martedì 9 settembre 2025

OTELLO lunedì 8 settembre 2025

Locandina dello spettacolo 

È proprio vero che "chi ben comincia è a metà dell'opera"! A giudicare dalla prima immagine che illumina il grandioso palcoscenico della Gallusova dvorana dello Cankarjev Dom di Lubiana, lo spettacolo non potrà che essere un successo: un mare in tempesta proiettato sul tulle in proscenio apporta una presenza pericolosa, massiccia e incombente che sovrasta gli abitanti dell'isola di Cipro in cui si svolge la vicenda di Otello così come rivisitato da Boito e Verdi partendo dall'originale scespiriano.

È davvero un'immagine potente e inquietante che predispone correttamente lo spettatore alla visione del dramma che seguirà. Il regista Guy Montavon riesce nell'operazione di eliminare gli orpelli medievali per restituirci un allestimento pulito, lineare, moderno, perfettamente calzante a questo tardo Verdi che, abbandonata la forma chiusa tipica della composizione delle sue opere, tanto si lascia andare a seguire la narrazione ma senza trascurare la grande abilità nell'orchestrazione. Montavon pone, giustamente, al centro la figura di Iago, per il quale costruisce una presenza, a volte soltanto suggerita, ma costante che rendono finalmente a colui che è il vero protagonista di quest'opera. Le scene, i costumi e le luci di Wolfgang von Zoubek sono perfettamente allineati alla lettura registica, creando armonie cromatiche e stilistiche di indiscutibile bellezza. Prezioso e molto gradevole il breve cammeo coreografico di Cleopatra Purice inserito nel primo atto. 

Roberto Gianola alla guida della potente Orchestra della SNG di Maribor non lesina in clangori e fortissimi, coadiuvato da una sezione di fiati di ottima qualità, che invadono la sala teatrale con la stessa forza impetuosa del mare. Bene gli riesce di condurre in porto i suoi musicisti che affollano il golfo mistico, pur senza trascurare la doverosa attenzione a quanto succede in palcoscenico

Bene, benissimo si comporta il coro sloveno diretto da Zsuzsa Budavari Novak che sfodera ottime capacità interpretative, oltre che musicali.

Carlos Marcelo Ventre, è un Otello navigato per esperienza e di grande generosità vocale; ho trovato toccante, perfetta la Desdemona di Sabina Cvilak, dalle mezzevoci e i pianissimo preziosi come i suoi filati, perfetti a rendere la delicatezza della vittima sacrificale che il suo ruolo richiede; Luka Brajnik è geniale nella resa scenica e vocale del suo Iago, il diabolico e perfido artefice della vicenda, scaltro e crudele quanto desideroso di vendetta e di luce; Irena Petkova è un'ottima Emilia, la moglie di Iago e cameriera di Desdemona cui tocca svelare la verità sul suo consorte e l'orrendo complotto da lui ideato; presente e amabile il Cassio di Bože Jurić Pešić.

Applausi scroscianti e giusti da una sala quasi gremita.




















martedì 20 maggio 2025

CORPO AL CONFINE 2025

 Locandina dello spettacolo 

Questa edizione di Corpo al confine, rassegna sperimentale di danza contemporanea che Compagnia Bellanda ha organizzato con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia e con il partenariato del Comune di Monfalcone e del Consorzio Culturale del Monfalconese, ha portato in Friuli-Venezia Giulia numerose compagnie provenienti da tutta Italia, permettendomi così di fare il punto sulla situazione della danza contemporanea italiana. La rassegna era incentrata su assoli e duetti anche perché si svolgeva in luoghi non convenzionali che andavano dalla bella Villa Vicentini Miniussi di Ronchi dei Legionari, alle sale del Mu.Ca, il museo della cantieristica navale di Monfalcone, al parterre del Musina Garden Center di Cormons, tutti in provincia di Gorizia.

