Prima di raccontarvi del debutto di Giselle al Teatro Verdi di Trieste da parte della SNG di Lubiana, vorrei condividere una breve riflessione.
Eravamo in un palco di pepiano con una elegantissima signora in abito lungo e voluminoso (con al polso un modernissimo e iperconnesso orologio di plastica nera che si illuminava costantemente...mah!?!). A parte questo fastidio su cui ho taciuto (anche perché la signora continuava a coprirlo con l'altra mano appena si illuminava...allora perché tenerlo al polso? ri mah?!?) nell'intervallo ho chiesto loro che cosa avevano capito della vicenda. Ovviamente quasi nulla tant'è che, avendo preso il programma di sala, si erano precipitati a leggerlo per meglio comprendere. Avevano capito che Albrecht fingeva di essere qualcun altro, che Giselle era morta per essere stata presa in giro ma nulla della sua salute cagionevole o del racconto di Bertha in merito alla leggenda delle Villi. Mi domando come si possa fare per non lasciare gli spettatori nel dubbio di aver compreso, con il pericoloso rischio che la prossima volta non tornino a teatro...a nessuno piace sentirsi ignorante e non capire si trasforma in un'esperienza indubbiamente negativa. La mimica del balletto è frutto di abitudini e tradizioni che poco hanno a che vedere per esempio con il nostro italico gesticolare. Nel mondo del melodramma i soprattitoli hanno indubbiamente semplificato la comprensione del testo che, anche se in italiano aulico, risulta essere comprensibile e aiuta a seguire lo svolgersi della vicenda. È un'eresia pensare di soprattitolare le scene mimiche dei balletti ottocenteschi? Faccio fatica io che vivo in questo mondo da sempre a capire il significato di certi gesti...Detto ciò, il lavoro che ha fatto José Carlos Martinez nel rimontare questa sua versione per la compagnia slovena è di buona fattura artigianale anche se si limita a riordinare qualche sequenza coreografica (ad esempio introducendo una mini sequenza di danza di carattere nel passo a sei delle amiche di Giselle o qualche variazione nella scena delle vendemmiatrici, introducendo anche i danzatori) e non ad una profonda e/o radicale rilettura del capolavoro ottocentesco come hanno fatto ad esempio Mats Ek o Akram Khan in passato. Nulla di male ma scrivere sul programma di sala "coreografia di" mi sembra decisamente fuori luogo, oltretutto senza neanche citare i vari coreografi di cui si usano intere sequenze coreografiche. È un po' come se io riproponessi La Traviata di Corrado Canulli-Dzuro usando la musica di Giuseppe Verdi o il testo di Francesco Maria Piave senza citarli.
A parte questo, lo spettacolo è piacevole, come un'artista del calibro di Martinez deve garantire. I costumi di Inaki Cobos Guerrero sono tradizionali ma magnifici, di bella fattura e grande eleganza (solo un po' troppo voluminosi i tutù romantici dell'atto bianco che ingoffano e nascondono troppo per i miei gusti); un po' più essenziali le scene che interrompono anche l'illusione visiva alternando quinte scenografate a quelle nere tradizionali; elegante e adeguato anche il disegno luci di Andrej Hajdinjak.
Il direttore d'orchestra Ayrton Desimpelaere è il Direttore che tutti noi danzatori avremmo voluto e vorremmo avere: respira assieme ai Primi ballerini, segue e conosce la coreografia, rallentando e appoggiando dove serve, oltre ad aver riletto dei dettagli e dei colori della partitura che non avevo mai sentito prima, L'Orchestra del Verdi lo segue diligente ma con il poco interesse che dimostra per le partiture da balletto, con i soliti problemi negli ottoni, che sono invece assenti nelle recenti produzioni di Verdi e Rossini...misteri!
Venendo alla Compagnia della SNG Opera in Balet Ljubljana, che sostengo da anni per la qualità e la versatilità, si dimostrano nel complesso ampiamente in grado di affrontare il grande repertorio classico anche se, specialmente nei ruoli solistici, inizia a mostrare il fianco della politica di tutela sindacale dei suoi danzatori che sono costretti ad andare in scena fino all'età della pensione. Nonostante questo, la precisione del Corpo di Ballo è assolutamente encomiabile! Evidentemente la direzione di Renato Zanella e di validi maitres porta i suoi frutti. Anche se è stato deludente vedere solo dodici Villi in scena: il palcoscenico del Verdi non è una piazza d'armi ma in diciotto ci sarebbero state senza problemi.
La scelta di accogliere la coppia di Primi Ballerini, transfughi dalla Russia putiniana, formata da Anastasia e Denis Matvienko si rivela fondamentale in questa produzione. La Matvienko dimostra la grandezza della scuola russa nel forgiare i suoi danzatori a colpi di tecnica e di repertorio della danza classica cosicché ogni interpretazioni parte da uno standard qualitativo altissimo e indiscutibile. La sua Giselle è perfetta, lieve ma al contempo terrena, anche se manca un po' di giovanile freschezza. È accompagnata dal valido Albrecht di Kenta Yamamoto, affidabile partner che riesce a strappare al pubblico triestino l'unico applauso a scena aperta durante la lunga sequenza di entrechat six della fine del secondo atto. Hylarion è interpretato mirabilmente da Denis Matvienko: mai visto una presenza scenica migliore in questo ruolo! Un po' meno l'esecuzione tecnica. Solidissimi invece, anche di presenza scenica, Filip Juric nel passo a due dei contadini del primo atto e Erica Pinzano, una Moyna indiscutibile come mai prima! È un ruolo da solistina dove spesso manca la capacità di sostenuto o la fluidità nell'atterraggio dai salti ma Erica si è dimostrata indiscutibile a tutto tondo: brava!
Sala con molti posti vuoti, pubblico plaudente e competente