Benvenuti nel mio blog! Per sapere chi sono visitate www.corradocanulli.it In questi post vi racconterò la mia personale, personalissima opinione degli spettacoli che andrò a vedere a Trieste & dintorni! Aspetto i vostri commenti, ma non siate spietati come me! ;-)
mercoledì 27 febbraio 2013
SWAN LAKE ON ICE 27/02/2013
The Imperial Ice Stars: Vasili Andreev, Yulia Ashcheulova,
Maksim Beliakov, Bogdan Berezenko, Anastasia Ignatyeva,
Ekaterina Ivleva, Volodymyr Khodakivskyy, Fiona Kirk,
Yahor Maistrou, Konstantin Medovikov, Artur Minchuk,
Maria Mukhortova, Svetlana Nalimova, Iuliia Odintcova,
Jurijs Salmanovs, Alina Saprykina, Olga Sharutenko,
Tatiana Smirnova, Danil Tataurov, Olga Tataurova, Oleg
Tazetdinov,Vadim Yarkov, Aleksei Vasilev, Svitlana Pylypenko,
Anna Silaeva
Musiche P.I. Tchaikovsky arrangiate da Tim A. Duncan
Scene Eamon d’Arcy
Luci Harry Tabner dal disegno luci originale di Gavan Swift
Costumi Albina Gabueva
Regia e coreografia Tony Mercer
Lo so, vi sto costringendo a spendere un sacco di soldi per andare a teatro....ma dovete andare a vedere anche questo "Swan Lake on ice": bello e bravissimi!
Non lo faccio apposta...prendetevela con i programmatori di danza di questa regione (Stefano Curti e Walter Mramor) e rimproverateli per aver scelto degli spettacoli validi...io non c'entro! A proposito, al Politeama Rossetti prendete biglietti dalla fila D di platea in poi: seduti più avanti vedrete poco e male, causa l'altezza della pista di pattinaggio.
Ora, non aspettatevi proprio "Il lago dei cigni" come da tradizionale balletto: questo spettacolo sul ghiaccio è tutt'altro, però è pieno di belle idee e i pattinatori sono eccezionali. Eccezionali perché sanno danzare sul ghiaccio...dimenticate quegli interminabili secondi in cui si concentrano prima di esibirsi in una difficoltà tecnica, durante i quali resta immobili in attesa di prendere lo slancio e di saltare: questi hanno perso tutta la "rozzezza" atletica, sanno legare tutto, filano come teatri, volano, danzano come se avessero il legno sotto i piedi invece che il ghiaccio, complici anche delle coreografie interessanti e ben confezionate.
L'unico vero massacro viene compiuto a danno della partitura di Cajkovskij: la splendida musica, piena di animo e di tormento, viene smembrata, invertita, campionata e rielaborata....ma con un buon risultato! Basta solo dimenticare com'è il Lago originale, pensare che questo è un'altra cosa e tutto diventa coerente, anzi intelligente.
Così lo spettacolo inizia in un'epoca ottocentesca, invece della medievale come nel balletto, e modifica anche la trama, trasformando Rothbart, il cattivo di turno, in una specie di padre/padrone che vuole piazzare la figlia Odile, nel balletto Odette travestita da cigno nero mentre qui è un personaggio autonomo, ad un Principe Sigfried, inguaribile romantico, che invece è innamorato di Odette, il cigno bianco in verità principessa vittima di un maleficio opera di Rothbart. Bel casino, eh?
Ma lo spettacolo è leggibile e piacevole. L'apertura di sipario in particolar modo, è una ventata di freschezza...in tutti i sensi! Perché arriva la prima folata di freddo che l'enorme palcoscenico del Politeama Rossetti ricoperto di ghiaccio, sprigiona per lo scambio termico con la platea.
Le coreografie sono veramente bellissime e arricchiscono la danza della sua limitatezza nel poter scivolare, negli spostamenti come l'aria alle foglie, come pattinando...proprio perché qui si pattina. Manca l'estensione della caviglia, il famigerato collo del piede, che allunga le linee: qui invece abbiamo solo linee mozzate dagli stivaletti simil ortopedici, però l'aria che muove i costumi (curati e originali) di Albina Gabueva, la dinamica e le rotazioni infinite delle coreografie di Tony Mercer, anche regista dello spettacolo, sono impagabili!
