Locandina dello spettacolo
Sono sempre sollevato quando uno spettacolo è riuscito e posso raccontarne le mie impressioni che si muovono tra il positivo e l'entusiasta!
E così è per questo Nabucco che inaugura con grande successo il 2019 della stagione d'opera e balletto della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
La produzione è rodata, avendo già debuttato nel 2014 per il circuito dell'As.Li.Co., ed è un piacere per gli occhi e per le orecchie.
Ad iniziare dall'imponente scenografia ad opera di Emanuele Sinisi che si restringe, come il teleobiettivo di una fotocamera, nelle scene più intimistiche e si espande per accogliere l'imponente massa corale, grazie allo scivolamento laterale di quattro grandi monoliti e un fondale a ghigliottina (di grande effetto la stanza in cui è rinchiuso Nabucco). Per proseguire con le splendide luci di Fiammetta Baldisserri che esaltano, nascondono, suggeriscono e riescono a convivere, per esempio, con estrema delicatezza al baluginare delle fiammelle che il coro sorregge durante il Và pensiero. Ancora, nella lineare bellezza dei costumi firmati da Simona Morresi che vanno dalle tuniche sobrie e pulite all'esagerata bellezza della cappa di piume nere indossata Abigaille. Il tutto è legato dalla regia firmata da Andrea Cigni, ripresa a Trieste da Danilo Rubeca, che riesce a essere tradizionale ma per nulla polverosa, innovativa ma senza strafare, curata senza diventare ossessiva...insomma, a mio parere, riuscita e godibilissima. I personaggi sono costruiti, il coro non è statico e il lavoro di unione di tutti gli elementi c'è: bravi!
La parte musicale è allo stesso livello.
L'Orchestra del Teatro Verdi suona questa partitura con l'amore e la devozione che il Cigno di Busseto merita e che vorrei che riservassero anche in occasione degli spettacoli di balletto, specialmente se si tratta di Tchaikovski. Il Maestro Christopher Franklyn riesce a gestire con uguale cura e dedizione il coro, i solisti, la banda in palcoscenico e la sua orchestra, rendendo ugualmente chiare le zone impetuose, ardimentose di questa opera, così come quelle più melodiche e romantiche. Ottima la prestazione del
Coro del massimo triestino, rimpolpato nelle fila e meticolosamente istruito dal Maestro Francesca Tosi.
Venendo ai solisti, Giovanni Meoni è stato un Nabucco estremamente convincente, dai volumi possenti, dal fraseggio chiaro e con bel timbro. Amarilli Nizza, una fuoriclasse della lirica, è stata una affascinante Abigaille, confermando di possedere un'eccellente tecnica di canto, che la rende padrona del proprio strumento voce, consentendole di passare agilmente dai filati agli acuti, con vibrati di grande effetto. Bravissimo Riccardo Rados che interpreta il non facile ruolo di Ismaele (e chissà che emozione anche per il papà Roberto, nel coro del teatro da molti anni, nel vederselo davanti, protagonista...). Ma più di tutti ho amato Nicola Ulivieri, a proprio agio nel canto ma ancor di più nell'interpretare Zaccaria che, evidentemente, sente particolarmente e che arriva a noi pubblico con sincerità e chiarezza interpretativa. Incisiva sia vocalmente che scenicamente la Fenena di Aya Wakizono e adeguati gli altri comprimari Andrea Schifaudo, Rinako Hara e Francesco Musinu.
Spiace solo che la tirata per tenere la durata dell'opera in tempi accettabili alla nostra contemporaneità abbia raggelato il pubblico triestino della prima, notoriamente non molto generoso, pronto a scattare in un applauso ma bloccato dalla bacchetta del Direttore che ripartiva subito dopo che l'ultima nota di un'aria, di un coro aveva smesso di riecheggiare nella cavea orchestrale. Sala pienissima
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