Sono uscito dal Teatro Nuovo Giovanni da Udine, dove si è svolto "Passi di Stelle" - Les Italiens de l'Opéra de Paris - con vari pensieri che vorrei condividere con voi.
Il primo è che, per la seconda volta in due giorni, mi sono fatto "ingannare" dal titolo. Per molti anni hanno girato l'Italia, soprattutto quella dei grandiosi festival estivi degli anni '80, numerose compagini di "Les Etoiles de l'Opéra de Paris". In questo caso devo aver preso un pezzo del titolo e un pezzo del nome della compagnia e ho pensato di assistere nuovamente ad uno spettacolo di etoiles. No, errore mio. Questi giovani - giovanissimi! - danzatori provengono da vari ranghi della maison francese che vanno da Quadrilles a Primi Ballerini.
Pensando a l'Opéra di Parigi non si può fare a meno di ricordare che è lì che la danza classica ha prosperato: eppure, vedendo in scena i danzatori di stasera, ho avuto la netta sensazione che fossero molto più a loro agio nelle creazioni di oggi, nel repertorio contemporaneo piuttosto che in quello classico. Nei passi a due del grande repertorio cui abbiamo assistito, ci sono state svariate imprecisioni che non mi sarei aspettato da danzatori provenienti da una compagnia così importante: lift insicuri, mani a terra per salvare un atterraggio da virtuosismo non perfettamente riuscito, fouettés en tournant ma non i canonici 32 bensì un mix di questi con quelli all'italiana, oppure finiti prima del termine della frase musicale, coppie sproporzionate e così via mi hanno lasciato un po' perplesso. Tutto può succedere e sono giovani ma la frequenza di imprecisioni è stata un po' troppo alta.
Infine, certe coreografie del recente passato sono talmente cucite sul corpo di chi le ha portate al successo che è difficile vederle indossate da altri danzatori, nonostante siano passati a volte più di trent'anni. Mi riferisco per esempio a "In the middle, somewhat elevated" coreografia di William Forsythe del 1987, che dopo la magistrale interpretazione di Sylvie Guillem e Laurent Hilaire sembra danzata solo tecnicamente e senza tensione, gambe alle orecchie a parte.
Per fortuna poi arriva "Arépo" di Maurice Bejart del 1986 che portò alla ribalta lo statuario Eric Vu An ma che qui riusciamo a dimenticare per la felina bravura, la grande tecnica e lo slancio controllato dello splendido Alexandre Boccara. Lo stesso dicasi per Les bourgeois, tipico assolo da gala, che qui esalta il piglio sicuro e la brillante tecnica di Giorgio Fourés.
Questa serata messa assieme da Alessio Carbone, a suo tempo splendido interprete di Arépo e primo ballerino dello stesso teatro parigino, ha il pregio di regalarci coreografie desuete per i nostri palcoscenici e molto ben danzate. Delibes suite, un delizioso passo a due che inizia con i danzatori di schiena e così li fa terminare, è un piccolo gioiello ad opera di José Martinez, attuale Direttore della Compagnia, pieno di tecnica e di manège interni ormai dimenticati, magnificamente danzato da Clémence Gross e dal super virtuoso Jack Gasztowtt. Così come Caravaggio di Mauro Bigonzetti che porta alla luce la bellezza e la bravura di Bianca Scudamore e Francesco Mura. La nuit s'achève è uno splendido duetto, intenso e romantico, che ben sta nelle corde di Lillian Di PIazza e Alexandre Boccara così come Arbakkin sta in quelle di Silvia Saint Martin e Antonio Conforti. Ma forse l'apice della serata è Les indomptés un duo al maschile che incanta da trent'anni e lascia la platea a bocca aperta, pronta a scatenarsi in un applauso liberatorio. Claude Brumachon lo ha composto nel 1992 raccontandolo come "Un gesto, carico di una storia indicibile, che cambia nel momento presente e, con delle amare proposizioni, offrono la visione dell’uomo nella sua complessità": Alexandre Boccara e Giorgio Fourés l'hanno saputo raccontare magnificamente con i loro corpi.
Teatro pieno, pubblico indisciplinato ma generoso negli applausi anche a scena aperta, e vivido successo generale.
Nessun commento:
Posta un commento