martedì 27 dicembre 2016

THE NUTCRACKER - LO SCHIACCIANOCI - ORASAR - HRESTAC dicembre 2016

E sono al quarto.
Se non fosse stato tutto esaurito, vi avrei raccontato anche dello Schiaccianoci del Teatro Nazionale Croato di Zagabria, ma ve ne parlerò il prossimo anno: per ora accontentatevi della strepitosa diretta della Royal Opera House di Londra, di quello eroicamente prodotto da Daniele Cipriani, della produzione del Teatro Ivan Zajc di Fiume e di una versione che intreccia la classica storia con una diversa ad opera del Teatro Nazionale Sloveno di Lubiana.

Partirò dalla prima.

Locandina dello spettacolo

Mai ho visto uno spettacolo più perfetto, meglio danzato, senza un errore né una sbavatura: sono commosso.
Nell'intervista trasmessa durante l'intervallo, il coreografo Peter Wright (appena 90enne...) dice:"Ogni volta che questa versione viene ripresa, cambio qualcosa: così non mi annoio e nemmeno i danzatori!". E si vede. Il racconto è chiarissimo e definito in ogni singolo passaggio e dettaglio, rivelando la grande maestria narrativa di Wright; le sue scene e i costumi di Julya Trevelyan Oman sono di una bellezza abbagliante; la qualità tecnica e interpretativa di Francesca Hayward, Alexander Campbell, Lauren Cuthbertson e del nostro Federico Bonelli non necessitano commento; Gary Avis nel ruolo di Drosselmeyer ha una levatura artistica ineguagliabile; l'intera compagnia è strepitosa. Spettacolo magistrale, veramente!

Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste

La versione ospitata dalla Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste risale al 1989, quando vide la prima con l'Aterballetto, di cui Amedeo Amodio era all'epoca il Direttore. Il duo creativo composto da lui ed Emanuele "Lele" Luzzati operò un'azione di ringiovanimento e di grande fantasia che però, a 27 anni di distanza, mostra il fianco a diversi dubbi.
Sebbene ci sia un pensiero alto dietro a questa versione, che è quello di rifarsi alla novella di Hoffmann più che a quella cui siamo abituati riscritta da Alexandre Dumas, di voler quindi riproporre la chiave onirica e psicologica, più che quella fiabesca e zuccherina, qualcosa non funziona. Sia nella narrazione che risulta troppo dilatata e poco chiara, che nelle scene poco legate e scarne.
Poi, in un momento storico dove gli spettatori fanno sempre più fatica a restare seduti per più di 45 minuti (senza poter controllare il proprio telefono) sembrano veramente superflue le immissioni dei contributi audio, il fuori sipario di Drosselmeier e gli intermezzi tra le varie danze, per non parlare dei giochi di ombre che oramai non stupiscono più nessuno o la ripetizione del valzer dei fiocchi di neve all'inizio dello spettacolo, del quale non ho proprio capito la necessità.
Infine, ne ho già scritto tante volte, trovo poco serio attribuirsi l'intera coreografia di un balletto, mantenendone però il passo a due del secondo atto, perdipiù personalizzandolo, senza neanche citare a chi si rifanno quelle sequenze di passi: certi malcostumi sono tollerati solo nel poco compatto italiano mondo della danza, ahinoi!

Invece lode e gloria a Daniele Cipriani per aver vestito i panni dell'impresario teatrale d'antan, di quello che rischia in proprio, con i propri denari, in nome dell'arte. La produzione è di altissimo livello e la compagnia di danzatori idem! Bellissimi i costumi, le scene, la cura e l'amore con cui Cipriani ha trattato questo spettacolo, investendo senza parsimonia e regalando una bella lezione alle tante compagnie ed enti italiani che sonnecchiano lamentandosi della crisi...

