sabato 20 dicembre 2014

LO SCHIACCIANOCI 11 dicembre 2014

LOCANDINA DELLO SPETTACOLO

Interessante questa versione de Lo Schiaccianoci con la coreografia e la regia di Mario Piazza per il Balletto di Roma.
Grazie alla piccola ma interessante stagione che il Circuito Danza del Friuli Venezia Giulia propone ogni anno al Teatro Sloveno di Trieste, riusciamo a vedere quelle compagnie italiane di giro che, altrimenti, difficilmente approderebbero nella sale teatrali triestine, che sono o troppo grandi o troppo piccole per la danza.
Schiaccianoci dicevamo e, guarda caso, siamo in pieno periodo natalizio. Ma cosa c'è di male? In fondo aspettiamo questo periodo ogni anno per addobbare le case, preparare qualche pensierino per gli amici e andare a vedere questo balletto a teatro!

Ma torniamo ai fatti. Giovedì 11 dicembre 2014 è approdata anche a Trieste questa produzione storica, in tournée dal 2006, prodotta dal Balletto di Roma di cui è Direttore Artistico Walter Zappolini.
La vicenda segue fedelmente la partitura musicale di Cajkovskj, senza spostare, invertire o introdurre altri brani. La favola invece è trasposta ai tempi attuali e vede due fratelli, Clara e Fritz, intenti a giocare con un videogame. Presto giungono i loro genitori e altri bambini invitati alla loro festa. Assieme a loro giunge Drosselmeier, deus ex machina della vicenda, che porta con sé una marionetta, lo Schiaccianoci appunto, che da amico diventerà durante il sogno, anzi l'incubo di Clara il suo peggior nemico.

Il primo appunto che vorrei muovere a Mario (mi permetto il tu, visto che ci conosciamo da molti anni) è che il libretto, di Riccardo Reim, è difficilmente leggibile dal pubblico che non ha visto almeno 2/3 versioni diverse del classico balletto. Maggior attenzione alla narrazione vera e propria della storia sarebbe necessaria. Difficile capire cosa succede, difficile capire chi è chi, visto che si viene sommersi da fiumi di danza. Questo è il secondo appunto. Appunto, non critica: troppa danza, troppi passi che alla lunga creano un calo di tensione, anche se è danza bella e ben danzata, come alcune bellissime ed originali prese. Tanta danza quindi. E ben venga, per carità! Anche perché i danzatori del Balletto di Roma, sono ancora una volta un ensemble di grande qualità. Sono giovani dai bei fisici selezionati, dalla guizzante dinamica di movimento, dalla tecnica salda e precisa e dall'espressività sentita: bravi. Tutti! Un bravo va sicuramente riconosciuto anche al maitre Piero Rocchetti che tiene le fila (e le file perfettamente unisone!).
Nella solita assenza di informazioni e di un libretto di sala (grazie ad una soffiata) posso dirvi che Fritz era un tecnicamente ed artisticamente brillante Luca Pannacci assieme ad un altrettanto sfavillante Azzurra Schena nel ruolo di Clara; mi è molto piaciuto il perfido ed elegante Drosselmeyer interpretato da Dino Amante; mi sono rimaste impresse anche le lunghe linee di Roberta De Simone e Claudia Vecchi: sembra di veder una sola danzatrice tanto vanno assieme!
André De La Roche si conferma l'artista simpatico di sempre, anche se credo sia arrivato il momento di indossare qualcosa più di una calzamaglia e di non credere che sia così importante toccarsi la fronte con la gamba.

