con Jardi Tancat di Nacho Duato che i suoi giovani danzatori hanno interpretato magistralmente, meglio di molti altri danzatiori di maggiore esperienza cui lo vidi danzare altre volte. Intensi nella gestualità e nell'uso dei loro corpi per interpretare questo quadro di sapore contadino ancestrale, musicalmente basato sulle canzoni di Maria del Mar Bonet, ispirate ad su alcuni racconti popolari, hanno saputo usare le dinamiche offerte dal coreografo per rendere al meglio i loro personaggi: un bravo particolare a Isidora Markovic e Simon Jones.
Sala piena, pubblico plaudente e caloroso.
Lode e gloria a Ivan Liska, direttore del Bayerisches Staatsballet II, che è riuscito nell'intento di fare di questo gruppo giovanile una compagnia interessante ed eclettica! E grazie alla direzione di Marco Feruglio per averli ospitati nel bellissimo Teatro Nuovo Giovanni da Udine nell'omonima città.
Ivan Liska ha messo nelle mani, anzi gambe, le coreografie di alcuni tra i maggiori e più interessanti coreografi degli ultimi 50 anni: Balanchine, Van Manen, Duato, Siegal.
Se posso permettermi di dare un consiglio al Direttore Liska (chissà se mi ricorda nel corpo di ballo di un Cavallino Gobbo di molti anni fa all'Opera di Roma... :-) avrebbe dovuto chiudere con Jardi Tancat di Nacho Duato che i suoi giovani danzatori hanno interpretato magistralmente, meglio di molti altri danzatiori di maggiore esperienza cui lo vidi danzare altre volte. Intensi nella gestualità e nell'uso dei loro corpi per interpretare questo quadro di sapore contadino ancestrale, musicalmente basato sulle canzoni di Maria del Mar Bonet, ispirate ad su alcuni racconti popolari, hanno saputo usare le dinamiche offerte dal coreografo per rendere al meglio i loro personaggi: un bravo particolare a Isidora Markovic e Simon Jones.
Sala piena, pubblico plaudente e caloroso.
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sabato 7 marzo 2015
BRACHETTI CHE SORPRESA 4 marzo 2015
Locandina dello spettacolo
Arturo Brachetti è uno dei personaggi che più amo nel mondo dello spettacolo: lo seguo dall'epoca di Varietà, uno spettacolo del 1984 di Maurizio Scaparro con le coreografie di Gino Landi, che lo portò in Italia, reduce dai grandi successi d'oltrealpe. Grande nella sua arte, quella del trasformismo, creativo e curioso personaggio nel proporsi in vesti sempre nuove, mi lascia perplesso solo quando recita.
Questo nuovo Brachetti, che sorpresa marca un netto ritorno al varietà teatrale, al vaudeville dove diversi artisti riempivano una stessa serata, offrendosi reciprocamente i tempi per i necessari cambi e le riprese di fiato! Curioso rivedere un contenitore simile nel 2015...anche se la durata è quella che lo spettatore odierno riesce a sopportare: un atto unico di 90 minuti circa.
Il pubblico va in visibilio e inizia a sognare quando Brachetti propone la prima carrellata di travestimenti, anzi di svestimenti, visto che entra in scena farcito di costumi, arriva alla quasi nudità di un fachiro e si ricopre nuovamente di personaggi sempre fantasiosi, sempre magnifici. Bravura immensa la sua e anche di chi lo aiuta dietro le quinte. In questa occasione ci offre altri due aspetti del suo essere artista, mostrandoci come usa le mani per creare bellissime ombre cinesi e come sa gestire la sabbia su una lavagna luminosa creando disegni che diventano storie....grande Arturo!
Lo spettacolo ha una trama esile e, come spesso capita in questi casi, del tutto inutile. Dal mio punto di vista preferirei un collante fatto di immagini, piuttosto che di parole affidate ad artisti che sono poco attori e che risultano enfatici o poco chiari.
Affianco a Brachetti appaiono Luca&Tino, revisione odierna della grandi coppie di comici, come Gianni&Pinotto; lo strepitoso Luca Bono, un'illusionista che maneggia carte e colombe con la stessa leggerezza; Francesco Scimemi, instancabile affabulatore e principe del calembour che riesce a stravolgere l'immagine di alcuni poveri ed ignari spettatori, dopo averli invitati sul palco.
Insomma un'ora e mezza di spensierata allegria, coordinata magistralmente dalla mente fervida e inarrestabile del regista Davide Calabrese, supportata da un ottimo disegno delle luci (notevole l'uso del laser), fumi e costumi, con una scenografia ottenuta con il video mapping di notevole effetto....insomma tecnologia e tradizione all'italiana!
Pubblico entusiasta, Politeama Rossetti pieno mercoledì 4 marzo 2015 in occasione della prima replica triestina, serata da ricordare.
PEPELKA (Cenerentola) 3 marzo 2015
Locandina dello spettacolo
Questa elegante e lineare Cenerentola del Malandain Ballet Biarritz è stato un grande successo di pubblico per lo Cankarjev Dom di Lubiana! Non avevo mai visto l'immensa Gallusova Dvorana così piena....bellissima!
