domenica 17 novembre 2024

LA TRAVIATA venerdì 14 novembre 2024

 Locandina dello spettacolo 

Che bell'inaugurazione per la stagione lirica e di balletto 2024/2025 del Teatro Verdi di Trieste!

Temevo, perché quest'opera ormai sembra essere diventata salvifica, un toccasana da proprorre senza alcuna ricerca o fantasia, sia perché è un titolo che non ha bisogno di presentazioni, sia per la facilità con cui manda in tutto esaurito la vendita dei biglietti e il conseguente riempimento del teatro. Tant'è che si punta al tradizionale allestimento che accontenta tutti e viene acquistato all inclusive da qualche altro teatro. E invece no! Il massimo triestino ci regala un allestimento nuovo di rara bellezza visiva e musicale: grazie!


La regia è affidata a Arnaud Bernard che traspone l'azione in una Parigi anni '50, stando agli splendidi costumi disegnati da Carla Ricotti che ben avrebbero figurato su una passerella haute couture dell'epoca! La regia mi ha ben disposto subito perché, all'apertura del sipario durante il preludio, Violetta si presenta subito per quello che è: una donna malata, di cui conosciamo tutti il mestiere grazie al quale riesce a vivere nel fasto. Niente crinoline, niente toreri e zingarelle, niente movenze affettate ma una donna quasi contemporanea che è consumata da un male, non diverso da quanto sentiamo quotidianamente nel cerchio parentale e di amicizie. Bernard, grazie all'impianto scenico quasi fisso ma di versatilità ed infinita elegante bellezza ideato da Alessandro Camera, sciorina la vicenda con grande maestria e la rara capacità di togliere piuttosto che aggiungere, di sottrarre per mettere in risalto l'essenza. L'uso del Coro del teatro triestino, che sembra tornato alla duttilità e alla bravura interpretativa di quando trionfava nelle operette dirette da Gino Landi, è magistrale: l'utilizzo del freeze, del botta e risposta con il testo dei protagonisti è di grande effetto e di elevata plasticità, e contribuisce a togliere piuttosto che a ridondare come nelle canoniche controscene cui sono in genere costretti o disgraziatamente abituati. I continui atterramenti di Violetta, sia sotto la passione di Alfredo che per la debolezza in cui la malattia la prostra, sono talvolta fastidiosi ma anche necessari. Ancora bravo anche per l'impostazione del terzo atto dove, al posto del folclore ispanico, Bernard ci propone climi più lascivi e scabrosi, come ci aspetteremmo se partecipassimo ad una festa organizzata da Flora Bervoix! Ma forse non sarebbe stato il grande spettacolo che è stato senza il light design di Emanuele Agliati: scultoreo, tagliente, spietato ma altamente suggestivo in svariati momenti. Bravo anche a lui.




Venendo alla parte musicale l'omogeneità del livello non mi permette di rivoluzionare la locandina per creare la mia personale graduatoria di piacimento, per cui non posso che citare la toccante Violetta di Maria Grazie Schiavo, capace di commoventi filati e pianissimi (il suo Amami Alfredo mi resterà a lungo nelle orecchie e nel cuore); il baldanzoso Alfredo, cantato con giovanil ardor e buona tecnica da Antonio Poli; il maestoso Giorgio Germont, appannato da qualche incertezza nella recita cui ho assistito, ma talmente grande e presente da farmi sorridere ricordando com'era Roberto Frontali, come Conte Danilo in una splendida Vedova allegra anni '90 accanto alla suntuosa Luciana Serra. Tutto il resto dei comprimari è alla stessa altezza dei primi ruoli, ma ho notato la possente e tonante voce del basso Andrea Pellegrini nel ruolo del Dottor Grenvil e ci tengo a scriverlo.


Come già detto il Coro, diretto dal Maestro Paolo Longo, è stato una colonna portante dello spettacolo e ben ha figurato sia musicalmente che scenicamente, finalmente un po' rinvigorito anche nel numero di componenti. Sono rimasto un po' perplesso dall'Orchestra che ha avuto qualche disattenzione di troppo, forse dovuta alla superficialità che viviamo di fronte a qualcosa che conosciamo bene, troppo bene. Invece, ho amato molto il respiro, la delicatezza e l'introspezione che ha guidato la conduzione di Enrico Calesso alla guida della sua compagine.