Splendido il disegno luci di Harry Tabner e il bel fondale dipinto di Eamon d'Arcy, anche se da questo punto di vista speravamo almeno in qualche cambio scenografico in più. In ogni caso la neve che cade, il fuoco che brucia sul ghiaccio alla fine del primo tempo, il fumo e le luci di cui sopra, sanno creare continuamente atmosfere diverse.
Il Principe Sigfried vince su tutti per eleganza e portamento. Lo segue a ruota la bellezza e la pattinata sicura di Odile; parimerito per bravura metterei Odette e Rothbart. Una nota a parte per l'amico del Principe, un brillante atleta dalle trottole e dai salti portentosi. Come avrete capito, non è dato sapere la distribuzione dei ruoli, per cui i nostri splendidi atleti/artisti dovranno accontentarsi di essere citati così.
L'indimenticabile? Il bellissimo duello che conclude lo spettacolo e che vede Sigfried sconfiggere il perfido Rothbart per liberare Odette dal sortilegio: strepitoso! Sarebbe stato da suggerire a Petipa/Ivanov anche per il balletto. Un'altro momento indimenticabile come nel recente spettacolo dei Momix, anche qui Odette vola! E sogniamo di volare con lei, noi poveri umani mortali, ancorati al suolo dalla forza di gravità...che meraviglia!!
Pubblico molto contento e plaudente, teatro bello pieno. Si replica fino a domenica 3 marzo: accorrete gente, accorrete!!!
lunedì 18 febbraio 2013
ALCHEMY Momix 15/02/2013
Ideazione e Coreografia e regia di Moses Pendleton
Costumi di Phoebe Katzin, Moses Pendleton e Cynthia Quinn
Disegno luci di Michael Korsch
Collage musicale di Moses Pendleton; montaggio musicale di Andrew Hansen
Interpreti: Tsarra Bequette, Jennifer Chicheportiche, Catherine Jaeger, Rebecca Rasmussen,
Evelyn Toh, Arron Canfield, Eduardo Fernandez, Vincent Harris, Steven Marshall e Ryan Taylor
Ha un'aria completamente diversa dai precedenti spettacoli dei Momix, questo Alchemy che Moses Pendleton ci regala ad una settimana di distanza dalla prima mondiale avvenuta a Ravenna: profuma di profondità, di introspezione, di ricerca, di raffinatezza. Rispetto ai suoi altri spettacoli di successo, questo si differenzia perché non cerca l'effettaccio ad ogni costo, la compiacenza....stupisce, piace, attrae ma è meno atletico, meno nazional popolare. Ha un disegno luci strepitoso (come sempre!) ad opera di Michael Korsch, dei costumi gradevoli e una professionalità sconfinata, come si addice ad una produzione destinata a girare il mondo.
Il tema di ALCHEMY è banalotto, arcinoto, basandosi sugli abusati quattro elementi (fuoco, acqua, terra e aria) ma lo sviluppo che ne fa Pendleton è immaginifico,fantasioso e molto raffinato. Per anni ho pensato ai Momix come a quelli del teatro fisico (definirli spettacoli di danza mi sembrava troppo) quelli che facevano "numeri" facili e di sicuro successo. Ma devo ricredermi: Pendleton ora è un coreografo a tutti gli effetti, abilissimo nel manovrare oggetti, ma anche dotato di un suo stile personalissimo e come tale molto più apprezzabile di tanti coreografi "tipo X" o "tipo Y" dove al posto delle incognite possiamo elencare i nomi dei coreografi alla moda e di chi ne rifà lo stile.
Moses no, lui continua a seguire la sua strada, come ogni artista che si rispetti e che possiamo definire tale.
