Locandina
Scrivere di questo Nabucco non sarà facile.
Mi trovo controcorrente rispetto a molti altri pareri che ho sentito e letto. Premetto sempre che sono un appassionato d'opera, ma non un tecnico e che ho assistito alla recita di sabato 31 gennaio.
Non ho trovato l'allestimento così tetro e iettatorio. Si, è vero, dominano il grigio, i toni scuri...ma di che colore ci vestiamo tutti, sempre di più, oggi giorno? E la situazione attuale è forse rosa? E il teatro deve essere sempre colorato, possibilmente fedele ricostruttore di atmosfere d'antan e pieno di rimandi al classicismo? Io penso di no.
Credo che il momento storico che viviamo sia cupo come questo allestimento di Nabucco e che è importante prenderne atto, magari anche solo vedendolo rappresentato davanti ai nostri occhi e restandone infastiditi. Madamini, la realtà è questa! Prendiamo atto e diamoci da fare per migliorarla. A parte ciò, i manichini appesi al soffitto della camera in simil cemento, che a me ha fatto pensare all'immobilità perpetua dell'essere umano di fronte ai cambiamenti, alle novità belle o brutte che siano, era tutt'altro che pipistrellesca. L'effetto era ancora più interessante quando sul palcoscenico era schierato il coro e il gioco di rimandi tra mondi inferiori e superiori, interiori o esteriori, era al suo massimo. Molto interessante infatti era il "Va pensiero" durante il quale il coro sdraiato a terra, risulta sovrastato dai manichini eretti ma anche duplicato, centuplicato. Insomma sia l'allestimento che la regia lasciavano aperte molteplici chiavi di lettura, strada che preferisco di gran lunga al didascalismo filologico. Certo, più difficile per una parte di pubblico, ma uno stimolo serve ancora a tutti noi e non credo che ne avrei ricevuti da una pletora di babilonesi in tunica o di vergini ebree...
Quindi grazie (da parte mia) a Stefano Poda, autore della regia, della scena, dei costumi e delle belle luci, ed a Paolo Giani Cei che ne curato la ripresa.
Splendida direzione orchestrale offerta dalla bacchetta di Giampaolo Bisanti, attento a non scendere nel "bandistico" senza sacrificare troppo i clamori e i volumi. E soprattutto senza sacrificare le voci....o forse sarebbe stato meglio?
I protagonisti non sono stati proprio entusiasmanti. Scoperta l'assenza della Theodossiou dalla mia poltrona di platea, ho sentito Tiziana Caruso che come Abigaille mi è parsa potente, ma sono negli acuti peraltro gridati, e molto deludente nelle note gravi e in quelle centrali. Peggio ancora il Nabucco di Sergio Bologna, vittima di vibrati piuttosto fastidiosi e, per il mio ignorante orecchio, con problemi di intonazione qua e là. Ho trovato gradevolissima e delicata la Fenena di Marina Comparato, mentre la voce di Ernesto Morillo mi è parsa più baritonale che da basso....forse a causa della giovane età...in ogni caso baldanzoso e presente come Zaccaria. Non mi è dispiaciuto l'Ismaele di Mikheil Sheshaberidze che ha invece infastidito i più, anche se a mio avviso ha un voce troppo nasale. Bene, molto bene, per timbro e volume l'Abdallo di Alessandro D'Acrissa.
S T R E P I T O S I coro e orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste in gran tiro e splendida forma.
Sala piena ma pubblico freddo.
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