Veramente un bello spettacolo che fa ben sperare per il resto della stagione! Sala gremita, pubblico giovane poco abituato o un po' restio agli applausi ma, incredibilmente, seduto fino all'ultimo minuto, senza accapigliamenti per la corsa al guardaroba...

mercoledì 23 ottobre 2024

VISAVÌ 2024 sabato 19 e domenica 20 ottobre 2024

Locandina dello spettacolo 

Visavì è tornato, fortunatamente, come ogni anno! E porta con sé arte, bellezza e respiro. Tutto ciò grazie alla splendida e attenta organizzazione di Artisti Associati di Gorizia che, guidati con inesauribile energia da Walter Mramor, portano a casa un'ennesimo successo, tutt'altro che scontato quando ci sono così tanti fattori in gioco!


Il "mio" festival inizia sabato 19 ottobre con l'assolo That's all, presentato nel suggestivo Salone degli Stati Provinciali del Castello di Gorizia da Artemis Danza di Monica Casadei. È un'opera prima di Davide Tagliavini e, come tale, risente della voglia di proporre tanto, troppo materiale mentre manca una drammaturgia leggibile che renda il suo pensiero, ma soprattutto il messaggio che vuole condividere, fruibile per noi pubblico. Davide è uno splendido performer dotato di fisico, di emissione vocale e di presenza scenica. Indubbiamente, continuando a frequentare questo filone non potrà che migliorare e rendere sempre più godibile la sua ricerca.


Ci spostiamo al Castello di Kromberk in Slovenia per ammirare un gioiello prezioso che, assieme alla particolarità di questo maniero di campagna, è rappresentato da un cesellato "duetto per tappeto" ad opera di due danzatori e coreografi italiani Emanuele Rosa e Maria Focaraccio, che si esibiscono sotto il nome EM+. HOW TO - just another bolero è tutt'altro che un altro Bolero: questa è una nuova, sensibile, particolare, raffinata lettura della famosissima partitura di Maurice Ravel, dove tutto si svolge nel limite fisico imposto dalla dimensione di un tappeto sul quale troviamo i due danzatori già sdraiati in posizione prona. Nei primi minuti sono a terra o in quadrupedia, usando solo il lato B come veicolo espressivo. Ma non è un limite, tale è la musicalità con la quale seguono la partitura senza apparire pedissequi, utilizzando archi plantari, gastrocnemi e bicipiti femorali come se fossero muscoli facciali. Con il crescendo musicale, si alzano dal tappeto in contrappesi, lift e salti fino all'apice anche della musica che non è sufficiente a terminare la coreografia...così, poco dopo, ripartono le prime battute del capolavoro di Ravel e ci illudiamo che tutto continui o ricominci per andare avanti, all'infinito. Ma non sarà così, comprensibilmente, e accettiamo che la musica sfumi con gli occhi e i sensi appagati, assieme ad una pioggia scrosciante di applausi.


Ci spostiamo ancora, stavolta con destinazione Cormons, per assistere a Decisione consapevole, una creazione di Roberto Tedeschi che viene presentata come una mappa concettuale per le sessioni di improvvisazione, che indicava percorsi, intenzioni e limiti imposti, tipici di questa tecnica. La sensazione è che continui ad essere un po' tale, senza raggiungere lo slancio e l'autonomia di una vera e propria coreografia, nonostante l'eccellenza dei quattro danzatori (Mattias Amadori, Eleonora Dominici, Laila Lucchetta Lovino e Francesco Misceo) e il grande lavoro di assieme che nobilita di molto il risultato finale. Di grande impatto e qualità il light design di Giacomo Ungari e quello del suono di Giuseppe Villarosa.





Si torna a Gorizia dove, al Kulturni Dom, va in scena
Amateur Smugglers ad opera di Silvia Garibaldi e Andrea Rampazzo per la compagnia slovena En-Knap. Per un festival di danza, secondo me, è una produzione un po' troppo al confine con il teatro fisico e l'intrattenimento, tanto è il materiale che mette in scena. Gli interpreti sono, anche in questo caso, strepitosi anche se, in particolare rispetto ai momenti di interazione con il pubblico, sono ancora un po' troppo bisognosi di indicazioni, che cercano con occhi avidi al banco della regia dove siedono i due autori, segno che il processo di introiezione e maturazione non è ancora completo. Lo spettacolo è un melting pot di resistenza umana (ammirevole quella di Mattia Cason che sembra inesauribile), obbedienza e sottomissione ai comandi dello "stop&go" che siano visti come partenza dai blocchi o, come si capirà strada facendo, come quelli ad un controllo di frontiera, ma troppi altri elementi restano non approfonditi, ad esempio il tentativo di coinvolgere il pubblico che, onestamente, riesce malamente.






