mercoledì 5 marzo 2014

IL CORSARO 2/3/14

Locandina dello spettacolo

E' una bellissima compagnia quella del Ballet du Capitole di Tolosa che ho visto domenica 2 marzo al Teatro Verdi di Pordenone. Bellissimi ballerini, tecnicamente saldi, agguerriti e ineccepibili (doppie pirouettes en attitude e tante altre prodezze tecniche da manuale), artisticamente presenti e coesi nell'esecuzione della partitura coreografica assegnata.
Inoltre Il Corsaro che hanno presentato ha un bellissimo apparato scenografico e costumistico.
Fantastico.
Perfetto, quindi.
No, mica tanto.
Qualcosa non funziona più di tanto e - ahimè - è proprio la coreografia.

Il Corsaro è un balletto che conosciamo da relativamente poco tempo, dato che per molti anni era scomparso dalle scene ed era rimasto in vita solo il Gran pas de deux visto - e stravisto - in numerosissimi Galà come banco di prova e di esibizione per danzatori di grande virtuosismo. Alla stregua dei grandi titoli di Cajkovskj, ci aspettiamo una sequela di assoli, passi a due, a tre, momenti corali e danza, danza, danza.
 Belarbi invece ci propina 15 minuti di mimica tutti assieme, all'inizio dello spettacolo. Gulp! E' vero che servono a costruire quello che viene dopo, ma diluito o alternato a un po' più di danza forse sarebbe stato più digeribile. Di danza comunque è abbastanza avaro e privilegia di gran lunga i duetti alle scene d'assieme. Se posso essere proprio perfido, direi che privilegia i duetti tristi, mosci e un po' depressi.
Così come la scelta musicale, sicuramente più raffinata dello Zum-pa-pa di Ricardo Drigo, molto spesso incline all'adagio stramelodico, ma sempre poco colorata.

Certo, la lettura che fa di questo Corsaro è molto più fedele alla versione poetica di Lord Byron che alla tradizione ballettistica e giustamente il dramma prevale sul godimento dei ballabili e dell'esibizionismo tecnico, ma...ce n'era proprio bisogno? Non era meglio cercarsi un soggetto originale? Capisco la logica di marketing che rende molto più facile vendere al grande pubblico Il Corsaro che Un tram chiamato desiderio, però...
Inoltre, ho un altro quesito sciocco: Belarbi è maschilista? Agli uomini affida tripudi di tecnica e li fa saltare dall'inizio alla fine; le sue danzatrici invece, sono relegate in ruoli introspettivi, in variazioni senza mordente - tecnicamente rognosissime - ma senza alcuna presa sul pubblico che, guarda caso, si scatena nella prima, e ultima, ovazione della serata proprio dopo la variazione maschile (originale) del Gran pas de deux del secondo atto....Belarbi ci avrà fatto caso? Al suo posto mi sarei sentito malissimo. Anche se è vero che il danzatore che l'ha interpretata, Davit Galstyan, il pubblico l'avrebbe amato lo stesso tanto è bravo.
Ma perché mantenere proprio, solo, quell'unica variazione e non tutto il passo a due, per esempio? La coreografia del passo a due è bruttina...mah?
Devo però riconoscere a Belarbi un gran mestiere, la bravura nel saper muovere le masse, una grande fantasia a livello di passi e una musicalità sopraffina: è solo l'operazione in sé che non mi convince...

Tornando al bellissimo allestimento, qualche struttura architettonica trasparente a suggerire un ambiente piuttosto che un altro, un paio di elementi che richiamano una dormeuse, poi un paravento, sono dovuti all'elegante visione della scenografa Sylvie Olivé. Meravigliosi, elegantissimi, con colori inusuali e raffinatissimi i costumi di Olivier Bériot che ci trasportano in un Oriente concreto e al contempo onirico.

Passando alla danza Julie Charlet nel ruolo della Bella Schiava è stata precisa, ineccepibile, presente, con uno splendida capacità di legato e di controllo, abilissima nel riprendersi da un doppio fouetté en tournant che ha finito in mezza punta per poi ripartire con altri 16 singoli: brava!
Splendidi i Dervisci e les Almées del secondo atto, così come la danza dei Corsari del terzo: strano che Belarbi insista tanto sui duetti quando le scene d'assieme gli riescono così bene... Nuovamente devo tessere le lodi di questa Compagnia per l'energia con la quale danza, l'afflato e la generosità.
Perfida Juliette Thélin nel ruolo della Favorita e brillante saltatore Demian Vargas, il Sosio del Corsaro. Affascinante, cattivo e ottimo danzatore il Sultano di Takafumi Watanabe.
Lascio appositamente in fondo il protagonista, Davit Galstyan, il Corsaro. Forse proprio "Il Corsaro" nel senso che raramente ho visto altri danzatori che sappiano unire la felina attitudine al salto alla potenza, il languore sentimentale alla presenza così virile, l'espressività alla tecnica: veramente un danzatore di grande levatura, completo, preciso e carismatico. Bravo!





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