Non avrei mai pensato che un giorno nel mio teatro (perdonate il "mio" ma quindici anni come dipendente di questo teatro me lo fanno ancora sentire "casa") sarebbe arrivata una nuova Tosca con la regia di Hugo De Ana...e invece, eccola! La nuova sovrintendenza di Giuliano Polo sembra essere partita con il piede giusto, offrendo alla città di Trieste uno spettacolo di serie A come raramente si è visto qui, da noi: grazie!
La Tosca di De Ana è un tutt'uno, come quasi sempre nelle sue produzioni, occupandosi di regia, scene e costumi, riesce a ottenere risultati eccellenti in quanto a coesione e coerenza artistica. Questa produzione è arricchita da alcuni brevi cortometraggi che molto aggiungono al pathos: dalla ricerca notturna e forsennata del fuggitivo Angelotti da parte delle guardie papali, alla corsa di Floria Tosca verso Castel Sant'Angelo, le scene proiettate sul velario di proscenio ci aiutano ad entrare ancor di più dentro la storia di questi sfortunati innamorati. L'effetto è ancora più interessante man mano che lo spettacolo procede, quando dalle proiezioni saltano fuori pezzi di scenografie costruite, alternate a parti pittoriche: le foto che allego vi spiegheranno meglio delle mie parole. La recitazione dei protagonisti è attenta e curata, nonostante il cast che ho visto brillasse più per doti canore che interpretative, e merce ancora più rara sono ben sbalzati anche i caratteri dei comprimari. Le luci di Valerio Alfieri sono la "ciliegina sulla torta" capaci di emozionare come la luce nei quadri di Caravaggio: bravo!
Venendo al cast che ho visto Kristina Kolar mi è sembrata una buona Tosca dal punto di vista vocale ma trascura fortemente l'interpretazione: peccato. Ancora più solido vocalmente il Mario Cavaradossi di Mikheil Sheshaberidze cui non mancano né volume, né acuti: attorialmente sembra riscaldarsi strada facendo fino ad un terzo atto nel quale tecnica e interpretazione sono entrambi ad altissimo livello. Entrambi hanno un fraseggio limpido nelle arie principali ma che diventa incomprensibile nel resto dell'opera. Perfido comme il faut il Barone Scarpia cesellato da Alfredo Daza con scaltrezza ed eleganza, convincente sia vocalmente che scenicamente. Cesare Angelotti cantato da Cristian Saitta e il sagrestano di Dario Giorgelè sono ben disegnati e cantati, così come lo Spoletta di Motoharu Takei, lo Sciarrone di Min Kim e il carceriere di Giuliano Pelizon.
Una sorpresa ancora più grande me l'ha riservata l'Orchestra del Teatro che mai ho sentito suonare così fluida, legata, partecipe e che sembra aver trovato una perfetta sintonia con Christopher Franklin che ha saputo gestire palco e golfo mistico con assoluta attenzione ed eleganza di equilibri. Buona anche la prestazione del Coro, guidato da Paolo Longo, che vediamo in scena solo nel Te Deum e che sembra molto più voluminoso nel suono rispetto alle ultime prove.
Insomma, veramente un bellissimo spettacolo che il pubblico presente alla replica ha lodato a lungo, come sempre quando un'operazione è convincente!
davvero una grande esperienza musicale. L' "opera" come opera di tanti che hanno operato al massimo livello. Grazie! AM
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