I suoi interpreti sono meno scultorei di una volta, ma sono più educati alla danza e sono delle macchine da guerra in quanto a sincronia e affiatamento: sia che indossino gonne rosse e si preoccupino di far "danzare" dei grandi tubi simil cartone o che si trasformino in donne "dervisce" dalle gigantesche proporzioni, oppure che muovano i piedi sotto gonne bianche armate e lunghe fino a i piedi simulando di indossare i pattini...insomma, qualunque cosa facciano lo fanno sempre all'unisono e con il massimo della convinzione, del rispetto dello spettatore: bravi!
Il momento più bello dello spettacolo è quando assistiamo ad uno stupendo duetto "aereo" nel quale la danzatrice è imbragata (come si percepisce dalla foto sottostante) e vince la sfida umana per eccellenza: la forza di gravità! Sorvola il palco, scivola, si libra, si unisce a lui in abbracci accennati o sfuggiti...riesce a fare "cose che noi umani non possiamo neanche immaginare" e voliamo con lei! Grazie...un momento di magnifica poesia che spero di poter presto trovare su YouTube per rivederlo all'infinito!
Potrei raccontare pedissequamente lo spettacolo, ma non credo abbia molto senso...vi suggerisco di andare a vederlo se vi capita a tiro perché non vi deluderà.
Nel numero finale i danzatori usano una delle tipiche "macchine teatrali" di Pendleton: due C che dondolano, ruotano, oscillano, fungendo a tratti da trampolini, da scivoli o da leve per i salti, i giri, gli assieme con cui i danzatori ci salutano e ci rispediscono a casa, felici di aver potuto volare con loro per un'oretta.
Sala gremita e pubblico plaudente: bella serata!
Costumi di Phoebe Katzin, Moses Pendleton e Cynthia Quinn
Disegno luci di Michael Korsch
Collage musicale di Moses Pendleton; montaggio musicale di Andrew Hansen
Interpreti: Tsarra Bequette, Jennifer Chicheportiche, Catherine Jaeger, Rebecca Rasmussen,
Evelyn Toh, Arron Canfield, Eduardo Fernandez, Vincent Harris, Steven Marshall e Ryan Taylor
Ha un'aria completamente diversa dai precedenti spettacoli dei Momix, questo Alchemy che Moses Pendleton ci regala ad una settimana di distanza dalla prima mondiale avvenuta a Ravenna: profuma di profondità, di introspezione, di ricerca, di raffinatezza. Rispetto ai suoi altri spettacoli di successo, questo si differenzia perché non cerca l'effettaccio ad ogni costo, la compiacenza....stupisce, piace, attrae ma è meno atletico, meno nazional popolare. Ha un disegno luci strepitoso (come sempre!) ad opera di Michael Korsch, dei costumi gradevoli e una professionalità sconfinata, come si addice ad una produzione destinata a girare il mondo.
Il tema di ALCHEMY è banalotto, arcinoto, basandosi sugli abusati quattro elementi (fuoco, acqua, terra e aria) ma lo sviluppo che ne fa Pendleton è immaginifico,fantasioso e molto raffinato. Per anni ho pensato ai Momix come a quelli del teatro fisico (definirli spettacoli di danza mi sembrava troppo) quelli che facevano "numeri" facili e di sicuro successo. Ma devo ricredermi: Pendleton ora è un coreografo a tutti gli effetti, abilissimo nel manovrare oggetti, ma anche dotato di un suo stile personalissimo e come tale molto più apprezzabile di tanti coreografi "tipo X" o "tipo Y" dove al posto delle incognite possiamo elencare i nomi dei coreografi alla moda e di chi ne rifà lo stile.
Moses no, lui continua a seguire la sua strada, come ogni artista che si rispetti e che possiamo definire tale.
I suoi interpreti sono meno scultorei di una volta, ma sono più educati alla danza e sono delle macchine da guerra in quanto a sincronia e affiatamento: sia che indossino gonne rosse e si preoccupino di far "danzare" dei grandi tubi simil cartone o che si trasformino in donne "dervisce" dalle gigantesche proporzioni, oppure che muovano i piedi sotto gonne bianche armate e lunghe fino a i piedi simulando di indossare i pattini...insomma, qualunque cosa facciano lo fanno sempre all'unisono e con il massimo della convinzione, del rispetto dello spettatore: bravi!
