martedì 15 marzo 2022

TOSCA giovedì 10 marzo 2022

Locandina dello spettacolo 

Non avrei mai pensato che un giorno nel mio teatro (perdonate il "mio" ma quindici anni come dipendente di questo teatro me lo fanno ancora sentire "casa") sarebbe arrivata una nuova Tosca con la regia di Hugo De Ana...e invece, eccola! La nuova sovrintendenza di Giuliano Polo sembra essere partita con il piede giusto, offrendo alla città di Trieste uno spettacolo di serie A come raramente si è visto qui, da noi: grazie!



La Tosca di De Ana è un tutt'uno, come quasi sempre nelle sue produzioni, occupandosi di regia, scene e costumi, riesce a ottenere risultati eccellenti in quanto a coesione e coerenza artistica. Questa produzione è arricchita da alcuni brevi cortometraggi che molto aggiungono al pathos: dalla ricerca notturna e forsennata del fuggitivo Angelotti da parte delle guardie papali, alla corsa di Floria Tosca verso Castel Sant'Angelo, le scene proiettate sul velario di proscenio ci aiutano ad entrare ancor di più dentro la storia di questi sfortunati innamorati. L'effetto è ancora più interessante man mano che lo spettacolo procede, quando dalle proiezioni saltano fuori pezzi di scenografie costruite, alternate a parti pittoriche: le foto che allego vi spiegheranno meglio delle mie parole. La recitazione dei protagonisti è attenta e curata, nonostante il cast che ho visto brillasse più per doti canore che interpretative, e merce ancora più rara sono ben sbalzati anche i caratteri dei comprimari. Le luci di Valerio Alfieri sono la "ciliegina sulla torta" capaci di emozionare come la luce nei quadri di Caravaggio: bravo!



Venendo al cast che ho visto Kristina Kolar mi è sembrata una buona Tosca dal punto di vista vocale ma trascura fortemente l'interpretazione: peccato. Ancora più solido vocalmente il Mario Cavaradossi di Mikheil Sheshaberidze cui non mancano né volume, né acuti: attorialmente sembra riscaldarsi strada facendo fino ad un terzo atto nel quale tecnica e interpretazione sono entrambi ad altissimo livello. Entrambi hanno un fraseggio limpido nelle arie principali ma che diventa incomprensibile nel resto dell'opera. Perfido comme il faut il Barone Scarpia cesellato da Alfredo Daza con scaltrezza ed eleganza, convincente sia vocalmente che scenicamente. Cesare Angelotti cantato da Cristian Saitta e il sagrestano di Dario Giorgelè sono ben disegnati e cantati, così come lo Spoletta di Motoharu Takei, lo Sciarrone di Min Kim e il carceriere di Giuliano Pelizon.



Una sorpresa ancora più grande me l'ha riservata l'Orchestra del Teatro che mai ho sentito suonare così fluida, legata, partecipe e che sembra aver trovato una perfetta sintonia con Christopher Franklin che ha saputo gestire palco e golfo mistico con assoluta attenzione ed eleganza di equilibri. Buona anche la prestazione del Coro, guidato da Paolo Longo, che vediamo in scena solo nel Te Deum e che sembra molto più voluminoso nel suono rispetto alle ultime prove. 

Insomma, veramente un bellissimo spettacolo che il pubblico presente alla replica ha lodato a lungo, come sempre quando un'operazione è convincente!





giovedì 3 marzo 2022

ROMEO E GIULIETTA mercoledì 2 febbraio 2022

Locandina dello spettacolo 

Chissà quante volte Renato Zanella, veronese e coreografo di questa nuova versione di Romeo e Giulietta, avrà ascoltato, incontrato e subito la storia dei due infelici amanti...penso infinite! Tant'è che, secondo me, in questa nuova produzione il suo focus si è incentrato molto più sul contorno e il contesto che sulla arcinota vicenda.

Mi spiego meglio. 