Ho molto apprezzato l'impianto scenografico e i costumi di Giuseppina Maurizi che hanno immediatamente collocato l'operazione ad un ottimo livello per essere uno spettacolo di giro (anche se ho detestato i completini mutanda/canotta grigi dei ragazzi).
L'operazione è sicuramente di successo e la sala stracolma del Teatro Sloveno lo conferma, vista anche la raffica di applausi (tre chiamate) che ha tributato meritatamente alla compagnia romana!

domenica 30 novembre 2014

DISNEY'S BEAUTY AND THE BEAST 26 novembre 2014

Locandina dello spettacolo

Ineccepibile. Nonostante il preambolo negativo dei trenta minuti di posticipo causati dal ritardato arrivo di un camion che conteneva elementi necessari allo spettacolo, questo Disney's Beauty and the Beast è uno spettacolo ineccepibile sia tecnicamente che artisticamente. Alla prima rappresentazione presso il Politeama Rossetti di Trieste, mercoledì 26 novembre 2014 mi sono reso conto che non c'è nulla da fare. Per quanti sforzi facciamo, il miracolo all'italiana che salva quasi sempre i debutti delle produzioni nostrane, resta il nostro punto di forza, ma siamo ancora molto lontani dalla precisione, dall'affiatamento e dal rodaggio che le produzioni anglosassoni si portano appresso.


Tutto è filato via nella più perfetta precisione per due ore e venticinque minuti: cambi di scena, luci, coreografie, dialoghi, canzoni, ecc...incredibili! Una macchina teatrale perfettamente oliata...
Gli artisti che animano questo spettacolo sono di notevole bravura: splendide voci, grande presenza scenica, teatralità a tutto tondo. Sembrano soltanto un po' troppo ingabbiati nei ruoli, senza che ci sia spazio per la benché minima personalizzazione...ma forse è solo un retaggio della mia formazione teatrale italiana.

In merito al cast creativo mi limito a citare le cose che più mi sono rimaste in mente.
Matt West crea un fantastico numero per i danzatori che si muovono sui suoni creati dallo sbattere dei loro boccali da birra in peltro...un po' come la parte ritmica presente anche in 7 spose per 7 fratelli...veramente delizioso! Ho trovato i costumi di Ann Hould-Ward pacchiani, ma sono assolutamente perfetti rispetto a quelli del cartoon della major americana. Belli i lupi/marionette di Basil Twist, le scene di Stanley A. Mayer, le luci di Natasha Katz e perfetto il sound design di John
Petrafesa. Molto curata la regia di Rob Roth, perfetta anche nei più piccoli dettagli. Molta pena e rispetto per i poveri "mostri" che si occupavano di spostare varie scene e carrelli e che erano costretti per tempi a volte molto lunghi a restare immobili in posizioni anche molto scomode.

In merito agli interpreti: Darick Pead è totalmente meritevole del ruolo protagonistico della Bestia;
Hilary Maiberger  è adeguata scenicamente per Belle, ma la sua voce e gli acuti filati sono a volte noiosi come il personaggio che deve interpretare; il Gaston di Adam Dietlein è indistinguibile dal suo pari animato...identico! Bene anche il sestetto delle persone/oggetti, anzi con un punto in più per la Wardrobe di Jacqueline Grabois; strepitoso il Lefou di Andrea Leach. Un bravo, come già detto va a tutto il cast di danz'attoricantanti che non si risparmia nel regalarci professionalità, sicurezza ed emozioni. Bene l'orchestra diretta da Michael Borth.


Angoletto del critico strarompi.
Lo so che questo spettacolo è stato visto da migliaia di persone, che ha retto Broadway per molti anni e che innumerevoli critici molto più competenti di me l'hanno visto e apprezzato, ma io una critica ce l'avrei comunque: la parte centrale del primo atto soffre di un calo di tensione. Credo che si scenda troppo in dettagli inerenti alcuni personaggi (come il padre di Belle e Gaston) e lo spettacolo perde di mordente.

Andate comunque a vedere questo grande e spettacolare classico di Broadway, a due passi da casa vostra! Grazie Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia per farci sentire meno fuori dal mondo! ;-)