A chiudere la giornata del sabato, arriva il momento della MM Contemporary Dance che propone un dittico composto da Skirk di Adriano Bolognino e Weirdo di Enrico Morelli. Per entrambi i coreografi ho gridato al capolavoro in occasione sia di Chopin for us del primo che di Elegia del secondo ma in questa occasione mi concentrerò sulla qualità di una compagnia che non delude mai. Ci sono delle gemme preziose che vengono affidate alle menti creative dei coreografi (Nicola Stasi, Giuseppe Villarosa, Federico Musumeci e Giorgia Raffetto, tra gli altri) ma è l'assieme generale, la capacità di essere acqua e aria e vento e fuoco che resta una peculiarità di tutti i danzatori della compagnia, a qualunque generazione appartengano e non posso esimermi dal riconoscere questo merito a Michele Merola, nonché a Enrico, per aver saputo portare avanti questo progetto con forza, sapienza e testardaggine. 






Domenica 20 ottobre inizia con il Visavì Experimental Context che è una bellissima occasione di vedere l'energia, il talento e la freschezza di 
16 ballerini di stili diversi ma legati alla scena hip hop o a quella della danza contemporanea, che si sfidano a coppie e vengono eliminati da una giuria tecnica. Anche quest'anno è stato un momento divertente (specie quando ai competitori veniva chiesto di interpretare assurde motivazioni per la loro esibizione, quali "basso Profilo" o "stare sott'acqua" tutt'altro che facili da rendere durante una improvvisazione coreografica di 1 solo minuto, senza il tempo di poter pensare a come renderla...), intenso e interessante, grazie anche alla vivace conduzione di Massimiliano Mosti, che ha rivelato vincitori Lele e Gianni all'unanimità, sia per la giuria che per il pubblico invitato ad esprimere il proprio pensiero.



A chiudere il Festival ci pensano la MN Dance Company che presenta in prima nazionale
Flights, ispirato al romanzo di Olga Tokarczuk, con uno spettacolo tecnologicamente molto interessante. Michal Rynia e Nastja Bremec hanno incentrato tutta la produzione sull'utilizzo di una serie di barre luminose led che sono senza cavi e comandabili a distanza, prestandosi a numerosi effetti luce, cui i due hanno dedicato molta cura e attenzione, dalla programmazione alla messa in scena. Tutto ciò distrae noi spettatori dalla coreografia che di suo, invece, non porta niente di nuovo al panorama coreutico generale. Buona fattura, buona energia ma niente di nuovo all'orizzonte. 




Lunga vita al Visavì Dance Festival di Gorizia che, per l'edizione 2025 in cui Gorizia e Nova Gorica diventeranno Capitale Europea della Cultura, si preannuncia un'edizione ricca e molto più lunga, dal 9 al 19 ottobre 2026: non vedo l'ora!

martedì 10 settembre 2024

CHOPIN/INTO US - BRUCIARE martedì 10 settembre 2024

Locandina dello spettacolo

Ma allora c'è ancora una speranza per questo paese decrepito e senza speranze! Avevo sentito parlare molto del lavoro di Adriano Bolognino ma non avevo ancora visto nulla di suo e temevo fosse il solito coreografo alla moda, fidanzato con qua

lche star o supportato da qualche critichessa  delle riviste specializzate. Tutt'altro e non ho potuto che restarne ammaliato. Sono contento che a scoprirlo, a supportarlo tra i primi ci siano stati Michele Merola ed Enrico Morelli, amici di MMDanceCompany e Agorà Coaching Project. E hanno fatto bene a supportarlo.

Bolognino è un talento assoluto, con un linguaggio e uno stile tutto suo, forse un po' ostico per dei neofiti della danza ma di incredibile musicalità e poeticità. Il suo lavoro si concentra molto sulle braccia e sull'uso del torso: poco nelle gambe e ancor meno nei salti o nei lift. Perlomeno in questo lavoro. Ma non c'è un movimento uguale all'altro; non c'è la struttura ruffiana delle coreografie con una sezione che si ripete nell'inizio e nel finale; non c'è il momento ad effetto: tutto è una cascata scrosciante di passi, atteggiamenti, contorsioni, tic, movimenti del corpo che scaturiscono dall'anima e che sono incollati alla musica.