Danzatori superbi, concezione scenica ed illuminotecnica di altissimo livello, eppure qualcosa non va. Secondo me ha qualche problema di pesantezza e, ahimè, non è divertente. Nel mondo della danza classica da sempre si è abituati a vedere le due sorellastre danzate en travesti: qui Thierry Malandain rafforza ancora il
concetto rendendo tutto il trio, matrigna con stampelle inclusa, al maschile. E sono bravissimi. Ma non fanno ridere. E non c'è niente di peggio del silenzio creato da un applauso o una risata che non partono laddove si pensava che potessero essercene. Per cui molte scene risultano prolisse e poco efficaci. Peccato, perché tutta la produzione è di un'eleganza notevole, ma resta lontano dal cuore e dal sentire. Addirittura la romanticissima musica che Serghej Prokofiev compose per il passo a due di Cenerentola e del
suo Principe viene smorzata dai toni freddi e neutri che dominano tutto il corso dello spettacolo. Il linguaggio coreografico non è dei più interessanti, ma scorre via con grande mestiere e Malandain è un abile regista e costruttore di scene d'assieme. Alcune trovate sono strepitose, come quella del gran ballo dove tutti i danzatori e le danzatrici sono vestiti da uomini e portano in scena altrettanti manichini vestiti da donne e montati su un carrello, che rendono l'effetto di un salone estremamente affollato e che offrono al coreografo alcuni divertenti spunti coreografici....su rotelle! O il grande cerchio che simboleggia la carrozza e tante altre
La scenografia fatta da centinaia di singole scarpe femminili con tacco, appese una sull'altra a rivestire tre dei quattro lati della scena (ad opera di Jorge Gallardo, autori anche dei sobri costumi) è bellissima. Così come le luci di Jean-Claude Asquié.
La Cenerentola di Miyuki Kanei è un prodigio di legato, fluidità e delicatezza, al punto che spesso sembra pattinare, anziché danzare. A dire il vero tutta la compagnia ha questa qualità: sarà merito del Maitre...
Il Principe di Daniel Vizcayo è presente e solare, Soave ed eterea la Fata di cui non so dirvi il nome.
Il plauso maggiore va alla qualità, all'assieme di questa giovane compagnia, sempre unisona, con una qualità di legato e di leggerezza veramente straordinaria: un grazie quindi ai Maitres Richard Coudray e Francoise Dubuc
Questa elegante e lineare Cenerentola del Malandain Ballet Biarritz è stato un grande successo di pubblico per lo Cankarjev Dom di Lubiana! Non avevo mai visto l'immensa Gallusova Dvorana così piena....bellissima!
Danzatori superbi, concezione scenica ed illuminotecnica di altissimo livello, eppure qualcosa non va. Secondo me ha qualche problema di pesantezza e, ahimè, non è divertente. Nel mondo della danza classica da sempre si è abituati a vedere le due sorellastre danzate en travesti: qui Thierry Malandain rafforza ancora il
concetto rendendo tutto il trio, matrigna con stampelle inclusa, al maschile. E sono bravissimi. Ma non fanno ridere. E non c'è niente di peggio del silenzio creato da un applauso o una risata che non partono laddove si pensava che potessero essercene. Per cui molte scene risultano prolisse e poco efficaci. Peccato, perché tutta la produzione è di un'eleganza notevole, ma resta lontano dal cuore e dal sentire. Addirittura la romanticissima musica che Serghej Prokofiev compose per il passo a due di Cenerentola e del
suo Principe viene smorzata dai toni freddi e neutri che dominano tutto il corso dello spettacolo. Il linguaggio coreografico non è dei più interessanti, ma scorre via con grande mestiere e Malandain è un abile regista e costruttore di scene d'assieme. Alcune trovate sono strepitose, come quella del gran ballo dove tutti i danzatori e le danzatrici sono vestiti da uomini e portano in scena altrettanti manichini vestiti da donne e montati su un carrello, che rendono l'effetto di un salone estremamente affollato e che offrono al coreografo alcuni divertenti spunti coreografici....su rotelle! O il grande cerchio che simboleggia la carrozza e tante altre
La scenografia fatta da centinaia di singole scarpe femminili con tacco, appese una sull'altra a rivestire tre dei quattro lati della scena (ad opera di Jorge Gallardo, autori anche dei sobri costumi) è bellissima. Così come le luci di Jean-Claude Asquié.
La Cenerentola di Miyuki Kanei è un prodigio di legato, fluidità e delicatezza, al punto che spesso sembra pattinare, anziché danzare. A dire il vero tutta la compagnia ha questa qualità: sarà merito del Maitre...
Il Principe di Daniel Vizcayo è presente e solare, Soave ed eterea la Fata di cui non so dirvi il nome.
Il plauso maggiore va alla qualità, all'assieme di questa giovane compagnia, sempre unisona, con una qualità di legato e di leggerezza veramente straordinaria: un grazie quindi ai Maitres Richard Coudray e Francoise Dubuc
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