Indubbio merito al maitre de ballet Stefania Di Cosmo per aver reso coesi una cinquantina di danzatori dalle più disparate provenienze, ma tutti accomunati da un altissimo livello tecnico.
Splendida la Clara bambina di Giulia Neri: tecnica strepitosa, giri mozzafiato e grande presenza. Lo stesso vale per il Fritz di Emilio Barone. Ottimi tutti i solisti delle danze, meno convincente  invece la coppia americana di Primi Ballerini: Ashley Bouder è inaffondabile dalle punte, gira, salta ma è poco luminosa anche se riesce ad offuscare ancor di più il suo partner, veramente poco adeguato.
L'Orchestra triestina suona la partitura di Čajkovskij con cura e passione e il maestro Alessandro Ferrari la conduce con mano esperta e l'occhio vigile a quanto succede sul palco: bravo!



Passo alla più fragile.

Balletto Nazionale Croato di Fiume - Locandina dello spettacolo

Mi piace questa compagnia di Fiume: piccola ma nutrita di personalità che inizio lentamente a conoscere. Il repertorio a loro disposizione, invece finora, mi ha lasciato un po' perplesso e lo stesso devo dire di questa produzione. Ho trovato molto interessante l'idea di trasformare lo Schiaccianoci in un balletto da "camera": perché no, se dietro c'è una buona idea? Ma, contrariamente a quanto mi succede da un po' di tempo a questa parte, l'inizio di questa versione mi aveva catturato, anche se facevo fatica a capirne l'epoca di ambientazione, ma scena dopo scena l'ho trovato sempre più astruso e poco godibile, al punto da rasentare la banalità e la superficilità più estrema.
La coreografia di Ronald Savkovic è fatta di continue preparazioni (il momento in cui chi danza si appresta ad iniziare una nuova frase), manca di vocabolario ed è scolastica come poche... Mi lascia veramente esterrefatto perché Savkovic è stato un ottimo ballerino, con una prestigiosa carriera alle spalle ed ha danzato coreografie meravigliose, dei maggiori e migliori coreografi...strano che un po' di questo passato non gli sia rimasto nelle gambe!

La compagnia fa di tutto, si impegna al massimo per risollevare le sorti della serata ma è veramente impresa ardua. Ad ostacolare ancora di più la riuscita, aggiungo che la scena è dominata, anzi, invasa da una gigantesca struttura che raffigura un imponente albero di Natale, nonché una scalinata praticabile che arriva fino alla sommità del fondale e che verrà usata una sola volta in tutto lo spettacolo: ma allora qual è il senso di un simile ingombro?!? E quello di inserire la danza russa de Il Lago dei Cigni prima del Gran Pas de Deux? Mah...al solito, non è meglio creare qualcosa di proprio ex-novo, invece di mettersi al paragone con versioni riuscitissime di questo assoluto capolavoro musicale?
Ho apprezzato molto invece, i costumi disegnati da Aleksandar Nospal: eleganti e raffinati.
L'Orchestra dell'Ivan Zajc suona bene e con passione ma il direttore Peter Somodari (che sembrava essere al suo debutto) dovrebbe imparare ad alzare di più lo sguardo per seguire i danzatori e non solo la partitura. Furba e funzionale la soluzione di sostituire il coro di voci bianche con quattro cantanti del coro.
Tornando alla danza Marta Kanazir è un'ottima e solida Clara, ben supportata dal suo Principe Joseph Cane; Marta Voinea Cavrak sostiene molto bene il ruolo della Regina della Neve (in verità regina di
sé stessa, visto che non esiste neanche un fiocco di neve!) e Andrei Koteles quello di Drosselmeier molto più presente e danzante che nelle altre versioni; bene anche tutti i solisti delle varie danze che sono anche il corpo di ballo delle scene di assieme.

