Non è il primo spettacolo firmato Virgilio Sieni cui assito e non è la prima volta che faccio fatica a trovare le parole per raccontare quello che ci ha proposto.
Intanto condivido con voi come viene presentato lo spettacolo sul sito del teatro
“Satiri”, accompagnato dalle musiche di Bach eseguite dal vivo al violoncello da Naomi Berrill, è interpretato da Jari Boldrini e Maurizio Giunti i cui corpi in uno studio di movimento di assoluta originalità, trascolorano come in una nebulosa fatta di esplosioni fra dionisiaco e apollineo, di attrazioni e distacchi, di gesti che rispondono appieno alla poetica di Sieni, di cui gli appassionati ricorderanno l’intenso “Cantico dei Cantici” ospite al Rossetti nel 2017. La danza di questo artista, si basa sul concetto di tattilità e trasmissione fra i corpi, s’interessa alla dimensione multisensoriale del gesto e dell’individuo e approfondisce i temi della risonanza, della gravità e della moltitudine poetica, politica, scientifica e archeologica del corpo.
e nel comunicato stampa:
La danza di questo artista si basa sul concetto di tattilità e trasmissione fra i corpi, s’interessa alla dimensione multisensoriale del gesto e dell’individuo e approfondisce i temi della risonanza, della gravità e della moltitudine poetica, politica, scientifica e archeologica del corpo. I Satiri, secondo Virgilio Sieni, sanno gettare lo sguardo nell’abisso dicendo sì alla vita e così, con questa pienezza, danzano Boldrini e Giunti. «Una danza per dermatoglifi - scrive Virgilio Sieni nelle sue note – che tracciano l’aria e una sintassi che sembra riferirsi all’embrione del gesto che incontra il suo simile riconoscendolo diverso e amico. Pescano dal fondo del gesto per inscrivere forme d’intesa e di empatia che si aprono a una disposizione musicale, le danze segnano lo spazio della materia inebriante che parla con il corpo. Il mondo quotidiano qui prende il largo e si separa dal gesto enigmatico che esplode tra il dionisiaco e l’apollineo. Ancora una volta la danza si presta a laboratorio della vita, affronta azioni disperate, titaniche, si pone sulla soglia con atteggiamento vigile, mantico, divinatorio. Ma è essa stessa scienza dello stare, specchio di risonanze e richiami cognitivi».
Con una simile premessa, entro in Sala Bartoli e mi concentro - come prima di un'interrogazione dei bei vecchi tempi o di un esame - cercando di cogliere e comprendere quanto in premessa. Non vi nascondo quanto mi fa sentire ignorante leggere queste righe, che devo rileggerle un paio di volte per avere conferma che sono lontano anni luce dall'essere un intellettuale. In effetti, sono soltanto un blogger, uno che vuole condividere e confrontare le proprie emozioni, sensazioni, ricordi con chi vedrà o forse non vedrà mai gli spettacoli che vado a vedere. Mi dico anche che come me, probabilmente, la metà degli spettatori vive lo stesso senso di inferiorità e si interroga, alla fine dello spettacolo, per capire quanto ha capito, quanto si sente a disagio per non aver capito o quanto ha immaginato di aver capito e che invece, nel confronto con altri spettatori, risulta ancora e nuovamente un'altra lettura.
Così inizia lo spettacolo. La violoncellista si siede - la talentuosa Naomi Berrill, dotata anche di una straordinaria voce, che regala amabili melodie, cantando mentre suona - e iniziamo a percepire i corpi tesi, asciutti e vibranti di due danzatori che indossano soltanto un paio di boxer. In verità, uno dei due indossa anche una testa animale che lo fa somigliare ad una creatura mitologica fantastica, dotata di corna. I due esseri viventi si studiano, si avvicinano, si toccano, si fondono, si esplorano, si seguono. Nel mio immaginario forse si amano, si accoppiano, finché arriva il riscatto per l'animale - lo splendido Maurizio Giunti - che smascherato, sembra essere una copia dell'umano Jari Boldrini, altrettanto splendido.
Ecco, già così la mia visione sembra lontanissima da quella del coreografo e mi sento ignorante perché non ho capito quello che lui voleva raccontare. O forse il suo racconto è troppo ricco di verbo per poter essere reso attraverso il movimento. Non lo so. Ma mi sento dubbioso, inadatto e non mi fa piacere.
Ho visto 50 minuti di bella danza, che posso chiamare danza e non "movimenti per corpi secondo la moda coreografica del decennio" per cui sono felice e appagato. I danzatori erano meravigliosi, talmente unisoni da sembrare due fratelli gemelli. È stato piacere puro per gli occhi così come la musica di Bach, carezza per le mie orecchie.
Allora, forse, bastavano meno parole di presentazione. O forse bastavano parole più semplice per far sentire anche me, l'uomo comune, a mio agio con chi ne sa di più, con chi è più alto di me, e non per farmi sentire ancora più piccolo, inutile e ignorante.
Questo è.
Sala piena, pubblico plaudente per quattro chiamate alla ribalta.
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