Il momento più bello dello spettacolo è quando assistiamo ad uno stupendo duetto "aereo" nel quale la danzatrice è imbragata (come si percepisce dalla foto sottostante) e vince la sfida umana per eccellenza: la forza di gravità! Sorvola il palco, scivola, si libra, si unisce a lui in abbracci accennati o sfuggiti...riesce a fare "cose che noi umani non possiamo neanche immaginare" e voliamo con lei! Grazie...un momento di magnifica poesia che spero di poter presto trovare su YouTube per rivederlo all'infinito!
Potrei raccontare pedissequamente lo spettacolo, ma non credo abbia molto senso...vi suggerisco di andare a vederlo se vi capita a tiro perché non vi deluderà.
Nel numero finale i danzatori usano una delle tipiche "macchine teatrali" di Pendleton: due C che dondolano, ruotano, oscillano, fungendo a tratti da trampolini, da scivoli o da leve per i salti, i giri, gli assieme con cui i danzatori ci salutano e ci rispediscono a casa, felici di aver potuto volare con loro per un'oretta.
Sala gremita e pubblico plaudente: bella serata!
CENERENTOLA Balletto di Milano 16/02/2013
Ma che inaspettata e piacevolissima sorpresa!! La Cenerentola ideata da Giorgio Madia per il Balletto di Milano, compagnia di altissima qualità diretta con infinito amore e pazienza da Carlo Pesta e Agnese Omodei Salé, é un piccolo e preziosissimo gioiello.
Arricchita da un allestimento di grande finezza ad opera di Cordelia Matthes con linee degli abiti che si ispirano agli anni cinquanta del secolo scorso (non dimenticheremo facilmente la fantasia biedermeier che ricopre le pareti delle scenografie nonché l'abito della protagonista, quasi per annientarla nei fondali) il BdM presenta una produzione matura e di ottima qualità. Ad iniziare già dalla ouverture quando, in silohuette, assistiamo all'antefatto della vicenda di Cenerentola prima orfana di madre, poi di padre, poi vittima del terribile trio matrigna e sorellastre: un momento che da solo varrebbe già tutto lo spettacolo.
Arricchita da un allestimento di grande finezza ad opera di Cordelia Matthes con linee degli abiti che si ispirano agli anni cinquanta del secolo scorso (non dimenticheremo facilmente la fantasia biedermeier che ricopre le pareti delle scenografie nonché l'abito della protagonista, quasi per annientarla nei fondali) il BdM presenta una produzione matura e di ottima qualità. Ad iniziare già dalla ouverture quando, in silohuette, assistiamo all'antefatto della vicenda di Cenerentola prima orfana di madre, poi di padre, poi vittima del terribile trio matrigna e sorellastre: un momento che da solo varrebbe già tutto lo spettacolo.
E la serata prosegue così, piena di idee e di giochi di magia: dalla fantasiosa carrozza che vedete nell'immagine sottostante alle scarpine perse che puzzano; dalle magie della fata alle gag del trio, Madia rivela, anzi conferma grandi doti teatrali e registiche.
Tornando alle sorellastre, stavolta sono proprio perfide! Non di maniera, come siamo abituati a vedere nelle versioni più conosciute, ma proprio perfide e stizzose come solo certe drag queen sanno essere. Sono più figlie della versione Nureyev che di quella di Frederick Ashton e sono veramente spassosissime: a farle vivere troviamo i talentuosissimi Duilio Ingraffia e Federico Veratti.
La Cenerentola di Giulia Paris è un cammeo di stile e di pulizia tecnica. La danzatrice Paris è studiata dalla punta dei capelli fino a quella dei piedi, con un'intelligenza artistica rara e apprezzabilissima. Carismatica, solare, accattivante, non molla mai la tensione interpretativa: brava! A proprio agio nella "sua" compagnia, non sfigurerebbe in compagnie internazionali che praticano il repertorio neoclassico.