I suoi danzatori (Rosaria Di Maro, Cristina Roggerini, Jacopo Giarda, Laura Dell’Agnese, Laura Miotti) sono lunghi e corti, larghi e stretti, belli e brutti, esponibili al body shaming più trucido ma sono tutti figli di Tersicore, la musa della danza: si muovono come divinità, come la corrente nell'acqua, come le foglie al vento. Vibrano, sussultano, ondeggiano, vivono e regalano emozione e lo sguardo non li lascia per un solo attimo. Un'ora di spettacolo che vola via in una tensione infinita, rapiti dalla bellezza di qualcosa che non è bello ma che affascina e cattura. Bravo, bravissimi!

E poi, a suonare Chopin c'è questo giovane, meraviglioso musicista che sembra doppio. Doppio perché il suo corpo si muovo poco, pochissimo mentre suona. Rifiuta i manierismi interpretativi che vogliono il busto ondeggiare e oscillare a sottolineare compartecipazione e compenetrazione nella musica. Ma da quelle mani escono emozioni incredibili, chiaroscuri meravigliosi, colori e timbri, pause e respiri che talvolta distraggono gli occhi dai danzatori per andare a vedere lui, che sembra immobile, ma non lo è affatto. Il suo nome è Gabriele Strata e mi ha emozionato come solo alcuni grandi, enormi musicisti hanno saputo fare: grazie!

Non c'è altro da raccontare perché è solo da vedere.

Grazie alla Società dei Concerti e al suo direttore artistico Marco Seco per aver organizzato questo piccolo festival che spero ci riserverà altre sorprese come questa!


mercoledì 10 luglio 2024

IL TROVATORE lunedì 8 luglio 2024

 Locandina dello spettacolo

...per fortuna l'Unesco ha riconosciuto la pratica del canto lirico in Italia (e tutto quello che ne consegue) come Patrimonio Immateriale dell'Umanità!
E ci sarebbe voluto pochissimo a
capirlo assistendo alla prima de Il Trovatore che ha avuto luogo a Lubiana,
lunedì 8 luglio, grazie all'invito che il direttore artistico del Festival,
Darko Brlek, ha rivolto ai complessi artistici del Maggio Musicale Fiorentino.:
un'edizione di altissimo livello musicale...nulla a che vedere con il massacro
del povero Puccini di due settimane fa...
Vedere sul podio il Maestro Zubin Mehta a 88
anni è stato commovente e rincuorante al tempo stesso, lo stesso deve aver
pensato il pubblico presente che gli ha riconosciuto una lunga e meritatissima
standing ovation.
Pensavo che la sua direzione sarebbe stata
poco incisiva...col piffero! Visibilmente sofferente nel fisico, l'animo e
l'impeto sono rimasti gli stessi di una volta, capace di gestire gli equilibri
dinamici e volumetrici di Verdi, in perfetta armonia tra palco e cavea
orchestrale

L'Orchestra del Maggio Musicale, che sento
suonare per la prima volta, mi è sembrata prodigiosa per capacità e colori,
indubbiamente fiera a sua volta di essere sotto una guida così esperta.
Così come il Coro, abituato a quello
nostrano ormai piccolino, non ricordavo più la forza vocale che può avere una
massa più ampia. I cromatismi, ad esempio di "A me ora fatale", erano
di una bellezza notevole: bravo Maestro Lorenzo Fratini!
Una delle difficoltà maggiori nel mettere in
scena il Trovatore, è che servono solisti di notevole calibro: bingo! In scena
c'erano 5 fuoriclasse che hanno saputo dare molto sia dal punto di vista
interpretativo che da quello musicale consci anche, secondo me, di stare
vivendo una serata di grande livello artistico.
Leon Kim è stato un convincente Conte di
Luna, Carolina Lopez Moreno, una Leonora dai filati strabilianti ma dal
fraseggio poco chiaro, Matteo Desole, un giovane e potente Manrico, Giorgi
Manosvili, un saldo e prestante Ferrando. Notevole la Azucena di Olesja
Petrova, sia vocalmente che interpretativamente. Di livello anche Olha
Smokolina come Ines e Alfonso Zambuto che vestiva i panni di Ruiz.
La regia di Cesare Lievi, ripresa da
Stefania Grazioli, era equilibrata e tradizionale nell’impianto recitativo ed
era centrata sul tentativo di svelare qualcosa in più della pazzesca e contorta
trama dell’opera, duplicando i protagonisti con figuranti e controscene varie: l’intento
non mi è sembrato risolto e ne è risultata una lettura senza infamia e senza
lode quindi, probabilmente, facilmente dimenticabile. Le continue, fastidiose chiusure
di sipario per effettuare dei cambi di scena quasi impercepibili, hanno spezzato
il ritmo e la tensione narrativa e potevano essere risolte altrimenti, forse
anche a vista. Ringrazio Luigi Perego per aver evitato il medioevo nel pensare
scene e costumi, anche se ci ha restituito un’ambientazione talmente tetra e
squallida da farmelo quasi rimpiangere. Le luci di Luigi Saccomandi erano
assolutamente pertinenti.

