lunedì 27 luglio 2015

EVOLUTION / ALESSANDRA FERRI 25 luglio 2015

Locandina dello spettacolo



Credo che sia stato il galà più raffinato cui io abbia assistito negli ultimi 40 anni: complimenti, Alessandra Ferri! 70 minuti di puro piacere, di gioia per gli occhi, di emozioni per l'anima...grazie!

Ero piuttosto spaventato all'idea del ritorno in scena di Alessandra Ferri: temevo che l'avremmo dovuta vedere - come qualche altra divina... - carrellata o parancata da una parte all'altra del palco, da qualche baldo e giovine danzatore in cerca di fama e visibilità. E invece, per fortuna, abbiamo visto tutt'altro. Questa Signora della danza continua ad avere un corpo adolescenziale e ce lo declina in tutte le mise possibili. Stesso dicasi per gli stili di danza: dalla classica al tacco, dal contemporaneo al destrutturato. Però, forse, in merito a questo, un pensiero in più avrebbe potuto farlo.

Apre la serata il temibile Rhapsody di Sir Frederik Ashton. Herman Cornejo ci delizia per presenza virile e per la sicurezza della sua tecnica. Qualche accordo di introduzione e...appare lei, la Ferri. Ero pronto a scattare con un applauso tale era la gioia di rivederla in scena! Per fortuna mi sono trattenuto: il pubblico udinese si è dimenticato di come si dovrebbe ricevere una Signora...e il teatro è rimasto muto. Tristemente muto. Un po' anche maleducatamente.
I suoi piedi, quell'incredibile cou de pied, la purezza delle linee sono ancora lì e parlano oggi come allora. Il corpo è sottile ma forte. Eppure qualche incertezza, qualche titubanza ci fa rimpiangere la leonessa di qualche anno fa...forse era meglio lasciare il ricordo o farsi coreografare qualcosa di più personale...

Segue uno dei più bei duetti maschili che io abbia mai visto: Concerto 622 di Lar Lubovitch,
sull'omonimo concerto di Wolfgang Amadeus Mozart. Lo danzano lievemente, seppur non proprio fluidissimi, Craig Hall e Tobin Del Cuore. Dalla bellissima camminata iniziale, agli appoggi fuori asse utilizzando il corpo dell'altro come un puntello, o come una sdraio, fino ai tanti e leggerissimi lift...Lubovitch ha creato poesia e delicatezza, tensione e grazia: bellissimo...grazie!

Poi l'unica delusione della serata, un brano di cui voglio ricordare la bravura del danzatore, Daniel Proietto, l'efficace tuta laminata/paillettata ad opera di Stine Sjogren e le splendide luci di Martin Flack che ad ogni cambio riescono a trasformare il costume in qualcosa di magnifico e diverso. Peccato che la coreografia sembrava a malapena una sequenza di studio.

Di After the rain, che avevo visto solo in video, confermo la prima impressione: intenso e toccante, bella coreografia di Christopher Wheeldon, musica meravigliosa di Arvo Part, splendida interpretazione di Craig Hall e Alessandra Ferri qui veramente insuperabile, vincente anche nello scarno body color carne.

Il Trio da Awaa coreografato da Aszure Barton è energia nera allo stato puro. Appena si accendono le luci sul palco i tre magnifici danzatori - Johnathan Alsberry, William Briscoe e Jeremy Jae Neal - ci ricordano immediatamente qual è la razza superiore (se veramente ne esiste una): sensuali, musicalissimi, fatti di burro e acciaio; autoironico e strepitoso...bellissimo e bravissimi! Anche il pubblico la pensa allo stesso modo.

L'assolo A Mariner è magnificamente danzato da Tobin Del Cuore su coreografia della studentessa della Julliard School di New York Katarzyna Skarpetowska, ma non lascia un segno particolamente incisivo, quantomeno nella mia memoria.

Arriva il momento di Sinatra Suite di Twyla Tharp. Non mi piaceva negli anni 80 e contunua a non piacermi. Non credo che sia stata una scelta appropriata da parte di Alessandra Ferri: voleva farci vedere anche questo suo aspetto, la capacità di danzare sui tacchi, di essere frivola...ma qualcosa non funziona. I magnifici piedi di cui sopra, in quel tipo di scarpe, perdono qualunque fascino e sembrano quasi deformi; lo stile di danza è totalmente demodé; la mimica è forzata e il pretestuoso canovaccio è veramente troppo futile per essere credibile. Peccato perché sia la Ferri che Cornejo sono indiscutibilmente strepitosi.

In crescendo verso il finale arriva il momento del bellissimo Pacopepepluto - appena passato anche a Trieste con la Hubbard Street Dance Company - creato con rara maestria, arguzia ed intelligenza da Alejandro Cerrudo su canzoni di Dean Martin e Joe Scalissi. Lo danzano in una penombra che ci costringe a scrutare i loro corpi coperti soltanto da un perizioma, trasformandoci in voyeurs: loro sono scultorei ma enormemente plastici, come ogni danzatore dovrebbe essere....ma ogni tanto me lo dimentico! Grazie a Johnny McMillan, Tobin Del Cuore e Jonathan Fredrickson: bravi!

