"IL CORSARO"
Trieste,
Stagione lirica e di balletto 2013Melodramma
tragico in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Musica di Giuseppe Verdi
Corrado,
Capitano dei Corsari LUCIANO GANCI
Medora, giovane amante di Corrado, MIHAELA MARCU
Gulnara, schiava prediletta di Sedi PAOLETTA MARROCU
Seid, pascià di Corone ALBERTO GAZALE
Giovanni, Corsaro MICHAIL RYSSOV
L'eunuco ROMINA BOSCOLO
Uno schiavo ALESSANDRO DE ANGELIS
Orchestra e Coro del Teatro Lirico "Giuseppe Verdi" di Trieste
Direttore, regista e ideatore luci Gianluigi Gelmetti
Maestro del coro Paolo Vero
Regista collaboratore Eleonora Paterniti
Direttore assistente Paolo J. Carboni
Medora, giovane amante di Corrado, MIHAELA MARCU
Gulnara, schiava prediletta di Sedi PAOLETTA MARROCU
Seid, pascià di Corone ALBERTO GAZALE
Giovanni, Corsaro MICHAIL RYSSOV
L'eunuco ROMINA BOSCOLO
Uno schiavo ALESSANDRO DE ANGELIS
Orchestra e Coro del Teatro Lirico "Giuseppe Verdi" di Trieste
Direttore, regista e ideatore luci Gianluigi Gelmetti
Maestro del coro Paolo Vero
Regista collaboratore Eleonora Paterniti
Direttore assistente Paolo J. Carboni
Scene
Pier
Paolo Bisleri
Dipinti
Franco
Fortunato
Costumi
Giuseppe
Palella
Coproduzione della Fondazione Teatro lirico Giuseppe Verdi di Trieste con l'Opera di Monte-Carlo
Coproduzione della Fondazione Teatro lirico Giuseppe Verdi di Trieste con l'Opera di Monte-Carlo
Ottima
inaugurazione di stagione con questo allestimento che la Fondazione
Teatro lirico "Giuseppe Verdi" di Trieste produce assieme
all'Operà di Monte-Carlo: il nome di Trieste e del suo teatro lirico
iniziano a girare per l'Europa con produzioni che, finalmente,
possiamo definire in linea con quanto prodotto nel resto d'Europa.
Ogni tanto Trieste sembra svegliarsi dal suo tipico torpore da bella
addormentata
mitteleuropea e dimostra di poter fare. Di poter fare molto e bene.
Speriamo che i tagli ministeriali e il generale stato di crisi non
penalizzi troppo questo teatro che è riuscito a riassestare il
proprio bilancio e a dimostrare serietà e buona volontà,
sicuramente grazie all'ex Commisario, ora Sovrintendente Orazi e alle
maestranze tutte.
Un
bel segnale di austerità, al passo con i tempi e in linea con quanto
appena detto, è stato entrare in teatro e non trovarlo con gli
addobbi floreali tipici dello spettacolo inaugurale: non me ne
vorranno i fiorai, ma credo che sarà stato un bel risparmio e la
sala era bellissima, come sempre.
La
stessa sala che ha visto debuttare questo "Il Corsaro" di
Giuseppe Verdi il 25 ottobre 1848, giorno della prima assoluta:
alcuni degli spettatori devono esser ancora gli stessi a giudicare
dai colpi di tosse, dalla banale piaggeria da esperti d'antan con cui
commentano l'opera: "E' proprio la solita opera di Verdi:
chiassosa e piena di zum-pa-pà". Sorprendono solamente, come al
solito, al momento della chiusura del sipario quando, con scatto da
allenati centometristi, corrono verso il guardaroba per eviatre la
fila! Ma cosa vengono a fare a teatro? Per fortuna spira un vento
nuovo: il Verdi ha stipulato una convenzione con l'Ufficio Scolastico
regionale che, in effetti, ha popolato il teatro di tanto giovani,
speriamo, interessati all'opera e a diventarne il futuro pubblico.
Venendo
allo spettacolo, non capisco come mai quest'opera non goda di
maggiore successo: è verdiana ma senza i famosi "zum-pa-pà"
simil-bandistici; ha delle arie molto belle e uno splendido
concertato....boh? Retaggi storici o insuperabili cattiva fama?
Il
Maestro Gemetti ne ha proposto una versione a mio avviso molto
interessante: ricca (a volte troppo) di stimoli e di simboli, evita i
trabocchetti delle finte battaglie in scena, dei velieri in arrivo e
la avvicina alla nostra sensibilità, senza troppe scimitarre di
latta. Al posto dell'incendio, della battaglia ci propone immagini di
guerra, di sofferenza dei giorni nostri, forse per ricordarci che
dobbiamo ancora crescere, evolverci per superare le inutili
battaglie, per umiliare gli altri da noi. All'apertura dello
spettacolo, dopo averci presentato un'elegante fanciulla in bianco
(forse il fato, il destino) che ci accompagnerà per tutto lo
spettacolo, introduce uomini-bomba, poliziotti del futuro, personaggi
in burqa, terroristi, sgozzamenti e lapidazioni....non così truce
come ve lo racconto e non tutto assieme, ma non si può fare a meno
di notare come la storia non cambi mai, come i sorprusi siano sempre
gli stessi; come Oriente e Occidente restino sempre due realtà
invise e incomprese, l'una all'altra. Citando le parole dello stesso
Gelmetti: "Il
vero, assoluto protagonista dell'opera è il rapporto tra Oriente ed
Occidente e il loro contrasto "perenne, atroce, inesorabile"
come urla Corrado. E' la collusione, lo scontro tra il mondo
musulmano - la mezzaluna - e quello giudaico-cristiano - la croce e
la stella di David. Nel mezzo di questi mondi, troviamo due uomini e
due donne che si spartiscono affetti, odi, vendette. Sarebbe una
grave limitazione declinare tutto in forza dei valori politici e
sociali che animano Verdi e che troppo spesso, a mio avviso, si
riducono a una lettura ingigantita da una lente risorgimentale
italiana."
