Bellissimo.
Sublime.
Mozzafiato.
Meraviglioso.
Capolavoro.
Può bastare?
Mi sono molto emozionato, cosa che mi capita sempre più raramente. E con me tutta la sala dell'Opera di Lubiana che faticava a respirare per non disturbare lo svolgersi dello spettacolo ed era immobile come mai vista prima.
Vi racconto quello che ho provato per cominciare...
Lo spettacolo inizia con la Fuga 2 di Johann Sebastian Bach riletta da Anton Webern ed ho la sensazione che prenderà la piega del balletto concertante. Sono stupito che le danzatrici siano in punta in una coreografia così contemporanea ma allora trovo i costumi troppo pesanti per una coreografia astratta. Poi, sulle Danze Sacre e Profane di Claude Debussy esplode l'assolo di un potente e meraviglioso Richèl Wieles e mi ammutolisco con il resto della platea. Nella terza sezione di LYRE, sulla Ciaccona di Bach riletta da Hideo Saito, scopro la grandezza di Jeroen Verbruggen: immenso, un coreografo vero, capace di muovere le masse come i solisti, non il solito coreografo alla moda: da seguire con attenzione.
Nell'intervallo che viene effettuato a sipario aperto, con due danzatori che continuano un'azione scenica, non riesco neanche ad alzarmi per paura di perdere anche solo un dettaglio, che sia il tappeto-mondo o l'incombente soffitto di pietre che lentamente scende dalla graticcia del teatro. Sull'Orfeo di Igor Stravinsky inizia la parte terrena, GRAVITY, forse la più divertente dove agisce una intensa Ana Klasnja bravissima, ma troppo brevilinea per conquistarmi appieno, attorniata da un gruppo di Ninfe folli e urlanti. Kenta Yamamoto parte come sempre come un diesel: all'inizio è sempre un po' traballante ma poi ci regala un bellissimo assolo finale. Irrompe un seducente Filip Viljusic, interprete di un violento Satiro che molti vorremmo come carnefice, dalla danza potente ma raffinata. Di nuovo brillante e musicalissima lettura della musica da parte di Verbruggen.
Di nuovo un intervallo ma devo uscire: è passata solo un'ora ma è stata talmente intensa da sembrare tre e devo abbandonare la sala.
Al rientro trovo una eterea, efebica e longilinea Rita Pollacchi ad attenderci per la terza parte, ABYSS, che si riscalda e prova i suoi infallibili doppi giri en dehors al ritmo di una chitarra acustica: inizia quello che sembra una sorta di Bolero di Bejartiana memoria o il momento in cui la Manon di Sir Kenneth MacMillan non tocca mai terra passando da un uomo all'altro in prese sempre più aeree ma fluide. Rita vola, spinge, rallenta, frena, padrona del suo copro e della tecnica e continua ad essere visibile anche quando torna nei ranghi del corpo di ballo. Rientrano anche le donne e la danza procede forte e accattivante come prima sulla musica eseguita live da Billy Sueiro, one man band. C'è un breve assolo magnificamente danzato da una splendida Tasja Sarler, credo un nuovo, ottimo acquisto per la compagnia.
Con me il pubblico che tributa una lunga ribalta di applausi a tutti. Mi dispiace che Richèl Wieles non abbia ricevuto il giusto tributo: io l'ho trovato veramente strepitoso e generoso nella sua interpretazione e allora il tributo glielo faccio io, qui e ora: bravo!
Ripeto, a mio modesto avviso Jeroen Verbruggen è un coreografo di rara levatura: musicale, musicalissimo; pregno del mestiere, di saper muovere le masse in disegni e costruzioni mai ripetitive e mai scontate; di tirar fuori da danzatori che già conoscevo, capacità che non gli avevo mai visto; di costruire tensione ed emozioni che bucano la fossa orchestrale per arrivare a noi spettatori; fantasioso e capace del drammatico come del buffo: BRAVO!
Una menzione a parte lo merita l'incredibile, strepitoso disegno luci di Jaka Simenc: mai visto i motorizzati danzare assieme al corpo di ballo, come dei gangli o dei villi, nella scena degli ABYSS. Ma ancora: le luci da gelide a polverose nel primo tempo, l'eclissi che crea sul sole-mondo che scende dalla soffitta al pavimento, i controluce e la capacità di completare l'azione creata da Verbruggen sono toccanti e unici: bravo!
Discrete ma estremamente efficaci le proiezioni e la concezione dello spazio scenico ad opera di Atej Tutta e belli ma un po' scontati i costumi di Ana Savic Gecan.
Bene, benissimo la direzione dell'Orchestra della SNG di Lubiana guidata dalla bacchetta di Ziva Ploj Persuh, orma una specialista della danza, che si è saputa destreggiare nel guidare i suoi professori in pagine ardite e dure, uscendone a testa alta, altissima. Splendidamente suonata in Debussy, l'arpa di Tadeja Kralj.
Della mia adorata compagnia slovena posso dire che, seguendola ormai da una decina di anni, vedo un progresso continuo, inarrestabile, accompagnato da una versatilità di repertorio lodevole e interessante, frutto indubbio della guida sicura e contemporanea di Sanja Neskovic Persin, ma anche di tutti i suoi collaboratori che portano in scena degli assieme ineccepibili, lavorando alla costante crescita e pulizia tecnica dei danzatori: bravi!
E' una produzione che meriterebbe di girare, di essere vista da molti, da tutti: in platea c'erano adolescenti e anziani e nessuno si è annoiato o addormentato come invece capita qualche volta per titolo più acclamati...
Serata meravigliosa e indimenticabile.
P.s.: oggi era il compleanno di Martina...abbiamo visto questo spettacolo anche per te...ti amiamo e sei sempre qui, con noi.
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