Bello, bello, bello questo “Rigoletto” che la Fondazione Lirica Giuseppe Verdi di Trieste ci regala come apertura della Stagione Lirica e di Balletto 2016/2017.
Sono un Verdiano ma come opera non mi ha mai fatto un gran simpatia: troppi calzoni a sbuffo, gobbe posticce e un ambientazione storica che da sempre mi deprime...invece questa edizione rimodernata e spostata avanti nel tempo, mi ha catturato, coinvolto e fatto ricredere anche scenicamente. Dopo un inizio che mi era parso fuori luogo vedendo uscire in proscenio due bambinetti che poi ho capito essere i figli del Duca di Mantova, la regia di Jean-Louis Grinda - qui a Trieste ripresa da Vanessa d'Ayral de Sérignac - mi ha irrimediabilmente catturato.
Grinda ha costruito uno spettacolo moderno e intelligente, tinteggiato di fosco come il libretto di Francesco Maria Piave richiede, sottolineato dal bellissimo, imponente, plumbeo impianto scenografico ad opera di Rudy Sabounghi, autore anche dei costumi ugualmente adeguati e suggestivi (inclusi quelli per la poco seducente, invero fortemente comica, scena dell'orgia). Splendide le luci di Laurent Castaingt che sottolineavano e aderivano perfettamente al dipanarsi della vicenda. In particolare ho trovato il II atto di grande potenza visiva e narrativa: bravi tutti, veramente!
Per la prima volta ho fatto caso a quante "frasi" tratte da quest'opera ("cortigiani vil razza dannata" "vendetta, tremenda vendetta" "la donna è mobile") sono diventate modi di dire per noi italiani, chiaro segno di quando un frutto della creatività umana entra direttamente nel mito, attraverso un vasto consenso popolare.
Venendo alla parte musicale, sono felice di poter scrivere del secondo cast, visto che il primo ha sempre una maggiore copertura mediatica, anche perché ho sentito cantare un Rigoletto strepitoso: Stefano Meo ha tutte le carte in regola sia vocalmente che scenicamente e costruisce un personaggio che regala brividi! Ugualmente vibrante al suo fianco la Gilda di Lina Johnson che inizia delicata e diafana con voce angelica per poi passare al dramma puro e scabroso del terzo atto. Meno convincente mi è parso Davide Giusti nei panni del Duca di Mantova: aitante e simpatico ma con una voce che mi risultava ingolata e costretta. Vibrante lo Sparafucile di Giorgio Giuseppini e strepitosa la Maddalena di Antonella Colaianni. Vocalmente instabile la Giovanna di Sharon Pierfederici, bene il Monterone di Franco Lufi e il Conte di Ceprano di Giuliano Pelizon; incomprensibile il Marullo di Fumiyuki Kato e adeguati gli altri comprimari.
Vento nuovo e pieno di energia nel settore maschile del Coro del Teatro Verdi: sarà grazie alla nuova Direttrice Francesca Tosi, ma sembravano nuovamente una massa imponente e con voci giovani e forti...bene!
Lo stesso dicasi per l'Orchestra triestina che suona il "suo" Verdi sempre con tenacia e convinzione, guidata dalla bacchetta esperta e sicura del veterano Fabrizio Maria Carminati, al quale vorrei soltanto rimproverare di aver tenuto i volumi un po' troppo alti non avendo davanti agli occhi dei cantanti particolarmente potenti.
Nel complesso come dicevo, uno spettacolo bello, ben amalgamato, dal forte impatto visivo e molto scorrevole. Il folto pubblico sa sottolineato la propria approvazione, applaudendo copiosamente tutti gli interpreti. Un paio di fischi hanno salutato l'ingresso in scena del tenore, segno di un ritorno di competenza del pubblico triestino che invece, per anni, ha applaudito chiunque senza distinzione di merito? Speriamo!
Lo stesso dicasi per l'Orchestra triestina che suona il "suo" Verdi sempre con tenacia e convinzione, guidata dalla bacchetta esperta e sicura del veterano Fabrizio Maria Carminati, al quale vorrei soltanto rimproverare di aver tenuto i volumi un po' troppo alti non avendo davanti agli occhi dei cantanti particolarmente potenti.
Nel complesso come dicevo, uno spettacolo bello, ben amalgamato, dal forte impatto visivo e molto scorrevole. Il folto pubblico sa sottolineato la propria approvazione, applaudendo copiosamente tutti gli interpreti. Un paio di fischi hanno salutato l'ingresso in scena del tenore, segno di un ritorno di competenza del pubblico triestino che invece, per anni, ha applaudito chiunque senza distinzione di merito? Speriamo!
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