giovedì 23 ottobre 2025

VISAVI' venerdì 10 e sabato 18 ottobre 2025

Locandina dello spettacolo 

L'anno in cui il mio amato festival Visavì si allunga, io non riesco a seguirlo...uffa!

In occasione della nomina di Gorizia e Nova Gorica Capitali europee della cultura per il 2025, Walter Mramor e la sua Artisti Associati di Gorizia hanno fatto un considerevole sforzo per rendere questo piccolo e prezioso festival più lungo e coinvolgente: la programmazione si è allungata ad una decina di giorni e tutti gli spettacoli rimbalzavano da una parte all'altra del confine, creando una bellissima sinergia tra questi luoghi così vicini ma così lontani per anni...

Ho potuto seguire poco ma ho avuto la fortuna di assistere venerdì 10 ottobre a Turning of bones di Akram Khan e a undici performance che si sono svolte sabato 18 ottobre.

Turning of bones di Akram Khan ha forse il pregio principale di coniugare i paradigmi di un balletto classico a quelli di un brano di danza contemporanea, fondendosi in una creazione unica e assolutamente coinvolgente, magistralmente interpretato dalla Gauthier Dance Company basata a Stoccarda e diretta con cura e devozione dal danzatore, coreografie e musicista Eric Gauthier: la pulizia dell'esecuzione, la motivazione dei danzatori e la grinta di questo ensemble mi sono chiari e mi commuovono ancora a distanza di giorni. Il brano è una sorta di rivisitazione antologica tratta da celebri lavori del coreografo britannico con origini del Bangladesh che è una vera star oltremanica. Il titolo, Turning of Bones, fa riferimento alla Famadihana, un rituale di commemorazione praticato in Madagascar. Durante la cerimonia, le famiglie riesumano i resti degli antenati, riscrivono i nomi sui sudari, sollevano le ossa sopra la testa e danzano con loro: un gesto di connessione profonda con la memoria, l’identità e l’amore. Khan trasforma questo rito in un'esperienza collettiva in cui corpo e natura si fondono. È una coreografia che si interroga sul tempo, sul legame con le nostre radici e sulla vitalità che attraversa ogni gesto e lo fa coniugando la pantomima, la narrazione in danza, a momenti di forte contemporaneità. La coreografia è di gran fattura, i danzatori sono eccellenti, la tensione cresce e si resta con il fiato sospeso in attesa del non scontato finale.




Durante il percorso a tappe denominato ODEC One Dance European City, dove la danza incontra il territorio per una durata di due ore e mezza che si snoda da Gorizia a Nova Gorica, alcune soste mi sono rimaste impresse più di altre. La prima, nell'angusto spazio al piano terra della sede di Borgo Live Academy, in un palcoscenico di 4 metri per 4, abbiamo potuto ammirare una miniatura coreografica di Angelin Prejolicaj. Ho scoperto che era una sua coreografia solo più tardi non avendo letto prima il programma di sala ma ero rimasto abbagliato dalla bellezza della costruzione coreografica, dal crescendo dell'intensità nonché dal talento dei due danzatori, Arainna Kob e Albert Carol Perdiguer: la maestria di un coreografo è evidente agli occhi! Abbiamo poi attraversato le creazioni di Pablo Girolami, degli Arearea e di Philippe Kratz e altri tutti più o meno interessanti, per poi giungere al momento clou: Dira Libido di Compagnia Bellanda. Chi segue il mio blog ha già letto diverse volte di loro (si, sono proprio un loro fan!) e stavolta sono felicemente sorpreso di constatare come la loro danza "rotonda" si stia staccando sempre più dal pavimento per diventare verticale, conservando stile, qualità e livello: bravi!








Le foto sono di 

Ora aspetto l'edizione 2026, sperando che torni ad essere di quattro, cinque intensissimi giorni da godermi in totale immersione e tutti d'un fiato!


(due momenti preziosi per me e grazie a Giovanni Chiarot per averle immortalati!)

martedì 9 settembre 2025

OTELLO lunedì 8 settembre 2025

Locandina dello spettacolo 

È proprio vero che "chi ben comincia è a metà dell'opera"! A giudicare dalla prima immagine che illumina il grandioso palcoscenico della Gallusova dvorana dello Cankarjev Dom di Lubiana, lo spettacolo non potrà che essere un successo: un mare in tempesta proiettato sul tulle in proscenio apporta una presenza pericolosa, massiccia e incombente che sovrasta gli abitanti dell'isola di Cipro in cui si svolge la vicenda di Otello così come rivisitato da Boito e Verdi partendo dall'originale scespiriano.

