(Del primo brano "Songs for the mating session" Canzoni per il periodo dell'accoppiamento, farò a meno di scrivere tanto l'ho trovato poco gradevole musicalmente e poco interessante coreograficamente...ricorda la fase "isterica" del coreografare di Clug con uomini e donne in abiti borghesi a sottolineare che "l'eroe" middle class non riesce a sottrarsi all'istinto primordiale dell'accoppiamento quando arriva la stagione....mah?!?)
Ma quando il sipario si apre per il secondo tempo dello spettacolo, restiamo inchiodati sulle poltrone perché succede una magia: abbiamo di fronte a noi un opera artistica di alto livello.
Tremavo all'idea dell'ennesima "Sagra della primavera": già tante letture, alcune stravolgenti l'originale, altre più classiche, ma soprattutto una serie di versioni capolavoro. Da quella di Bejart a quella di Pina Bausch, da quella di Angelin Preljocaj a quella originale di Nijinskj, tutte hanno lasciato un ricordo indelebile e sono contraddistinte da una cifra unica, che riduce sempre più la possibilità di trovare nuove strade.
La Sagra, come il Bolero di Maurice Ravel, come i titoli firmati dal compositore russo per George Balanchine, hanno ormai un corrispondente visivo talmente forte che è difficile scalzare nella nostra memoria questi rimandi, questi ricordi indelebili e bellissimi.
Ma Edward Clug ce la fa e trova una sua chiave di lettura: parte da Nijinskj, passa attraverso la Bausch e approda nel suo personalissimo linguaggio coreografico, fatto di innumerevoli movimenti
Recupera il tema del primitivo e del sacrificio di una vergine che deve danzare fino alla morte in onore della divinità della primavera, affinché questa aumenti la fertilità della terra.
E lo fa presentandoci le donne con i pomelli rossi e le lunghe trecce, gli uomini con basette e baffi, a sottolineare l'iconografia tipicamente russa.
E' una danza musicalissima quella di Clug: abbiamo l'impressione di vedere gli strumenti musicali infusi, trasposti nei corpi dei danzatori, tanto gli accenti, le biscrome, sono cesellate e perfettamente aderenti alla splendida orchestrazione di Stravinsky. Se avete qualche minuto, scorrete il video che trovate in fondo alla recensione e potrete capire meglio quanto vi dico, nonostante sia un video della prima e ora lo spettacolo è molto più rodato e digerito dai danzatori.
Questi danzatori della compagnia di Maribor rispondono perfettamente ai dettami del loro demiurgo, anche se sembrano raccogliticci (uno alto, uno basso, una brevilinea, una altissima, ecc.), ma ce ne dimentichiamo molto presto per l'energia che infondono, spendono, regalano e per la precisione con cui ci accompagnano, lungo questo rito pagano di magia unica. E danzano benissimo, con un unisono invidiabile, come se fossero un solo corpo, delle stesse proporzioni. Bravi.
E poi il coup de theatre: ad aiutare la fertilità giunge l'acqua... Se Pina Bausch aveva sottolineato la corporeità, l'appartenenza del Sacre al suolo, al mondo, alla crosta terrestre, riempendo il palco di terriccio, Clug lo inonda di acqua e trasforma la coreografia in un susseguirsi di scivolamenti, di instabilità, di allontanamenti e rientri nel gruppo fino al bellissimo finale, dove il corpo esanime dell'Eletta, viene lanciato a pelo d'acqua nell'angolo di fondo del palco. La luce si spegne e partono applausi liberatori e convinti dall'affollata platea.
Vorremmo citare il nome dei danzatori, dell'Eletta, del disegnatore delle splendide luci, ma è ormai passato di moda citare chi rischia faccia e articolazioni sul palcoscenico....
Magnifico! mi piacerebbe vederlo dal vivo
RispondiEliminaDovresti Simona: è veramente splendido!
Eliminad'accordo su tutta la linea... bravo Corrado!
RispondiEliminaE che spavento il primo scroscio d'acqua!
Enrica
Oh, mi fa proprio piacere!!
EliminaSi in effetti...proprio una sorpresa!!! :)