giovedì 22 agosto 2013

AIDA 17 agosto 2013

Locandina dello spettacolo

Scrivere di questo spettacolo è un sincero piacere perché mi riporta indietro negli anni a quando in questa stessa edizione (e dentro quei terribili costumi con gonnellino plissé bianco...) danzavo anche io.
Parliamo dell'AIDA, lo spettacolo per eccellenza dell'Arena di Verona, qui nella versione che rievoca lo storico allestimento che inaugurò questa fortunatissima sede estiva di spettacoli operistici e di balletto, trasformandolo da semplice monumento all'aperto a tempio dello spettacolo open air. La magnifica intuizione venne nel 1913 a Giovanni Zenatello, tenore, e all'impresario Ottone Rosato, impresario, per celebrare il centenario della nascita di Giuseppe Verdi.
E quella che vediamo in scena è la ricostruzione quanto più possibile fedele di quell'allestimento: indiscutibilmente filologica  per quanto riguarda scene e costumi, un po' più fantasiosa per quanto riguarda la regia e la coreografia.

Firma la regia Gianfranco De Bosio, un veterano del teatro italiano che oltre ad essere un letterato, è stato regista teatrale e cinematografico, nonché Sovrintendente areniano. La sua è una regia tradizionale, ma accurata, non particolarmente fantasiosa, ma precisa e attenta ai dettagli e del tutto attuale. I cantanti recitano nello stile dell'epoca, ma ci sono influenze modernizzanti, una su tutte la rovinosa caduta al suolo di Amneris alla fine della sua scena madre nel primo quadro del quarto atto, punto di forza di una delle più grandi di tutti i tempi, Fiorenza Cossotto, che dubito venisse eseguita nel 1913...

Meno riuscita è la coreografia che ricorda indubbiamente come doveva essere all'inizio del '900 (ma è davvero così importante o interessante?) basata sulle accurate ricerche di Susanna Egri, decana italiana della danza, che però risulta molto confusa, poco coinvolgente e per nulla trionfale come dovrebbe. Forse uno svecchiamento dei passi, dei gesti e un maggior equilibrio tra compagine maschile e femminile potrebbe renderla più appetibile ai gusti odierni.
In merito alla danza, devo sottolineare la prova dell'inossidabile Myrna Kamara, ex stella bejartiana e Schiava perfetta e folgorante, accompagnata dai bravi e puntuali Antonio Russo e Evgeny Kourtsev, nonché la troppo infagottata Amaya Ugarteche, splendida Sacerdotessa.

I costumi risultano adeguati e imponenti anche nella loro esagerata ridondanza, ma sarebbe il caso di alleggerire un po' quello della Sacerdotessa del Tempio che risulta ingoffata come in un Gianduiotto...
Le scene colpiscono ancora, ma soprattutto grazie all'impostazione registica di posizionamento delle masse: gli eterni cambi di scena per trovare le solite 8 colonne una volta a destra, una a sinistra, un'altra al centro e così via, risultano decisamente indigesti. Peraltro le Sfingi illuminate dal basso, i due obelischi, le torce tenute in mano dalle comparse sull'ultimo anello dell'anfiteatro sono immagini bellissime e indimenticabili.

La compagnia di canto rasenta l'eccellenza a partire dalla sublime Aida di Fiorenza Cedolins: dizione impeccabile, colori e volumi strepitosi, presenza scenica suntuosa. Lo stesso dicasi per l'Amneris di Violeta Urmana, maestosa e squillante, accattivante e dominatrice, deus ex machina di una vicenda che la vede vincitrice e vinta.
Bene il Radames di Marco Berti, meno interessante per presenza scenica, ma vocalmente potente, quasi troppo per il "catino" veronese, anche se forse proprio per questo poco colorato, tendendo spesso a spingere troppo la voce. Pessima serata invece per il Ramfis di Orlin Anastassov: voce insicura, poco timbrata e afflitta da una velatura, forse a causa di qualche malessere, speriamo di passaggio. Splendido l'Amonasro di Ambrogio Maestri, autorevole e tonante comme il faut! Adeguati il Re di Carlo Cigni, la Sacerdotessa di Antonella Trevisan e il Messaggero di Saverio Fiore.

La direzione d'orchestra del Maestro Daniel Oren è quasi perfetta. Solo durante qualche aria principale,  "Celeste Aida" per esempio, sembra assecondare troppo i cantanti aiutandoli per le impervie note verdiane, sacrificando un po' il fluire del canto. L'Orchestra, una volta tanto, non sovrasta i cantanti (difficile in Arena!), ma suona con maestria e competenza, senza scivolare sulle difficoltà dei fiati, sia in fossa che in palco, che distruggono le esecuzioni di tante altre fondazioni liriche.
Bene, benissimo il Coro areniano, sia per compatezza che per maturità scenica.

Arena piena, applausi a profusione e commenti entusiastici per uno spettacolo da vedere almeno una volta nella vita!

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