L'allestimento
è estremamente suggestivo, riuscito e bello: grazie alle lineari e
geometriche scenografie di Pie Paolo Bisleri che grazie ad un
emiciclo scorrevole come fondale, ogni tanto svela navi, simboli e il
muro di fondo del teatro a sottolineare la narrazione della vicenda
così come il Maestro Gelemtti l'ha immaginata. E illuminata: sempre
a lui dobbiamo l'ideazione delle luci al cui disegno ha collaborato
Iuraj Saleri. L'aspetto interessante è che, invece di illuminare la
scena secondo i canoni classici, le luci sottolineano gli ambienti,
le sensazioni e diventano più evocative e meno funzionali. Mi spiego
meglio: lo scopo non è quello di illuminare un fondale o creare
quello che in gergo si definisce "piazzato" (luce che
illumini equamente tutto il palcoscenico), ma quella di partecipare
all'azione, illuminando il cammino di un cantante o isolandolo come
nella suggestiva scena della prigione in una torre, del terzo atto.
Molto belli anche i quadri pittorici dipinti da Franco Fortunato. Una
nota a parte meritano i favolosi costumi di Giuseppe Palella:
immaginifici, fantasiosi e azzardati nel suggerire il futuro, senza
dimenticare il passato e la tradizione. Le bellissime cromie da lui
pensate (nel secondo atto ad esempio rosso e viola assieme, spesso
impensabile), evocano tutta la raffinata e viva eleganza di certi
sari indiani o thailandesi. Alcuni coup
de theatre
il Maestro Gelmetti dovrà riconoscerli proprio a Palella:
dall'apertura dello spettacolo con l'ingresso dei "robocop"
all'Harem del secondo, dall'ingresso dell'Eunuco alla scena del
porto, la bellezza dei costumi esalta le scarne scenografie e provoca
lo "oh"
di meraviglia del pubblico.
Venendo
alla musica, l'ho trovata molto ben suonata dall'Orchestra del lirico
triestino guidata dal factotum
Gelmetti: profondo conoscitore di Verdi, opera tagli salvifici e
riesce ad evitare i temuti concertati bandistici di cui sopra o i
volumi troppo fragorosi che spesso le bacchette di alcuni maestri
concertatori impongono, distruggendo le pagine del "Cigno di
Busseto".
Molto
buona anche la prova del coro triestino, guidato anche in questa
stagione dal Maestro Paolo Vero: attenti, misurati e anche stavolta
buoni attori che hanno saputo calarsi nei complicati personaggi a
loro richiesti. Un plauso in particolare al settore femminile per
come ha saputo mettersi in gioco nella scena dell'harem.
Nel
ruolo di Corrado, abbiamo trovato Luciano Ganci in piena forma e,
contrariamente a quanto scritto nella recensione del 17 novembre 2012
in occasione del Trovatore ravennate, pronto da subito a cantare ai
massimi livelli: già nell'aria "Tutto
parea sorridere"
dimostra immediatamente il bel timbro, un volume interessante, un
legato raffinato e una piacevolissima presenza scenica.
Molto
bene anche il Seid di Alberto Gazale, sia dal punto di vista musicale
che da quello scenico: protagonista del bellissimo duetto con Gulnara
nella scena che segue quella della sua aria "Cento
leggiadre vergini"
da prova di essere un interessante baritono, a proprio agio in questo
titolo verdiano. Per continuare nel versante maschile citiamo con
piacere ancora il Giovanni di Michail Ryssov e lo schiavo di
Alessandro De Angelis.
Nel
comparto femminile, siamo rimasti poco convinti dalla prestazione di
Mihaela Marcu come Medora: affascinante nel costume che Palella le
propone, nella bellissima aria di esordio "Non
so le tetre immagini"
ci è sembrata avere un timbro gradevole, ma poco volume e qualche
titubanza tecnica. Molto belli alcuni filati e lento miglioramento
fino ad un buon finale dell'opera.
Ci
è molto piaciuta invece Paolina Marrocu nei panni di Gulnara: se
musicalmente abbiamo avuto delle perplessità soprattutto nella prima
aria, il personaggio da lei costruito ci ha trasportato e ammaliato
per tutta la durata dello spettacolo. Molto, molto bene anche
l'Eunuco di Romina Boscolo.
Siamo
lieti di aver potuto leggere nel libretto di sala le intenzioni del
regista che, altrimenti, avremmo con molta probabilità travisato: un
plauso quindi all'Ufficio Stampa del Teatro per aver finalmente
trasformato questo souvenir
in uno strumento utile, completo e interessante.
Il
pubblico delle prime ha fama di non essere mai molto generoso in
applausi o interessato, ma in questo caso dobbiamo registrare
un'eccezione visto che, a parte i casi sopra evidenziati, è rimasto
incollato alla poltrona e ha applaudito con grande fragore, anche se
il sipario poteva essere fatto scendere almeno una chiamata prima.
Dal loggione piovevano fiori di viscontiana memoria agli interpreti:
francamente appariva fuori luogo e superato, anche se condividiamo il
plauso a questo spettacolo.
Trieste, 11 gennaio 2013
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