Applausi interminabili, nonostante la stanchezza dopo 3 ore di spettacolo, da una sala entusiasta come noi italiani, fieri di aver fatto una bella figura

venerdì 5 luglio 2024

SPARTACUS martedì 2 luglio 2024

Locandina dello spettacolo

WOW!!

Sto per scrivere di uno tra gli spettacoli indiscutibilmente più belli che io abbia mai visto,,,

Questo allestimento di Spartacus, portato in occasione del 72esimo Festival di Lubiana, rappresenta la perfezione di quanto vado cercando da sempre in uno spettacolo: qualità degli interpreti, allestimento, musica dal vivo...che meraviglia!

È la versione con la quale abbiamo conosciuto Spartacus nella parte occidentale dell'Europa, partorita dalla mente geniale di Yuri Grigorovich, per anni zar assoluto e dispotico del Teatro Bolshoi di Mosca ma indubbiamente un genio per aver saputo costruire uno spettacolo inossidabile, indistruttibile e indiscutibile che tiene, riempie e dirompe le scene da quasi sessant'anni, con folte schiere di legionari in gonnellini e pastori in costumi di lana. Nelle gambe e nei corpi dei danzatori dell'Opera di Astana questa coreografia diventa ancora più impressionante: l'unisono degli ensemble è tale che le frange dei gonnellini degli uomini, o dei decori pendenti di quelli del corpo di ballo femminile, oscillano all'unisono! Tante volte ho suggerito a voi, miei adorati lettori, di darvi da fare per vedere uno spettacolo: questa volta sarà ancora più difficile, ma provateci in tutti i modi e me ne sarete grati! Non ho molto più da dire se non celebrare la bellezza e la perfezione di questa esecuzione...


Dalla stella  Bakhitiyar Adamzhan che era Spartacus al suo antagonista Arman Urazov nel ruolo di Crasso, così come le perfette Phrygia: Madina Unerbayeva e Aigerima Beketayeva, rispettivamente Firgia ed Egina, senza dimenticare il Gladiatore di Serik Nakyspekov, tutti danzano magnificamente, profondamente, completamente, generosamente, sia che si tratti dei superlativi grand saut de chat in diagonale di Bakhitiyar o dell'intensità interpretativa di tutti loro, l'emozione è sempre pronta a toccarci e coinvolgerci.

L'Orchestra Filarmonica Slovena è stata a sua volta impeccabile in tutte le sue sezioni: dagli ineccepibili ottoni, ai raffinatissimi archi fino alle esplosive percussioni! Sicuramente anche grazie alla profonda conoscenza della partitura da parte del Maestro Abzal Mukhtidin, che li ha condotti egregiamente, al punto che sembrano suonare solo la meravigliosa musica di Aram Khachaturian quotidianamente. Toccante, come sempre, il contributo del Coro Femminile della stessa istituzione nella scena del Requiem finale.  

Un sentito ringraziamento al Direttore del Festival di Lubiana Darko Brlek per aver portato uno spettacolo così meraviglioso!

lunedì 1 luglio 2024

ZORBA IL GRECO giovedì 27 giugno 2024

Locandina dello spettacolo 

Ero molto emozionato all'idea di assistere da spettatore a Zorba il greco, avendo ballato alla prima mondiale del 1988 all'Arena di Verona ma...che delusione! Mi chiedo come possa essere entrato nel repertorio di così tante compagnie e mi rispondo che deve essere solo grazie al meraviglioso, trascinante sirtaki finale perché il resto è francamente dimenticabile. Avevo avuto questa impressione anche all'epoca ma poi la capacità della nostra mente di selezionare solo i ricordi positivi ha prevalso. Le noiose coreografie di demi-caractère invece non ero riuscito a rimuoverle del tutto. O il povero Zorba che al mio tempo era un mastodontico Vladimir Vassiliev e ora è un bravissimo danzatore costretto, immagino dal coreografo, a sorridere e ammiccare costantemente. O l'altro splendido danzatore che interpreta John che ogni volta che rientra in scena tiene un libro in mano, come un topo da biblioteca o un ragazzino rimandato a settembre. Per non parlare della povera Madame Hortense che sembra affllitta da qualche morbo che la depriva della dignità. La narrazione è chiara ma il linguaggio coreografico è talmente superato e datato da risultare quasi ingenuo. Il primo atto, in particolare, è lento e non va da nessuna parte, i personaggi sono poco chiari dando per scontato che tutti abbiano visto il film - e lo ricordino pure bene! - ma hanno sfumature caratteriali difficili da rendere solo con la danza, in particolare se così poco incisiva. Tutta l'operazione del 1988 fu basata sul sirtaki finale e sulla presenza di Mikīs Theodōrakīs che scrisse appositi brani e diresse la prima mondiale, decretandone un grande successo commerciale ma lo trovo un soggetto veramente difficile da trasporre in danza...e forse non necessario? Belli i costumi di Leo Kulaš, banale e inutilmente classicheggiante la scenografia di Matic Kašnik e belle luci di Tomaž Premzl. 