La struttura drammaturgica pensata da Madia è snella, ma brillante ed efficacissima. Lo spettacolo vola via in un soffio e ne vorremmo ancora. Usa un collage musicale tutto su brani di Rossini che farà rabbrividire i musicofili puristi (tanto all'idea che sia uno spettacolo di danza rabbrividerebbero comunque! ;-) che però è funzionale e molto gradevole.
La regia è molto curata: primi piani e controcampi, cinematograficamente parlando, sono ugualmente costruiti e credibili e la vicenda non si ferma mai.
Il momento più fragile e il passo a due di Cenerentola con il suo Principe che resta indeciso tra l'interpretativo e il tecnico, sciupando l'occasione di assestare ancora un punto vittorioso.
Il resto è veramente ben confezionato e godibilissimo: bravo Giorgio!
La Cenerentola di Giulia Paris è un cammeo di stile e di pulizia tecnica. La danzatrice Paris è studiata dalla punta dei capelli fino a quella dei piedi, con un'intelligenza artistica rara e apprezzabilissima. Carismatica, solare, accattivante, non molla mai la tensione interpretativa: brava! A proprio agio nella "sua" compagnia, non sfigurerebbe in compagnie internazionali che praticano il repertorio neoclassico.
Continuando con il settore "femminile", non possiamo dimenticare l'austera, frigida e straperfida matrigna di Alessandro Orlando e la dolce e biondissima Fata interpretata da Martina De Dominicis che fa il verso a tante attrici svampite e sexy del grande schermo: da Jean Harlow a Marylin Monroe, da Cameron Diaz a Uma Thurman.
Il Principe Azzurro per antonomasia è l'atletico Martin Zanotti, dalle meravigliose pirouettes finite sempre rallentate e in perfetto aplomb. Dotato di un ballon elastico, costruisce il suo personaggio con perizia e simpatia. I deliziosi valletti erano Akos Barat e Fabrizio Gallo
La struttura drammaturgica pensata da Madia è snella, ma brillante ed efficacissima. Lo spettacolo vola via in un soffio e ne vorremmo ancora. Usa un collage musicale tutto su brani di Rossini che farà rabbrividire i musicofili puristi (tanto all'idea che sia uno spettacolo di danza rabbrividerebbero comunque! ;-) che però è funzionale e molto gradevole.
La regia è molto curata: primi piani e controcampi, cinematograficamente parlando, sono ugualmente costruiti e credibili e la vicenda non si ferma mai.
Il momento più fragile e il passo a due di Cenerentola con il suo Principe che resta indeciso tra l'interpretativo e il tecnico, sciupando l'occasione di assestare ancora un punto vittorioso.
Il resto è veramente ben confezionato e godibilissimo: bravo Giorgio!
giovedì 14 febbraio 2013
LOS HERMANOS MACANA 13/02/2013
Ero piuttosto spaventato all'idea di andare a vedere questo spettacolo, io che non sono un adepto e nemmeno un appassionato di tango....invece sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla freschezza de Los Hermanos Macana! Grazie al CircuitoDanza del Friuli Venezia Giulia, gestito dalla a.Artisti Associati di Gorizia, riusciamo ad avere una seconda piccola stagione di danza a Trieste, dopo quella offerta dal Teatro Stabile al Politeama Rossetti
Qualche notizia su di loro, grazie a http://www.bsairestango.com
"Questa si che è una coppia che merita un menzione speciale. Enrique y Guillermo de Fazio, alias “Los Hermanos Macana”, hanno cominciato la loro carriera di ballerini nel 1995, studiano con i più grandi maestri che circolano attualmente nell’ambiente del tango: Juan Calos Copes, Eduardo Aquimbau, Gabriel Angio y Natalia Games, Mingo Pugliese y Raúl Bravo, ed altri.
