E' una vera delizia questo allestimento, di quello che si può considerare il capolavoro di Gaetano Donizetti, sia per gli occhi che per le orecchie! E' una produzione solare, allegra, piena di cura per i dettagli (complimenti, visti i ristretti tempi di prova!) che ruba due ore e mezza di vita con grazia e bellezza! Due ore e mezza che ho l'impressione il pubblico inizi a fare fatica a sopportare, abituato sempre di pù alle brevi durate delle serie televisive....
Gran parte del merito va, per la parte visiva, al regista Fabio Sparvoli, assistito da Giovanna Spinelli, che imbastice una regia scorrevole, piena di dettagli e di idee, aiutato dal coro della
Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste in grandissima forma. Lo seguono con affetto e dedizione anche gli interpreti principali, convinti a sostenere i loro personaggi fino in fondo, sia essendo una donna che cerca di sedurre un carabiniere, che una protagonista
altezzosa e poco simpatica...ah già, la vicenda è spostata in avanti, fino agli anni cinquanta del secolo scorso, in un paesino dell'entroterra centro italiano, direi. Il clima che si respira è sereno, è quello di un Italia uscita dalla guerra, che ha voglia di ricominciare, di divertirsi, senza dimenticare la necessità di lavorare. L'impianto scenico rimanda ad una tipica casa colonica, color rossiccio che vediamo dal profilo destro nel primo atto e dal sinistro nel secondo: splendido escamotage dello scenografo Saverio
Santoliquido, immagino, per contenere i costi senza annoiare lo spettatore. Finiscono la scena due piccole collinette e alcuni covoni di paglia. I costumi di Alessandra Torella sono adeguati e perfettamente inseriti nella scala cromatica della messinscena. L'unica pecca sono le luci di Jacopo Pantani che sottolineano il dipanarsi della vicenda (personalmente lo detesto, a meno che tutta l'ambientazione non sia favolistica e non verista come in questo caso) trasformando improvvisamente la scena in un notturno o andando a definire il trio di protagonisti sagomandolo dall'alto...ahimè, andando a sottolineare anche dettagli che non c'entrano nulla con la narrazione e con il pathos che si voleva creare.
Venendo ai protagonisto ho ascoltato la Adina di Dušica Bijelić, molto preparata scenicamente e vocalmente, vezzosa e arrogante come richiede il personaggio, ma capace di una credibile trasformazione finale verso l'amore e la dolcezza. Ho trovato il Nemorino di Leonardo Ferrando gagliardo, visionario, sognatore come dovrebbe e vocalmente tanto, tanto piacevole. Il Dulcamara di Domenico Balzani era altresì convincente sia dal punto di vista scenico, supportato da un servo vero truzzo di periferia affidato all'intelligente mimica di Mario Brancaccio, che da quello vocale , ma avrei voluto sentirlo scandire e sillabare maggiormente la sua aria del primo atto. Potente, dominatore e ieratico il Belcore di Filippo Polinelli, questa volta impersonante un ufficiale dei Carabinieri, così come delicata e fanciullesca era la Giannetta di Vittoria Lai.
L'orchestra suona bene e si impegna ma la conduzione di Ryuichiro Sonoda non decolla: per i miei gusti affronta con troppo clamore l'ouverture, restituendo al povero Dozzinetti un soprannome che proprio L'elisir d'amore gli aveva affrancato...peccato!
Mi preme lodare e ringraziare nuovamente il coro, in particolare le sezioni femminili, per il grande lavoro registico svolto e affrontato in questa messinscena: sono briose, presenti, disponibile, allegre, precise...brave!
Sala piena, pubblico poco reattivo alla fine delle varie arie, ma generoso nei ringraziamenti di fine
spettacolo. Teatro affollato di ragazzini delle medie e superiori cittadine che spero vengano adeguatamente preparati alla visione di un'opera lirica, mondo sempre più lontano da quello attuale...
P.s.: in tutte le lodi spese per il Coro, mi sono dimenticato di citare il Maestro Fulvio Fogliazza che li dirige con competenza e passione....spero che non me ne voglia!
Invece per rispondere ad altri invidiosi e rancorosi, ricordo che un blogger scrive di quello che vuole, siano anche solo i movimenti e la regia e che, per fortuna, nessuno è costretto a leggermi! Altrimenti sarei rimasto a scrivere per il sito dove recensivo prima, che si occupava di tutti gli aspetti tecnici, con piglio accademico che trovo noiosi per chiunque non sia un addetto ai lavori. La comunicazione si evolve e il mio interesse è quello di invogliare il pubblico ad andare a teatro, a non dimenticarlo...e se è vero, come mi si apostrofa che può scrivere chiunque...beh, fatelo.