mercoledì 9 maggio 2018

FROM BACH TO BOWIE martedì 8 maggio 2018

Locandina dello spettacolo

APPUNTI IN ORDINE SPARSO

1. sono sempre più felice di vivere in una città di provincia, lontana da certe frenesie. Nel vedere l'ansia e la velocità con la quale si muovono gli splendidi danzatori della Complexions Dance di New York, mi sono completamente riappacificato con i ritmi lenti e paciosi di Trieste

2. ammiro la capacità degli americani di fregarsene dei fisici dei propri danzatori: alti, bassi, magri sovrappeso, sproporzionati...va tutto bene, purché si muovano bene...bravi!
Un'altra lode va alla grandiosa miscellanea di razze e colori di pelle che rendono questo ensemble una gioia per gli occhi.

3. non sopporto più la moda della destrutturazione del movimento. Alcune linee, alcune posizioni della danza classica, alcuni principi della modern dance, sono talmente belli che non hanno nessun bisogno di trovare nuove chiavi interpretative. Oltretutto guardare per 46 minuti splendidi danzatori che si contorcono come vittime di coliche è irritante per me, come per la fila di anziani spettatori che avevo davanti e che ha iniziato a parlottare, come studenti all'ascolto della più noiosa delle lezioni.

4. se la musica barocca per clavicembalo e affini ad opera di Bach fosse durata anche soltanto per altri 60 secondi, avrei chiesto la perforazione dei timpani. Oltretutto accostata con un mix stilisticamente piuttosto discutibile.

5. Desmond Richardson è ancora un danzatore strepitoso e si vede nitidamente la differenza di spessore rispetto ai suoi più giovani colleghi: il suo corpo racconta un vissuto importante, sia fisico che artistico. La coreografia che Dwight Rhoden, il coreografo principale dei Complexions, gli scolpisce addosso è totalmente rispettosa delle necessarie pause per comunicare appieno quello che lo strumento Richardson sa far vibrare, in incredibile divergenza con i contorcimenti che abbiamo dovuto vedere fino all'attimo prima.

6. il teatro era bello pieno!

7. dopo l'insopportabile barocco, si sono susseguiti quattro brani piuttosto inutili e privi di anima. Per fortuna la chiusura era affidata a Star Dust, un omaggio alla musica di David Bowie che ha ribaltato le sorti di una serata tutt'altro che felice, immergendoci in un clima simpaticamente anni '80, pregno di estro e genialità tipicamente americane, kitsch ma libere da cliché e piene di fantasia!

8. sono sempre più stufo di vedere splendidi danzatori alla mercé di coreografi senza idee, di creativi che evidentemente risentono ancora della crisi di fine millennio.

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