Tra le tante coreografie preentate, ho molto amato UCSO una carezza sugli occhi di Salvatore Sciancalepore, che ha il grande pregio di saper raccontare chiaramente, senza bisogno di alludere ma restando leggibile a chiunque senza essere banale o scontato: in scena, assieme a lui, Samuele Arisci, in un duetto emozionante fino allo spogliarsi mentalmente e fisicamente dalle tante maschere che spesso siamo portati, o costretti, a indossare. Una sorpresa anche il solo di Virginia Spallarossa intitolato Fuga per Gaia Lo Cascio dove questa minuta danzatrice dalle linee dirompenti, prende la scena iniziando sottotono ma capace di dominarla, ammaliandoci per sensualità, sicurezza e spavalderia. Anche Backing di Fernando Pasquini per la Compagnia Naturalis Labor di Vicenza, racconta di una relazione, in questo caso tra due donne, che siano innamorate o soltanto amiche importa poco, importa invece il crescendo emotivo e fisico che riescono a creare tra di loro facendoci pensare al sostegno reciproco e a cosa succede se questo viene a mancare. fresco, arioso come la nuvola di nylon che portano in scena i danzatori, è Scighera di Matteo Bittante dedicato alla nebbia che affligge spesso la pianura padana e di come questa muta, si decompone e si mostra per ciò che è o non è, rivelando corpi, strane creature o nascondendole.


Infine, tutti i danzatori di Compagnia Bellanda - Claudia Latini, Giovanni Leonarduzzi, Arianna Silvestri, Ludovica Ballarin e Vito Colangelo - impegnati in ogni sorta di ruolo in scena e fuori per la riuscita di questo interessante evento, portatori del movimento fluido e rotondo che Giovanni Leonarduzzi ha saputo infondere in tutti loro ma anche capaci di sviluppare dinamiche e declinazioni personali e creative in autonomia, che hanno presentato diversi brani dal repertorio della compagnia, adattati site specific per le varie ambientazioni previste. Coreografie che andavano da La dolce vita per la coppia Latini/Leonarduzzi, a Never failed me di Claudia Latini per Arianna Silvestri e Ludovica Ballarin, da Katastasis di e con Vito Colangelo ad Argine.Sull'orlo di sé di e con Arianna Silvestri, alcune già compiute e pronte per la scena, altre presentate in forma di studio, ma tutte importanti per sottolineare e confermare la valenza di questa compagine regionale che ha davanti successi assicurati.


Il pubblico ha gremito gli spazi, mandando in out molti degli eventi previsti, dimostrando l'apprezzamento con applausi calorosi che spesso sono sfociati in dichiarazioni o domande nel corso di brevi scambi di opinioni tra pubblico e artisti presenti, con l'intento di accogliere e sciogliere quesiti e dubbi aperti dalle performances. Alla prossima edizione!

domenica 18 maggio 2025

RIGOLETTO venerdì 16 maggio 2025

 Locandina dello spettacolo 

Accidenti! Questa stagione della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste rischia di essere un vero bingo! Ma per prudenza, aspetterò Candide...

In merito a questo Rigoletto, posso dire che è stato di ineccepibile qualità musicale per l'eccellente direzione di Daniel Oren. Il Maestro israeliano è davvero uno dei pochi Direttori d'orchestra che riesce a restituire a Verdi i pianissimi, le delicatezze sonore, le geniali capacità di orchestrazione che, generalmente, vengono lette e riprodotte solo come momenti di sfogo per l'orchestra che sembra istigata a suonare il più forte possibile. Oren, a parte l'affetto e il supporto incondizionato per i cantanti, restituisce al Cigno di Busseto l'eleganza, la leggerezza, la poesia che gli sono raramente riconosciute.  

Lo spettacolo riutilizza buona parte di una scenografia già vista su questo palcoscenico ma viene riletta, ammorbidita e arricchita anche grazie ai fondali fatti in video proiezioni ai quali il Verdi sembra essersi convertito totalmente in questa stagione: un'operazione sicuramente votata al risparmio ma che nulla ha da invidiare a costosissimi allestimenti e produzioni ex-novo. Belli i costumi che immagino anche loro di repertorio, visto che non appaiono i nomi dei creatori. La regia di Vivien Hewitt parte ricca di speranze per le prime sei scene del primo atto per poi proseguire nell'ovvio più tradizionale: ma c'è da esserne lieti, piuttosto che vedere delle povere comparse svolazzare veli per decine di minuti, come accaduto di recente. 