Detto ciò tutta la compagnia della SNG di Maribor danza con ardore e impegno commovente, traghettandoci verso il finale dove tutto verrà dimenticato. Cito con enorme piacere i primi ruoli perché sono eccellenti, nonostante quanto sopra scritto: lo Zorba di Davide Buffone, John danzato da Ionut Dinita, Marina danzata da Tijuana Križman Hudernik, Madame Hortense era Evgeniia Koshkina e Yorgos Mateo Magalotti: Trovate i nomi degli altri bravissimi danzatori nella locandina dello spettacolo. L'Orchestra era diretta superbamente - un bravo al settore delle percussioni - da Simon Robinson, mentre l'ottimo Coro da Zsuzsa Budavari Novak.

Per quanto mi riguarda, tanto sforzo per nulla. Il pubblico ha decretato un grande successo con almeno quattro bis del sirtaki (tutti pianificati, sappiatelo). Sala gremita.




sabato 29 giugno 2024

TOSCA mercoledì 26 giugno 2024

Locandina dello spettacolo 

Ahia...non posso dirmi soddisfatto dall'esecuzione di Tosca a cui ho assistito nell'ambito del 72esimo Festival di Lubiana e mi dispiace, perché è una delle mie opere preferite ed è un festival che seguo e amo, soprattutto per l'alta qualità degli spettacoli che ha saputo proporre in questi anni.

Questo allestimento della SNG di Maribor non mi ha convinto scenicamente e vocalmente e ora vi spiego il perché. Da un punto di vista visivo, tanti piccoli dettagli trascurati, sbavature spazio/temporali,  mi hanno spesso riportato al presente, impedendomi di lasciarmi andare alla visione e all'immersione nella vicenda ma non mi metterò a sciorinare una lista inutile per chi non ha visto lo spettacolo. Il palcoscenico è diviso su due livelli, anche se viene spesso privilegiato quello alto, a grande discapito del canto che, perlomeno dal Balkon dove ero seduto, risultava perennemente sovrastato dai volumi dell'orchestra. Il risultato era talmente squilibrato da percepire soltanto gli acuti (però che volumi di voce nel cast!) senza poter godere dei colori e della linea di canto. Quindi, per un'opera così intima come questa di Giacomo Puccini, dove non ci sono concertati o momenti corali (ad eccezione del Te deum) l'ascolto è stato davvero uno strazio. Del tutto diverso durante il duetto nelle segrete di Castel Sant'Angelo dove finalmente si è potuto ascoltare e non cercare di percepire. Se a questo si aggiunge una regia probabilmente poco provata e un po' pasticciata, la frittata è fatta. 

L'orchestra della SNG di Maribor suona bene e ne ho percepito qualunque sfumatura, come già scritto. Al Direttore Simon Krečič rimprovero di non aver fatto un giro per i vari ordini dell'immensa Gallusova Dvorana dello Cankarjev dom per verificare l'equilibrio tra voci e orchestra ma, probabilmente come in tutte le tournée, il tempo sarà stato tiranno. Stranamente, entrambe le romanze del tenore, nonché il Vissi d'arte della soprano avevano invece un buon equilibrio, tale da far risaltare anche il fraseggio e colori...mah! Bene il coro sloveno. 

Mi dispiace non aver potuto godere con maggior piacere delle voci dei tre protagonisti che mi sono parse tutte di buon livello. Vince su tutti il Mario Cavaradossi di Jonathan Tetelman, seguito dallo Scarpia di  Željko Lučić, nonostante qualche problemino di intonazione, e un po' in sordina la Floria Tosca di Rebeka Lokar, poco nel ruolo. Sia chiaro: tutti e tre hanno voce e mestiere da vendere anche se talvolta gli acuti di Tetelman sono veramente too much (specie quello arricchito di corona che chiude Recondita armonia e sembrava soltanto auna dimostrazione di fiato). Angelotti, cantato da Valentin Pivovarov mi è sembrato avere maggior dignità e presenza che in altre versioni, per cui un bravo va a lui, al Sagrestano di Sebastian Čelofiga e alla Pastorella di Terezija Potočnik Škofič. 

