Come sempre gli allestimenti da camera della SNG Opera in Balet di Lubiana riescono sempre a sorprendermi e conquistarmi. Si vede che i soldi da spendere in faraonici allestimenti non ci sono ma la fantasia umana - per fortuna! - ancora sì, e riesce a supplire allo sperpero, talvolta inutile, di denaro. È così anche per questo Il Trovatore, tra le opere verdiane una delle mie preferite.
In tutti e quattro gli atti, riuniti in due tempi per essere digeribili da noi, frettoloso pubblico odierno, ci sono pochissimi elementi scenografici costruiti, mentre il resto si basa sulle affascinanti videoproiezioni di Neli Maraž che suggeriscono il climax ancora più del luogo e sull'utilizzo dei ponti mobili di questo piccolo teatro magnificamente restaurato e da un punto di vista della macchina teatrale meravigliosamente attrezzato. Basta la discesa dalla soffitta di pochi pali in legno per simulare la torre, una prigione, la foresta e altro. Un finto masso a sinistra serve da trono, da nascondiglio e così via tra il suggerito e il pratico, liberi di usare la nostra fantasia per immaginare.
La regia di Yulia Roschina è debole e molto si affida alle coreografie di Ana Pandur che però - mi dispiace scriverlo visto che è il mio mondo di riferimento e vorrei sempre e soltanto scriverne bene - poco apportano alla messa in scena, sono talvolta astraenti e forse troppo, rispetto alla vicenda. La regista non scende a fondo nell'interpretazione dei personaggi, allontanandosi con forza dalla rappresentazione della verità, soffermandosi piuttosto sul fiabesco e sulla cupezza gotica. Fortunatamente è supportata da un'eccellente compagnia di canto composta quasi totalmente da artisti a tutto tondo, dotati di grande presenza scenica e che risolvono autonomamente certa staticità registica. Le scene di Vasilija Fiser e i costumi di Belinda Radulovic ben si integrano le une agli altri e vengono sottolineate dal bel disegno luci di Andrej Hajdinjak.
Dal punto di vista musicale il livello è ottimo. A partire dalla elegante lettura del Direttore d'Orchestra Roberto Gianola, che riduce gli ottoni e i relativi clangori che tanto piacciono ad alcuni direttori, sottolineando invece i momenti più delicati e poetici. Ben condotti i tutt'altro che facili concertati. Il coro diretto da Željka Ulčnik Remic ben si adegua e risuona potente pur non essendo particolarmente numeroso.
Tornando alla compagnia di canto metterei al primo posto la Azucena di Shay Bloch, voce ben timbrata dal volume generoso e dotata di splendida presenza scenica. A seguire l'inossidabile Branko Robinšak, che si conferma un tenore di grandissime qualità, dotato di timbro squillante e potente: il suo Manrico ha avuto qualche difficoltà nella Pira, ma glielo perdoniamo per la generosità con cui canta tutto il resto dell'opera. .Bene anche la Leonora di Elvira Hasanagić, a suo agio nel registro degli acuti anche se qualcosa della sua interpretazione non mi ha convinto completamente. Bella presenza scenica anche per il Conte di Luna cantato da Jure Počkaj che ha grande e virile volume, ma forse poca estensione vocale. Grande padronanza di mestiere per il Ferrando Saša Čano che sa risolvere qualche defaillance tecnica con estrema abilità. Bene anche tutti i comprimari. A parte Azucena e Manrico, ho avuto la netta sensazione che il resto dei protagonisti abbia avuto bisogno di scaldarsi in palco, giungendo al terzo e quarto atto con voci molto più convincenti e performanti.
Il pubblico della capitale slovena mi è sembrato poco a suo agio con l'opera verdiana, forse assente da tempo dal repertorio del teatro, e ha avuto bisogno di molta guida negli applausi, trascurando malamente la conclusione di Stride la vampa e il Sul capo mio le chiome sento rizzarsi ancor!
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