Una precisazione: le foto correlate a questo post, riguardano edizioni precedenti di Beauty and the Beast e le ho prese dal web: me ne scuso con gli autori e con gli interpreti

mercoledì 12 novembre 2014

BALLET BLACK 11 novembre 2014


Locandina dello spettacolo

Fresco e piacevole inizio di stagione quello che ci propone il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia nella sua casa del Politeama Rossetti di Trieste. Per l'inaugurazione del cartellone dedicato alla danza, abbiamo avuto il piacere di assistere ad un trittico ad opera del Ballet Black.
Questa compagnia inglese nasce dalla ferrea volontà di Cassa Pancho, una laureata della Royal Academy of Dance di Londra, che ha voluto idealmente proseguire il progetto creato da Alvin Ailey: una compagnia di neri (in questo caso aperta anche agli asiatici), con un repertorio ideato appositamente per le loro capacità atletiche ed interpretative. Fondato nel 2001 è appena approdato in Italia, tant'è che il suo titolo più celebrato A Dream Within a Midsummer Night's Dream ha debuttato in prima nazionale proprio stasera, a Trieste. Quindi, sempre "lode e gloria" alla dirigenza del teatro per averci portarto queste "chicche" sotto casa. A noi pubblico non resta che andare a teatro...giusto? Ma ci andate a teatro? Altrimenti non lamentatevi poi se li trasformano in supermercati o se tutto finisce ad Udine...

 Ma andiamo per ordine.

Lo spettacolo inizia con un trio di una noia e di una vuota banalità sorprendente. Una sequela di passi senza un vero perché. E neanche tanto originali. Brillano gli interpreti: tre danzatori dai fisici molto diversi, ma accomunati dallo stesso talento per il senso del movimento (i neri hanno il ritmo nel sangue! Non potevo non dirla...;-) Sulla musica di Paul Hindemith con costumi piuttosto mediocri di Rebecca Hayes, splendide luci non sappiamo ad opera di chi. Coreografia di Martin Lawrance.


Video "Two of a kind"
Per fortuna il brano che segue è invece un piccolo, prezioso gioiello: si intitola Two of a kind e ce lo regala Christopher Marney, un coreografo. Oltre ad utilizzare la tecnica della danza classica in modo originale e personale, è dotato di grande musicalità e di freschezza compositiva, con un bell'uso dei disegni coreografici, dei canoni, dei duetti e degli assoli. Veramente delizioso e, di nuovo, molto ben danzato. In scena due coppie (terrificanti i costumi gialli per le due donne), raggiunte solo per il finale, da altre due.

Ma il piccolo capolavoro prezioso di questa serata è A dream within A Midsummer Night's dream: capace di essere letto e capito anche da chi non conosce l'assurdo intreccio scespiriano. Inizia con una sequenza di pura tecnica accademica (ricorda un Balanchine primissima maniera) che viene stroncata dall'ingresso di un dissacrante Puck, in perfetta tenuta da Boyscout, con accessori tribali e varie altre diavolerie. La danza puramente classica sparisce per lasciare spazio ad altre forme espressive dei danzatori (anche vocali) che vengono portati in un bosco oscuro e resi vittime del volere del piccolo folletto. Tra cambi di costume vari, orecchie da asino, sniffate di cocaina, porporine magiche passaggi attraverso teli magici, ecco dipanato tutto il plot ideato dal Bardo dell'Avon. Godibilissimo e, come sopra, danzato con eleganza e rigore, nonostante il totale non-sense. Cito qui gli splendidi danzatori, visto che non ci è dato sapere chi interpretava quale ruolo: Cira Robinson, Damien Johnson, Joseph Alves, Sayaka Ichikawa, Isabela Coracy, Jakob Wie, Kanika Carr e Christopher Renfurm. Costumi gradevoli di Jean-Marc Puissant e coreografia, ma più che di coreografia parlerei di drammaturgia coreografica, di Arthur Pita, autore di ironia rara e di grande leggerezza, che si è servito di un collage musicale che univa Georg Fiedrich Handel a Cole Porter, Moisés Vivanco a Hart&Rodgers.




