No, la danza non riempe i teatri, no.
La Gallusova Dvorana di Lubiana è una immensa sala con 1545...saremo stati in 1500...no, la danza non riempie i teatri, no.
Abbiamo assistito anche ad una bellissima serata di spettacolo grazie al Balletto della SNG di Maribor. La serata era un trittico composta da Prélude à l'après-midì d'un faune, Carmen e Walking Mad, intelligentemente venduto come Bolero...
Il Faun così come è stato rititolato dal coreografo Edward Clug è il brano che meno mi ha convinto. Mi piace molto lo stile di Clug e ho trovato il suo Peer Gynt meraviglioso, ma in questo caso la partitura così romantica di Claude Debussy, cozzava malamente con lo stile sempre molto nevrotico e velocissimo di Clug. Peccato.
In scena i superbi Gaj Zmavc e Tetiana Svetlicna, fluidi, potenti ed accattivanti.
Valentina Turcu, coreografa della seconda coreografia in programma, è stata brava, ma così brava da meritare un successo ancora più importante di quello che ha avuto finora: glielo auguro di tutto cuore.
Questa Carmen, basata sulla rilettura di Rodion Scedrin della partitura di Georges Bizet, è un piccolo gioiello che meriterebbe di essere visto da molti.
Non solo riesce nella difficilissima operazione di farci dimenticare le sequenze ideate da Alberto Alonso e immortalate per l'eternità dalla grandissima Maya Plisetskaja, ma è capace di narrarci la storia secondo un canovaccio drammaturgico originale e leggibilissimo, cui si aggiunge solo la morte di Zuniga ad opera di Don José.
Complice anche un allestimento semplicissimo ma di grande effetto creato da Dinka Jericevic: quattro grandi tavoli neri, serigrafati con delle immagini che possono sembrare rose o carne umana, e un tappeto di rose rosse in proscenio. Solo le quinte, senza il fondale e il brillante, musicalissimo disegno luci di Aleksandar Cavlek. Semplici ma d'effetto i costumi di Michal Negrin e Vesna Novitovic.
Carmen è stata una brillante Jelena Lecic, dal raffinatissimo uso delle punte, scenicamente incisiva e con splendide linee.
Ho trovato il Don José di Anton Bogov prestante ma con un'enfasi un po' troppo alla Grigorovich...
Sempre valido Sergiu Moga stavolta come Toreador che dispensa tecnica e presenza con generosità.
Molto bene il resto della compagnia presente e affiatata come sempre.
Dopo l'intervallo, la chiusura della serata era affidata a Walking Mad di Johan Inger, brano che ho molto amato, contrariamente ai suoi Bliss e Rain Dogs che ho visto due settimane fa al Rossetti di Trieste e che avevo trovato datati e scontati.
Questa coreografia deve molto al muro scenografico, ideato come i costumi sempre da Inger, che spinge, sostiene, separa gli interpreti e le situazioni. Difficile raccontare e farvi credere che un muro (potete vederlo nelle foto anche nella sua trasformazione in pedana) possa essere il protagonista di una coreografia, eppure è così. Riesce anche a commuovere in qualche momento. O a creare suspance come quando una danzatrice ci si schianta contro e lui si piega ad angolo retto, costringendo anche il direttore d'orchestra a sospendere l'esecuzione del Bolero (sospensione voluta, ovviamente). Una coreografia che riesce a far ridere, a sognare, ad incupire....
Strepitosi tutti gli interpreti che doverosamente (e volentieri) cito: le tre fantastiche donne Olesja Hartmann Marin in bianco, Asami Nakashima in rosso e Tijuana Krizman Hudernik in marrone e i super uomini Matjaz Marin, Filip Juric, Yuka Omaki e Mircea Golescu capitanati da Gaj Zmavc e Sytze jan Luske.
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