È una coppia unica: due fratelli, due uomini che con grinta e mascolinità riescono ad evocare quella che è una la leggenda del mondo tango. Infatti si dice che nella Buenos Aires del secolo scorso, per scarsità di donne con le quali ballare, gli uomini erano costretti ad allenarsi tra di loro, studiando nuovi passi e nuove coreografie. In una gara di potenza e velocità risulta facile vedere nei fratelli Macana due compadritos intraprendenti, determinati, un po’ sbruffoni, che hanno solo il desiderio bruciante di primeggiare e che accettano di toccarsi nel ballo solo per raggiungere un fine diverso, per loro il più nobile: conquistare una donna sulla pista di in una milonga, sorprendendola con figure mai viste. E Los Hermanos Macana di sicuro ci sorprendono sempre, catturandoci con interpretazioni uniche, piene di passi impeccabili e velocissimi uniti a tanto, tanto divertimento. E’ proprio la spensieratezza che cattura, la loro interpretazione provocatoria che fa un po’ il verso alla seriosità mista sofferenza che alcune volte trasfigura il volto dei ballerini.
In definitiva possiamo dire che è unica la loro capacità di miscelare il divertimento puro con il grande rispetto di questa magnifica arte che è il tango"
Mercoledì 13 febbraio, in un Teatro Sloveno di Trieste piuttosto affollato, si sono esibiti questi due "guappi" provenienti, oltre che dal nuovo mondo, anche da un'altra epoca con i loro atteggiamenti sbruffoni, ironici e macchiettistici d'antan. Sanno essere simpatici e autoironici, oltre che essere molto preoccupati di affermare che non sono una coppia anche nella vita, ma solo sulla scena. Accompagnati da 4 ottimi musicisti (bandoneon, piano elettrico, contrabbasso e violino) e da un piccolo gruppo di abilissimi tangueri, offrono il meglio del loro repertorio, e credo della tecnica del tango, in un'ora e mezza di spettacolo che si appesantisce solo verso la metà del secondo tempo. Magri ed eleganti catturano l'attenzione del pubblico per la velocità con cui eseguono figure, passi e intrecci inenarrabili per velocità e destrezza!
Qualche notizia su di loro, grazie a http://www.bsairestango.com
"Questa si che è una coppia che merita un menzione speciale. Enrique y Guillermo de Fazio, alias “Los Hermanos Macana”, hanno cominciato la loro carriera di ballerini nel 1995, studiano con i più grandi maestri che circolano attualmente nell’ambiente del tango: Juan Calos Copes, Eduardo Aquimbau, Gabriel Angio y Natalia Games, Mingo Pugliese y Raúl Bravo, ed altri.
È una coppia unica: due fratelli, due uomini che con grinta e mascolinità riescono ad evocare quella che è una la leggenda del mondo tango. Infatti si dice che nella Buenos Aires del secolo scorso, per scarsità di donne con le quali ballare, gli uomini erano costretti ad allenarsi tra di loro, studiando nuovi passi e nuove coreografie. In una gara di potenza e velocità risulta facile vedere nei fratelli Macana due compadritos intraprendenti, determinati, un po’ sbruffoni, che hanno solo il desiderio bruciante di primeggiare e che accettano di toccarsi nel ballo solo per raggiungere un fine diverso, per loro il più nobile: conquistare una donna sulla pista di in una milonga, sorprendendola con figure mai viste. E Los Hermanos Macana di sicuro ci sorprendono sempre, catturandoci con interpretazioni uniche, piene di passi impeccabili e velocissimi uniti a tanto, tanto divertimento. E’ proprio la spensieratezza che cattura, la loro interpretazione provocatoria che fa un po’ il verso alla seriosità mista sofferenza che alcune volte trasfigura il volto dei ballerini.
In definitiva possiamo dire che è unica la loro capacità di miscelare il divertimento puro con il grande rispetto di questa magnifica arte che è il tango"
Mercoledì 13 febbraio, in un Teatro Sloveno di Trieste piuttosto affollato, si sono esibiti questi due "guappi" provenienti, oltre che dal nuovo mondo, anche da un'altra epoca con i loro atteggiamenti sbruffoni, ironici e macchiettistici d'antan. Sanno essere simpatici e autoironici, oltre che essere molto preoccupati di affermare che non sono una coppia anche nella vita, ma solo sulla scena. Accompagnati da 4 ottimi musicisti (bandoneon, piano elettrico, contrabbasso e violino) e da un piccolo gruppo di abilissimi tangueri, offrono il meglio del loro repertorio, e credo della tecnica del tango, in un'ora e mezza di spettacolo che si appesantisce solo verso la metà del secondo tempo. Magri ed eleganti catturano l'attenzione del pubblico per la velocità con cui eseguono figure, passi e intrecci inenarrabili per velocità e destrezza!
