Locandina dello spettacolo
La Coppelia rivisitata da Roland Petit nel 1975 per il suo Ballet de Marseille, resta uno spettacolo fresco e godibile, nonostante il 46mo compleanno: charmant come solo i francesi sanno essere.
Anche la versione che approda al Teatro Giuseppe Verdi di Trieste mantiene questa allure cocotte e femminile, grazie alla verve del Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli ma qualcosa non convince dei protagonisti.
La storia di Coppélius e della sua bambola Coppélia, amata da Franz che invece è amato da Swanilda, è estremamente leggibile grazie alla mimica che sostituisce le sfumature linguistiche negli spettacoli di balletto. Roland Petit ha costruito un canovaccio chiaro, modificandolo lievemente rispetto all'originale e riducendone i momenti di divertissement a favore del racconto che, come appena detto, scorre fluido e divertente. Se il povero Léo Delibes fosse stato ancora vivo, avrebbe avuto parecchio da ridire sui rimescolamenti musicali che Petit impone rispetto alla partitura originale, ma negli anni '70 questo tipo di attenzione e di rispetto alla volontà del compositore era sicuramente meno sentito.
Sempre attuale e delizioso l'allestimento di scene e costumi ad opera di Ezio Frigerio, un nome garanzia di linearità e gusto nel mondo del teatro lirico; non molto curate le luci con pochissimi riflettori dedicati al proscenio dove invece i danzatori agiscono spesso.
Strepitoso il lavoro di assieme curato da Lienz Chang che riesce a fa muovere in perfetta sincroni i danzatori partenopei, impresa che immagino tutt'altro che semplice, vista la loro indomita verve!
Bene anche l'Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe di Verdi di Trieste, che cede solo in alcuni passaggi nella sezione dei fiati, capitanata dal Maestro Alvise Casellati che amalgama palcoscenico e fossa orchestrale con grande attenzione e rispetto per la tecnica e i finali dei danzatori.
Tecnicamente saldo, intrepretativamente convincente, fisicamente perfetto il Franz di Alessandro Macario: veramente ineccepibile, bravo! Molto meno concinvente la Swanilda di pirouette che introduceva i fouettés ed ha avuto un'altra visibile incertezza alla fine della danza spagnola di Coppélia. Ora: serate no capitano anche ai migliori, ma io pubblico non voglio vedere il terrore disegnato sul viso della Prima Ballerina. Posso non guardarle i piedi se la sua espressione mi incanta, ma se le si spegne lo sguardo è come se accendesse un segnale d'allarme che mi riporta subito alla tecnica! Ed è un peccato perché è una ballerina dalle belle linee e dal sorriso incantevole! Affidabile e adeguato, ma poco comunicativo, il Coppélius di Massimo Sorrentino: corretto ma niente di più. Deliziose le amiche di Swanilda anche se poco proporzionate tra di loro e con un paio di musi lunghi di troppo...
Ambeta Toromani che ho trovato molto più sorridente di come temevo ma che vive lo stress tecnico con grande ansia e che, purtroppo, le traspare nel volto. Nella recita del 26 aprile è dovuta scendere tutte e due le volte dalla punta alla fine della doppia
Nel complesso una serata piacevole, cui il pubblico triestino tributa il giusto applauso - incredibile, considerando che parliamo di uno spettacolo di danza!
Benvenuti nel mio blog! Per sapere chi sono visitate www.corradocanulli.it In questi post vi racconterò la mia personale, personalissima opinione degli spettacoli che andrò a vedere a Trieste & dintorni! Aspetto i vostri commenti, ma non siate spietati come me! ;-)
mercoledì 27 aprile 2016
giovedì 21 aprile 2016
DOTTOR ZIVAGO 19 aprile 2016
Locandina dello spettacolo
Era da un po' che non vedevo uno spettacolo così completo e ben strutturato! Complimenti a Jiri Bubenicek e a Sanja Neskovic Persin per aver ideato e programmato un tale gioiello nel bellissimo Teatro dell'Opera di Lubiana.