Platea abbastanza piena, pubblico attento e divertito.

domenica 9 novembre 2014

TRISTANO E ISOTTA 4 novembre 2014

Locandina dello spettacolo

Splendida, splendida premiére al Teatro dell'Opera di Lubiana con questo Tristano e Isotta ad opera del coreografo rumeno Dan Datcu.
Si nota immediatamente un cambio di rotta tra la precedente direzione del classicissimo Irek Mukhamedov e quella di Sanja Neskovic Persin, ex danzatrice dell'ensemble sloveno, che ha da sempre una grande attenzione anche al mondo artistico contemporaneo, giustamente senza rinnegare il passato fatto di grandi classici! Infatti anche in questa stagione vedremo in scena il Lago dei cigni, Don Chisciotte, ecc. ma, giusto per marcare il segno, il debutto viene affidato ad un giovane coreografo e ad un'opera contemporanea.
(Per portare un po' di acqua al mio mulino, sono fiero di aver ospitato nel Festival di danza contemporanea che dirigevo a Trieste, una coreografia di Sanja, Roommate, che avevo molto apprezzato durante il Gibanica Festival del 2009)
Torno allo spettacolo.

Si apre il sipario e si vede una figura di spalle, vestita con un grande pastrano agitato dal vento, e subito resto colpito dalla profondità scenica del palcoscenico del teatro di Lubiana: impressionante, suggestiva, spettacolare. Da lì in poi la danza la fa da padrona ed è un continuo susseguirsi di coreografie di gruppo. Si, perché la particolarità e la preziosità di questo coreografo è proprio la capacità di utilizzare l'ensemble dei tersicorei. Riesce a dipingere la partitura musicale con i corpi dei danzatori: se alcuni di loro iniziano un movimento lo stesso si chiude grazie ad alcuni altri che sono posizionati sul lato opposto del gruppo. Oppure scompone la tessitura acustica per renderne visivamente la struttura, come la scia di un aereo nel cielo. Insomma è veramente un bravissimo artigiano nel muovere le masse, qualità piuttosto rara.
A chiudere il primo atto, che suggella l'incontro tra Tristano e Isotta un vero coup de theatre: una serie di proiettori a testa mobile allineati perfettamente in una riga che bagna il fondo del palcoscenico, percorre tutto il palcoscenico per arrivare al proscenio, superarlo accecando la platea e poi il resto della sala. Una ambientazione sonora prosegue e lascia il pubblico talmente sorpreso che non riusciamo neanche ad iniziare l'intervallo con l'applauso di rito: geniale!
Il secondo atto ha un taglio meno corale, visto che inizia introducendo duetti che faranno salire il climax fino al bellissimo passo a due, celebrato sulle celeberrime pagine Wagneriane del Preludio e della Morte di Isotta. E sono anche le uniche che il compositore canadese Saso Kalan lascia correre quasi intatte, seppur rielaborate elettronicamente. Ho trovato la partitura musicale di Kalan stupefacente, suggestiva, imponente, toccante, intelligente. Il lavoro svolto assieme al coreografo è stupefacente sia per bilanciamento che per libertà e fantasia compositiva, che per rispetto e reciproca dedizione.

Ho visto Ana Klasnja nel ruolo di Isotta, brava e intensa anche se talvolta un po' esitante, e Kenta Jamamoto dalla splendida dinamica di movimento, nel ruolo di Tristano. Intensa ma forse troppo filiforme la Brangaene di Rita Pollacchi. Gli altri ruoli in cui si esibiscono altri bravi danzatori della SNG di Lubiana sono troppo impastati con le danze d'assieme per poterne cogliere le singole qualità.
Era notevole anche l'apparato scenografico ad opera di Meta Grgurevic in collaborazione con Jasa che ha proposto una struttura inedita e molto originale! Era composta da varie figura geometriche realizzate in materiale trasparente che erano sospese sul capo dei danzatori e componevano varie figure a seconda dell'altezza a cui venivano singolarmente calate: a momenti un cuore, in altri delle nuvole, oppure delle frecce. Suggestiva e molto appropriata!
Meno interessanti i costumi di Uros Belantic, troppo didascalici e pesanti alla vista.
Come già detto per il finale del primo atto, notevole il disegno luci di Jaka Simenc che ha creato ambienti e sottolineato situazioni con maestria e originalità

Ottima la scelta della direzione del Teatro di creare un lavoro corale per il suo corpo di ballo: sono
occasioni importanti per creare collante tra i danzatori e gratificarli con un successo che riconosce la loro abilità di fare squadra.
Come sottolineava anche Datcu nel programma di sala, questo è un lavoro corale, creato con passione e interesse da un gruppo di artisti che sono stati messi nelle condizioni di operare senza particolari censure, dove tutti avevano lo stesso potere decisionale e dove non c'è stato un unico referente a prendere le decisioni. E si è visto!