Tanti applausi e sala quasi esaurita.



martedì 25 giugno 2024

AREADANZA urban dance festival Domenica 23 giugno 2024

Locandina dello spettacolo 

Questa sarà un po' più di una recensione di un piccolo ma interessantissimo festival di danza urbana, di cui ho visto solo gli spettacoli pomeridiani di domenica 23 giugno. Vuole essere anche un omaggio, un riconoscimento alla presenza di Arearea in Friuli-Venezia Giulia, nel trentennale della loro brillante carriera!

Arearea nasce a Udine in anni molto vicini a quelli di Arteffetto (realtà di cui mi occupo da 35 anni), occupandosi da subito di danza contemporanea e urbana. Ricordo le loro produzioni in campi da calcio, al parco del Cormor, nel palazzo Pico di Fagagna, in alcuni box di plexiglass in piazze udinesi e in molti altri luoghi, sempre originali. L'artefice di tutto ciò è senza dubbio Roberto Cocconi che - dopo aver vissuto gli anni felici del Teatro Danza la Fenice di Venezia, sotto la guida di Carolyn Carlson, che tanto ha lasciato in Italia a numerosi discepoli - ha deciso di tornare nel suo Friuli per piantare e lasciar germogliare il seme della danza contemporanea. Presto a lui si sono accodati Marta Bevilacqua e Luca Zampar, anche loro maturati con la Carlson, e poi Valentina Saggin e Anna Savanelli a formare un collettivo di pensiero e di azione. Il riconoscimento ministeriale li aiuta ad iniziare a creare una struttura stabile, confermata poi con la realizzazione de Lo Studio, la sede logistica ed operativa della compagnia, nel quale verranno avviate tutte le attività necessarie a garantirne la vita nonché la sopravvivenza per la Compagnia. Negli anni in cui ho diretto "Trieste per la danza" il primo festival di danza contemporanea di Trieste in collaborazione con il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia, li ho invitati a presentare alcuni dei loro lavori in quello che ho sempre ritenuto un corretto rapporto di buon vicinato nonostante non avessero certo bisogno del mio aiuto (ne approfitto anche per chiedere loro scusa pubblicamente per una bassezza compiuta nel passato). Maggiori informazioni le trovate anche sul loro più che completo sito

Tutto ciò per dire loro grazie. Grazie per quanto hanno portato avanti con salda fermezza in questi anni; per la poesia del gesto e del pensare che non è mai mancata loro e che ha trovato in Marta una insostituibile musa ispiratrice; per aver sempre saputo trasformare i sogni e la fantasia in azioni concrete e fruibili; per essere stati generosi con i giovani che a loro si sono affidati per la formazione professionale; per aver portato e rinnovato il concetto di collettivo che si respira ogni volta che agiscono, con la schiera di amici/compagni/figli a dimostrare che l'unione dà forza: bravi!

Venendo ad AreaDanza, urban dance festival, che ha avuto luogo a Venzone, piccolo paesino vicino alla ben più tristemente nota Gemona del Friuli, lo ricorderò come un bellissimo pomeriggio passato assieme a danzatori e spettatori, con i quali a breve si inizia a socializzare di spostamento in spostamento. Si, perché il festival si sposta in giro per il paese alla scoperta di angoli sconosciuti e altri di maggior notorietà. 

Apre le danze pomeridiane Touch up 4.0 portato in scena dagli allievi dell'Alta Formazione/Compagnia Arearea e che racconta, riuscendoci pienamente, di come il comandamento attuale sia diventato uno solo: la produttività. In virtù di questo l'uomo sta perdendo umanità, il calore del tocco come trasmissione di pensiero e di condivisione, rinsecchendolo in gesti sempre più precisi, millimetrici ma totalmente asettici. In scena, anzi, sotto la facciata postica del Duomo di Venzone (lo ricordo ancora dolorosamente sventrato dal terremoto del '76) hanno agito Aichatou Cherif, Giovanni Consoli, Filippo Seziani e Sara Soravito che mi hanno sorpreso per la notevole presenza scenica ed interpretativa oltre a quella tecnica (spero che le stigmati sui loro piedi, create dall'attrito con il cemento, passino presto...).