Amartuvshin Enkhbat è Rigoletto, senza mezzi termini o giri di parole. Aldilà, del potente strumento vocale dal bellissimo colore, l'eleganza, la chiarezza del fraseggio e la sensibilità nel canto sono toccanti e di grandiosa maestria, al punto che non possiamo che immedesimarci nello strazio di un padre così sfortunato. Bellissima prova anche per Sabina Puertolas che disegna una Gilda dolce ma determinata, vocalmente perfetta per il ruolo e tecnicamente salda, così come Gaetano Salas che porta in scena un Duca ben costruito, padroneggiando acuti cristallini e sicuri. Martina Belli è a sua volta una perfetta Maddalena dalla bellezza sconcertante e dalla giusta vocalità. Un po' deboli alcuni comprimari ma eravamo più che appagati dalle prime parti. 

Il Coro del Teatro ha degnamente sostenuto il suo ruolo, sia scenicamente che vocalmente, anche grazie alla guida sicura del Maestro Paolo Longo. L'Orchestra del massimo triestino sembra un'altra quando a dirigerla torna Oren, nonostante abbia suonato veramente bene per tutta la stagione, ora ha qualcosa in più, tocca l'anima. Forse dovuto alla postazione dalla quale ho assistito allo spettacolo (ero nel cosiddetto "palco di Sissi" che gode di posizione incredibile sulla cavea orchestrale) ma vedere la giovane violoncellista suonare (credo Caterina Salizzato) scolpita dal suo Direttore è stato incredibile. E lo stesso dicasi per lo "scultore" il Maestro Oren che, credo, perda o forse guadagni un anno di vita ad ogni recita per la passione, il trasporto e l'amore che dimostra e infonde: è stato commovente vederlo e meriterebbe un posto in palcoscenico perché tutti possano godere di come un uomo si trasfigura di fronte ad una passione. 

La nota stonata ma che tanto piace ad Oren: i bis. Questo addirittura fuori sipario e talmente forzato da sembrare posticcio ma la gioia di poter godere di nuovo delle voci di Enkhbat e della Puertolas supera il fastidio. (Avevo già raccontato di quando, in una indimenticabile Vedova Allegra, sempre in questo teatro con Luciana Serra e Roberto Frontali, il Maestro aveva concordato con Gino Landi e noi danzatori un bis, sorprendendoci poi la sera della prima con un ter non previsto: non vi racconterò la stanchezza e l'improvvisazione di cui dovemmo farci carico e quanto si divertiva ed era felice lui...)

Ovazioni meritatissime dalla sala tutta esaurita per Oren e Enkhbat, ma anche per la Puertolas e per Salas, a sugello di una serata perfetta e indimenticabile.


sabato 19 aprile 2025

LUCIA DI LAMMERMOOR giovedì 17 aprile 2025

 Locandina dello spettacolo 

Temevo molto per questa Lucia di Lammermoor perché è un'opera che amo molto e che non vedevo in scena da un po' di tempo. Temevo perché, visto il livello dei cantanti delle due precedenti produzioni, avevo paura che avremmo avuto una distribuzione al risparmio, e invece no, anzi!

Ho trovato regia e allestimento serie e austeri ma, dopo l'ultima nefandezza vista sul palcoscenico del massimo triestino, mi è sembrata un miracolo di equilibrio ed eleganza. La molto tradizionale ma scorrevole regia è firmata da Bruno Berger-Gorski che si concede un unico volo pindarico nell'immaginare Lucia incinta di Edgardo mentre compie la mattanza di Arturo, appena sposato. La regia è centrata sui protagonisti che segue con cura ma poco sul coro che, a parte la scena terza del secondo atto dove sono chiamati ad interpretare delle danze accennate ma piacevoli, è condannato alla solita immobilità schierata. Scene di Carmen Castanon e costumi di Claudio Martin, parimenti assortiti alle volontà del regista di rappresentare il cupo potere della Chiesa, le imposizioni, le guerre e  il costante tentativo di non lasciar emancipare le donne.