Sala abbastanza piena e pubblico contento.


giovedì 30 ottobre 2014

IL RE PASTORE 28 ottobre 2014

Locandina dello spettacolo

E' stata una bellissima serata, quella di martedì 28 ottobre, al Teatro Verdi di Trieste in occasione dell'ultima recita del secondo cast de "Il re pastore" di Wolfgang Amadeus Mozart, che ha chiuso la stagione di lirica e balletto 2014.
Una bella stagione, nonostante le difficoltà economiche.

E questo allestimento lo dimostra, rimettendo sul palco triestino la (splendida) struttura che Pier Paolo Bisleri ha disegnato per ricreare quella fissa che domina il Teatro Olimpico di Vicenza. Spettacolare ed elegantissima ma già vista in occasione de "La clemenza di Tito". Come non ricordarla. Giustamente in tempi di ristrettezze Orazi, da bravo padrone di casa, chiude i cordoni della borsa e chiede di risparmiare. E così rivediamo questo incombente monumento (forse troppo per un ambientazione arcadica, tanto pastorale) e, per suggerirne l'ambientazione bucolica, Bisleri posiziona 5 pecore sul lato sinistro del palco, una enorme montagna di vello di pecora al centro, un arcolaio e qualche secchio a destra; per il secondo atto invece, un piccolo trono e alcuni manichini a simboleggiare un esercito bloccato durante un movimento, stessa figura che viene ripresa per qualche momento dai cantanti. Ambientazioni belle, moderne e suggestive, come i costumi che conservano il richiamo mitologico assieme alla struttura settecentesca, sempre ad opera sua. Meno interessante il disegno luci un po' troppo didascalico.

Ho trovato interessante la regia di Elisabetta Brusa, ma avrebbe avuto bisogno di molte più prove per far digerire i movimenti scenici e le abilità quasi danzanti che richiede ai cantanti. Soprattutto considerando che era il secondo cast. La povera Aminta era veramente poco sicura nello slow motion che la regista le ha chiesto durante l'aria de "L'amerò, sarò costante" ed era poco adeguata nella gestione delle gambe, così come nella pretesa giocosità pastorale del primo atto dove dovrebbe rotolare sull'ammasso di lana e finisce invece a mutande all'aria "vista pubblico". Insomma, forse era meglio fare qualcosa di meno, visto le poche prove con cui si allestiscono oggi le opere.
La compagnia di canto era adeguata e di ottimo livello a cominciare dall'Elisa di Larissa Alice Wissel, splendido soprano leggero, per passare all'ottima Aminta di Arianna Vendittelli, soprano ma anche mezzo soprano, concludendo con la Tamiri di Francesca Micarelli, vincente soprattutto nella sua prima aria, ma meno sicura nella seconda. Il comparto maschile era meno efficace: l'Alessandro di Blagoj Nacoskj era poco, poco convincente mentre l'Agenore di Alessandro d'Acrissa risultava di dubbia impostazione lirica. Ma, ripeto, nel contesto e tenendo conto dei singoli ruoli, il cast era di buon livello. Grazie anche all'accorta direzione musicale di Felix Krieger, padrone della fossa orchestrale così come del palcoscenico. Fine conoscitore della musica di area tedesca, porta l'Orchestra del Verdi ad un ottimo livello di coesione e armonia, dimostrandone ancora una volta la validità musicale a tutto tondo: dalla sinfonica all'operistica, dal settecento alla musica contemporanea. Bravi!