Non propagano nessuna tensione omoerotica o sensuale, piuttosto come spesso succede nelle "competizioni" tra maschi, sviluppano il lato atletico e ne fanno il loro punto di forza.
Lo spettacolo si arricchisce di interventi di danza contemporanea, di numeri con le bolas un po' da night club, di danze folcloristiche, ma in ogni caso mantiene alta la vitalità.
La sorpresa maggiore è stata proprio il pubblico, composto per la maggior parte da addetti e appassionati. La sensazione principale è che non siano grandi frequentatori di spettacoli di danza...applaudono i passaggi più pirotecnici con sincero entusiasmo, ma talvolta la sensazione è che pensino di essere al circo, tanto l'interesse si concentra solo sull'aspetto acrobatico. In ogni caso serata piacevolissima e ripetibile: se vi capitano, andate a vederli, meritano!
Lo spettacolo si arricchisce di interventi di danza contemporanea, di numeri con le bolas un po' da night club, di danze folcloristiche, ma in ogni caso mantiene alta la vitalità.
La sorpresa maggiore è stata proprio il pubblico, composto per la maggior parte da addetti e appassionati. La sensazione principale è che non siano grandi frequentatori di spettacoli di danza...applaudono i passaggi più pirotecnici con sincero entusiasmo, ma talvolta la sensazione è che pensino di essere al circo, tanto l'interesse si concentra solo sull'aspetto acrobatico. In ogni caso serata piacevolissima e ripetibile: se vi capitano, andate a vederli, meritano!
domenica 10 febbraio 2013
CARMEN Teatro Verdi Trieste 8 febbraio 2013
CARMEN
Opéra-comique in quattro atti di Henri Meilhac e Ludovic Halévy,
dalla novella omonima di Prosper Mérimée
Prima rappresentazione Parigi, Opéra-Comique, 3 marzo 1875
Musica di Georges Bizet
Carmen Luciana d’Intino
Don José Andrea CarèEscamillo Lucio GalloMicaëla Serena GamberoniFrasquita Yukiko AragakiMoralès e Il Dancaïre Nicolò CerianiMercédès Cristina DamianIl Remendado Gianluca SorrentinoZuniga Federico BenettiE' uno spettacolo che sta facendo molto parlare di se e, di questi tempi, è già bene!
Fa parlare alcuni che amano la Spagna folcloristica e speravano di ritrovarla sul palco del Verdi con i finti archi della Plaza de Toros di Siviglia, le gonne a falda, con le balze (guarda caso dallo spagnolo falda si traduce gonna); fa parlare altri che criticano a priori le produzioni locali senza averle viste.
Secondo me è un ottimo spettacolo e ha il pregio di suggerire invece che essere didascalico.
Prendendo ad esempio l'Habanera che Carmen canta nel primo atto o quadro, l'interpretazione risulta molto convenzionale: non che sia un difetto, anzi! Abituati a Carmen a piedi nudi, ammiccanti a manetta, con ameno una spallina caduta, talvolta quasi danzatrici di lap dance, ritornare ad una tradizionale Carmen che indossa le sue morigerate scarpette nere con il tacco, che è sicura di sé senza dover per forza sembrare una meretrice, è inaspettato, ma ci ha piacevolmente rassicurato, senza precluderci il piacere di sentirci in Spagna o di farci rapire dai bellissimi suoni emessi da questa sirena/zingara.