Il primo atto è una vera e propria presentazione della famiglia Capuleti, raccontandone sfarzo, agio e potere. Zanella si concentra maggiormente sui caratteri dei genitori e del loro clan, Paride e Tebaldo in primis, più di quanto non fa con Giulietta, confinandola alla classica scena con la balia e nella presentazione al ballo. Il secondo atto, invece, è incentrato sui Montecchi, sulla loro goliardia, sulla voglia di leggerezza e di gaudio, evidenziandone il livello infinitamente più semplice. Il terzo, unito al secondo, è finalmente dedicato ai due giovani amanti, pur con qualche variante di cui la più sostanziale è che concede loro un abbraccio lucido tra le loro morti.


Complessivamente l'operazione di attualizzazione operata da Zanella è interessante e rende lo spettacolo godibile e succinto, nonostante la lunghezza della partitura che mostra il fianco al pubblico impaziente di oggi. Tante le idee messe in campo per tenere l'interesse sempre alto, tra le quali i Montecchi visti come atleti di scherma, il rapporto ambiguo tra Madonna Capuleti e Tebaldo, la festa da ballo in casa Montecchi al posto della scena in piazza, che concorrono a tenere alto il tono e lontano il dramma. Il terzo atto precipita in una china non preparata, cogliendoci quasi impreparati al dramma che sta per compiersi davanti ai nostri occhi. Il linguaggio coreografico che viene usato in questa parte dello spettacolo sembra citare la Graham e altri coreografi contemporanei, togliendo addirittura le scarpe da punta a Giulietta - a mio modesto parere un po' forzato - lasciando i piedi nudi a cigolare sul tappeto danza. Zanella si conferma un abile costruttore di spettacoli, con una particolare attitudine per le scene corali piuttosto che per i duetti che, specie in coreografie narrative, potrebbero essere meno atletici. L'allestimento scenico di Alessandro Carnera, fatto di tendaggi e pochi essenziali elementi tridimensionali, illuminato magnificamente da Jasmin Sehic, aderisce perfettamente al progetto coreografico così come i raffinati costumi di Alexandra Burgstaller.


La compagnia della SNG di Lubiana brilla per talenti e per capacità di assieme: attenti, senza sbavature nell'esecuzione tecnica, unisoni e teatralmente presenti, sono una vera gioia per gli occhi! In tanto assieme, nelle formazioni sceniche più piccole, servirebbe maggior attenzione agli accostamenti di fisicità e personalità tanto diverse: ogni tanto scappa qualche accostamento azzardato su cui cade forzatamente lo sguardo...


Giulietta è una salda e tenera Yaman Kelemet, convincente su tutta la linea, affiancata dal bel Filip Juric, prestante e buon interprete del ruolo di Romeo, scenicamente maturo. Non potendo citare tutti i ruoli, devo ricordare la forza interpretativa di Tasja Sarler come Madonna Capuleti, di Thomas Giugovaz, che affronta il ruolo del "DJ" con grande sicurezza tecnica e interpretativa, e di Filippo Jorio, un Mercuzio sempre più saldo tecnicamente e scenicamente. Vince su tutti Kenta Yamamoto che disegna un Tebaldo capace di passare dal seduttivo all'arrogante, dal perverso al beffardo: veramente bravissimo! Nonostante abbia da sempre l'aspetto del principe della danza classica, è riuscito a calarsi in un ruolo che sembra l'opposto di come appare.

Non vedo l'ora che l'orchestra torni nel golfo mistico, restituendo così il suono come dovrebbe e come eravamo abituati a sentire. Amplificato, dal fondo del palco, non mi è sembrata la loro migliore prestazione: qualche disordine nei fiati e qualche squilibrio nei volumi, inevitabile in una sistemazione così sfavorevole e complessa. Kevin Rhodes personalizza fortemente alcuni tempi, evidentemente d'accordo con il coreografo ma porta a buon risultato una partitura decisamente complessa.

Lo spettacolo dura due ore e quarantacinque minuti che volano via veloci, riempendoci gli occhi e l'anima.