sabato 15 aprile 2023

HANDS DO NOT TOUCH YOUR PRECIOUS ME venerdì 14 aprile 2023

 Locandina dello spettacolo 

Cronaca di una serata che mi ha lasciato perplesso.
Una ventina di anni fa ero rimasto completamente affascinato da Blush di Wim Vandekeybus con la sua compagnia Ultima Vez, visto sempre qui, allo Cankarjev dom di Lubiana. Era uno spettacolo forte, anticonformista, visionario, ribelle, spregiudicato. Quindi sono arrivato sicuramente con molte aspettative.

L'inizio di questo Hands do not touch your precious Me è leggero con un uomo e una donna, abbigliati in gonna e camicetta bianca che svolazzano per il palco come bambini spensierati o come uccellini a primavera. 
Tant'è. 
Infatti lei si schianta su un pannello che chiude il finale destro della scena, come capita a qualche volatile contro le superfici vetrate. Si riprende ma qualcosa cambia. Abbandona lui a testa in giù su un mucchio di quello che sembra fango e fieno posto sul proscenio sinistro. E di lui ci dimentichiamo perché parte la bella e forte danza di Vandekeybus e dei suoi splendidi danzatori. Che dura meno di dieci minuti, ad occhio. 
Splendida. 
È fortunato ad avere dei danzatori così: dediti e spericolati, malleabili e creativi, presenti e dotati di forti personalità. Meritano di essere nominati tutti: Lieve Meeussen, Maria Kolegova, Mufutau Yusuf, Borna Babic´, Maureen Bator, Davide Belotti, Pieter Desmet, Anna Karenina Lambrechts e lo stesso Wim Vandekeybus. Poi lo sguardo viene attratto dal danzatore a testa in giù che, nel frattempo, si sta trasformando in un essere primordiale e mefistofelico di fango e stoppa (è un grandioso Olivier de Sagazan). La danzatrice di prima diventa una sorta di Caronte che traghetta uno dopo l'altro tutti i danzatori nell'altro mondo. Tutti vengono trasformati, "unti" dal primo trascinatore e ricoperti di questa materia primordiale, spesso mista ad un'altra di impressionante colore rosso.
Dettagli e fermi immagine vengono ripresi a turno dagli interpreti per essere poi proiettati sul pannello di cui sopra, a mostrare dettagli che altrimenti perderemmo, come il feticcio simil voodoo o alcune espressioni stravolte e spaventate dei danzatori. Alla fine i traghettamenti sono compiuti e tutti assieme creano in proscenio le ennesime "maschere di fango" con cui annullano i propri lineamenti (non posso immaginare la fatica per respirare!). Dopo aver attinto alle viscere del capobranco, trasformato nel feticcio vivente che aveva prima creato e visto ingrandito in video, si spostano verso il pannello,  che intanto si è trasformato in una tavola da pranzo, sulla quale avviene un banchetto, suggerito nel dettaglio da una proiezione dall'alto, che sembra piuttosto un rito sacrificale, dove si mangiano carni che preferiamo non sapere di che natura siano.


Lo spettacolo dura un'ora e mezza abbondante ma di danza non si è visto praticamente più nulla. Ed è un peccato viste le premesse di prima e lo stimolante tappeto sonoro creato da  Charo Calvo.
Inoltre questa specie di saga zombie, mista ad alien, macumbe e diversi altri temi da perfetto horror movie, non mi ha suscitato nessuna emozione, né in negativo, né in positivo, che invece è quello che mi aspetto sempre da una rappresentazione dal vivo. Solo noia, parecchia. E non è stato piacevole se, ad un certo punto, il mio cervello si è domandato: "chi mi restituirà questa ora e mezza di vita?"

Nel corso dello spettacolo dal lato destro del parter, la platea come viene chiamata in sloveno dove ero seduto, sono andate via una ventina di persone: brutto segnale anche questo e non so quanti si sono alzati dal lato sinistro o dalla galleria.
Due chiamate sforzate di applausi.


(Poi ci sono persone con maggior cultura di me e voglia di approfondire che scrivono così di questo stesso spettacolo Recensione di Claudio Finelli che riesce a motivare e spiegare tutto quello che io invece non ho digerito, ma resto dell'idea che l'opera d'arte debba essere fruibile, debba emozionare, senza bisogno di studi e spiegazioni)

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