È davvero un'immagine potente e inquietante che predispone correttamente lo spettatore alla visione del dramma che seguirà. Il regista Guy Montavon riesce nell'operazione di eliminare gli orpelli medievali per restituirci un allestimento pulito, lineare, moderno, perfettamente calzante a questo tardo Verdi che, abbandonata la forma chiusa tipica della composizione delle sue opere, tanto si lascia andare a seguire la narrazione ma senza trascurare la grande abilità nell'orchestrazione. Montavon pone, giustamente, al centro la figura di Iago, per il quale costruisce una presenza, a volte soltanto suggerita, ma costante che rendono finalmente a colui che è il vero protagonista di quest'opera. Le scene, i costumi e le luci di Wolfgang von Zoubek sono perfettamente allineati alla lettura registica, creando armonie cromatiche e stilistiche di indiscutibile bellezza. Prezioso e molto gradevole il breve cammeo coreografico di Cleopatra Purice inserito nel primo atto. 

Roberto Gianola alla guida della potente Orchestra della SNG di Maribor non lesina in clangori e fortissimi, coadiuvato da una sezione di fiati di ottima qualità, che invadono la sala teatrale con la stessa forza impetuosa del mare. Bene gli riesce di condurre in porto i suoi musicisti che affollano il golfo mistico, pur senza trascurare la doverosa attenzione a quanto succede in palcoscenico

Bene, benissimo si comporta il coro sloveno diretto da Zsuzsa Budavari Novak che sfodera ottime capacità interpretative, oltre che musicali.

Carlos Marcelo Ventre, è un Otello navigato per esperienza e di grande generosità vocale; ho trovato toccante, perfetta la Desdemona di Sabina Cvilak, dalle mezzevoci e i pianissimo preziosi come i suoi filati, perfetti a rendere la delicatezza della vittima sacrificale che il suo ruolo richiede; Luka Brajnik è geniale nella resa scenica e vocale del suo Iago, il diabolico e perfido artefice della vicenda, scaltro e crudele quanto desideroso di vendetta e di luce; Irena Petkova è un'ottima Emilia, la moglie di Iago e cameriera di Desdemona cui tocca svelare la verità sul suo consorte e l'orrendo complotto da lui ideato; presente e amabile il Cassio di Bože Jurić Pešić.

Applausi scroscianti e giusti da una sala quasi gremita.




















martedì 20 maggio 2025

CORPO AL CONFINE 2025

 Locandina dello spettacolo 

Questa edizione di Corpo al confine, rassegna sperimentale di danza contemporanea che Compagnia Bellanda ha organizzato con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia e con il partenariato del Comune di Monfalcone e del Consorzio Culturale del Monfalconese, ha portato in Friuli-Venezia Giulia numerose compagnie provenienti da tutta Italia, permettendomi così di fare il punto sulla situazione della danza contemporanea italiana. La rassegna era incentrata su assoli e duetti anche perché si svolgeva in luoghi non convenzionali che andavano dalla bella Villa Vicentini Miniussi di Ronchi dei Legionari, alle sale del Mu.Ca, il museo della cantieristica navale di Monfalcone, al parterre del Musina Garden Center di Cormons, tutti in provincia di Gorizia.

Tra le tante coreografie preentate, ho molto amato UCSO una carezza sugli occhi di Salvatore Sciancalepore, che ha il grande pregio di saper raccontare chiaramente, senza bisogno di alludere ma restando leggibile a chiunque senza essere banale o scontato: in scena, assieme a lui, Samuele Arisci, in un duetto emozionante fino allo spogliarsi mentalmente e fisicamente dalle tante maschere che spesso siamo portati, o costretti, a indossare. Una sorpresa anche il solo di Virginia Spallarossa intitolato Fuga per Gaia Lo Cascio dove questa minuta danzatrice dalle linee dirompenti, prende la scena iniziando sottotono ma capace di dominarla, ammaliandoci per sensualità, sicurezza e spavalderia. Anche Backing di Fernando Pasquini per la Compagnia Naturalis Labor di Vicenza, racconta di una relazione, in questo caso tra due donne, che siano innamorate o soltanto amiche importa poco, importa invece il crescendo emotivo e fisico che riescono a creare tra di loro facendoci pensare al sostegno reciproco e a cosa succede se questo viene a mancare. fresco, arioso come la nuvola di nylon che portano in scena i danzatori, è Scighera di Matteo Bittante dedicato alla nebbia che affligge spesso la pianura padana e di come questa muta, si decompone e si mostra per ciò che è o non è, rivelando corpi, strane creature o nascondendole.