Nel ruolo di Lucia abbiamo avuto la fortuna di sentire e vedere un soprano come Jessica Pratt che, nuovo timore, annuncia di essere indisposta ma di voler comunque affrontare la recita. In effetti nella sua prima grande scena Ancor non giunse qualche problema si è sentito ma padrona dello strumento e della tecnica, ha saputo portare avanti tutta la recita, ovviando con filati e mezze voci che, in piena armonia con la delicata e sussurrata direzione d'orchestra di Daniel Oren, hanno riempito di magia la sala del Verdi, ammutolita ad ascoltare tanta grazia. Invidio chi potrà ascoltarla, auspicabilmente in piena forma, nelle prossime recite: una vera regina del belcanto! È stata ben supportata dall'Edgardo di Francesco Demuro, di grande slancio vocale e timbro perfetto da tenore romantico che, in costante crescita interpretativa e vocale, ha concluso l'opera magistralmente, acclamato dal pubblico. Molto valida anche la prova del baritono Maxim Lisiin nel ruolo di Lord Enrico dal perfetto sillabato al punto che mi ha fatto pensare fosse italiano. Ho molto apprezzato anche la prestazione di solido professionismo resa da Carlo Lepore come Raimondo, una sorta di Rasputin per influenza e religiosità che ha saputo padroneggiare canto e palco con fascino e vera maestria.



La direzione di Oren, che ho sempre ritenuto un po' coercitiva, mi è veramente piaciuta in quest'opera di Donizetti che come tanto Verdi può virare facilmente al clangore, mentre il Direttore israeliano è riuscito a "tenere bassi i toni" esaltando finezza e delicatezza di un dramma così sconvolgente ma avvincente. L'Orchestra del Verdi è da sempre obbediente alle sue richieste e viene premiata dal bellissimo risultato artistico generale, così come il Coro egregiamente diretto da Paolo Longo che non si risparmia né vocalmente, né scenicamente. 



La Direzione della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste sta portando a casa un'altra stagione ben programmata: il pubblico plaudente, anche se non numerosissimo, ha tributato giusti riconoscimenti a Soprano, Tenore e Direttore.


venerdì 14 marzo 2025

RIOT ACT mercoledì 12 marzo 2025

 Locandina dello spettacolo

Caro Massimo

no, non ci conosciamo ma mi permetto lo stesso di chiamarti così e di darti anche del tu, perché tra compagni di battaglia non c'è tempo per inutili formalità e perché il pensiero simile accomuna, avvicina, affraterna.

Ti devo ringraziare per tante cose. 

Il primo grazie che ti devo è per aver avuto la voglia, il coraggio e, spero, il bisogno di portare in scena questo grandioso testo di Alexis Gregory, magistralmente tradotto da Enrico Luttmann. Dice bene Michael quando chiede ai giovani che tanto terreno hanno trovato spianato, di avvicinarsi ai gay non più giovani, di parlargli e magari anche di ringraziarli perché se oggi i ragazzi sono liberi è per le randellate fisiche e/o morali che abbiamo preso noi in passato. E questo bellissimo primo monologo ce le fa sentire tutte, tutte quelle che hanno preso le drag queen, vestite con i tailleur spinati delle mamme e non certo con i rutilanti look di oggigiorno, come ci hai saputo meravigliosamente e dolorosamente raccontare tu. 

Un altro grazie è per aver studiato ed essere diventato il brillante attore che sei. Questi tre monologhi riuniti, così vicini ma così lontani, forse non ci avrebbero altrettanto catturati se la tua prova d'attore non fosse stata così superlativa da presentarti come il vecchio e canuto Michael, tra i pochi sopravvissuti della rivolta dello Stonewall  di New York, per poi trasformarti in Lavinia, uno scoppiettante travestito, e infine apparire come Paul, un'attivista per i diritti civili degli anni '90. Hai saputo raccontarli come dovevano essere e come Alexis Gregory li ha fissati sulla carta dopo averli intervistati: tre personaggi diversissimi tra loro ma capaci di rompere le regole a qualunque costo. Per quanto poco attraente, vecchio e lento sembravi nei panni di Michael, nelle interpretazioni seguenti hai saputo notevolmente stupirci. Per non parlare della bravura nell'essere regista di te stesso, di riuscire a guardarti da fuori con occhio clinico e cinico: complimenti. Mai come in questo momento, possiamo permetterci di abbassare la guardia, dopo tante conquiste e tanti passi avanti, i barbari sembrano essere alla porta e pare che siano interessati soltanto a umiliarci togliendoci quello che ci siano conquistati lottando e soffrendo. Che poi qualcuno dovrà spiegarmi che vantaggi hanno a togliere dei diritti a noi...sadismo? Desiderio di sopraffazione? Invidia? Poracci... 


