Se non fosse stato tutto esaurito, vi avrei raccontato anche dello Schiaccianoci del Teatro Nazionale Croato di Zagabria, ma ve ne parlerò il prossimo anno: per ora accontentatevi della strepitosa diretta della Royal Opera House di Londra, di quello eroicamente prodotto da Daniele Cipriani, della produzione del Teatro Ivan Zajc di Fiume e di una versione che intreccia la classica storia con una diversa ad opera del Teatro Nazionale Sloveno di Lubiana.
Partirò dalla prima.
Locandina dello spettacolo
Mai ho visto uno spettacolo più perfetto, meglio danzato, senza un errore né una sbavatura: sono commosso.
Nell'intervista trasmessa durante l'intervallo, il coreografo Peter Wright (appena 90enne...) dice:"Ogni volta che questa versione viene ripresa, cambio qualcosa: così non mi annoio e nemmeno i danzatori!". E si vede. Il racconto è chiarissimo e definito in ogni singolo passaggio e dettaglio, rivelando la grande maestria narrativa di Wright; le sue scene e i costumi di Julya Trevelyan Oman sono di una bellezza abbagliante; la qualità tecnica e interpretativa di Francesca Hayward, Alexander Campbell, Lauren Cuthbertson e del nostro Federico Bonelli non necessitano commento; Gary Avis nel ruolo di Drosselmeyer ha una levatura artistica ineguagliabile; l'intera compagnia è strepitosa. Spettacolo magistrale, veramente!
Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
La versione ospitata dalla Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste risale al 1989, quando vide la prima con l'Aterballetto, di cui Amedeo Amodio era all'epoca il Direttore. Il duo creativo composto da lui ed Emanuele "Lele" Luzzati operò un'azione di ringiovanimento e di grande fantasia che però, a 27 anni di distanza, mostra il fianco a diversi dubbi.
Sebbene ci sia un pensiero alto dietro a questa versione, che è quello di rifarsi alla novella di Hoffmann più che a quella cui siamo abituati riscritta da Alexandre Dumas, di voler quindi riproporre la chiave onirica e psicologica, più che quella fiabesca e zuccherina, qualcosa non funziona. Sia nella narrazione che risulta troppo dilatata e poco chiara, che nelle scene poco legate e scarne.
Poi, in un momento storico dove gli spettatori fanno sempre più fatica a restare seduti per più di 45 minuti (senza poter controllare il proprio telefono) sembrano veramente superflue le immissioni dei contributi audio, il fuori sipario di Drosselmeier e gli intermezzi tra le varie danze, per non parlare dei giochi di ombre che oramai non stupiscono più nessuno o la ripetizione del valzer dei fiocchi di neve all'inizio dello spettacolo, del quale non ho proprio capito la necessità.
Infine, ne ho già scritto tante volte, trovo poco serio attribuirsi l'intera coreografia di un balletto, mantenendone però il passo a due del secondo atto, perdipiù personalizzandolo, senza neanche citare a chi si rifanno quelle sequenze di passi: certi malcostumi sono tollerati solo nel poco compatto italiano mondo della danza, ahinoi!
Invece lode e gloria a Daniele Cipriani per aver vestito i panni dell'impresario teatrale d'antan, di quello che rischia in proprio, con i propri denari, in nome dell'arte. La produzione è di altissimo livello e la compagnia di danzatori idem! Bellissimi i costumi, le scene, la cura e l'amore con cui Cipriani ha trattato questo spettacolo, investendo senza parsimonia e regalando una bella lezione alle tante compagnie ed enti italiani che sonnecchiano lamentandosi della crisi...
Indubbio merito al maitre de ballet Stefania Di Cosmo per aver reso coesi una cinquantina di danzatori dalle più disparate provenienze, ma tutti accomunati da un altissimo livello tecnico.
Splendida la Clara bambina di Giulia Neri: tecnica strepitosa, giri mozzafiato e grande presenza. Lo stesso vale per il Fritz di Emilio Barone. Ottimi tutti i solisti delle danze, meno convincente invece la coppia americana di Primi Ballerini: Ashley Bouder è inaffondabile dalle punte, gira, salta ma è poco luminosa anche se riesce ad offuscare ancor di più il suo partner, veramente poco adeguato.
L'Orchestra triestina suona la partitura di Čajkovskij con cura e passione e il maestro Alessandro Ferrari la conduce con mano esperta e l'occhio vigile a quanto succede sul palco: bravo!
Passo alla più fragile.
Balletto Nazionale Croato di Fiume - Locandina dello spettacolo
Mi piace questa compagnia di Fiume: piccola ma nutrita di personalità che inizio lentamente a conoscere. Il repertorio a loro disposizione, invece finora, mi ha lasciato un po' perplesso e lo stesso devo dire di questa produzione. Ho trovato molto interessante l'idea di trasformare lo Schiaccianoci in un balletto da "camera": perché no, se dietro c'è una buona idea? Ma, contrariamente a quanto mi succede da un po' di tempo a questa parte, l'inizio di questa versione mi aveva catturato, anche se facevo fatica a capirne l'epoca di ambientazione, ma scena dopo scena l'ho trovato sempre più astruso e poco godibile, al punto da rasentare la banalità e la superficilità più estrema.
La coreografia di Ronald Savkovic è fatta di continue preparazioni (il momento in cui chi danza si appresta ad iniziare una nuova frase), manca di vocabolario ed è scolastica come poche... Mi lascia veramente esterrefatto perché Savkovic è stato un ottimo ballerino, con una prestigiosa carriera alle spalle ed ha danzato coreografie meravigliose, dei maggiori e migliori coreografi...strano che un po' di questo passato non gli sia rimasto nelle gambe!
