Scrivere di questo spettacolo è un sincero piacere perché mi riporta indietro negli anni a quando in questa stessa edizione (e dentro quei terribili costumi con gonnellino plissé bianco...) danzavo anche io.
Parliamo dell'AIDA, lo spettacolo per eccellenza dell'Arena di Verona, qui nella versione che rievoca lo storico allestimento che inaugurò questa fortunatissima sede estiva di spettacoli operistici e di balletto, trasformandolo da semplice monumento all'aperto a tempio dello spettacolo open air. La magnifica intuizione venne nel 1913 a Giovanni Zenatello, tenore, e all'impresario Ottone Rosato, impresario, per celebrare il centenario della nascita di Giuseppe Verdi.
E quella che vediamo in scena è la ricostruzione quanto più possibile fedele di quell'allestimento: indiscutibilmente filologica per quanto riguarda scene e costumi, un po' più fantasiosa per quanto riguarda la regia e la coreografia.
In merito alla danza, devo sottolineare la prova dell'inossidabile Myrna Kamara, ex stella bejartiana e Schiava perfetta e folgorante, accompagnata dai bravi e puntuali Antonio Russo e Evgeny Kourtsev, nonché la troppo infagottata Amaya Ugarteche, splendida Sacerdotessa.
I costumi risultano adeguati e imponenti anche nella loro esagerata ridondanza, ma sarebbe il caso di alleggerire un po' quello della Sacerdotessa del Tempio che risulta ingoffata come in un Gianduiotto...
Le scene colpiscono ancora, ma soprattutto grazie all'impostazione registica di posizionamento delle masse: gli eterni cambi di scena per trovare le solite 8 colonne una volta a destra, una a sinistra, un'altra al centro e così via, risultano decisamente indigesti. Peraltro le Sfingi illuminate dal basso, i due obelischi, le torce tenute in mano dalle comparse sull'ultimo anello dell'anfiteatro sono immagini bellissime e indimenticabili.
La compagnia di canto rasenta l'eccellenza a partire dalla sublime Aida di Fiorenza Cedolins: dizione impeccabile, colori e volumi strepitosi, presenza scenica suntuosa. Lo stesso dicasi per l'Amneris di Violeta Urmana, maestosa e squillante, accattivante e dominatrice, deus ex machina di una vicenda che la vede vincitrice e vinta.
La direzione d'orchestra del Maestro Daniel Oren è quasi perfetta. Solo durante qualche aria principale, "Celeste Aida" per esempio, sembra assecondare troppo i cantanti aiutandoli per le impervie note verdiane, sacrificando un po' il fluire del canto. L'Orchestra, una volta tanto, non sovrasta i cantanti (difficile in Arena!), ma suona con maestria e competenza, senza scivolare sulle difficoltà dei fiati, sia in fossa che in palco, che distruggono le esecuzioni di tante altre fondazioni liriche.
Bene, benissimo il Coro areniano, sia per compatezza che per maturità scenica.
Arena piena, applausi a profusione e commenti entusiastici per uno spettacolo da vedere almeno una volta nella vita!