Avevo visto altre coreografie astratte di Jiri al Mittelfest del 2014 ma mi avevano lasciato indifferente: buon mestiere ma niente che mi avesse emozionato. E sono felice di essermi potuto ricredere: probabilmente il suo genere ideale è la narrazione, perché la creazione di questo Dottor Zivago per i complessi della SNG di Lubiana rasenta, a mio modesto parere, il capolavoro.
E' un'operazione di grandissimo gusto, elegante, sensibile, toccante, romantica e di rara bellezza. Non una sola virgola è fuori posto: dalle luci ai costumi, dalla scelta del cast a quella musicale, dalla coreografia alla drammaturgia. Un altro grande talento di Jiri è quello di aver voluto raccontare una storia machiavellica ed intricata e di averla resa chiara e leggibile, anche nelle sfumature e nei dettagli, qualità rara nel racconto coreografico, che ha un linguaggio efficace ma povero delle finezze linguistiche, che non ho più riscontrato dai balletti narrativi di John Cranko in poi.
Il collage musicale che ha fuso perfettamente pagine di Dmitrij Sostakvoic ad altre di Sergej
Rachmaninov, di Alfred Schnitke, di Peteris Vasks e di Nikolj Mjaskovski, così come le belle luci ad opera di Jaka Simenc, i costumi di Elsa Pavanel, le scene di Otto Bubenicek, hanno concorso alla realizzazione di queste quasi tre ore di arte intensa, riconosciuta anche dal folto pubblico che chiama per tre volte tutta la compagnia al proscenio, omaggiandola di applausi scroscianti.
Bubenicek ha avuto a disposizione i corpi dei bravi, belli e disponibili danzatori della compagnia slovena che sono sempre più versatili e rotondi, ma solo riferendomi alla qualità del movimento! Splendidi tutti! Lukas Zuschlag, uno Zivago intenso e commovente, Petar Dorcevski, affascinante e saldo come non mai nel ruolo di Viktor Komarovski, Tjasa Kmetec, toccante nell'interpretazione di una Lara al contempo fragile e fortissima, e Rita Pollacchi, una Tonja forte tecnicamente e disperata nel dolore di un amore sofferto. Aitante e brillante il Pasa Antipov di Luka Ziher, ma veramente bravi tutti che danzano con passione e fede quello che il coreografo ha proposto loro.
Mi restano impresse delle immagini: la sorpresa del gran ballo con l'Orchestra che si manifesta a chiudere il profondissimo palco della SNG; la nevicata che raggela i cuori e sottolinea la fine di un amore; la scena della stazione ferroviaria, intuibile con tre soli proiettori e un po' di fumo....non mi stancherò mai di ripeterlo, il teatro si riesce a farlo anche con pochi soldi, ma bisogna avere fantasia!
Era da un po' che non vedevo uno spettacolo così completo e ben strutturato! Complimenti a Jiri Bubenicek e a Sanja Neskovic Persin per aver ideato e programmato un tale gioiello nel bellissimo Teatro dell'Opera di Lubiana.
Avevo visto altre coreografie astratte di Jiri al Mittelfest del 2014 ma mi avevano lasciato indifferente: buon mestiere ma niente che mi avesse emozionato. E sono felice di essermi potuto ricredere: probabilmente il suo genere ideale è la narrazione, perché la creazione di questo Dottor Zivago per i complessi della SNG di Lubiana rasenta, a mio modesto parere, il capolavoro.
E' un'operazione di grandissimo gusto, elegante, sensibile, toccante, romantica e di rara bellezza. Non una sola virgola è fuori posto: dalle luci ai costumi, dalla scelta del cast a quella musicale, dalla coreografia alla drammaturgia. Un altro grande talento di Jiri è quello di aver voluto raccontare una storia machiavellica ed intricata e di averla resa chiara e leggibile, anche nelle sfumature e nei dettagli, qualità rara nel racconto coreografico, che ha un linguaggio efficace ma povero delle finezze linguistiche, che non ho più riscontrato dai balletti narrativi di John Cranko in poi.
Il collage musicale che ha fuso perfettamente pagine di Dmitrij Sostakvoic ad altre di Sergej
Rachmaninov, di Alfred Schnitke, di Peteris Vasks e di Nikolj Mjaskovski, così come le belle luci ad opera di Jaka Simenc, i costumi di Elsa Pavanel, le scene di Otto Bubenicek, hanno concorso alla realizzazione di queste quasi tre ore di arte intensa, riconosciuta anche dal folto pubblico che chiama per tre volte tutta la compagnia al proscenio, omaggiandola di applausi scroscianti.