Teatro ingiustamente vuotino...peccato! Pubblico non disaffezionarti: il teatro italiano rischia sempre più chiusure e questo è il momento di essere solidali, non di infischiarsene...vi prego!



giovedì 9 ottobre 2014

LES NUITS 7 ottobre 2014

Locandina dello spettacolo

Per parlare di Les Nuits, del coreografo franco-albanese Angelin Prejolicaj, ho deciso di partire da un punto di vista diverso, per cui non vi racconterò per prima cosa dello spettacolo, ma vi parlerò della compagnia.
Sono rimasto colpito innanzitutto dalla capacità di danzare unisoni, prerogativa che nel secolo scorso era appannaggio solo dei corpi di ballo di impostazione classica dell'ex Unione Sovietica, ma incredibilmente è il punto di forza di questi splendidi 18 danzatori contemporanei.
Si è sempre pensato che chi danza lo stile contemporaneo non è tenuto a muoversi sincronicamente. Anzi, spesso era proprio considerato fuori luogo...

Evviva Prejolicaj che, non solo lo gradisce, ma ha cercato anche uno staff che lo supporti in questa direzione. Sarebbe da proporlo come Direttore dei corpi di ballo di numerose compagnie classiche. Oltre a ciò questo "scellerato" permette ai suoi danzatori anche di stendere i piedi, altra vecchia diatriba che divide gli appassionati di danza contemporanea. Che meraviglia...finalmente l'energia del movimento di una gamba può propagarsi fino alla sua estremità! Ho avuto recentemente la sfortuna di assistere ad uno spettacolo di danza contemporanea, ospitato nel massimo teatro della città in cui vivo, nel quale chi ha messo insieme i movimenti dei vari danzatori, chiedeva loro di estendere si il collo del piede, ma non le dita, ricreando un dettame tipico di un certo periodo della Nouvelle Danse francese degli anni ottanta del secolo scorso...imbarazzante...e poi a cosa serviva?
E a proposito di questa corrente che ha creato tanti falsi miti, sono contento che uno di questi sia stato proprio Prejolicaj che, invece, sopravvive e continua a mietere grandi successi.

A questo punto mi tocca parlare proprio dello spettacolo.
A parte i superbi danzatori, l'emozione dell'ensemble assieme (perdonatemi il gioco di parole), la bellezza del light design (Cécile Giovansili-Vissière usa i proiettori a testa mobile come fossero loro stessi dei danzatori), l'estetica molto curata e la rigorosa simmetria geometrica, tipica del coreografo e anche a me molto gradita, devo riferirvi di uno spettacolo che resta molto sulla superficie dell'iconografia, del luogo comune, del già visto e del già detto.
Peccato.

Non me l'aspettavo da un coreografo capace di tanti capolavori da Annonciation a Le parc, da Romeo&Juliet a Un trait d'union...ma è pur sempre vero che "non tutte le ciambelle riescono con il buco".

Nulla di terribile, però vedere che l'ispirazione tratta da Le Fiabe delle mille e una notte serve solo a mettere in scena un fumoso quadro in bianco ambientato in un Hammam, un gruppo di incappucciati terroristi mediorientali, amplessi sessuali che vedono gli uomini sottomettere continuamente le donne, danzatori maschi che si strusciano vogliosi come nelle più tipiche fantasie occidentali...beh, si: onestamente mi aspettavo tutt'altro. Avrei preferito un trattamento molto più onirico, immaginario, fantastico oppure sottili allusioni che mi lasciassero libero di immaginare, invece di un documentario pedissequo e poco accattivante...

Sala gremita, pubblico contento. Lode e gloria al direttore artistico del Cankarjev Dom che a soli 90 km da casa mi permette di vedere

sabato 6 settembre 2014

LIGHT ON - LIGHT OFF 7 3 settembre 2014



Beh, devo dire che valeva proprio la pena fare il viaggio fino a Millstatt per assistere a questa serata dei "Giovani Coreografi Coreani" alla sua seconda e ultima replica europea, dopo il debutto nella prestigiosa Fiera di Francoforte.

Il coraggio di Andrea Schlehwein é ammirevole: riesce a portare produzioni internazionali, oltre a farne di proprie molto interessanti, tra le montagne, al confine con il nulla. Da qualche anno agisce all´interno del bellissimo Convento dei Cappuccini, poi trasformato in Castello, adagiato sulle rive del lago di Millstatt in Carinzia, nonostante la poca attenzione della stampa e delle istituzioni. Da brava tedesca non demorde e continua a lottare contro i mulini a vento dei politici che non vogliono prendere posizione, della carta stampata che lascia sempre meno spazio alla critica, della gelosia che elimina anche i comunicati stampa che arrivano in redazione. Ma per fortuna il pubblico continua a seguirla come dimostrano il centinaio di intervenuti alla serata di mercoledì 3 settembre al Kumst im Stift di Millstatt am See. Pubblico generoso e appassionato che deve essere stato ben educato e cresciuto in questi ultimi anni, viste le lunghe ovazioni che dedica ai pezzi più interessanti della serata.

