Mi accingo a scrivere una delle recensioni più difficili della mia carriera (!), quella sul galà "Roberto Bolle and
friends from American Ballet Theatre".
Sarà difficile perché, per alcuni aspetti, devo andare a toccare un mostro sacro, un idolo delle folle. Ma tant'è: nessuno mi costringe a scrivere, né voi a leggermi o ad apprezzare quelle che sono sempre e comunque SOLO mie opinioni.
Allora, il Politeama Rossetti è gremito all'inverosimile.
L'ufficio stampa dello Stabile del Friuli Venezia Giulia mi trova una poltrona lontana, ma centralissima (grazie!) dalla quale posso godermi veramente la danza nella sua totalità, senza la distrazione della mimica facciale o del dettaglio ravvicinato. Ho già visto Roberto Bolle danzare. E ho sempre adorato la grande pulizia tecnica, l'eleganza, le linee perfette, l'intelligenza dell'interpretazione.
Qui a Trieste ha deciso di debuttare una nuova produzione dei suoi famosi Galà: un assemblaggio di artisti di altissima levatura che si esibiscono nei loro "cavalli di battaglia". Allora per entrare subito nel merito della critica mi domando: perché aprire la serata con il passo a due del "Cigno nero" che non è sembrato il cavallo di battaglia di nessuno dei due interpreti? E perché farlo seguire dalla coreografia più insulsa che io abbia mai visto ad opera di un vero talento coreografico che risponde al nome di Christopher Wheeldon? Lo spettacolo ha avuto veramente una falsa partenza.
Inoltre, credo che danzare sulla pendenza dei palcoscenici all'italiana sia affare non per tutti. Men che meno per degli artisti catapultati su questa ripida pendenza solo con un giorno di prove...
Ma queste erano le dolenti note. Ora passiamo a quelle positive.
Le note piacevoli sono che Bolle è molto cresciuto artisticamente. Il suo Romeo e, soprattutto, il suo Armand sono uomini che hanno conosciuto l'amore, che l'hanno vissuto e ci inebria questa loro ardita esposizione di sentimenti, accompagnata dalla grande classe e dalla bellezza delle sue linee fisiche.
In "La dama delle camelie" Bolle trascina nel vortice della passione anche la coreografia e, in alcuni momenti, si ha l'impressione che rischi di rovinare al suolo per l'accelerazione appassionata che imprime anche ad alcuni passaggi tecnici, rendendoli altamente espressivi e meritori di applausi a scena aperta.
Meno convincente la sua prova prettamente tecnica: nel "Cigno nero", complice anche un costume che non gli rende onore, sembra appesantito e molto lento.
Interessante e molto ben costruito l'assolo "Prototype", ideato e realizzato da Massimiliano Volpini, un collega scaligero del Divo, che gli regala una sorta di biglietto da visita virtuale.
Assistiamo alla creazione in 3D del danzatore Bolle, poi alla sua programmazione che viene mostrata nella fase di apprendimento di alcuni dei numerosi passi accademici, per passare poi all'esecuzione di estratti da brani di repertorio. Infine - con soddisfazione di tanti spettatori corsi al Rossetti solo per vedere l'anatomia - il Nostro appare in calzamaglia e a torso nudo, con tanto di primo piano evidenziato sul maxi schermo della sua definita e meravigliosamente scolpita muscolatura, dal gran dentato ai deltoidi!
Brano accattivante e molto ben costruito.
In tutto ciò Bolle è accompagnato da un cast strabiliante, in alcuni casi veramente stellare.
A cominciare da Julie Kent, stella di prima grandezza e partner consolidata di Bolle: sembrano complementari anche negli applausi, quando faticano a ritrovare il sorriso per ringraziare il pubblico mentre sono ancora emozionalmente scossi dagli abbracci e dagli abbandoni che hanno appena vissuto in scena. La Kent è una Prima Ballerina elegante e raffinata, dalle bellissime linee: le stesse qualità che riconosciamo da sempre a Roberto e che, proprio per questo, speriamo di vederli sempre di più associati in una partnership inossidabile di balletti narrativo/drammatici, come quelli di Mac Millan, Neumeier e Cranko.
Il vero trionfatore tecnico della serata è Daniil Simkin che strabilia il folto pubblico del Rossetti con virtuosismi mozzafiato, pirouettes interminabili, salti dotati del momento della magica sospensione in aria come solo il mitico Nijinskj sembrava poter fare. Ne "Le bourgeois" del coreografo Ben Van Cauwenbergh, assolo principe in moltissimi galà, lascia tutti senza fiato nel riproporre la "Butterfly" tipica del pattinaggio (la testa scende pericolosamente verso il pavimento mentre le gambe sforbiciano indietro e verso l'alto, sfidando la forza della gravità...wow!!), ancora mai vista così alta! Ugualmente sovrasta Isabella Boylston nel passo a due balanchiniano "Stars and stripes" dove il suo soldatino incanta tutti per la verve tecnica: strepitoso!!
Subito dopo le stelle appena citate ci sono gli altri interpreti che all'American Ballet Theatre ricoprono il ruolo di Soloist: Yuriko Kajiya dagli splendidi sostenuti nel particolare, ma musicalissimo, pas de deux dal secondo atto de "Lo schiaccianoci" nella versione coreografica di Alexei Ratmansky, accompagnata da un brillante James Whiteside, funestato da uno jabot che gli finiva in faccia ad ogni pirouette; oppure Mitsy Copeland e Jared Matthews perfettamente balanchiniani in "Tchaikovsky pas de deux".
Strana la resa di Hee Seo, Principal della compagnia americana, che delude nel "Cigno nero" ed è molto, molto bella in "The leaves are fading" splendido passo a due di Anthony Tudor che danza con Bolle, incantandoci per legato e armonia.
Anche durante gli applausi il pubblico tributa grandi onori a Simkin, riconoscendone una grande abilità tecnica, alla Kent e, ovviamente, a Roberto Bolle che speriamo saprà far tesoro dell'esperienza di Nureyev, il suo primo mentore, che ha avuto grandi difficoltà a capire quale fosse il repertorio a lui più adatto con l'avanzare dell'età.
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