Infine, tutti i danzatori di Compagnia Bellanda - Claudia Latini, Giovanni Leonarduzzi, Arianna Silvestri, Ludovica Ballarin e Vito Colangelo - impegnati in ogni sorta di ruolo in scena e fuori per la riuscita di questo interessante evento, portatori del movimento fluido e rotondo che Giovanni Leonarduzzi ha saputo infondere in tutti loro ma anche capaci di sviluppare dinamiche e declinazioni personali e creative in autonomia, che hanno presentato diversi brani dal repertorio della compagnia, adattati site specific per le varie ambientazioni previste. Coreografie che andavano da La dolce vita per la coppia Latini/Leonarduzzi, a Never failed me di Claudia Latini per Arianna Silvestri e Ludovica Ballarin, da Katastasis di e con Vito Colangelo ad Argine.Sull'orlo di sé di e con Arianna Silvestri, alcune già compiute e pronte per la scena, altre presentate in forma di studio, ma tutte importanti per sottolineare e confermare la valenza di questa compagine regionale che ha davanti successi assicurati.


Il pubblico ha gremito gli spazi, mandando in out molti degli eventi previsti, dimostrando l'apprezzamento con applausi calorosi che spesso sono sfociati in dichiarazioni o domande nel corso di brevi scambi di opinioni tra pubblico e artisti presenti, con l'intento di accogliere e sciogliere quesiti e dubbi aperti dalle performances. Alla prossima edizione!

domenica 18 maggio 2025

RIGOLETTO venerdì 16 maggio 2025

 Locandina dello spettacolo 

Accidenti! Questa stagione della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste rischia di essere un vero bingo! Ma per prudenza, aspetterò Candide...

In merito a questo Rigoletto, posso dire che è stato di ineccepibile qualità musicale per l'eccellente direzione di Daniel Oren. Il Maestro israeliano è davvero uno dei pochi Direttori d'orchestra che riesce a restituire a Verdi i pianissimi, le delicatezze sonore, le geniali capacità di orchestrazione che, generalmente, vengono lette e riprodotte solo come momenti di sfogo per l'orchestra che sembra istigata a suonare il più forte possibile. Oren, a parte l'affetto e il supporto incondizionato per i cantanti, restituisce al Cigno di Busseto l'eleganza, la leggerezza, la poesia che gli sono raramente riconosciute.  

Lo spettacolo riutilizza buona parte di una scenografia già vista su questo palcoscenico ma viene riletta, ammorbidita e arricchita anche grazie ai fondali fatti in video proiezioni ai quali il Verdi sembra essersi convertito totalmente in questa stagione: un'operazione sicuramente votata al risparmio ma che nulla ha da invidiare a costosissimi allestimenti e produzioni ex-novo. Belli i costumi che immagino anche loro di repertorio, visto che non appaiono i nomi dei creatori. La regia di Vivien Hewitt parte ricca di speranze per le prime sei scene del primo atto per poi proseguire nell'ovvio più tradizionale: ma c'è da esserne lieti, piuttosto che vedere delle povere comparse svolazzare veli per decine di minuti, come accaduto di recente. 

Amartuvshin Enkhbat è Rigoletto, senza mezzi termini o giri di parole. Aldilà, del potente strumento vocale dal bellissimo colore, l'eleganza, la chiarezza del fraseggio e la sensibilità nel canto sono toccanti e di grandiosa maestria, al punto che non possiamo che immedesimarci nello strazio di un padre così sfortunato. Bellissima prova anche per Sabina Puertolas che disegna una Gilda dolce ma determinata, vocalmente perfetta per il ruolo e tecnicamente salda, così come Gaetano Salas che porta in scena un Duca ben costruito, padroneggiando acuti cristallini e sicuri. Martina Belli è a sua volta una perfetta Maddalena dalla bellezza sconcertante e dalla giusta vocalità. Un po' deboli alcuni comprimari ma eravamo più che appagati dalle prime parti. 

Il Coro del Teatro ha degnamente sostenuto il suo ruolo, sia scenicamente che vocalmente, anche grazie alla guida sicura del Maestro Paolo Longo. L'Orchestra del massimo triestino sembra un'altra quando a dirigerla torna Oren, nonostante abbia suonato veramente bene per tutta la stagione, ora ha qualcosa in più, tocca l'anima. Forse dovuto alla postazione dalla quale ho assistito allo spettacolo (ero nel cosiddetto "palco di Sissi" che gode di posizione incredibile sulla cavea orchestrale) ma vedere la giovane violoncellista suonare (credo Caterina Salizzato) scolpita dal suo Direttore è stato incredibile. E lo stesso dicasi per lo "scultore" il Maestro Oren che, credo, perda o forse guadagni un anno di vita ad ogni recita per la passione, il trasporto e l'amore che dimostra e infonde: è stato commovente vederlo e meriterebbe un posto in palcoscenico perché tutti possano godere di come un uomo si trasfigura di fronte ad una passione. 