Chiude la serata il bellissimo terzo duetto da Le Parc di Angelin Preljocaj, celeberrimo balletto nel repertorio di quasi tutte le maggiori ompagnie internazionali. Di nuovo la Ferri è totalmente a suo agio con il suo talento interpretativo drammatico: è intensa, fluida, ammaliante. Il lungo bacio volteggiante resta un momento indimenticabile ad ogni visione. Qui era supportata da un Herman Cornejo perfetto nel ruolo e anche nello stile.


Bella la scelta di non interrompere il climax della serata, evitando la ribalta per gli applausi: ogni brano fluisce naturalmente nel successivo e conserva la potenza fragorosa che si sviluppa alla fine della serata, costringendo tre aperture di sipario con relativa ronda di ringraziamenti.

Un piccolo quesito: capisco che il Teatro Ristori di Cividale non abbia dimensioni adeguate, ma che senso ha fare date del Mittelfest a Udine?!? Non sarebbe più giusto usare il Comunale di Cormòns o qualche altro spazio più vicino a Cividale e alla natura del Festival?

venerdì 17 luglio 2015

ROMEO&JULIET 14 luglio 2015

Locandina dello spettacolo

Non posso smettere di ringraziare il direttore artistico del Festival, Darko Brlek, per aver proposto questa versione di Giulietta e Romeo che non avevo ancora mai visto. E' stata un'interessantissima visita al museo della danza, per scoprire la prima versione che Leonid Lavroski, Sergej Prokofjev, Sergej Radlov e Adrian Piotrovski avevano scritto assieme nel 1940.
Il lavoro di regia, di cesello della mimica, di costruzione degli assiemi e di ricerca delle danze popolari italiane è incredibile: al giorno d'oggi siamo abituati a vedere danza unisona fatta da splendidi danzatori, ma ci siamo persi per strada l'aspetto prettamente teatrale del raccontare una vicenda. Sin dall'apertura del sipario in questa versione invece, è molto evidente. Ad iniziare da due danzatrici che interpretano due bambinetti/mendicanti, per proseguire con i popolani che lentamente riempiono la scena, raccontando ognuno il proprio personaggio, per concludere con il maestoso duello che pervade tutta la piazza in un crescendo infinito. Tutto è facilmente leggibile e ci trasporta realmente in quegli anni, in quella situazione, in quel dramma.

Una grande compagnia, come lo è questa del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo ha ragione a tenere in vita un gioiello così prezioso, anche se è stato riposto in cassaforte per tanti anni. Onore e gloria, ripeto, al Festival di Lubiana che ci regala una perla tanto preziosa, nella cornice prestigiosa dello Cankarjev Dom, con tanto di Orchestra dello stesso teatro.
Questa è stata un'altra graditissima sorpresa: piacevole, in primis, per quanto è sempre ascoltare musica così meravigliosa suonata dal vivo; e poi per la bravura, la precisione, l'impegno e la forza con cui i professori suonano la partitura di Prokofiev. In Italia, ogni volta che un'orchestra deve accompagnare la danza, la vive come una occasione minore, di musica di serie B: avrebbero dovuto essere con noi per sentire con quale trasporto il Direttore Boris Gruzin li ha guidati e coinvolti. Bravi!

Venendo alla danza, il livello della compagnia è tale che è difficile trovare punti negativi.

Vorrei solo sottolineare che, dal punto di vista coreografico, il linguaggio di Lavorski soffre di una povertà compositiva e di una datazione facilmente intuibile, che viene sopraffatta dalla potenza della musica di Prokofiev. Non sarà un caso che la partitura sopravvive ancora, e questa versione coreografica no. Non so quanti grand jetée e piquée arabesque eseguono i primi ballerini: non li ho contati, ma non ne potevo più. I passi a due sono piuttosto scontati, con pochissimi lift; le scene d'assieme sono la parte più convincente insieme alla Danza dei jongleurs che rivivacizza il secondo atto. Siamo solo dispiaciuti per la bravura dei danzatori che avremmo voluto vederli danzare una partitura più interessante!
La nostra Giulietta era Jekaterina Osmolnikova, deliziosa e curatissima, Romeo era l'elegante Maksim Zjuzin, entrambi solisti e non Principal della compagnia; Mercuzio era Aleksej Timofejev, Tebaldo Dmitrij Pikacov, Benvolio Aleksej Nedvriga e Paride Jurij Smekalov. splendidi tutti i danzatori, dal primo agli ultimi.
Luci, scene e costumi non erano assolutamente all'altezza della qualità della danza.
Teatro abbastanza pieno, tanti applausi