E chiudo in bellezza con il

Balletto Nazionale Sloveno di Lubiana

Questa bella, intelligente ed elegante versione ad opera di Youri Vamos, rappresenta una valida alternativa agli allestimenti più tradizionali. Vamos ha unito il libretto originale di Marius Petipa (che si era rifatto all'adattamento di Dumas del racconto di Hoffman "Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi") al Racconto di Natale di Charles Dickens, scrivendo una storia nuova, efficace e con una morale di fondo molto più accattivante delle complicate e nascoste letture psicologiche del testo tradizionale. A parte questa interessante idea di mescolare queste due vicende che hanno il comune denominatore nel Natale, l’aspetto più interessante è la personalissima cifra coreografica che Vamos dimostra ed elargisce a piene mani. Siamo pieni di coreografi che possiamo definire “seguace di”, “figlio di”, “ispirato da”. Vamos, nonostante non abbia raggiunto la fama planetaria di Balanchine, di Bejart, di Forsythe è un coreografo unico ed estremamente interessante. Ogni passaggio, ogni presa, ogni passo, esula dalle convenzioni o dalle regole del “bravo coreografo”, denunciando evidentemente un bisogno personalissimo e unico, la necessità di coreografare per esprimere un mondo privato molto ricco e interessante. Un altro degli aspetti a mio avviso estremamente interessante è dato dal fatto che le stesse persone che abitano il villaggio, e quindi la vita di Scrooge, li ritroviamo all’interno del momento onirico: quindi un garzone si trasforma nello “Spettro della morte”, Bob Cratchit diventa il solista maschile della danza spagnola, e così via. Soprattutto nei ringraziamenti, dopo il gaudente finale, il coreografo si diverte a svelare questo gioco di doppi creando un divertito gioco di smascheramenti e sorprese.Ha inoltre l'enorme vantaggio di aver rimosso gli inutili e poco credibili topi di qualunque versione. La pecca sono i tagli e i montaggi alla partitura originale, alcuni veramente selvaggi... L'allestimento di scene e costumi ad opera di Michael Scott è di buona fattura e di ottima levatura e lo stesso si può dire per le luci di Klaus Garditz.


La compagnia slovena è una delle mie protegée e continua a dimostrarsi all'altezza delle aspettative. Pieni di energia, puliti, assieme e molto generosi.
Lo Scrooge di Lukas Zuschlag mi ha veramente sorpreso perché raramente ho visto un bello così espressivo e completamente nel personaggio: bravo! La coppia formata da Giorgia Vailati e Owen Lane funziona molto bene: la Vailati nell'adagio del Gran Pas de Deux è una vera Prima Ballerina, mentre negli assoli dimostra ancora qualche insicurezza penso dovuta alla giovane età, e Lane è un partner affidabile e un solista di buona qualità. Barbara Potokar si conferma una bellissima solista lirica di linea e molto curata in tutti i passaggi nel ruolo non facilissimo dello Spirito del Natale; mi ha poco convinto Yuki Seki come Spirito della Morte: tecnica poco salda e interpretazione sopra le righe. Bene tutti i solisti, in particolare Filippo Jorio e Yujin Muraishi nel Valzer dei Fiori e la coppia Ursa Vidmar e Luka Ziher, protagoonisti di una sensualissima danza araba.

Il Maestro Aleksandar Spasic conduce l'ottima Orchestra del Teatro Nazionale con attenzione per i danzatori, ma talvolta con troppa forza e archi troppo stridenti.


Un dato comune a tutti e tre gli spettacoli è che i teatri erano tutti e tre sold out: meditate programmatori e direttori artistici, meditate...

lunedì 12 dicembre 2016

SOUPER 9 dicembre 2016

Locandina dello spettacolo

Non seguo molto la prosa. Anni di frequentazione mi hanno portato ad evitare molti classici, interpretati da attori tromboni e affettati, lontani dal quotidiano ma non abbastanza da trasportarmi in un'altra dimensione o nel sogno. Per cui, nonostante la validità, la grandezza, talvolta anche l'attualità, rifuggo da tutti i grandi classici. Nonché molti dei contemporanei, perché non trovo sufficientemente vedere amplificata su un palcoscenico la vita di tutti i giorni.
Poi, però, mi imbatto in testi sconosciuti, in regie intelligenti, in attori veri e rimpiango di aver perso chissà quante altre belle serate...

