"Risveglio di primavera" di Frank Wedekind è uno di quei romanzi di formazione che, prima o poi, nella vita vanno letti: non scorrevolissimo, non facile e indubbiamente poco allegro, contribuisce però alla comprensione di quella difficilissima parte della vita chiamata adolescenza. Problematiche e sofferenze che con il passare del tempo tendiamo a dimenticare con anni più sereni e meno problematici.
Per parlare di questo "Spring Awakening" dobbiamo necessariamente partire da qui. Dalle tensioni che dal romanzo si trasferiscono al palcoscenico; dalla delusione che gli adolescenti provano per le repressioni che gli adulti operano nei loro confronti, senza spiegarne i perché; dalla scoperta che il sesso, prima di diventare piacere, è portatore di dubbi, di insicurezze, di paure, di errori.
Tutta questa tensione la ritroviamo nello spettacolo scritto da Steven Sater con le musiche di Duncan Sheik e prodotto con grande lungimiranza e finezza dalla Todomodo Music, una produzione di Livorno che rischia coraggiosamente con un titolo tutt'altro che facile.
Innanzitutto perché catalogarlo musical è quantomeno riduttivo: a mio avviso questa è una opera, un'opera rock quantomeno per la ricchezza e la profondità del testo, imparagonabile alle solite pappette tipo Grease, Cats, ecc.
Poi perché producono in grande, risparmiando solo su una cosa di cui vi dirò alla fine, con una bellissima scenografia, pensata da Marcello Sindici, che riproduce una lavagna appoggiata su un piano inclinato e un palcoscenico sul quale si svolge tutta la vicenda che, all'inizio dello spettacolo, troviamo posizionato verticalmente. Poco dopo entra una ragazza che, mentre il piano viene riportato in posizione orizzontale, entra attraverso un buco e si trova direttamente al centro della vicenda. Ma le trovate registiche sono continue e tutte raffinate, poetiche ed originali: Emanuele Gamba firma una regia che, finalmente, sembra non citarne altre, ricco com'è di immagini personali molto eleganti e personali. Forse un po' troppo enfatica nel gusto di una recitazione visibile...un'impostazione più spontanea, più naif, avrebbe probabilmente reso i giovani protagonisti ancora più coinvolgenti e toccanti per noi pubblico. Ma le lacrime e la profonda immedesimazione non mancano...anzi! Il funerale di Moritz è un momento veramente straziante...
Ho apprezzato molto anche l'idea di rendere identiche le due grandi scene d'amore: sia quella tra Melchior e Wendla che quella tra Hanschen e Ernst sono identiche nell'impostazione, nella scelta delle proiezioni, nello sviluppo registico, a ricordare che l'amore è amore, aldilà del genere. Grazie.
Lo spettacolo è aiutato da uno splendido video proiettato sulla lavagna che per tutto lo spettacolo diventa uno story board, piena di appunti di viaggio, traducendo testi, sottolineando situazioni, creando luoghi! E' talmente bello che i suoi autori Paolo Signorini e Raffaele Commone meritano ampiamente di essere citati: bravi! Citiamo ancora gli adeguati costumi di Desirée Costanzo e le belle luci di Alessandro Ferri (bravissimo a suggerire un bosco con due sole sbavature di verde sulla citata lavagna).
Bravi tutti, veramente. Un punto in più lo assegniamo alla compagine maschile, che sfoggia personalità artistiche ancora più interessanti che si manifestano nelle parti musicali più rock.
Ad iniziare dai due protagonisti: Flavio Gismondi nel ruolo di Moritz e Federico Marignetti in quello di
Melchior. Se Marignetti coniuga bravura e presenza scenica, a Gismondi dobbiamo riconoscere anche la capacità di rilanciare con una vocalità rock, molto interessante: ma sono entrambi preparati, compresi nei propri ruoli e godibilissimi.
Stessa cosa va detta delle due protagoniste: la deliziosa e trasognante Wendla di Arianna Battilana (da brivido la sua interpretazione di Whispering!) e Tania Tuccinardi nel ruolo di Ilse, che fa vivere un personaggio meno complesso e interiorizzato di quello di Wendla con più facile risultato.
E non possiamo non citare i due poliedrici attori Gianluca Ferrato e Francesca Gamba, impegnati a dar vita a tutti gli uomini, le donne, le madri, i padri, i docenti...riescono a passare dalla farsa al dramma, dalla commedia al vaudeville: Ferrato con una marcia in più, forse avvantaggiato dalla tanta frequentazione di teatro musicale.
Da segnalare una bella trovata per realizzare un aggancio con il territorio: a rinforzare alcune scene intervengono dei ragazzi, gli Swing, scelti di volta in volta, nelle città che la tournée toccherà. Interagiscono con la scena, sottolineano e rimarcano quello che succede in scena, aggiungendo valore, anche se spesso agiscono nell'ombra e quello che fanno resta poco visibile.
Ma c'è una nota stonata. Ed è un vero peccato. Il lavoro di tutti viene inficiato da una pessima regia del suono: microfoni che fischiano, non si aprono, gracchiano; jingle che partono nel momento sbagliato e una scelta di sottolineare la naturalezza di quello che accade in scena, amplificando fino all'inutile l'amplificazione di ogni respiro, sussurro e raschiamento di voce.
Ancora complimenti alla produzione, e al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, per aver scelto di portare uno spettacolo così tanto off Broadway da poter convincere tutto il pubblico che il musical non è solo mossette e lustrini, ma che è capace di raccontare temi importanti, storie inusuali con la stessa forza di un opera lirica, di un dramma teatrale, di un film.
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