La nota stonata ma che tanto piace ad Oren: i bis. Questo addirittura fuori sipario e talmente forzato da sembrare posticcio ma la gioia di poter godere di nuovo delle voci di Enkhbat e della Puertolas supera il fastidio. (Avevo già raccontato di quando, in una indimenticabile Vedova Allegra, sempre in questo teatro con Luciana Serra e Roberto Frontali, il Maestro aveva concordato con Gino Landi e noi danzatori un bis, sorprendendoci poi la sera della prima con un ter non previsto: non vi racconterò la stanchezza e l'improvvisazione di cui dovemmo farci carico e quanto si divertiva ed era felice lui...)

Ovazioni meritatissime dalla sala tutta esaurita per Oren e Enkhbat, ma anche per la Puertolas e per Salas, a sugello di una serata perfetta e indimenticabile.


sabato 19 aprile 2025

LUCIA DI LAMMERMOOR giovedì 17 aprile 2025

 Locandina dello spettacolo 

Temevo molto per questa Lucia di Lammermoor perché è un'opera che amo molto e che non vedevo in scena da un po' di tempo. Temevo perché, visto il livello dei cantanti delle due precedenti produzioni, avevo paura che avremmo avuto una distribuzione al risparmio, e invece no, anzi!

Ho trovato regia e allestimento serie e austeri ma, dopo l'ultima nefandezza vista sul palcoscenico del massimo triestino, mi è sembrata un miracolo di equilibrio ed eleganza. La molto tradizionale ma scorrevole regia è firmata da Bruno Berger-Gorski che si concede un unico volo pindarico nell'immaginare Lucia incinta di Edgardo mentre compie la mattanza di Arturo, appena sposato. La regia è centrata sui protagonisti che segue con cura ma poco sul coro che, a parte la scena terza del secondo atto dove sono chiamati ad interpretare delle danze accennate ma piacevoli, è condannato alla solita immobilità schierata. Scene di Carmen Castanon e costumi di Claudio Martin, parimenti assortiti alle volontà del regista di rappresentare il cupo potere della Chiesa, le imposizioni, le guerre e  il costante tentativo di non lasciar emancipare le donne.



Nel ruolo di Lucia abbiamo avuto la fortuna di sentire e vedere un soprano come Jessica Pratt che, nuovo timore, annuncia di essere indisposta ma di voler comunque affrontare la recita. In effetti nella sua prima grande scena Ancor non giunse qualche problema si è sentito ma padrona dello strumento e della tecnica, ha saputo portare avanti tutta la recita, ovviando con filati e mezze voci che, in piena armonia con la delicata e sussurrata direzione d'orchestra di Daniel Oren, hanno riempito di magia la sala del Verdi, ammutolita ad ascoltare tanta grazia. Invidio chi potrà ascoltarla, auspicabilmente in piena forma, nelle prossime recite: una vera regina del belcanto! È stata ben supportata dall'Edgardo di Francesco Demuro, di grande slancio vocale e timbro perfetto da tenore romantico che, in costante crescita interpretativa e vocale, ha concluso l'opera magistralmente, acclamato dal pubblico. Molto valida anche la prova del baritono Maxim Lisiin nel ruolo di Lord Enrico dal perfetto sillabato al punto che mi ha fatto pensare fosse italiano. Ho molto apprezzato anche la prestazione di solido professionismo resa da Carlo Lepore come Raimondo, una sorta di Rasputin per influenza e religiosità che ha saputo padroneggiare canto e palco con fascino e vera maestria.



La direzione di Oren, che ho sempre ritenuto un po' coercitiva, mi è veramente piaciuta in quest'opera di Donizetti che come tanto Verdi può virare facilmente al clangore, mentre il Direttore israeliano è riuscito a "tenere bassi i toni" esaltando finezza e delicatezza di un dramma così sconvolgente ma avvincente. L'Orchestra del Verdi è da sempre obbediente alle sue richieste e viene premiata dal bellissimo risultato artistico generale, così come il Coro egregiamente diretto da Paolo Longo che non si risparmia né vocalmente, né scenicamente. 



La Direzione della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste sta portando a casa un'altra stagione ben programmata: il pubblico plaudente, anche se non numerosissimo, ha tributato giusti riconoscimenti a Soprano, Tenore e Direttore.