Come questa.

Questo Souper di Ferenc Molnar, che tutti conosciamo per I ragazzi della via Pàl che siamo stati costretti a subire/affrontare a scuola, è una produzione che assesta un bel cazzotto alla bocca dello stomaco.
La regia di Fausto Paravidino è millimetrica, tagliente come il testo, incalzante come le devastanti notizie che riceviamo sul nostro presente, sui nostri politici. Non lascia un attimo di respiro se non per tenerci con il fiato sospeso in attesa della reazione dei suoi attori: che sia l'ennesima risata sopra le righe o una zuffa o un bicchiere pieno di vino svuotato addosso a qualcuno.
Dirò l'ennesima banalità, e chissà quanti altri recensori l'avranno scritto, ma è impressionante come il testo sia attuale e come Paravidino fa di tutto per mostrarlo tale, umiliandoci, e costringendoci a riflettere. Chi è ancora in grado di farlo

Certo che è aiutato da una compagnia eccellente.

Lode e gloria a Franco Però per aver voluto restituire alla città, alla regione ed alla nazione una Compagnia di prosa stabile, degna di questo nome, dopo anni di produzioni messe assieme solo per qualche mese, volte soltanto a soddisfare l'ego dell'ex padre padrone. La compagnia dicevo, formata come una volta con l'attor giovine, il capocomico, la soubrette, la primadonna...è fantastica! Il risultato è stupefacente ed è un risultato di gruppo.

Una menzione speciale la merita Riccardo Maranzana per la trasformazione da modesto, a spavaldo, da vittima a rinsavito cui ci fa assistere nel corso dei 60 minuti circa passati assieme. ma bravi tutti, veramente. Da chi deve "soltanto" apparire claudicante (Federica De Benedittis), a chi alza continuamente un bicchiere da riempire (Ester Galazzi), da chi sembra solo una bellezza senza cervello ma è tutt'altro (Lara Komar), a chi è e ci rende nevrotici (Adriano Braidotti), da chi è uno sbruffoncello che si pente (Filippo Borghi) al protagonista/vittima di tutto (Andrea Germani), da chi se ne lava le mani subito (Francesco Migliaccio) alla perfetta maschera teatrale (Maria Grazia Plos).
Bravi tutti. Di cuore.

Bello l'impianto scenico di Laura Benzi, curati e adeguati i costumi di Sandra Cardini, entrambi ben illuminati dalle luci di Alessandro Macorigh. Non so di chi sia stata l'idea di calcare il make-up ma è un risultato stupefacente.

Alla prossima occasione, non perdetelo!

LA TRAVIATA 11 dicembre 2016

Locandina dello spettacolo

Ancora una Traviata ma è sempre un piacere per me, da appassionato Verdiano, assistere a questa opera, pregna di romanticismo.
Una bella Traviata per fortuna, anche se con qualche pecca.

Innanzitutto, resto sempre affascinato dalla bellezza di questo teatrino - nel senso di dimensioni, non di qualità - che mi fa pensare a come doveva essere la vita a corte, quando gli spettacoli erano eseguiti anche solo per poche persone. Rende tutto molto più intimo, più partecipato.
Inoltre, la qualità generale delle produzioni è decisamente buono, per cui lunga vita allo Slovensko Narodno Gledalisce!

Venendo a questo allestimento del 2003 dell'opera del Cigno di Busseto, l'ho trovato molto bello nella concezione generale, con un impianto scenico fisso ma di grande eleganza e versatilità. Il fondo della scena è suddiviso in tanti "portoni" che aprendosi scoprono fondali di vario tipo, ombre cinesi, un ritratto abbozzato di una donna nuda: come spesso accade, è più forte il potere della suggestione di quello della dettagliata descrizione. Per cui la prima lode va allo scenografo Rudolf Rischer. La seconda alla costumista Bettina Richter che ricostruisce un novecento sobrio ma fantasioso, a parte qualche scivolata nella divisa delle cameriere con una gonna troppo corta per l'epoca... Le luci di Edi Martincic sono suggestive e curate. Meno interessante la coreografia di Ivo Kosi, danzata da Yuki Seki e BarbaraPotokar, che poteva usare meno salti visto il palco "rumoroso".
La spina nel fianco è la regia di Lutz Hochstraate che segue con affetto e dedizione i protagonisti ma abbandona a sé stesso il coro, disposto nell'orribile e temuto semicerchio per tutta l'opera, a parte il piacevole numero pensato per le "zingarelle".