Bubenicek ha avuto a disposizione i corpi dei bravi, belli e disponibili danzatori della compagnia slovena che sono sempre più versatili e rotondi, ma solo riferendomi alla qualità del movimento! Splendidi tutti! Lukas Zuschlag, uno Zivago intenso e commovente, Petar Dorcevski, affascinante e saldo come non mai nel ruolo di Viktor Komarovski, Tjasa Kmetec, toccante nell'interpretazione di una Lara al contempo fragile e fortissima, e Rita Pollacchi, una Tonja forte tecnicamente e disperata nel dolore di un amore sofferto. Aitante e brillante il Pasa Antipov di Luka Ziher, ma veramente bravi tutti che danzano con passione e fede quello che il coreografo ha proposto loro.
Mi restano impresse delle immagini: la sorpresa del gran ballo con l'Orchestra che si manifesta a chiudere il profondissimo palco della SNG; la nevicata che raggela i cuori e sottolinea la fine di un amore; la scena della stazione ferroviaria, intuibile con tre soli proiettori e un po' di fumo....non mi stancherò mai di ripeterlo, il teatro si riesce a farlo anche con pochi soldi, ma bisogna avere fantasia!
giovedì 14 aprile 2016
CENERENTOLA 12 aprile 2016
Locandina dello spettacolo
E' sempre affascinante il gioco di rimandi che si crea rappresentando il teatro a teatro, ma raramente come in questa produzione ne risulta una lettura così divertente e riuscita! La regista Rodula Gaitanou ha spostato l'immortale fiaba di Cenerentola - come ideata da Charles Perrault - in uno spazio tempo assolutamente diverso, anche rispetto a quello pensato da Gioacchino Rossini e dal suo librettista Jacopo Ferretti. Quindi niente più palazzi, carrozze e altri trionfi del barocco, ma il retropalco di uno scadente teatro di varietà dove le sorellastre Tisbe e Clorinda si esibiscono come pessime attrazioni, circondate da scalcagnate ballerine, e il cui impianto di riscaldamento, dotato di enorme e sbuffante caldaia, è affidato alla povera Angelina, sotto il nome di Cenerentola.
L'adattamento pensato dal team creativo composto dalla sopracitata regista, dallo scenografo Simon Corde e dalla costumista Alexia Theodoraki funziona perfettamente al punto che il libretto originale
sembra scritto proprio per questa lettura contemporanea. E siamo sempre più fermamente convinti che queste operazioni di "svecchiamento" facciano un gran bene al tetaro d'opera che, specialmente qui a Trieste, è stato lungamente conservatore e museale. E' vero però che alcune cadute di stile sembrano più consone all'operetta che non all'opera ma speriamo che abbiano divertito i tanti giovani in sala, il vero pubblico del domani se non vogliamo veder sparire del tutto il teatro lirico.
L'Orchestra e il Coro del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste superano egregiamente la prova confermandosi come degli assiemi rodati e altamente professionali. Una menzione particolare va ai coristi, capitanati dall'ottimo Maestro Fogliazza, che si prodigano in scene e controscene come se non ci fosse un domani!
Il Maestro George Petrou ha una sensibilità rara per quello che succede in palcoscenico e tutto l'entusiasmo della sua (sembra) giovane età: è attento ai cantanti, li sostiene e favorisce gli abbellimenti e le colorature. Dalla platea non si vedeva ma mi dicono che fosse lui stesso a suonare il fortepiano durante i recitativi...quanta energia e bravura!
Venendo ai cantanti abbiamo assistito ad una recita molto equilibrata.
