Nabucco è l'opera che decretò il successo di Giuseppe Verdi ed è un capolavoro che sotto molteplici aspetti non passa mai inosservato. Anche stavolta si è molto scritto e parlato di questa produzione qui a Trieste: tra la prima del 22 marzo e la recita cui ho assistito il 27 i pareri favorevoli e contrari hanno intasato i miei occhi e le mie orecchie, per cui ero molto curioso di capire con chi mi sarei trovato d'accordo...ovviamente né con gli uni che con gli altri! L'origine del cicaleccio era legata alla invisa idea del regista, Giancarlo Del Monaco, di spostare l'ambientazione temporale nel periodo e con le motivazioni per cui fu scritta, piuttosto che riproporre il solito medio oriente immaginario di cartapesta. Ma tutte le voci mi hanno fatto capire che le recite erano praticamente tutte sold out e questo mi fa sempre un gran piacere, oltre al fatto che l'intestatario del teatro lirico cittadino, continua ad essere amato e praticato dai triestini.
Alla salita della tela nera, si svela un muro incombente di pietra grigia, tetro e presidiato da alcuni soldati in divisa rossa. L'impianto scenografico, ad opera del bravo William Orlandi, incomberà per tutta l'opera, nonostante diverse variazioni sul tema, sottolineando confini ristretti e pesantezza d'animo. Sul muro incombe la scritta "Viva Verdi!" (viva Vittorio Emanuele Re D'Italia il vero significato per i patrioti che lottavano per l'unità d'Italia) che sparirà con un colpo di cannone austroungarico, in un sorprendente effetto scenico. Non ho trovato la trasposizione di Del Monaco indigesta - anzi! - ma la ritengo poco attinente al libretto cantato, soprattutto nel terzo e quarto atto. Sono invece rimasto colpito dalla sua capacità di equilibrare i pesi scenici, con un istinto pittorico invidiabile, riuscendo a creare veri e propri tableaux vivants di rara bellezza. Per arrivare a questo risultato molto sacrifica dei movimenti delle masse e dei protagonisti, rarefacendo e piuttosto ripetendo per rafforzare alcune azioni ma è indubbiamente una lettura originale che riempie gli occhi di bellezza: lo capirete meglio dalle tante, splendide foto di Fabio Parenzan che allego a corredo di questo resoconto. Così come potrete apprezzare i bellissimi costumi, sempre ad opera di Orlandi, che vengono esaltati da uno strepitoso disegno delle luci ad opera di Wolfgang Von Zoubek.
Protagonista indiscusso della serata però è Daniel Oren, direttore d'orchestra israeliano ma di casa al Verdi di Trieste dove è giustamente molto amato, uomo tanto burbero all'aspetto quanto geniale e carismatico nei modi, innamorato del proprio lavoro e della musica, che cerca sempre di mantenere alto lo spirito delle masse artistiche pur chiedendo loro molto. È un Direttore rumoroso, anche in presenza del pubblico, laddove gli altri Direttori si quietano, lui no, aumenta la sua estroversione e la necessità di dirigere un po' tutto, applausi del pubblico inclusi. Anche stasera le incitazioni, i sospiri, gli accenni cantati erano udibili a tutta la sala e ho visto parecchie teste voltarsi intorno per cercare l'origine di quei suoni insoliti. Oren ha saputo rendere Verdi tutt'altro che l'autore preferito da tutte le bande italiane: certi pianissimi, alcuni acuti smorzati e la linea di canto sussurrata sono sicuro che non si trovino in nessuna annotazione del Cigno di Busseto sulla partitura, eppure sono riecheggiati in sala meravigliosi e soavi come non mai! L'Orchestra risponde diligente alle continue richieste di riduzione di suono che il Maestro impone, per dare maggior risalto alle voci in una liason con gli artisti sul palco rara da trovare.
(A corredo, riporto una breve memoria personale. Gennaio 1990, al Verdi va in scena La vedova allegra in una edizione di gran pregio con regia di Gino Landi, scene e costumi proprio di Willi Orlandi e con Luciana Serra, Roberto Frontali, Daniela Mazzuccato, Max René Cosotti ed Elio Pandolfi...mica briciole! Gino inserisce nel terzo atto il can can dall'Orfeo all'inferno di Offenbach ed Oren acconsente. Si prepara un bis alla bisogna che puntualmente viene richiesto dal pubblico, supportato dallo stesso piglio con cui Oren ha "imposto" il bis del Va' pensiero anche stasera.... Eseguito il bis come da canovaccio, ci accingiamo a lasciare la scena quando sentiamo l'orchestra partire per il ter...non riuscirei a raccontarvi lo stupore e la capacità di improvvisare che ha richiesto a tutti noi danzatori questo scherzoso omaggio a noi ma soprattutto a sua moglie, che molto amava questo numero...indimenticabile Maestro!)
Un bravo speciale va agli artisti del Coro della Fondazione lirica Giuseppe Verdi di Trieste, diretti egregiamente dal Maestro Paolo Longo, finalmente un po' rimpolpati e non costretti a gridare per sembrare più di quanti siano in realtà.
Sala gremita, come già detto, pubblico festante e plaudente, concorde con la mia recensione per quanto riguarda gli applausi finali. viva Verdi! No, proprio Giuseppe!!