Girandoci di schiena abbiamo trovato Chiara Ameglio e Pieradolfo Ciulli della Fattoria Vittadini di Milano appollaiati sui resti di alcune trabeazioni, rimaste in un angolo delle possenti mura di cinta di Venzone, dopo il terremoto di cui sopra. So close, so far è un duetto ispirato alla distanza e alla volontà di colmarla, indagando i concetti di distanza e vicinanza sempre e comunque legati da un fil rouge che tiene in costante contatto mentale e fisico la relazione tra i due danzatori

Ci spostiamo in un cantuccio nascosto ma incantevole, sotto una torre di pietra dove Laura Corradi presenta un delizioso duetto intitolato "Più forte di me" che Laura racconta meglio di me: "Difficile definire il confine tra amore e tolleranza, tra rabbia e tenerezza. Quando si sconfina, quando in due si è una cosa sola, allora lì l’altro è cosa mia e mi appartiene, lo curo come fosse il mio corpo, la mia casa, il mio giardino, e non posso farne a meno". Il gesto dei due danzatori è netto, chiaro e racconta esattamente quello che la coreografa voleva, arricchendolo di freschezza rispetto al testo che suona più maturo, grazie ai giovani corpi e ai volti espressivi di Jessica Perusi e Tommaso Cera, vestiti elegantemente ma infine irrimediabilmente macchiati dall'erba in cui si rotolano.

Nella piazza centrale di Venzone, rischiano unghie e dita dei piedi Tjaša Bucik e Patricija Crnkovič, generose nel loro non porsi limiti rispetto ad una superficie così ostica, affrontata a piedi nudi. O naš/ About us è astratto da un lavoro a serata intera e poco racconta di sé in questo contesto: allora non resta che godere della bellezza e della bravura delle due interpreti.

Ci accomodiamo nella Loggia del Municipio e, dopo il nostro ingresso, arrivano i partecipanti ad una festa di giovani senonché la terra inizia a tremare e saranno urla di terrore, di ricerca degli amici, di consigli su come salvarsi, il tutto condito da un'assieme incalzante fatto di spostamenti di gruppo ad enfatizzare il dramma che si sta consumando. Qualcuno non ce la farà ma lo si intuirà soltanto, senza inutili sottolineature e piagnistei, esattamente come i friulani seppero dimostrare e fare  Silenzio è un pezzo di Diego Sinniger De Salas per Twain Physical |Dance Theatre e non lascia indifferenti anche per la generosità con cui gli interpreti (Aleksandros Memetaj, Yoris Petrillo, Caroline Loiseau, Jessica De Masi, Ugnė Kavaliauskaitė e Anne- Gaëlle Stéphant) vivono i propri personaggi. Nel terremoto di Tuscania del 1971, 31 persone persero l’opportunità di dire e fare ciò che avrebbero voluto. "Passiamo la vita pensando che tante cose si possono fare domani ma c’è solo “oggi”: dovremmo vivere il momento, viverlo fino alla fine, godendo della bellezza del sorriso di un amico e amando il silenzio di due occhi che si guardano e fermano il tempo per sempre…"

Dopo poco ci aspetta l'ultimo brano - e che chiusura! - Messaggeri — preludio, un progetto di Maria Elisabetta Novello assieme a Roberto Cocconi, Luca Zampar e Fabiana Noro. Entriamo e troviamo una ventina di uomini vestiti di nero appoggiati ai muri che formano il perimetro del palcoscenico ricavato nella loggia. Al centro una figura ieratica e vibrante si staglia: è quella di una donna elegantissima. Improvvisamente inizia a fare dei gesti che presto si comprenderanno essere gli stessi con cui dirigerà gli uomini in nero, che poi sono i cantanti del Coro Polifonico di Ruda. Ma prima Roberto Cocconi, Luca Zampar, Marco Pericoli e Andrea Rizzo condurranno drappelli di cantanti silenziosi in disegni e azioni sceniche, costruendo il pathos che raggiungerà l'apice nel momento in cui inizieranno a cantare - meravigliosamente! - due brani: Stetit Angelus di Giovanni Bonato e Lux aurumque di Eric Whitacre. Il silenzio è rotto ma la tensione no e sale fino al culmine in cui Andrea indossa due ali di metallo e diventa un "messaggero di luce in questa epoca buia". Mezz'ora volata con grande emozione e tensione.

Pubblico attento e in crescita costante spettacolo dopo spettacolo, splendida iniziativa che spero si allargherà e allungherà sempre di più.