Che bell'inaugurazione per la stagione lirica e di balletto 2024/2025 del Teatro Verdi di Trieste!
Temevo, perché quest'opera ormai sembra essere diventata salvifica, un toccasana da proprorre senza alcuna ricerca o fantasia, sia perché è un titolo che non ha bisogno di presentazioni, sia per la facilità con cui manda in tutto esaurito la vendita dei biglietti e il conseguente riempimento del teatro. Tant'è che si punta al tradizionale allestimento che accontenta tutti e viene acquistato all inclusive da qualche altro teatro. E invece no! Il massimo triestino ci regala un allestimento nuovo di rara bellezza visiva e musicale: grazie!
La regia è affidata a Arnaud Bernard che traspone l'azione in una Parigi anni '50, stando agli splendidi costumi disegnati da Carla Ricotti che ben avrebbero figurato su una passerella haute couture dell'epoca! La regia mi ha ben disposto subito perché, all'apertura del sipario durante il preludio, Violetta si presenta subito per quello che è: una donna malata, di cui conosciamo tutti il mestiere grazie al quale riesce a vivere nel fasto. Niente crinoline, niente toreri e zingarelle, niente movenze affettate ma una donna quasi contemporanea che è consumata da un male, non diverso da quanto sentiamo quotidianamente nel cerchio parentale e di amicizie. Bernard, grazie all'impianto scenico quasi fisso ma di versatilità ed infinita elegante bellezza ideato da Alessandro Camera, sciorina la vicenda con grande maestria e la rara capacità di togliere piuttosto che aggiungere, di sottrarre per mettere in risalto l'essenza. L'uso del Coro del teatro triestino, che sembra tornato alla duttilità e alla bravura interpretativa di quando trionfava nelle operette dirette da Gino Landi, è magistrale: l'utilizzo del freeze, del botta e risposta con il testo dei protagonisti è di grande effetto e di elevata plasticità, e contribuisce a togliere piuttosto che a ridondare come nelle canoniche controscene cui sono in genere costretti o disgraziatamente abituati. I continui atterramenti di Violetta, sia sotto la passione di Alfredo che per la debolezza in cui la malattia la prostra, sono talvolta fastidiosi ma anche necessari. Ancora bravo anche per l'impostazione del terzo atto dove, al posto del folclore ispanico, Bernard ci propone climi più lascivi e scabrosi, come ci aspetteremmo se partecipassimo ad una festa organizzata da Flora Bervoix! Ma forse non sarebbe stato il grande spettacolo che è stato senza il light design di Emanuele Agliati: scultoreo, tagliente, spietato ma altamente suggestivo in svariati momenti. Bravo anche a lui.
Venendo alla parte musicale l'omogeneità del livello non mi permette di rivoluzionare la locandina per creare la mia personale graduatoria di piacimento, per cui non posso che citare la toccante Violetta di Maria Grazie Schiavo, capace di commoventi filati e pianissimi (il suo Amami Alfredo mi resterà a lungo nelle orecchie e nel cuore); il baldanzoso Alfredo, cantato con giovanil ardor e buona tecnica da Antonio Poli; il maestoso Giorgio Germont, appannato da qualche incertezza nella recita cui ho assistito, ma talmente grande e presente da farmi sorridere ricordando com'era Roberto Frontali, come Conte Danilo in una splendida Vedova allegra anni '90 accanto alla suntuosa Luciana Serra. Tutto il resto dei comprimari è alla stessa altezza dei primi ruoli, ma ho notato la possente e tonante voce del basso Andrea Pellegrini nel ruolo del Dottor Grenvil e ci tengo a scriverlo.
Come già detto il Coro, diretto dal Maestro Paolo Longo, è stato una colonna portante dello spettacolo e ben ha figurato sia musicalmente che scenicamente, finalmente un po' rinvigorito anche nel numero di componenti. Sono rimasto un po' perplesso dall'Orchestra che ha avuto qualche disattenzione di troppo, forse dovuta alla superficialità che viviamo di fronte a qualcosa che conosciamo bene, troppo bene. Invece, ho amato molto il respiro, la delicatezza e l'introspezione che ha guidato la conduzione di Enrico Calesso alla guida della sua compagine.
Veramente un bello spettacolo che fa ben sperare per il resto della stagione! Sala gremita, pubblico giovane poco abituato o un po' restio agli applausi ma, incredibilmente, seduto fino all'ultimo minuto, senza accapigliamenti per la corsa al guardaroba...