Questa vetrina inizia nella hall della sala espositiva principale mostrandoci una tonica, ma fragile, Bora Kim che ci racconta la drammatica storia di sua nonna cui prese fuoco una maglia da casa lasciandole a perenne memoria un´incurabile insensibilità cutanea. Era quindi possibile punzecchiarla a sangue o avvicinarle materiali incandescenti senza che la signora in questione avvertisse il benché minimo fastidio. L´ingresso in scena di Bora é indimenticabile: avanza lentamente da una distanza di circa 20 metri con le gambe allargate e le braccia aperte, come un uccello ferito che non riesce più a volare, con una sequenza lunga ma perfetta che alla fine ce la rivela, a torso nudo fasciata solo da un leggero tulle.Ma il resto del pezzo è fragile come lei e troppo frammentato tra contributi video, microfono aperto e pipì scrosciante inclusa. Riesce a creare una tensione emotiva peró più grazie al testo scritto proiettato in video che grazie alla sua danza. Peccato sembra una danzatrice raffinata ed interessante che farebbe la felicità di molti coreografi.

Il secondo brano in programma è quello con la compagine più numerosa, i Goblin Party, ma è anche il più vago e il meno leggibile. Lim Jin Ho é un danzatore/coreografo che si mantiene lavorando per le pompe funebri. Questa professione lo ha portato migliaia di volte a contato con la morte, e gli ha innescato dei quesiti ricorrenti: cosa è la morte? Come si muore? Tutte le morti sono tristi? Si può sperare di morire? L´autore si affretta a chiarire che la sua coreografia non sarà triste e non lo é in effetti (a parte il finale con relativa cerimonia di "quasi" mummificazione!), ma é anche peggio perché associa ad una eccessiva lunghezza una vuotezza diffusa che non da alcuna risposta ai quesiti prima proposti. Peccato anche in questo caso perché i tre interpreti (Lee Kyung Gu, Ji Kyung Min e il coreorafo) sono danzatori di razza, unisoni e dalla bella dinamica.

Il terzo brano ha ribaltato completamente le sorti della serata. Grazie alla magia e alla poesia di Young Hyun Choi ed al suo alter ego manichino, assistiamo a 16 minuti di pura poesia su una celeberrima pagina musicale di Ärvo Part. Il suo assolo prende lo spunto da un monologo di Samuel Beckett scritto nel 1972 e intitolato "Non io" che indaga sulla solitudine. In questo brano invece il coreografo interagisce con un manichino con il quale condivide, combatte, ama, discute, fa pace, fino a diventare egli stesso il corpo fisico del suo interlocutore. Il brano ha ricevuto tre chiamate alla ribalta - meritatissime! - da un pubblico toccato e ammaliato dalla bellezza appena vista sul palco.

Conclude la serata un duo danzato da Hyun Ho Kim e In Soo Lee, anche coreografo dello stesso. Si intitola EDx2 ed è una escalation di bellezza ed energia. E' anche la coreografia più collaudata, visto che è in scena dal 2008 ed ha già vinto numerosi premi. All'inizio la danza è formale e poco interessante, ma pian piano si manifesta come u dialogo di amore e tenerezza tra due uomini, intervallato da momenti di combattimento. Si prendono, si lasciano, uno usa il braccio teso per tenerlo lontano da se, ma poi lo attira: può sembrare banale, ma la coreografia è di grande finezza compositiva e gli occhi restano incollati su questa coppia di amanti. 

La serata finisce tra molti applausi, un bel buffet per tutti i presenti, organizzato nel foyer, dove gli artisti possono incontrare le persone del pubblico. Paesino di montagna batte centro urbano 1 a 0!