La compagnia fa di tutto, si impegna al massimo per risollevare le sorti della serata ma è veramente impresa ardua. Ad ostacolare ancora di più la riuscita, aggiungo che la scena è dominata, anzi, invasa da una gigantesca struttura che raffigura un imponente albero di Natale, nonché una scalinata praticabile che arriva fino alla sommità del fondale e che verrà usata una sola volta in tutto lo spettacolo: ma allora qual è il senso di un simile ingombro?!? E quello di inserire la danza russa de Il Lago dei Cigni prima del Gran Pas de Deux? Mah...al solito, non è meglio creare qualcosa di proprio ex-novo, invece di mettersi al paragone con versioni riuscitissime di questo assoluto capolavoro musicale?
Ho apprezzato molto invece, i costumi disegnati da Aleksandar Nospal: eleganti e raffinati.
L'Orchestra dell'Ivan Zajc suona bene e con passione ma il direttore Peter Somodari (che sembrava essere al suo debutto) dovrebbe imparare ad alzare di più lo sguardo per seguire i danzatori e non solo la partitura. Furba e funzionale la soluzione di sostituire il coro di voci bianche con quattro cantanti del coro.
Tornando alla danza Marta Kanazir è un'ottima e solida Clara, ben supportata dal suo Principe Joseph Cane; Marta Voinea Cavrak sostiene molto bene il ruolo della Regina della Neve (in verità regina di
sé stessa, visto che non esiste neanche un fiocco di neve!) e Andrei Koteles quello di Drosselmeier molto più presente e danzante che nelle altre versioni; bene anche tutti i solisti delle varie danze che sono anche il corpo di ballo delle scene di assieme.
E chiudo in bellezza con il
Balletto Nazionale Sloveno di Lubiana
Questa bella, intelligente ed elegante versione ad opera di Youri Vamos, rappresenta una valida alternativa agli allestimenti più tradizionali. Vamos ha unito il libretto originale di Marius Petipa (che si era rifatto all'adattamento di Dumas del racconto di Hoffman "Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi") al Racconto di Natale di Charles Dickens, scrivendo una storia nuova, efficace e con una morale di fondo molto più accattivante delle complicate e nascoste letture psicologiche del testo tradizionale. A parte questa interessante idea di mescolare queste due vicende che hanno il comune denominatore nel Natale, l’aspetto più interessante è la personalissima cifra coreografica che Vamos dimostra ed elargisce a piene mani. Siamo pieni di coreografi che possiamo definire “seguace di”, “figlio di”, “ispirato da”. Vamos, nonostante non abbia raggiunto la fama planetaria di Balanchine, di Bejart, di Forsythe è un coreografo unico ed estremamente interessante. Ogni passaggio, ogni presa, ogni passo, esula dalle convenzioni o dalle regole del “bravo coreografo”, denunciando evidentemente un bisogno personalissimo e unico, la necessità di coreografare per esprimere un mondo privato molto ricco e interessante. Un altro degli aspetti a mio avviso estremamente interessante è dato dal fatto che le stesse persone che abitano il villaggio, e quindi la vita di Scrooge, li ritroviamo all’interno del momento onirico: quindi un garzone si trasforma nello “Spettro della morte”, Bob Cratchit diventa il solista maschile della danza spagnola, e così via. Soprattutto nei ringraziamenti, dopo il gaudente finale, il coreografo si diverte a svelare questo gioco di doppi creando un divertito gioco di smascheramenti e sorprese.Ha inoltre l'enorme vantaggio di aver rimosso gli inutili e poco credibili topi di qualunque versione. La pecca sono i tagli e i montaggi alla partitura originale, alcuni veramente selvaggi... L'allestimento di scene e costumi ad opera di Michael Scott è di buona fattura e di ottima levatura e lo stesso si può dire per le luci di Klaus Garditz.
La compagnia slovena è una delle mie protegée e continua a dimostrarsi all'altezza delle aspettative. Pieni di energia, puliti, assieme e molto generosi.
Lo Scrooge di Lukas Zuschlag mi ha veramente sorpreso perché raramente ho visto un bello così espressivo e completamente nel personaggio: bravo! La coppia formata da Giorgia Vailati e Owen Lane funziona molto bene: la Vailati nell'adagio del Gran Pas de Deux è una vera Prima Ballerina, mentre negli assoli dimostra ancora qualche insicurezza penso dovuta alla giovane età, e Lane è un partner affidabile e un solista di buona qualità. Barbara Potokar si conferma una bellissima solista lirica di linea e molto curata in tutti i passaggi nel ruolo non facilissimo dello Spirito del Natale; mi ha poco convinto Yuki Seki come Spirito della Morte: tecnica poco salda e interpretazione sopra le righe. Bene tutti i solisti, in particolare Filippo Jorio e Yujin Muraishi nel Valzer dei Fiori e la coppia Ursa Vidmar e Luka Ziher, protagoonisti di una sensualissima danza araba.
Il Maestro Aleksandar Spasic conduce l'ottima Orchestra del Teatro Nazionale con attenzione per i danzatori, ma talvolta con troppa forza e archi troppo stridenti.
Un dato comune a tutti e tre gli spettacoli è che i teatri erano tutti e tre sold out: meditate programmatori e direttori artistici, meditate...