Venendo alla parte musicale la Violetta Valery di Urska Alic-Gololicic inizia in sordina e con toni da operetta ma, strada facendo, recupera benissimo fino ad un vibrante e intenso terzo atto, dimostrando buona tecnica, ottimo volume ma anche la capacità di smorzarlo e bei colori. Poco convincente la Flora di Galja Gorceva e STUPENDA la Annina di Dunja Spruk. Mi ci soffermo un attimo perchè, in qualunque recensione è solo uno dei tanti comprimari, ma non ho mai visto una cantante così presente e partecipativa alla vicenda (credo che alla fine si sia anche asciugata una lacrima durante i ringraziamenti...), così vera, non stucchevole e sincera: veramente grazie, Signora Spruk. E giuro, non la conosco!

Il comparto maschile ha dispiegato un ottimo, toccante e potente Giorgio Germont interpretato da Marko Kobal e un poco soddisfacente, sia vocalmente che interpretativamente, Edvard Strah, nei panni di Alfredo, al pari dell'incomprensibile Gastone di Matej Vovk. Molto piacevole il Duphol di Anton Habjan e nella norma gli altri comprimari.

Il Coro dell'Opera di Lubiana, ben diretto da Zeljka Uicnik Remic, si difende egregiamente e riempe la piccola sala di suono, mentre l'Orchestra suona un bellissimo Preludio e tutta l'opera, grazie anche alla mano esperta e sensibile del Maestro Jaroslav Kyzlink.

Teatro pieno, serata piacevole, molto.

giovedì 8 dicembre 2016

ROCKY HORROR SHOW 6 dicembre 2016

Locandina dello Spettacolo

Osantinumi!
Ormai mi spavento facilmente con gli inizi degli spettacoli. Anche stavolta ho temuto per il peggio, invece era una bellissima e strepitosa versione del Rocky Horror Show, quella che il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia ci sta offrendo in questi giorni!

Il muso del furgoncino di Brad e Janet, che sta per subire un'avaria in una notte buia e tempestosa, era sempre lui ma ero spaventato da una specie di torretta che temevo avrebbe simulato per tutto lo spettacolo la tetra magione di Frank N Furter. E niente di più bello che potersi ricredere!

Lo spettacolo è estremamente piacevole, fila via che è una meraviglia, grazie alla regia puntuale e fantasiosa di Christopher Luscombe, con una compagnia di interpreti uno più bravo dell'altro! Ed è un piacere ed un dovere citarli tutti: Paul Cattelmore Dr Scott, Georgia May Foote Janet, Richard Meek Brad Majors, Liam Tamne Frank N Furter, Philip Franks Narratore, Kristian Lavercombe Riff Raff, Kay Murphy Magenta, Sophie Linder Lee Columbia e Dominic Andersen Rocky


Scene (Hugh Durrant), luci (Nick Richings), sgarra una nota, né un attacco; il sound design (Gareth Owen) è uno dei migliori che io abbia sentito nella mia vita. Insomma tutti non fanno altro che tenere alto il successo creato da Richard O'Brien, arrangiato in questa occasione da Richard Hartley.
coreografie (Nathan M Wright) e costumi (Sue Blane) sono favolosi; la band live diretta da Tony Castro non

Recensione breve, anche perché non c'è nulla da criticare: è uno spettacolo assolutamente perfetto!