José Maria Lo Monaco è una Angelina deliziosa per adeguatezza fisica e anagrafica, dotata di un bel timbro, con buone agilità e sillabati preziosi; il Don Ramiro di Leonardo Ferrando conferma le sue buone qualità, come già scritto in occasione dell'Elisir d'amore di qualche mese fa; divertentissime la Tisbe di Irinni Karaianni e la Clorinda di Lina Johnson il cui canto viene quasi trascurato dalla verve interpretativa; strepitoso, e tanto deve alla scrittura Rossiniana del ruolo, Fabio Previati nel ruolo di Dandini: buon fraseggio e potenza nell'emissione del suono; molto convincente anche la prestazione di Vincenzo Nizzardo nel ruolo di Don Magnifico, in questo caso impresario teatrale, che unisce capacità attoriali e di canto di ottimo livello; lo stesso dicasi per il roboante Alidoro di Filippo Polinelli.
Uno spettacolo piacevole, vivacissimo, adatto a tutti, con bellissime scenografie e costumi, una regia divertente e attenta ai dettagli e a tenere alto il morale del pubblico. Una vera cattiveria invece i primi due atti uniti, senza intervallo: una sofferenza nelle striminzite poltroncine di platea per chi è alto più di 180 cm!
Teatro pieno ma pubblico un po' impacciato.
E' sempre affascinante il gioco di rimandi che si crea rappresentando il teatro a teatro, ma raramente come in questa produzione ne risulta una lettura così divertente e riuscita! La regista Rodula Gaitanou ha spostato l'immortale fiaba di Cenerentola - come ideata da Charles Perrault - in uno spazio tempo assolutamente diverso, anche rispetto a quello pensato da Gioacchino Rossini e dal suo librettista Jacopo Ferretti. Quindi niente più palazzi, carrozze e altri trionfi del barocco, ma il retropalco di uno scadente teatro di varietà dove le sorellastre Tisbe e Clorinda si esibiscono come pessime attrazioni, circondate da scalcagnate ballerine, e il cui impianto di riscaldamento, dotato di enorme e sbuffante caldaia, è affidato alla povera Angelina, sotto il nome di Cenerentola.
L'adattamento pensato dal team creativo composto dalla sopracitata regista, dallo scenografo Simon Corde e dalla costumista Alexia Theodoraki funziona perfettamente al punto che il libretto originale
sembra scritto proprio per questa lettura contemporanea. E siamo sempre più fermamente convinti che queste operazioni di "svecchiamento" facciano un gran bene al tetaro d'opera che, specialmente qui a Trieste, è stato lungamente conservatore e museale. E' vero però che alcune cadute di stile sembrano più consone all'operetta che non all'opera ma speriamo che abbiano divertito i tanti giovani in sala, il vero pubblico del domani se non vogliamo veder sparire del tutto il teatro lirico.
L'Orchestra e il Coro del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste superano egregiamente la prova confermandosi come degli assiemi rodati e altamente professionali. Una menzione particolare va ai coristi, capitanati dall'ottimo Maestro Fogliazza, che si prodigano in scene e controscene come se non ci fosse un domani!
Il Maestro George Petrou ha una sensibilità rara per quello che succede in palcoscenico e tutto l'entusiasmo della sua (sembra) giovane età: è attento ai cantanti, li sostiene e favorisce gli abbellimenti e le colorature. Dalla platea non si vedeva ma mi dicono che fosse lui stesso a suonare il fortepiano durante i recitativi...quanta energia e bravura!
Venendo ai cantanti abbiamo assistito ad una recita molto equilibrata.
José Maria Lo Monaco è una Angelina deliziosa per adeguatezza fisica e anagrafica, dotata di un bel timbro, con buone agilità e sillabati preziosi; il Don Ramiro di Leonardo Ferrando conferma le sue buone qualità, come già scritto in occasione dell'Elisir d'amore di qualche mese fa; divertentissime la Tisbe di Irinni Karaianni e la Clorinda di Lina Johnson il cui canto viene quasi trascurato dalla verve interpretativa; strepitoso, e tanto deve alla scrittura Rossiniana del ruolo, Fabio Previati nel ruolo di Dandini: buon fraseggio e potenza nell'emissione del suono; molto convincente anche la prestazione di Vincenzo Nizzardo nel ruolo di Don Magnifico, in questo caso impresario teatrale, che unisce capacità attoriali e di canto di ottimo livello; lo stesso dicasi per il roboante Alidoro di Filippo Polinelli.
Teatro pieno ma pubblico un po' impacciato.