La regia di Carlos Saura, ripresa con passione da Elisabetta Brusa, è molto accurata e piena di dettagli: dal veritiero cambio della guardia ai giochi dei bambini, dall'uscita delle sigaraie attese dai propri mariti e fidanzati alle controscene delle comparse e del coro. In più, come nel teatro delle ombre, Saura gioca e racconta molto con questo mezzo: la lite tra Carmen e Manuelita nel primo atto, il nascondiglio di Micaela nel terzo e la tensione di José nel quarto, sono suggerite da silohuette stagliate dietro ai fondali retroilluminati....bella idea! Bellissime le luci disegnate da Jose’ Louis Lòpez Linares. L'allestimento scenografico di Laura Martinez è minimalista e lascia protagonista la bellezza della musica: si basa solo su grandi pannelli semi trasparenti, illuminati posteriormente e di varie altezze che movimentano il palcoscenico, suggerendo i locali della manifattura, l'osteria di Lilas Pastia, l'esterno dell'arena e anche le montagne, forse la scena più suggestiva. Ecco come fare lirica senza spendere fortune e lasciando lo spettatore libero di volare con la fantasia, ma concentrato sulle caratteristiche principali di un'opera: la musica e il canto.
I costumi di Pedro Moreno sono rispettosi della tradizione, ma spostati avanti nel tempo: echi di novecento e del Franchismo aleggiano tra le gonne delle donne e i costumi dei militari. Scarna, tristarella e molto convenzionale la coreografia che apre il secondo atto ad opera di Goyo Montero.
Dal punto di vista musicale Donato Renzetti decide di guidare una Carmen vocalmente di altissimo livello (Escamillo a parte) con il pregio di non sottolineare troppo gli arabeschi spagnoleggianti, rendendola però poco colorata, poco mediterranea, sobria e poco incalzante. Interpreta l'Ouverture enfatizzando i fiati, sacrificando gli archi e rendendola leggermente troppo staccata e "marciata", privandola di quella commistione di sonorità spagnole e temi di amore. Alcuni tempi sono troppo lenti e i cantanti accelerano, scappandogli di mano.
L'Orchestra suona bene quest'opera di Bizet ed è inappuntabile anche la sezione dei fiati.
Il Coro della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste è come sempre una garanzia sia musicalmente che scenicamente: un plauso a loro e al Maestro Paolo Vero per la grande resa.
Luciana D'Intino é un vero mezzosoprano, con una voce sicura e importante. Tecnicamente ineccepibile in tutto quello che ha cantato, come fosse il frutto di una registrazione discografica, cede purtroppo sul versante interpretativo. Carmen non è il suo personaggio, algida e severa come appare nei primi due atti anche se un miracolo avviene tra le montagne dove subentra il dramma e lei centra il personaggio: il suo assolo nel "terzetto delle carte" è forse il momento più alto dello spettacolo. Il rapporto tra la D'Intino e Renzetti in buca crea un momento speciale che tutto il pubblico del Teatro Verdi percepisce.
Nel comparto femminile Serena Gamberoni è una Micaela sublime: bellissimo timbro sopranile, interpretazione fresca e perfettamente aderente al personaggio, intensa specialmente nei momenti più drammatici, canta splendidamente sia la sua bellissima aria Je dis che rien ne m'épouvante sia il duetto Parle-moi de ma mère.
Il Don José di Andrea Carè è ugualmente fresco, saldo e strepitoso: voce di grande volume con acuti generosi e sicuri, è anche un buon attore nel mostrare il tormento che precede l'uccisione di Carmen, così come nelle costruzione del suo personaggio con le titubanze che lo trasformano da soldato ad assassino. Bravo!
Molto perplessi lascia, invece, l'Escamillo di Lucio Gallo, tecnicamente poco sicuro e con emissioni spesso sforzate, vibrate e soverchiate dall'orchestra.
Spicca all'orecchio la Frasquita di Yukiko Aragaki, agevolissima negli acuti sopranili, ma ben si difende anche la Mercédès di Cristina Damian.
Molto bene Nicolò Ceriani nel doppio ruolo di Dancaire (ammalato alla seconda replica) e di Moralés; bene Gianluca Sorrentino come Remendado e molto valido l'apporto di Federico Benetti come Zuniga
Deliziosi I Piccoli Cantori della Città di Trieste, diretti da Cristina Semeraro.
Teatro stracolmo, ma pubblico poco incline all'applauso che invece sarebbe stato meritato per questo bellissimo secondo spettacolo della Stagione lirica 2013!
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