ANDATE, ANDATE, ANDATE!

giovedì 1 dicembre 2016

RIGOLETTO 29 novembre 2016

Locandina dello spettacolo

Bello, bello, bello questo “Rigoletto” che la Fondazione Lirica Giuseppe Verdi di Trieste ci regala come apertura della Stagione Lirica e di Balletto 2016/2017.
Sono un Verdiano ma come opera non mi ha mai fatto un gran simpatia: troppi calzoni a sbuffo, gobbe posticce e un ambientazione storica che da sempre mi deprime...invece questa edizione rimodernata e spostata avanti nel tempo, mi ha catturato, coinvolto e fatto ricredere anche scenicamente. Dopo un inizio che mi era parso fuori luogo vedendo uscire in proscenio due bambinetti che poi ho capito essere i figli del Duca di Mantova, la regia di Jean-Louis Grinda - qui a Trieste ripresa da Vanessa d'Ayral de Sérignac - mi ha irrimediabilmente catturato.

Grinda ha costruito uno spettacolo moderno e intelligente, tinteggiato di fosco come il libretto di Francesco Maria Piave richiede, sottolineato dal bellissimo, imponente, plumbeo impianto scenografico ad opera di Rudy Sabounghi, autore anche dei costumi ugualmente adeguati e suggestivi (inclusi quelli per la poco seducente, invero fortemente comica, scena dell'orgia). Splendide le luci di Laurent Castaingt che sottolineavano e aderivano perfettamente al dipanarsi della vicenda. In particolare ho trovato il II atto di grande potenza visiva e narrativa: bravi tutti, veramente!
Per la prima volta ho fatto caso a quante "frasi" tratte da quest'opera ("cortigiani vil razza dannata" "vendetta, tremenda vendetta" "la donna è mobile") sono diventate modi di dire per noi italiani, chiaro segno di quando un frutto della creatività umana entra direttamente nel mito, attraverso un vasto consenso popolare.

Venendo alla parte musicale, sono felice di poter scrivere del secondo cast, visto che il primo ha sempre una maggiore copertura mediatica, anche perché ho sentito cantare un Rigoletto strepitoso: Stefano Meo ha tutte le carte in regola sia vocalmente che scenicamente e costruisce un personaggio che regala brividi! Ugualmente vibrante al suo fianco la Gilda di Lina Johnson che inizia delicata e diafana con voce angelica per poi passare al dramma puro e scabroso del terzo atto. Meno convincente mi è parso Davide Giusti nei panni del Duca di Mantova: aitante e simpatico ma con una voce che mi risultava ingolata e costretta. Vibrante lo Sparafucile di Giorgio Giuseppini e strepitosa la Maddalena di Antonella Colaianni. Vocalmente instabile la Giovanna di Sharon Pierfederici, bene il Monterone di Franco Lufi e il Conte di Ceprano di Giuliano Pelizon; incomprensibile il Marullo di Fumiyuki Kato e adeguati gli altri comprimari.

Vento nuovo e pieno di energia nel settore maschile del Coro del Teatro Verdi: sarà grazie alla nuova Direttrice Francesca Tosi, ma sembravano nuovamente una massa imponente e con voci giovani e forti...bene!
Lo stesso dicasi per l'Orchestra triestina che suona il "suo" Verdi sempre con tenacia e convinzione, guidata dalla bacchetta esperta e sicura del veterano Fabrizio Maria Carminati, al quale vorrei soltanto rimproverare di aver tenuto i volumi un po' troppo alti non avendo davanti agli occhi dei cantanti particolarmente potenti.
Nel complesso come dicevo, uno spettacolo bello, ben amalgamato, dal forte impatto visivo e molto scorrevole. Il folto pubblico sa sottolineato la propria approvazione, applaudendo copiosamente tutti gli interpreti. Un paio di fischi hanno salutato l'ingresso in scena del tenore, segno di un ritorno di competenza del pubblico triestino che invece, per anni, ha applaudito chiunque senza distinzione di merito? Speriamo!