Poi, un grazie commosso è per avermi fatto ricordare che tante persone tolleranti e aperte vivono in questa città, aldilà delle apparenze e della loro scontrosa grazia. Trieste fa di tutto per nasconderle, uniformarle, ridicolizzarle e banalizzarle ma quando serve le anime belle e illuminate che qui vivono escono allo scoperto, senza pudori e reticenze, e battono le mani e si alzano in piedi per ringraziare gli artisti che li commuovono. Ora so che ce ne sono di sicuro almeno duecento a Trieste, che sono quelle che hanno riempito la sala Bartoli in ogni ordine di posto per due sere di fila. Lo hai detto anche tu, in mezzo agli applausi, che Trieste ti ha dato un'accoglienza inaspettatamente calorosa e sono fiero di averla scelta come mia città nei lontani anni '80, dove mi sentivo e tranquillo di poter camminare per qualche breve tratto mano nella mano con il mio fidanzato del tempo, sicuro di non essere adocchiato, deriso, insultato o malmenato.

Poi ci sono due grazie che ti riguardano indirettamente: il primo è per Walter Mramor che con la sua solita gentile lungimiranza manageriale tanto ha fatto e continua a fare per questo territorio, non solo in ambito teatrale ma anche per la comunità gay in generale; il secondo è per il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia che ha scelto e ospitato questa tua fatica e per averci permesso di goderne, di riflettere, di soffrire ma anche di gioire, rinascere e sperare. Ad entrambi suggerisco, chiedo, imploro di far vedere questo spettacolo a quanti più giovani possibili, a tutte le scolaresche liceali e a tutti quelli che hanno ancora il cuore aperto e vivo.

È stato bello conoscerti, spero di rivederti e di riabbracciarti presto! Tuo,

Corrado


Dal comunicato dell'ufficio stampa del Teatro stabile del Friuli-Venezia Giulia

Limpegno di “Riot Act” è politico e abbraccia un pubblico trasversale, perché vincere nei diritti è segno di civiltà, democrazia e uguaglianza per tutti. Alexis Gregory combina in un unico testo tre monologhi che ripercorre attraverso tre storie vere, la faticosa lotta per i diritti dal 1969 ad oggi, abbracciando ben sei decenni e due continenti. Questo non è uno "spettacolo" ma la testimonianza di tre persone che decidono con coraggio e generosità di raccontarsi. Un resoconto in prima persona della notte allo Stonewall, che ha dato il via al movimento di liberazione  omosessuale, il racconto di una vita da drag dagli anni Settanta ad oggi e  infine una straziante narrazione sul boicottaggio della lotta contro l'AIDS negli anni Novanta. Storie vere, racconti, potenti e avvolgenti, ma anche brillanti e dissacranti. 

Sito di Alexis Gregory, autore di Riot act

Sito di Massimo Di Michele, attore e regista

domenica 23 febbraio 2025

HAMLET sabato 22 febbraio 2025

Locandina dello spettacolo 

Niente da fare: il balletto narrativo non è per tutti. 

Ma di sicuro non è il caso di Leo Mujić: questo uomo è un genio!

Andando in macchina verso Lubiana, ho chiesto a mio marito di rileggermi la storia di Amleto perché ne ricordavo solo alcuni stralci. Arrivare in teatro e iniziare a veder scorrere davanti ai miei occhi la stessa sequenza di dettagli e intrecci appena letta su Wikipedia è stato quasi uno choc. Scrivo spesso di quanto sia difficile trasferire la ricchezza e il dettaglio di un romanzo o di un qualunque testo scritto, attraverso i gesti della danza e di tutto quello che il corpo può raccontare da muto. Mujić mi ha completamente smentito e dovrò andare a correggere tutte le precedenti recensioni in cui lo scrivevo. La quantità e la qualità di vocaboli tradotti in gesti unici e personalissimi che affida ai danzatori è stupefacente e toccante quanto a finezza di scrittura. Lo slancio dei suoi lift, il non ripetersi quasi mai degli stessi passi, l'abilità nel muovere le masse, mi confermano la grande capacità sartoriale di questo creatore di "abiti su misura" per i danzatori, che già avevo visto nel suo "The great Gatsby". Spero che una carriera interazionale infinita riconosca il talento di questo incredibile coreografo serbo. 



