mercoledì 30 ottobre 2013

UN FLAUTO MAGICO 30/10/2013

Locandina dello spettacolo

Ah si, questo inizio della stagione musicale del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia al Politeama Rossetti di Trieste mi è proprio piaciuto. Mi ha fatto fare alcune riflessioni e sono felice quando andare a teatro, oltre che darmi gioia, mi aiuta a stimolare i neuroni assopiti "dal logorio della vita moderna".

In ordine sparso ho pensato che:
- questo "Un flauto magico" di Wolfgang Amadeus Mozart, liberamente riadattato da Peter Brook, Franck Krawczyk e Marie-Hélène Estienne può segnare una delle evoluzioni auspicabili per riconquistare pubblico al teatro lirico, soprattutto tra i più giovani;
- che quando ci sono gusto e idee non serve spendere miliardi (e lo ripeterò fino alla nausea);
- che il modo in cui ho sentito cantare la lirica stasera mi ha completamente conquistato.

Ma cercherò di andare per ordine.

Entrando in sala si trova il palcoscenico a sipario aperto e lievemente illuminato: varie canne di bambù di diverso diametro, autoportanti grazie ad una base di metallo quadrata, frazionano lo spazio scenico assieme ad un pianoforte a coda. All'ingresso del pianista, un ineccepibile e vibrante Vincent Planès, le luci della sala si spengono e iniziano a diffondersi le note di una delle opere più conosciute e più amate di Mozart.
Ad uno ad uno, si presentano i protagonisti di questa rilettura alleggerita, scarnificata, ripulita da simbologie massoniche, animali stravaganti, sacerdoti e vestali, improbabili ambientazioni egizie ed epoche storiche irriconoscibili: in questo allestimento tutto è basato su costumi che appartengono ad una non epoca, adeguatissimi e ad opera di Hélène Patarot, sulle semplice ma splendide luci  di Philippe Vialatte, e sulla regia dell'immortale genio di Peter Brook. Il regista è attentissimo alla costruzione dei caratteri dei personaggi; ad una recitazione che resti veritiera e non verista; a duetti e dialoghi che mantengano un pathos narrativo piuttosto che vedere i cantanti sempre con la bocca verso il pubblico, per non sacrificare l'emissione del suono; a creare un ambiente nel quale i cantanti siano costretti a rendere credibili i propri personaggi piuttosto che essere sicuri di poggiare bene il diaframma.
Quello che resta è una trama finalmente leggibile, la bellezza di pagine musicali grandiose e irraggiungibili e la raffinata eleganza di un allestimento tanto sobrio quanto evocativo.


Veniamo agli interpreti: sono bravi. Tutti!
Vince su tutti il Papageno di Thomas Dolié: ottimo cantante e splendido attore che riesce nel comico, quanto nel drammatico. Inappuntabile anche Malia Bendi-Merad che esce a testa alta dalle insidie delle due tenibili arie della Regina della Notte.
Gli altri sono, a mio modesto parere, tutti allo stesso livello: bravissimi nel compito inusuale di sussurrare il canto, di non enfatizzarlo, rendendolo solamente uno sfoggio virtuosistico; di pesare più il senso delle parole che rispettare il volume delle note scritte sul pentagramma; indiscutibili per abilità canore e attoriali; eccezionali per essersi messi in gioco in questa produzione.
Eroico e lodevole, veramente.

Come chiedere a George Clooney di imbruttirsi e di sedurre per quello che dice...mica facile! Cyrano insegna...

Peccato per il poco pubblico: mi domando dove erano tutti gli intenditori ed i grandi esperti che affollano gli spettacoli del Verdi di Trieste....forse l'opera si può/deve fare solo dove si può fare lo struscio esibizionistico nel foyer?


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