...e poi in una piovosa serata di fine marzo, arrivo al Teatro Stabile Sloveno di Trieste e davanti agli occhi mi si palesa la magia di una piccola compagnia, nutrita e amata, che poco ha da invidiare a tante altre più conosciute. Sto parlando del Balletto HNK Ivan pl. Zajc di Fiume, città croata cara a tanti italiani, che con una popolazione di meno di 130.000 abitanti può permettersi un corpo di ballo che a Trieste, sorella maggiore in molti sensi, è stato raso al suolo da più di dieci anni fa (insieme a un bellissimo teatro)...
Maša Kolar, intraprendente e lungimirante direttrice di questo piccolo ensemble, ha molto creduto in questa possibilità e in dieci anni di direzione ha completamente trasformato l'immagine e il repertorio della compagnia quarnerina, acquisendo diverse coreografie di importanti coreografi e portandole in numerose tournée in svariati continenti. Questa serata di cinque coreografie ne è la perfetta dimostrazione, con un repertorio che spazia da Marco Goecke a Filipe Portugal, fino ad un brano della stessa Kolar.
Apre la serata il Prélude à l'après-midi d'un faune, meravigliosa pagina musicale di Claude Debussy che nella versione della Kolar ricalca il tema ispirato al poema di Stéphane Mallarmé, mettendo in scena un bellissimo fauno contemporaneo, Nicola Prato, affascinato da una sensuale e statuaria ninfa, Tea Rušin. La coreografia è densa di movimenti e vira talvolta verso la frenesia ma il controllo e la coesione di Nicola sull'elemento scenografico, con il quale si muove per quasi tutto il tempo, e la sinuosa flessibilità di Tea sono divoranti e ci si perde guardando loro, dimenticandosi del plot.
Il secondo brano in programma è nel puro filone neoclassico ed esalta la poliedricità di questa piccola compagine, capace di passare dalle punte alla danza tribale, come vi racconterò tra poco. Si tratta della Rapsodia spagnola composta da Maurice Ravel e qui affidata alla coreografia di Filipe Portugal, che evidenzia la buona capacità artigianale del coreografo, che riesce a scolpire una gradevole coreografia formale, piena di bei lift, sui corpi dei danzatori, mettendoli a proprio agio e rivelandone il calore latino e la sensualità.
n(U/O)minous usa la macchina teatrale con maestria: è ricco di salite e discese del fondale di tulle che ovatta la visione ma, in questo caso, sembra separare per poi riunire, due mondi che sembrano inconciliabili. L'utilizzo del tappeto musicale, composto con brani di autori diversi, è molto interessante soprattutto per il suo alternarsi di pagine dedicate solo all'ascolto e altre alla danza, creata da Ludmila Komkova. Composto per il corpo di ballo femminile, trasformato in replicanti del futuro, fornite di arto bionico verde smeraldo, sembra voler parlare di futuro e di integrazione o forse di un sogno, della proiezione del pensiero della ragazza che, all'inizio e alla fine del brano, giace davanti al tulle. La coreografia è di grande effetto, dinamica ma al contempo intimista.
Come tutte le coreografie di Marco Goecke anche questo Uccello di fuoco è pervaso di schizofrenici movimenti, di una quantità infinita di gesti delle mani e delle braccia, frullate, sbattute, scosse, agitate fino all'inverosimile. Ma non lascia indifferenti. Un'emozione attraversa tutto il pubblico: che sia fastidio o stupore o ansia o altro, quei minuti coreografati da lui lasciano il segno. Molto si deve sicuramente alla bravura e alla forte presenza scenica dei due interpreti principali: Valentin Chou e Michele Pastorini, statuari, frementi, timidi e poi sfacciati, indubbiamente bravissimi.
Chiude, giustamente, un pezzo forte, decisamente forte e molto accattivante: si tratta di Medio raro del coreografo israeliano da Nadav Zelner su musiche folk/etniche il cui autore non è riportato sul programma di sala. Il sipario si apre e la scena è dominata da un tappeto peloso di colore rosso, sopra e sotto il quale vedremo agire una decina di danzatori, prevalentemente uomini: Ma di più non saprei raccontarvi perché me la sono gustata tutta senza filtri e senza voler tenere a mente qualcosa di specifico, rapito dal turbinio del movimento. Non posso fare altro se non invitarci a cercare di vedere questa coreografia di persona, per l'energia che contamina e per la voglia che trasmette di danzare!
Brava Maša e bravi tutti i danzatori: avete di che essere fieri di appartenere a questa compagnia e di esserne il propellente!
Sala quasi piena e pubblico entusiasta.
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