"Per me i balletti narrativi sono sempre una sfida. Allo stesso tempo, è qualcosa di molto difficile, interessante e complicato, ma anche molto rischioso perché si ha a che fare con i classici. Ti chiedi costantemente come un'opera specifica sia diventata un classico, come sia sopravvissuta fino ad oggi e quale sia il vero valore di un'opera letteraria - quindi, il fatto che un'opera sia sopravvissuta così a lungo è qualcosa che ispira timore reverenziale verso quell'opera e sto facendo del mio meglio per tradurla sul palcoscenico esattamente così com'è". Ci sei riuscito Leo, ci sei riuscito perfettamente.



Non c'è un passo che sia fuori stile o che non abbia un senso all'interno dell narrazione. In più, motiva interiormente i danzatori con una gestualità forte e contorta che finisce in una continua estensione delle dita delle mani, nel flettere i polsi e nel frustare le braccia nell'aria, tutti movimenti che stancano ma riempiono i danzatori di forza espressiva. Il team creativo che si è composto nel 2023 a Zagabria per la prima mondiale di Hamlet è tutto da lode: a partire dal drammaturgo, assistente alla coreografia, nonché splendido interprete del Fantasma Bálint Rauscher allo scenografo Stefano Katunar, dalla costumista Manuela Paladin Šabanović al disegno luci di Aleksandar Čavlek. La sensazione che sia stato un team fecondo, fortemente coeso e pieno di energia è certificata dal fatto che non c'è una sbavatura neanche a cercarla! Ah si, una: il rumore che fanno i fiori di plastica che dalle mani di Ofelia cadono a terra :-)) A Bálint Rauscher si deve anche la selezione musicale che è in ogni caso una cifra frequente negli spettacoli di Mujić e cioé quella di utilizzare pagine spesso molto conosciute ma che, incredibilmente, sembrano scritte appositamente per il balletto cui stiamo assistendo. Questo Hamlet reggeva su diversi brani di Pyotr Ilyich Tchaikovsky e Camille Saint-Saëns che Ayrton Desimpelaere ha saputo leggere e guidare con la sensibilità e l'intelligenza che lo contraddistingue da quando ho avuto modo di iniziare a sentirlo dirigere. L'Orchestra della SNG di Lubiana ha suonato con massima attenzione e cura, anche perché in questo caso la musica non è trascurabile come quando si parla di autori tipici del repertorio ballettistico e dei pastiches ottocenteschi. Toccante e perfetto l'assolo violinistico di Jelena Pejić.


Kenta Yamamoto è stato un Amleto perfetto: intenso interpretativamente, saldo e presente...bravissimo! Così come Filip Juric nel ruolo di Claudio, la cui tecnica sembra inossidabile e l'interpretazione attoriale in costante crescita. Nel comparto femminile la regina Gertrude di Tjasa Kmetec continua ad essere indiscutibile e perfetta per questo tipo di ruoli e di stili coreografici, così come non avevo mai visto Emilie Gallerani Tassinari così sicura, affascinante e perfetta in un ruolo, come in questo di Ofelia. Sempre ineccepibili Lukas Bareman, Solomon Osayi Osazuva e Chie Murashi (una incredibile Orazio con tanto di baffi), Lukas Zuschlag e Gabriela Mede, nonché Nina Noč e Neža Rus. Senza dimenticare il trio maschile composto da Filippo Jorio, Yujin Muraishi e Mario Charlo Sobrino. Ma, come sempre, tutta la compagnia eccelle per presenza, forza interpretativa, capacità di assorbire stili diversi e voglia di danzare: bravi tutti dal più profondo del mio cuore! 

Sala gremita, pubblico festante e plaudente, tre chiamate alla ribalta e applausi scroscianti per tutti!

Le meravigliose foto di scena sono di Darja Štravs Tisu